martedì 27 novembre 2012

C.L.N.A.I. E Alleati: Un contratto Mercenario



CONTRATTO MERCENARIO

Dopo i disastrosi rovesci dell'autunno 1944, i capi del C.L.A.N.A.I. e della lotta partigiana consumavano l'ultimo e peggiore atto miserando a danno del valore morale della partigianeria: la firma di un accordo con gli Alleati, con cui accettavano alcune pesantissime condizioni politiche in cambio di una forte somma mensile: concessioni politiche dunque in contropartita di sovvenzioni finanziarie. E che concessioni...
Durante un soggiorno di Parri e di Valiani in Svizzera fu stabilito che una delegazione del C.L.N..A.I. e dei partigiani sarebbe andata nelle Puglie per trattare col N° 1 Special Forces e con l'O.S.S. questioni essenziali per la lotta clandestina. Il comando inglese mise a disposizione un aereo a quattro posti, creando difficoltà per la scelta dei delegati, dovendo restare escluso il maggior numero dei partiti. Andarono Pizzoni, presidente e tesoriere del C.L.N.A.I., Parri, del Comando Volontari, Sogno, partigiano di collegamento fra gli alleati e il C.L.N.A.I. e G. C. Pajetta, comunista, essendosi certi che accordi senza la firma di uno dei loro non sarebbero stati ammessi dai comunisti. Il 14 novembre i delegati giunsero a Monopoli, sede di quei due uffici alleati, e iniziarono trattative che durarono ben tre settimane. Di queste trattative poco é finora trapelato ma la loro lunga durata indica le grandi difficoltà e i contrasti fra le opposte esigenze. Data la gravità e il carattere esoso degli obblighi politici richiesti dagli alleati, bisogna supporre che quegli angustiati e poveri delegati della democrazia combattente recalcitrassero a lungo e cercassero inutilmente l'aiuto del governo italiano che, essendo, di fatto, sotto tutela della Commissione di Controllo Alleata, nulla avrebbe potuto fare. Infine, messi dinanzi all'alternativa di firmare o di veder crollare miseramente la guerra partigiana, si piegarono e firmarono l'accordo. Ciò avvenne a Roma il 7 dicembre.

Ecco il testo, che mise i partigiani. politicamente e militarmente, nelle mani degli Alleati, o meglio, dell' O.S.S. (Office of Stategic Services) la cui sigla fu, successivamente, modificata nella più conosciuta C.I.A. (Central Intelligence Agency):

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COPIA DEL CONTRATTO MERCENARIO ORIGINALE CON LE FIRME DI:
PIZZONI, PARRI, PAJETTA, SOGNO


1) Il Comandante Supremo Alleato desidera che la più completa cooperazione militare sia stabilita e mantenuta fra gli elementi che svolgono attività nel movimento di resistenza. Il C.L.N.A.I. stabilirà e manterrà tale cooperazione in modo da riunire tutti gli elementi, che svolgono attività nel movimento della resistenza, sia che essi appartengano ai partiti antifascisti del C.L.N.A.l. o ad altre organizzazioni antifasciste.

2) Durante il periodo di occupazione nemica, il Comando generale dei Volontari della Libertà (e cioè il Comando militare del C.L.N.A.I.) eseguirà per conto del C.L.N.A.I. tutte le istruzioni del comandante in capo A.A.I., il quale agisce in nome del Comandante Supremo Alleato. Il Comandante Supremo Alleato desidera, in linea generale, che particolare cura sia dedicata a salvaguardare le risorse economiche del territorio contro gli incendi, le demolizioni e consimili depredazioni del nemico.

3) Il capo militare del Comando generale dei Volontari della Libertà deve essere un ufficiale accettato dal Comandante in capo A.A.I., il quale agisce per conto del Comandante Supremo alleato.

4) Quando il nemico si ritirerà dal territorio da esso occupato, il C.L.N.A.I. farà il massimo sforzo per mantenere la legge e l'ordine e per continuare a salvaguardare le risorse economiche del paese in attesa che venga istituito un governo miliare alleato. Immediatamente, all'atto della creazione del governo militare alleato, il C.L.N.A.I. riconoscerà il governo militare alleato e consegnerà a tale governo ogni autorità e tutti i poteri di governo locale e di amministrazione precedentemente assunti. Con la ritirata del nemico, tutti i componenti del Comando Generale dei Volontari della Libertà nel territorio liberato passeranno sotto il diretto comando del comandante in capo A.A.I., che agisce sotto l'autorità del Comandante Supremo Alleato, ed obbediranno qualunque ordine dato da lui o dal Governo Militare Alleato in suo nome, compresi gli ordini di scioglimento e di consegna delle armi, quando richiesto.

5) Durante il periodo di occupazione nemica dell'Alta Italia. verrà data la massima assistenza al C.L.N. A.I., insieme a tutte le altre organizzazioni che sono impegnati nel contrastare il nemico nel territorio occupato; un'assegnazione mensile non eccedente i 160 milioni di lire verrà consentita per conto del Comandante Supremo Alleato per far fronte alle spese del C.L.N. A.l. e di tutte le altre organizzazioni antifasciste.
Sotto il controllo del Comandante in capo A.A.I., che agisce sotto l'autorità del Comandante Supremo Alleato, tale somma sarà attribuita alle zone sottoindicate nelle proporzioni sottoindicate:
Liguria 20

Piemonte 60

Lombardia 25

Emilia 20

Veneto 35

La somma su indicata e le singole allocazioni succitate saranno oggetto di variazioni a seconda delle esigenze della situazione militare: la cifra massima sarà ridotta proporzionatamente man mano che le province saranno liberate.

6) Le Missioni alleate collegate al C.L.N.A.l., al Comando generale dei Volontari della libertà o a qualsiasi dei suoi membri, saranno da loro consultate in tutte le questioni riguardanti la resistenza armata, le misure anti-incendi e il mantenimento dell'ordine. Gli ordini emanati dal Comandante in Capo A.A.I., che agisce sotto l'autorità del Comandante Supremo Alleato, e trasmessi per tramite delle competenti commissioni, saranno eseguiti dal C.L.N.A.I. e dal Comando dei Volontari della Libertà e dai loro componenti.
MAITHLAND WILSON
Generale Comandante Supremo Alleato

Per il Comitato di Liberazione Alta Italia
Pietro Longhi, Maurizio, Mare, E. Sogno

L'accordo era accompagnato da una lettera del generale Wilson, che altro non era che la solita "pacca" sulla spalla riservata dagli inglesi ai loro utili servitori ("make them feel good!" Quante volte lo scrivente ha ascoltato ripetere questa massima!)

"Con riferimento all'accordo oggi firmato, prendo nota con piacere che il C.L.N. A.I. ha nominato il generale Valenti capo del Comando generale dei Volontari della Libertà e vice capi i sigg. Gallo e Maurizio. Apprezzo sinceramente l'eccellente lavoro compiuto dal C.L.N.A.I. e dal suo Comando dei Volontari della Libertà. Spero che, allorquando sarà risolta l'attuale crisi di governo. possa essere data pronta considerazione al riconoscimento del C.L.N.A.I., quale agente del governo nell'ltalia occupata dal nemico.
Apprezzando come apprezzo le qualità combattive dei Volontari della Libertà, sono lieto di informarvi che sono stati fatti passi per l'arruolamento nelle forze armate italiane di tanti volontari di elevata categoria fisica quanti ne permette l'esistente limite massimo per le forze armate italiane.
Spero che questi volontari continueranno a combattere con gli allenti fino alla vittoria finale.
Ho dato istruzioni affinché tutte le missioni alleate, le quali ricevono ordini dal comandante in capo A.A.I., in mio nome operino ad ogni momento nella più stretta collaborazione e consultazione con quelle formazioni presso le quali dette missioni sono accreditate.
Sono lieto di aver avuto l'opportunità di discutere con voi tanti problemi di comune interesse c spero che le decisioni prese abbiano a rendere più stretta la nostra collaborazione. Vi auguro felice ritorno ai vostri posti e ogni successo nei compiti che vi attendono". Maithland Wilson

(NOTA: La sigla A.A.I. sta per "Allied Armies of Italy"; Valenti è Cadorna. Maurizio e Gallo rispettivamente Parri e Longo. Mare è Pajetta, Longhi è Pizzoni. Ad eccezione di Edgardo Sogno, persona seria e di carattere, uomo non di fazione ma di ideali patriottici, successivamente passato politicamente alla destra, tutti i firmatari si nascondono dietro uno pseudonimo. Che motivo c'era, nei colloqui con il generale Wilson, di nascondersi dietro lo pseudonimo?)

Sintomatico è che nei loro rispettivi memoriali, Longo non fa il minimo accenno al patto; Valiani dà per certo che i 160 milioni li versava il governo di Roma. Viene da credere che gli stessi firmatari provassero un profondo senso di umiliazione, disgusto e vergogna.
Nei successivi anni, il patto segreto e la dipendenza dall'O.S.S. sono stati dimenticati e non se ne è più parlato; cancellati dalla memoria storica così come tante altre cose non troppo gradite. Sono rimaste solo le bubbole degli eroi che hanno vinto la guerra per somma fortuna degli "Alleati"!

Tornando al significato della lettera di Wilson, si nota il solito stile anglosassone: ipocrita e falso.

" Il "piacere" della nomina, attribuita al C.L.N.A.I., di Valenti (Cadorna) che, in realtà, era stato nominato da Wilson! E che i partigiani NON volevano accettare.
" Apprezzamento dell'eccellente lavoro" anche se non avevano combinato nulla ed i partigiani aspettavano il denaro e gli aviolanci per cercare di fare qualcosa!
" Speranza che il governo italiano riconoscesse il CLANAI"! ma se il governo italiano faceva e diceva o disfaceva quello che gli Alleati decidevano (vedi proclama di Bonomi riportato qui sotto)

La chicca nella lettera è poi rappresentata dall' "apprezzamento delle qualità combattive dei Volontari della Libertà", con l'annuncio di "passi" per "l'arruolamento di volontari per quanti ne permette l'esistente limite massimo per le forze armate italiane".

Che scempio della decenza, che facce di bronzo.. che apologia della ipocrisia e della menzogna.. e questo da parte di militari che dovrebbero agire costantemente in base alle dure ma chiare leggi dell'ONORE!
Se gli Alleati avessero voluto usare gli italiani, così come soldati di tante altre nazioni, come carne da cannone, per dar loro un riconoscimento di partecipazione al conflitto, avrebbero potuto eliminare "l'esistente limite massimo".
Sapevano però che, in massima parte, i partigiani erano andati in montagna proprio per evitare la "naja" e la guerra; di fatti non risulta, tranne sporadici episodi, che i partigiani, una volta "liberati", siano corsi sotto le bandiere della riscossa unendosi agli eserciti Alleati per continuare a combattere "fino alla vittoria finale"!.. Senza contare che l'80% dei partigiani si risvegliò dal torpore attendista e passò all'attacco il giorno dopo (in alcuni casi anche una settimana dopo) che le armi erano state tragicamente deposte.


Si riporta qui di seguito il roboante proclama del Ministro Bonomi sopra menzionato:
Proclama di Bonomi
(15 agosto 1944)

II Presidente del Consiglio on. Bonomi, in occasione del passaggio all' Amministrazione italiana delle province di Roma, Littoria e Frosinone, avvenuto alla mezzanotte di ieri, ha indirizzato. in data 15 agosto, il seguente proclama al popolo italiano:

"Le Nazioni Unite hanno aderito alla richiesta del Governo italiano che altri territori, oltre quelli già restituiti, ritornino sotto l'amministrazione del Governo italiano a datare da oggi, secondo le modalità e condizioni, necessarie per la condotta della guerra. Il provvedimento concerne le province di Roma, Frosinone e Littoria.
1. - Dato che, alla data del presente, l'Autorità alleata ha posto fine al Governo Militare Alleato nei territori restituiti, in tali territori e nei confronti degli abitanti di essi tutti i poteri governativi e giurisdizionali, nonché la suprema responsabilità amministrativa, sono riassunti dal Governo italiano, fatti salvi soltanto i diritti riservati alle Nazioni Unite.
2. - Tutti i proclami e le ordinanze finora emanati nel detto territorio dal Governatore militare o, in suo nome, dai suoi delegati ed in tali territori abrogati dal Governatore militare all'atto della restituzione, sono con il presente riconosciuti dal Governo italiano validamente emanati per il tempo in cui hanno avuto esecuzione ed aventi gli stessi effetti giuridici come se fossero stati emanati dal Governo italiano secondo la legge italiana. Come tali saranno riconosciuti da tutti i Tribunali e funzionari italiani.
3. - Tutti gli atti compiuti da qualsiasi membro delle Forze Alleate, in applicazione di tali proclami ed ordinanze, nonché tutte le disposizioni ufficiali di qualsiasi genere adottate dal Governo militare alleato in applicazione di tali proclami ed ordinanze, comprese le nomine e le rimozioni da qualsiasi ufficio pubblico o privato, saranno riconosciuti da tutti i Tribunali e funzionari italiani come legali, validi ed impegnativi.
4. - Tutte le sentenze emesse dai Tribunali Militari Alleati sono, con il presente, riconosciute dal governo italiano valide e legali ed aventi gli stessi effetti come se fossero state emanate da Tribunali italiani. Come tali saranno riconosciute da tutti i Tribunali e funzionari italiani a meno che non vengano revocate o modificate dalla Commissione alleata di controllo o con il consenso di questa".

Come si può leggere, parole ferme, parole chiare, stile "grintoso" di Mussolini!.... E' solo sui contenuti che l'attento lettore può comprendere di che pasta fosse questo "governo legittimo" e di quale autorità fosse "legittimamente" investito. Di fatti il proclama non dice una sola parola su ciò che il Governo voleva fare o che voleva che i cittadini italiani facessero. Ordina ai cittadini di obbedire alle ordinanze del Governo Militare Alleato!
1) La "suprema responsabilità amministrativa" (quindi nessuna forma di autorità ne alcuna responsabilità che non fosse amministrativa) era subordinata alle necessità dell'AMGOT e ai diritti riservati alle Nazioni Unite.
2) I proclami, ordinanze, o atti o disposizioni del Governo Militare Alleato per i Territori Occupati (AMGOT), venivano automaticamente accettati, fatti propri e resi operanti dal "legittimo" governo italiano (che per detti atti non era nemmeno stato interpellato!!).
3) Perfino le nomine e le rimozioni da qualsiasi ufficio pubblico o privato venivano riconosciute legali, valide ed impegnative! Come dire che se Bonomi voleva licenziare la serva o l'autista che era stato nominato da un sottotenente inglese o americano, non era in grado di farlo!
4) La clausola peggiore e più umiliante, le sentenze del Tribunale Militare Alleato venivano riconosciute, senza alcuna possibilità di appello, a meno che detto appello non venisse accolto dalla Commissione Alleata di Controllo (A.C.C.).

Come libertà non era il massimo, forse era il massimo solo come degrado morale di un governo inetto e arrivato al potere sulle baionette Alleate! Ma cosa non si fa per il Potere?

Scriveva Mazzini:
"guai a quei stranieri che mi dicessero: "tieni, ti porto a libertà"! Basterebbe questo perché li considerassi miei eterni nemici... !"

Tornando al patto mercenario, argomento principale di queste pagine, gli Alleati, più particolarmente gli inglesi, che predominavano in tutte le decisioni concernenti l'Italia, chiesero dunque:
(a) che i partigiani fossero comandati da un generale a loro gradito, il quale eseguisse " tutti " gli ordini del Comando Supremo Alleato;
b) che le commissioni alleate addette al C.L.N.A.I. e alle formazioni di partigiani fossero consultate in "tutte" le questioni riguardanti la resistenza armata o il mantenimento dell'ordine pubblico, il che voleva dire, che il C.L.N.A.I. e i partigiani non potevano fare nulla senza il benestare alleato diciamo pure semza gli ORDINI degli Alleati;
c) che il C.L.N.A.I.. qualora avesse assunto poteri, dovesse cederli al governo militare alleato, subito, nel momento in cui questo si fosse formato:
d) che i partigiani, appena ritirati i tedeschi, dovessero riconoscere come unica autorità suprema il capo delle Armate Alleate, eseguire pertanto " qualunque " suo diretto o indiretto ordine, compreso quello dello scioglimento e del disarmo delle bande.
In compenso di tutto ciò, vale a dire di un'obbedienza assoluta e totale, gli Alleati offrirono un contratto mercenario di 160 milioni mensili.
Non si può dire che fosse denaro dato da alleati a alleati, anzitutto perché fra alleati si fanno prestiti e non patti di stretta dipendenza pagati in contanti: poi, perché gli anglo-americani non erano e dichiaravano di non voler essere alleati degli italiani, rifiutando ai partigiani italiani anche quanto avevano concesso ai maquis francesi, cioè la equiparazione a combattenti dell'esercito regolare. Non si può nemmeno parlare di comuni e identiche finalità, perché l'accordo Wilson contemplava poco la guerra contro i tedeschi, facendo obbligo ai partigiani di difendere, contro eventuali distruzioni delle truppe in ritirata, le risorse economiche del paese ..... strana richiesta perché i tedeschi distrussero tutto quanto era di rilevanza bellica ed i partigiani nulla fecero ne erano in grado di fare per opporvisi mentre, finita la guerra con la resa delle armate tedesche, nessuna distruzione era prevista e, comunque, sarebbe stata una inutile postuma vendetta ed i tedeschi non fecero nulla di ciò.
Per quanto riguarda le "risorse economiche" (ma di cosa si sta parlando?), che i partigiani avrebbero dovuto "difendere", questa è davvero una meravigliosa, ineguagliabile fantastica, inaudita, espressione di puro umorismo inglese… Infatti, sia le comunicazioni, (ponti treni, strade, carretti e biciclette) che le fabbriche, vera risorsa della Italia del Nord, andavano si difese ma non certo dai tedeschi che ne facevano largo uso (la produzione bellica delle industrie era più che triplicata con enormi guadagni degli industriali che facevano TUTTI il "doppio gioco") ma dagli "Alleati" stessi.
I partigiani avrebbero dovuto arruolarsi in blocco nella "Flack" e prendere a cannonate le "Fortezze Volanti" se avessero davvero voluto difendere le strutture economiche dell'Alta Italia dagli unici nemici che le distruggevano senza pietà e con incredibile profusione di esplosivo! (200.000 tonnellate di bombe sull'Italia contro le 100.000 t. sganciate dai tedeschi, impiccati per questo a Norimberga, sulla Inghilterra nella famosissima e reclamizzata "battaglia d'Inghilterra"!)
Del resto, lo dice chiaramente il testo del contratto, i partigiani avrebbero dovuto intervenire "Quando il nemico si ritirerà dal territorio da esso occupato", e non dava nessun riconoscimento al fatto che il "nemico" potesse essere combattuto e "cacciato" dai partigiani. Questo gli Alleati lo sapevano benissimo conoscendo a fondo le capacità combattive delle formazioni partigiane che, al massimo, potevano assassinare qualche tedesco alle spalle, mettere qualche bomba per creare confusione come a via Rasella ma mai ingaggiare la Wehrmacht e "cacciare" i soldati tedeschi dalle posizioni occupate!
Oltre a ciò, e quest'era la ragione vera dell'accordo, si impediva ai C.L.N. e ai partigiani ogni e qualsiasi libertà d'azione, imbrigliando e frenando, senza rimedio, le ambizioni rivoluzionarie dei comunisti, dei socialisti e degli azionisti i quali, sempre fidando nella italiana furbizia, si illudevano, ingenuamente, di mettere nel sacco quei consumati volponi anglosassoni ponendoli di fronte al fatto compiuto di un " autogoverno " costituito delle bande partigiane.
Che la questione del denaro, versato previa obbedienza politica, costituisse il nucleo morale di tutta la faccenda e le desse un aspetto umiliante e avvilente, si vede dal fatto che, forse richiesto dai delegati stessi, il governo Bonomi si dichiarò pronto ad assumere a suo carico tutto il peso finanziario della guerra partigiana, ma gli Alleati respinsero l'offerta, perché il finanziamento del movimento, che passava alle loro strettissime dipendenze, doveva farsi sotto il loro pieno controllo e i fondi essere da loro direttamente versati. I partigiani non avevano più nulla da fare col governo italiano: erano completamente in mano alleata, e più particolarmente inglese, suoi stipendiati. Evidentemente gli Alleati contavano che l'attesa di quel prezioso versamento avrebbe potuto tenere i partigiani al rispetto degli obblighi assunti. Era fonte di troppo orgoglioso compiacimento per i signori dell'Impero inglese il veder ridotti alla condizione di mercenari, stipendiati da loro, quegli italiani, che avevano osato far loro guerra, perché potessero rinunciare ai termini dell'accordo, che quella soggezione rendevano sicuramente effettuabile. Pagavano e intendevano essere ubbiditi.
La questione del disarmo poi, anche se solo parzialmente effettuata consegnando meno della metà delle armi (come é noto i partigiani comunisti nascosero arsenali di armi tenute pronte per la sicura, attesissima "rivoluzione" da loro sognata) e non poteva essere altrimenti perché ciascun partigiano badò bene a consegnare un moschetto o una pistola nascondendo il fucile mitragliatore o mitra o le bombe a mano e quant'altro.., costituiva, nei fatti, una clausola importantissima. La libertà di portare le armi é la prima prerogativa di un esercito vincitore! Il non essere autorizzati a portare le armi significava che i partigiani non erano considerati combattenti e che non erano vincitori. Una unità militare viene disarmata quando si arrende e non é di nessun valore il fatto che, nascostamente, non tutte le armi fossero consegnate! L'ingiuria e l'ignominia restano nella storia!

Del resto, per qual motivo la delegazione partigiana si recò al Sud per discutere a trattare con l' O.S.S.? Per qual motivo non si rivolse agli Stati Maggiori Badogliani? Sapevano benissimo che il Governo del Sud era un governo senza alcun potere effettivo e quindi, per ottenere qualcosa, dovevano rivolgersi a chi aveva il comando effettivo, poteva prendere decisioni e poteva disporre di ogni risorsa e iniziativa. Il C.L.N. sapeva benissimo che in cambio di rifornimenti e di danaro, avrebbe dovuto pagare un caro prezzo e che non poteva cavarsela con le chiacchiere sulle fantasiose azioni di guerriglia e inesistenti "sollevazioni" di popolo!
Ma andando ad offrire i propri servigi in cambio di una mercede, per qual motivo i capi partigiani non chiesero alcun riconoscimento in cambio? Offrivano le vite di giovani italiani in cambio di cosa? Dei soldi e delle armi per far far loro la guerriglia? E quale era lo scopo della guerriglia che avrebbe agevolato il compito dei conquistatori? Per salvare le regioni d'Italia già promesse a Tito? La flotta già promessa all'Unione Sovietica? Per salvare ciò che l'Italia aveva conquistato "prima del fascismo"? (come si ripeteva alla nausea sui giornali italiani al tempo del diktat di pace). Non si capisce per qual motivo sia i "partigiani" che i soldati del C.I.L. abbiano combattuto e i Capi insistessero perché combattessero di più! Forse perché l'Italia non fosse considerata, come purtroppo, in effetti, fu, un paese vinto e declassato agli ultimi gradini della scala mondiale? Non combattevano essi partigiani dalla stessa parte dei vincitori? Per gli stessi principi e ideali? Ed allora perché accontentarsi solo del "rimborso spese" di viveri e danaro? Ed i frutti dell'impegno? E i caduti nella guerriglia? Quello che manca è la contropartita. Anche se gli Alleati pagavano armi, viveri e contanti, non si vede quale fosse il risultato finale di questo impegno a meno che non si voglia ammettere una tremenda verità: ai partigiani non interessava ciò che per molti ancora era la Madre Patria. A loro interessava conquistarsi la loro fetta di potere quando la guerra fosse finita!
Triste destino quello dell'Italia! I suoi figli pronti a sbranare a farsi sbranare sotto lo sguardo dello straniero pur di avere l'aiuto di questi per conquistare la poltrona del potere, anche se al servizio del potente straniero.!

ACCORDO CAPESTRO
. Il C.L.N.A.I. ed i partigiani si curvavano alle condizioni dell' O.S.S perché, senza quei danari, erano nell'impossibilità di sopravvivere e portare avanti la lotta che giudicavano necessaria ai fini dei partiti e delle fazioni. Per questi la guerra era solo una guerra civile e, per questo motivo, tutte le altre considerazioni, compreso il patto mercenario, passavano in seconda fila. La lotta che i partigiani (almeno quelli più virulenti) combattevano era una lotta per la conquista del potere "dopo" la fine delle ostilità. Tutto, quindi, il loro operato va visto in questa ottica di conquista del potere. Tutto l'operato delle bande, gli attacchi proditorii, le mattanze del dopo guerra trovano una spiegazione logica solo in questa prospettiva anche se la grandissima maggioranza degli italiani o non capiva o non ammetteva quel criterio di guerra civile, patrimonio cerebrale di pochi intellettuali che confondevano la Patria con le loro ideologie, quando era in atto una guerra fra nazioni e l'Italia era ridotta, come nei secoli bui, ad un campo di battaglia stritolata da forze di gran lunga più agguerrite e potenti.Gli Alleati, dal canto loro, volevano paralizzare tempestivamente quella preponderanza comunista e rivoluzionaria, che avevano negativamente sperimentato con l'ELAS. L'esperienza della Grecia non doveva ripetersi.

I delegati del C.L.N.A.I. non ottennero nemmeno il riconoscimento del loro comitato quale agente del governo di Roma: il generale Wilson si limitò a esprimere la speranza di poter giungere a tale riconoscimento. Visti i capitoli del patto e il nessun successo delle questioni generali, non esagerarono certo i socialisti, quando dichiararono che si trattava di un accordo capestro.
L'unico vantaggio tratto da questi fatti doveva essere la riorganizzazione militare dei partigiani, diventata necessaria dopo le infelici prove dei rastrellamenti. Scosso dal progressivo disfacimento delle formazioni " gielliste " del Piemonte e dai continui conflitti che avevano ovunque coi " garibaldini ", Solari, uno dei loro maggiori, propose l'unificazione di tutte le bande sotto un comando unico. A chi insisteva perché a Cadorna fosse finalmente dato tale comando, i partigiani, i quali da un anno combattevano, non volevano accettare di obbedire a gente rimasta nascosta in casa o nei conventi. Malgrado ripetuti cenni degli Alleati, che avevano designato esplicitamente Cadorna, malgrado la lettera di Wilson, che lo considerava già nominato, le opposizioni alla sua persona continuarono finché Valenti (Cadorna), stufo di tanti tira e molla, dette le dimissioni. Solo allora il C.L.N.A.I., per timore di conseguenze con gli anglo-americani, procedette alla nomina effettiva.

SCONFITTE DEI PARTIGIANI: Nonostante l'accordo e la riorganizzazione delle bande con la supervisione inglese, nel gennaio '45 si ebbero ancora rastrellamenti, anche da parte di mongoli. Va ricordata una operazione dei partigiani i quali, non potendo più vivere nelle montagne del Cuneese, discesero verso le Langhe: i resti di cinque bande, miseri, affamati, sbrindellati, con le carpe rotte, percorsero alla spicciolata 150 chilometri di territorio controllato da fascisti e da tedeschi, senza fari scorgere, raggiungendo le nuove posizioni scelte. Ad altri toccò sorte meno favorevole.
Completando un precedente rastrellamento, forze fasciste e tedesche attaccarono la val d'Arda: molti partigiani caddero, in combattimento, molti morirono assiderati, molti fucilati, mentre pochi altri, laceri e scalzi, si salvarono in montagna. Si ebbe notizia di azioni minori in Valsassina, in montagna tra Como e Bergamo, sul Carso Goriziano, nei dintorni di Pieve di Sacco, nella zolla più alta del Parmigiano, in una zona della Lomellina, nelle Vicinanze di Tolmino.
Alla fine di gennaio il generale Wolff pubblicò un comunicato annunciando il risultato delle operazioni durate tre mesi: 9000 partigiani morti, un numero di prigionieri in proporzione e 80 mila sbandati e disarmati. " La quale cifra, scrisse un autore partigiano, potrà essere stata alterata e per i morti era senz'altro falsa. Ma nel complesso rispondeva a verità."

RINASCITA DELLE BANDE. I rastrellamenti avevano sbandato e disperso MA NON distrutto i partigiani, né occupato le terre rastrellate.
Anzi, di solito, compiute con successo le operazioni, le truppe si erano ritirate. I partigiani, rigettati sulle montagne o battuti, si sganciavano, fuggivano filtrando attraverso le loro linee: altri si mimetizzavano in pianura, altri ancora si ritiravano in luoghi più alti o più romiti, si sparpagliavano, oppure si frazionavano in piccoli nuclei. A volte "svallavano" (cioé cambiavano vallata) in cerca di zone illese, capaci ancora di nutrirli. Molte armi andavano perdute, molte venivano nascoste. Che cosa potevano fare poi i partigiani, ai quali non era più concesso raggiungere le loro case e i loro villaggi, dove sarebbero stati presi? Morire di fame o arrendersi? Meglio soffrire alla macchia che in prigione o in campi di concentramento. Numerosi quelli che formavano piccole bande e vivevano di brigantaggio. " Non pochi " quelli che si arrendevano e si arruolavano nelle forze repubblicane o in quelle della polizia facendo poi il "doppio gioco". Ma gli altri? Dopo aver vagabondato (da una baita all'altra o da bosco a bosco, dormendo nelle impervie fratte o nei fienili), ritornavano verso il nucleo che era rimasto col comando delle loro disperse unità in qualche alpe o in qualche remoto villaggio. A poco a poco la banda si riformava, attraendo uno dopo l'altro i vecchi elementi. In alcune zone la situazione era miserabile, perché tutti i servizi erano stati disorganizzati, i C.L.N. arrestati, i ritrovi clandestini scoperti, i collegamenti rotti. i capi spariti ed era difficile rifare l'organizzazione: altrove erano distrutti i magazzini d'equipaggiamento e di viveri, mancava tutto e le bande stentavano a ricollegarsi. come nelle Langhe, ma poi, lentamente, tenacemente, i partigiani ritrovavano i loro posti, soffrivano privazioni , finché riprendevano gli aviolanci degli alleati e con essi le forniture di vestiario, di viveri e di armi. Non passava molto tempo e, allontanatisi di nuovo i tedeschi e i fascisti, la banda era in piedi e dopo la banda la brigata e dopo la brigata la divisione. Ritornavano le missioni alleate. Con questo vantaggio: che erano rimasti i migliori e che i "fifoni. gli sbafatori, gli avventurieri, gli ammazzasette da osteria ", sempre molto numerosi, si erano squagliati. Quindi le unità erano più disciplinate e più agguerrite e oltre a ciò più convinte d'aver bisogno della banda vicina, qualunque fosse il suo colore. Nel Monferrato la resurrezione avvenne intorno a un gruppo di partigiani che, non potendo più resistere in val Pellice, si era trasferito in quella regione. I partigiani valdostani, sconfinati in Savoia, furono addestrati e riequipaggiati dagli inglesi a Granopoli.
Di solito, furono i comandi superstiti a fungere da centri di attrazione. Le nuove unità per molto tempo, salvo qualche eccezione, rimasero sulla difensiva. Anzi, in data 4 febbraio 1945, le missioni britanniche ebbero disposizioni per " scoraggiare l'indiscriminata espansione dell'armamento dei partigiani ". V'era la volontà, tra gli Alleati, di limitare l'importanza e l'attività dell'opera dei partigiani e di darle come compito principale ed assorbente la difesa degli impianti industriali (che gli stessi Alleati facevano di tutto per distruggere con le bombe!).
In Piemonte la missione inglese voleva ridurne di molto l'attività limitandola ai soli atti di sabotaggio, rinunciando " al rafforzamento delle formazioni inutili e forse pericolose per la situazione futura ". Per questo proponeva la costituzione di due soli blocchi, uno nelle Langhe col capitano Ballard, e uno nel Biellese sotto il controllo del maggiore Mac Donald, entrambi dipendenti dal colonnello Stevens.

GIUDIZI INGLESI SUI PARTIGIANI. La grande speranza dei migliori partigiani era sempre che la loro " collaborazione alla cacciata dei tedeschi " riconquistasse all'Italia la prerogativa di grande Potenza e costituisse una benemerenza e perciò valesse come carta internazionale a salvarci da una pace dettata.
Già il patto Wilson-C.L.N. aveva tolto ogni valore a quella speranza, poiché con quel carattere di contratto mercenario, risolveva il debito degli alleati nel mantenimento degli accordi: avevano pagato e che cosa si poteva più pretendere? La partigianeria non poteva contare ormai come insurrezione indipendente di un popolo ribelle, poiché era uno strumento che gli Alleati muovevano a loro comodo e ai loro fini particolari, con operazioni limitate ai loro interessi.
Ma anche fuori da questi ragionamenti, ciò che valeva internazionalmente non era il giudizio che i partigiani davano del loro contributo alla guerra ma quello che vedevano e credevano gli Alleati. Il giudizio di questi era tutto diverso: i molti loro commissari poterono distinguere la verità dalle fanfaronate, controllare la portata reale delle modeste azioni possibili e quali e quante forze il nemico impiegasse. Abbiamo alcuni saggi di tali giudizi per questo periodo.
Il colonnello Stevens, capo della missione inglese presso il comando partigiano piemontese, era profondamente ostile. Scrive il Trabucchi del colonnello:
" Arrivato nelle Langhe in pieno rastrellamento, vide da una parte carri armati, artiglierie, uomini in formazione quadrata con l'elmetto e la maschera antigas a tracolla e, dall'altra parte, della " canaglia in armi ", che combatteva in ordine sparso. Opinò senz'altro che il movimento partigiano fosse semplicemente il risultato di mene di politicanti ambiziosi e di avventurieri facinorosi. Ritenne una favola quanto era stato detto di intere unità tedesche impegnate e distratte dal fronte per opera dei partigiani piemontesi. Considerò suo dovere incaricarsi di quei disgraziati, liberarli da comandanti incapaci, alleggerire il dispositivo. dare un indirizzo di disciplina, limitarne l'impiego a poche e ben dirette operazioni di sabotaggio a complemento delle distruzioni dei bombardamenti aerei ".

Il capitano Farran, mandato nel Reggiano a costituire un " battaglione alleato " con forze russe, italiane e inglesi, pur ammettendo che qualche azione di guerriglia delle bande italiane era veramente abile, si esprimeva di solito molto più acremente lasciando credere che i partigiani scappassero davanti a ogni serio attacco tedesco e che non fosse sempre facile all'ufficiale britannico o americano il persuaderli a combattere. Sosteneva inoltre che definissero "brigate" le bande per ingannare sia i tedeschi che gli alleati.

Più caratteristico è il giudizio dato da un ufficiale dell'AMGOT, il quale, dopo una lunga esperienza con i partigiani, ritornato in patria, li descrisse causticamente e con britannica ironia ridicolizzandoli, secondo le abitudini inglesi, per diffuso, ingiustificato senso di superiorità verso gli italiani.
L'autore, J. R. Reynolds, scrive con " humour " britannico e racconta che, appena arrivato in un centro, doveva disarmare i partigiani, compito difficile e disperato. Egli dice:
" Il mio metodo con i partigiani era di elogiarli al massimo e, per almeno cinque minuti, parlare a loro come eroi. Poi, dopo un discorsetto sui doveri del buon cittadino, seguiva il rituale invito: '" Ed ora deponete le armi su questo tavolo ".

" Fra i partigiani ho incontrato talune persone realmente bene educate e unità ben disciplinate, ma di gran lunga la maggioranza erano gangster usciti fuori in cerca di vantaggi personali e per gloriarsi oppure pieni di ardore per una "rivoluzione del proletariato". Essi stanno costruendo intorno a se stessi una mitologia ricca e completamente falsa, che verrà poi per sempre insegnata nelle scuole italiane. Secondo questo mito, essi soli sono benemeriti della liberazione d'Italia, in quanto le armate Alleate hanno evitato qualsiasi perdita, procedendo lentamente nella loro avanzata. Essi spesso parlavano a me come dei guerrieri parlano a un civile, ad un borghese, ed io, essendo fiero del mio contributo alla guerra, trovavo tutto questo estremamente difficile a sopportare. Tuttavia, qualche volta essi erano singolarmente commoventi. In una città, ad una delle loro riunioni simili a baccanali, mi fu detto che, qualora i tedeschi fossero riusciti a riconquistare la città, era pronta per me una guardia del corpo di duecento uomini, con un posto sicuro sulle montagne, fornito di viveri per sei mesi e, sapendo che ero cattolico, essi gentilmente promisero che avrebbero portato su anche il parroco, in modo che io potessi avere i sacramenti.
I partigiani non credono in nessuna tradizione e sono pronti a far rivivere la vecchia e nobile tradizione italiana del brigantaggio. Essi disprezzano al massimo i soldati italiani, che hanno combattuto con tanto valore con l'VIII Armata. Questi ai loro occhi e per cento ragioni. non sono eroi come essi si considerano... ".

INGANNI E DELUSIONI
Non è difficile comprendere quale valore internazionale potesse avere la partigianeria italiana, quando ufficiali e funzionari stranieri trasmettevano ai loro governi relazioni di questo genere e la stampa ne diffondeva tali giudizi. Si capisce altresì perché la guerra partigiana, così come la "cobelligeranza", fosse stata soltanto citata nel preambolo del trattato di pace (per merito del delegato olandese, contro l'opposizione del delegato iugoslavo, che sostenne essere stato il movimento di resistenza italiano quasi inesistente e comunque soggetto a influssi nazionalistici) e non avesse alcun effetto nel corpo del trattato stesso. Non meno tristi le delusioni di molti partigiani, che animati da astratte utopie o da ardori messianici, contro tutte le esperienze storiche e, come se i popoli potessero d'un tratto cambiare natura, interessi, odi, tradizioni e propositi ..., sperarono nell'avvento della pace e della giustizia universale e, invece della sognata palingenesi, dovettero constatare l' involuzione verso sistemi medievali, con spiegamento impetuoso di innumerevoli forze nazionalistiche e imperialistiche.
Scrisse uno di questi partigiani:

" Tristezza, delusione, senso a volte tragico di sgomento prende ciascuno di noi combattenti della lotta partigiana quando consideriamo l'abisso che separa la realtà di oggi, a un anno dell' insurrezione, dalle speranze di un tempo... questo stato d'animo si muta in dolorosa meditazione quando si pone mente al fallimento totale di quella aspirazione ad un mondo migliore, concorde, ordinato e giusto, che erano la ragion d'essere ideale della nostra battaglia... noi partigiani auspicavamo, come premio dei nostri sforzi e dei nostri rischi, un mondo in cui l'individuo e le nazioni riavessero il loro posto in modo da poter cooperare ad un armonioso progresso di tutti gli abitanti di questa povera aiuola che ci fa tanto feroci……"

Si domandava un altro partigiano
"Ma di grazia per che cosa stiamo combattendo? Per cacciare tedeschi e fascisti va bene! E poi? ... per riportare sulla scena politica italiana le vecchie bagasce dell'intrigo, che nei momenti brutti scappano o si nascondono e rivengono fuori con facce di bronzo a rigodersi il sereno?... ……"

In realtà la lotta partigiana non ha scacciato i tedeschi dall'Italia; ha perseguitato ma non ha vinto il fascismo, messo in crisi dalla Monarchia e abbattuto dagli eserciti stranieri, non ha portato una rigenerazione morale della vita politica e non ha servito in nessun modo nel campo internazionale, dove non le fu riconosciuto alcun merito reversibile sull'Italia. Possiamo quindi, una volta ancora, constatare, con tristezza, che è stato un movimento che non ha avuto alcun effetto fuori dal suo campo di lotta, costando invece grandi, inutili sacrifici ai partigiani stessi e incalcolabili danni alle popolazioni italiane.Il che avvenne perché la partigianeria fu, nella sua essenza e nei fatti, una cosa modesta, condotta da capi mediocri e faziosi, quando non fanatici e sanguinari, molto diversa da quella che gli uomini delle bande pensavano e vantavano. E su questa verità i partigiani stessi furono più ingannati che gli altri italiani e che gli stranieri.

Una osservazione conclusiva riguardo a questo capitolo é la seguente:
Se i partigiani, nella quasi totalità comunisti, si macchiarono di ignobili fatti di sangue sui vinti per motivi di rivalsa, di vendetta, di sfogo sanguinario, (francamente non si riesce a stabilire quale sia il motivo scatenante quell'ignobile bagno di sangue) o altro, dato che i partigiani erano tenuti all' obbligo che:
"Gli ordini emanati dal Comandante in Capo A.A.I., che agisce sotto l'autorità del Comandante Supremo Alleato, e trasmessi per tramite delle competenti commissioni, saranno eseguiti dal C.L.N.A.I. e dal Comando dei Volontari della Libertà e dai loro componenti"
non é da ritenere che gli Alleati siano essi I VERI responsabili delle stragi, (anche delle foibe), dei processi e delle esecuzioni sommarie che insanguinarono l'Italia in quei maledetti giorni? Fu connivenza? Prederminata decisione? Inconfessabile volontà? Mancanza di adeguati controlli? Ignoranza dei fatti?

In ogni caso erano loro i veri comandanti, sono loro i primi responsabili!

2 commenti:

  1. Cari amici,purtroppo sulla pagina facebook hanno censurato i documenti dai voi postati.
    Non si leggono piu' ( eccetto il vostro articolo). Potete per favore mandarmi a questo mio indirizzo e-mail ( ubaldo.croce@tin.it) non solo l'interessante articolo in questione,ma anche i documenti firmati e cenusrati da facebook? Li vorrei far girare. Grazie.
    Ubaldo Croce

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    1. Caro Ubaldo la censura di facebook o di altri server, o come si chiamano, sono strumenti della democrazia-liberista ovvero la dittatura dei più beceri banchieri, capitalisti e delle corporations.
      Chi li conosce, conosce bene il loro comportamento.
      Sono gli allocchi che si dichiarano democratici-liberisti a non volerne prendere atto.

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