lunedì 26 novembre 2012

Il portato storico politico e strategico di Jalta

La conferenza, 4/11 febbraio 1945, servì agli “Alleati”
angloamericani e ai Sovietici per spartirsi il mondo

di: Maurizio Barozzi

Sia pure con un sintetico accenno vogliamo inquadrare, una volta per tutte, il portato storico, politico e strategico di quelli che furono gli accordi internazionali stabiliti nella Conferenza di Jalta dal 4 all’11 febbraio del 1945, tra Alleati (Inglesi e Americani) e Sovietici in procinto di vincere la guerra.
Accordi che sancirono la spartizione dell’Europa in due sfere di influenza: una assegnata, tanto per usare le definizioni propagandistiche del tempo, al cosiddetto “mondo libero” cioè all’Occidente e l’altra, i “paesi dell’Oltrecortina”, all’Urss.
Due aree di influenza e di ingerenza totale dove le nazioni, in tal modo inquadratre, dovettero uniformarsi al sistema di vita economico e culturale dei loro occupanti oltre ad essere poste in condizioni di “sovranità limitata”.
Se questi “accordi” non si comprendono bene e non si inquadrano in tutta la loro portata strategica non è possibile esprimere valutazioni nè, tanto meno, elaborare analisti storiche su tanti avvenimenti che hanno coinvolto e spesso sconvolto i paesi della vecchia Europa, in particolare, per quanto ci concerne in Italia, tutto il lungo periodo stragista e dei successivi anni di piombo dove, una superficiale osservazione, fatta da storici anche qualificati, tende a valutarlo come conseguenza di quella “guerra fredda” o lotta al comunismo, con la quale si doveva impedire al Pci, il più forte partito comunista d’Europa, di prendere il potere. Vedremo, invece, come questi aspetti della guerra fredda e dell’anticomunismo erano del tutto secondari, perchè quanto è accaduto, quella sottile ed infame “guerra non ortodossa” o guerra di basso profilo, fatta di violenze, assassinii e bombe, aveva sopratutto un altro fine recondito: quello di destabilizzare il quadro politico e sociale della nazione, al fine “stabilizzare” ovvero mantenere saldamente ingessata l’Italia nell’inquadramento Atlantico.
Il contrastare il comunismo: dai “comitati civici”, alle schedature nei sindacati, alle infiltrazioni nei gruppi marxisti lenisti o filo cinesi, alle bombe false flag, ecc., che pur c’è stato, era però un aspetto del tutto accessorio, se non addirittura un pretesto. Ma per comprendere tutto questo occorre appunto analizzare e valutare gli accordi di Jalta nella loro vera funzione e portata.
Cominciamo con il constatare che gli accordi di Jalta ebbero una portata strategica e in qualche modo restarono in vigore per circa 44 anni, venendo simbolicamente meno con la caduta del muro di Berlino nel novembre del 1989.
Essi introdussero in Europa, a guerra finita, un assetto relativamente transitorio (se così si può chiamare quasi mezzo secolo di vita), ma fortemente voluto e tenacemente mantenuto dai vincitori della guerra che nelle intenzioni delle menti massoniche o mondialiste, che li avevano progettati, dovevano preparare la strada a quello che avrebbe poi dovuto essere un Nuovo Ordine Mondiale (puntualmente affermatosi con gli anni ‘90), quale altra fase transitoria verso una desiderata, anche se alquanto problematica, Repubblica Universale (fase di arrivo del dominio mondiale).
L’idea di Jalta, ovviamente, nasce molto prima della sua definizione avvenuta nel febbraio 1945: essa scaturisce dal constatato fallimento degli assetti post bellici della precedente guerra mondiale e prese corpo negli incontri tra i “tre grandi” a Teheran a fine novembre 1943, quando Stalin e Roosevelt mostrarono una certa concordanza di vedute, coinvolgendo l’Inghilterra, ma si può dire che questa “strategia” di grande portata, era praticamente in auge già dal momento in cui ci fu il coinvolgimento della Russia nella Seconda guerra mondiale, un coinvolgimento che era facile prevedere, una volta superata la fase militare critica del 1941, avrebbe proiettato questo enorme paese, potenzialmente ricco di ogni risorsa a divenire una grande potenza, affiancando l’altra grande potenza che si dispiegava sui due oceani, gli USA.
Fu così che le lobby mondialiste presero in mano la strategia bellica Alleata, piegando ai loro voleri anche gli interessi geopolitici britannici, per i quali era evidente che l’avvento di due Superpotenze a livello mondiale avrebbe determinato il tramonto della potenza inglese e la perdita del suo Impero. Ma tanta era salda e forte la presenza di queste lobby, che si dispiegava sull’asse Wall Street di New York e City di Londra, che tutto venne subordinato a queste esigenze mondialiste.
Fu così che la strategia bellica Alleata, da quel momento in poi, si inquadrò anche in una tattica militare particolare, per la quale il fine principale era quello di attendere che i Sovietici uscissero dalla crisi militare e prendessero il sopravvento sui tedeschi, consentendo loro di raggiungere le aree geografiche europee che si ipotizzava di assegnargli e che poi a Jalta vennero effettivamente definite con ben precisi accordi.
Gli Alleati quindi, dopo l’invasione in Normandia del giugno 1944, operativamente molto più avanti dei sovietici, avrebbero potuto entro pochi mesi occupare la Germania, passando magari anche da Sud, il “ventre molle” del dispositivo di difesa tedesco, ma invece, frenarono le loro iniziative, territorio italiano compreso, per consentire ai sovietici, di piegare la resistenza tedesca e straripare nell’Europa dell’Est. Addirittura ad aprile 1945 alcune truppe americane, spintesi troppo avanti, vennero fatte retrocedere per lasciare il campo ai sovietici “ritardatari”.
In sostanza Jalta era stata una nuova strategia globale finalizzata alla dissoluzione della vecchia Europa con i suoi assetti statali, le sue energie vitali e la sua cultura, cosa questa che non era riuscita nel 1919 al termine della Prima guerra mondiale con la creazione ex novo di vari aborti nazionali (Jugoslavia, Cecoslovacchia e la riesumazione della Polonia) e l’accerchiamento della Germania (il cuore del continente).
Neppure le imposizioni di un disarmo unilaterale, il taglio di vari territori, e l’applicazione di pesantissimi indennizzi economici avevano avuto successo. La dinamica storica e le spinte geopolitiche, alla fin fine, avevano ribaltato la situazione e rilanciato il continente europeo dietro la spinta propulsiva dei regimi nazional popolari di Italia e soprattutto Germania.
Ecco che con Jalta, invece, tutto questo veniva superato perchè le nazioni europee dopo essere state occupate e praticato senza scrupoli il dovuto “repulisti” etnico, venivano divise in due ambiti: due schieramenti apparentemente opposti, Est ed Ovest con due strutture militari over nazionali: la Nato (Patto atlantico) e il Patto di Varsavia. In tal modo popolazioni, governi, partiti, circoli culturali, tutto veniva influenzato dallo stile e modello di vita dei loro occupanti, costringendoli a difendere il proprio schieramento, a confrontarsi in una diatriba del tutto fittizia, perchè il modello di vita Occidentale, impregnato dalla way of life americana e quello pseudo comunista (in realtà una dittatura statalista aborto di un pseudo materialismo marxista), nulla avevano a che fare con la cultura e le tradizioni della vecchia Europa. Anche l’organizzazione economica e sociale del vecchio continente veniva divisa in assetti e modelli economici obbligati: da una parte il liberismo di mercato più selvaggio e funzionale alle Company e multinazionali statunitensi e dall’altra il sistema socialista, che poi socialista non lo era affatto, strutturato nel Comecon e del tutto funzionale agli interessi Sovietici.
Il sistema finanziario, invece, laddove banche, assicurazioni e credito, nel loro cosmopolitismo non hanno mai avuto confini, sia pure in modo mascherato e non a tutti evidente, operava e speculava nei due campi, solo apparentemente contrapposti.
Ma quello che più bisogna tenere presente è il fatto che Sovietici e americani erano tra loro fermamente concordi a mantenere quegli assetti e a tal proposito operava segretamente tra loro, il principio della “coesistenza pacifica” (la stessa “crisi missilistica di Cuba”, che si dice gettò il mondo sul baratro di un guerra nucleare e ci hanno persino fatto un film, fu una commedia di segreto accordo tra Kruscev e Kennedy, con le navi russe con tanto di missili in bella mostra a fare scena).
La controprova, seppur ce ne fosse bisogno, la si può trovare nel fatto che verso la fine della guerra, quando oramai le aree geografiche da assegnare al comunismo e quelle da assegnare agli Occidentali erano già state individuate, i Sovietici si guardarono bene dal sostenere la rivolta dei comunisti in Grecia che perdurò fino al 1949 e del pari gli inglesi non interferirono in Jugoslavia, e ritirarono gli appoggi alle forze nazionaliste e monarchiche del generale Mihailović, che si opponevano a Tito. Anni dopo, sempre i Sovietici, non mossero un dito per interferire nel golpe dei Colonnelli in Grecia, mentre gli americani non mossero un dito per ostacolare l’invasione Sovietica dell’Ungheria nel 1956 e della Cecoslovacchia nel 1968.
La semplice considerazione che in quasi mezzo secolo di Jalta nessun paese europeo è uscito dall’area in cui era sottomesso per trasmigrare in quella opposta la dice lunga a tal proposito. Tutto quindi rimase immutato come era stato a suo tempo stabilito, con la sola eccezione della Jugoslavia di Tito, che pur agendo nell’egida del mondo comunista, approfittò degli scollamenti causati dallo “strappo” della Cina, per stringere accordi e porsi in una posizione di “terzo mondismo”.
In tempo di guerra non era affatto facile comprendere in tutta la loro portata gli accordi di Jalta e come sappiamo da certe documentazioni anche Mussolini e in parte Hitler, nella loro disperata situazione bellica e confidando su certe notizie di stampa che parlavano di dissidi registratisi nella conferenza di Jalta, cullarono qualche speranza di poter addivenire, all’ultimo minuto, ad un accordo con gli inglesi con la scusa di bloccare l’avanzata del comunismo sovietico nel cuore dell’Europa.
Come abbiamo visto, invece, erano proprio gli Alleati che volevano l’invasione sovietica. A loro scusante possiamo dire che al tempo, non era facile percepire, in tutta la sua portata e perversione, le intese tra Alleati e Sovietici e soprattutto le strategie mondialiste che le avevano determinate e lo stesso Hitler, che pur aveva una chiara visione “metastorica” delle cause della guerra, aveva sempre coltivato il sogno di raggiungere un accordo con i britannici confidando nella necessita geopolitica inglese di contenere il sorgere di due grandi potenze che avrebbero annichilito l’Impero britannico seppur fosse stato vittorioso.
Ma come abbiamo visto, niente di tutto questo era possibile e la “resa senza condizioni”, con le mani libere per i vincitori sull’Europa del dopoguerra, era inevitabile, tanto che gli Alleati si guardarono bene, per non restare poi legati da certi obblighi e impegni, di riconoscere e sostenere la resistenza interna alla Germania nazionalsocialista che era sfociata nel famoso attentato a Hitler del 20 luglio 1944.
Chi veramente conduceva il gioco erano le lobby mondialiste che avevano in mano le strategie belliche Alleate e queste lobby se ne fregavano degli interessi geopolitici delle singole nazioni, del futuro dei popoli, del comunismo e quant’altro.
In realtà a Jalta, tutti i partecipanti, recitarono un opportuno gioco delle parti a uso e consumo dell’opinione pubblica internazionale e delle loro situazioni interne. In pratica mentre i Sovietici facevano la parte dell’Orso famelico che chiede più territori possibili, gli inglesi recitavano la parte di un implicito anticomunismo che cercava in qualche modo di contenerli e gli americani facevano la parte dei finti ingenui guidati da un oramai stanco presidente Roosevelt ritenuto “amico dei rossi”.
Ma era tutta parvenza, perchè in realtà la strategia di Jalta era stata già ben definita, da tutti approvata e a tutti gradita.
Lo stesso Churchill, solo apparentemente poteva definirsi un anticomunista, ed in effetti ideologicamente lo era, ma Churchill era anche interno agli accordi di Jalta e quindi il suo anticomunismo passava in secondo piano rispetto alle necessità di quegli accordi. Per comprendere il ruolo di Churchill basta considerare questo aneddoto verificatosi la sera del 9 ottobre ’44, circa quattro mesi prima di Jalta, quando Churchill ed Eden giunti a Mosca, sono invitati a cena da Stalin al Cremlino.
“Fu verso la fine della serata, trascorsa, a quanto lasciano intendere i documenti della delegazione inglese, in un’atmosfera gastronomica pantagruelica, che Churchill andò subito al cuore del problema. Stalin si dichiarò pronto a discutere su tutto. Disse di capire l’esigenza britannica di riottenere il controllo sulle rotte mediterranee e di voler voce in capitolo in Grecia. Dal canto loro gli inglesi dovevano capire le esigenze russe in Romania e Bulgaria. Preso un mezzo foglio di carta Churchill vi scarabocchiò sopra i termini dell’accordo indicando le percentuali di influenza anglo americana e russa nei diversi paesi dell’Europa centrale e sud orientale: Ungheria 50 e 50, Romania 10 e 90, Bulgaria 25 e 75, Grecia 90 e 10, Jugoslavia 50 e 50. Stalin lesse l’appunto senza fare commenti e con una matita blu appose un segno di spunta, che stava per “visto” ma anche per una sostanziale accettazione del metodo delle aliquote.
‘Non saremo considerati cinici per il fatto che abbiamo deciso questioni così gravide di conseguenze per milioni di uomini in maniera così improvvisata? Bruciamo il foglio’, disse Churchill. ‘No, conservatelo voi’ disse Stalin”. (Vedere: “Come Churchill e Stalin decisero il destino dell’Europa. La spartizione della zona centrorientale e balcanica alla Conferenza di Mosca nell’ottobre 1944: fu vero cinismo oppure realpolitik”?, La Voce del Popolo, lunedì 7 ottobre 2002.
Questa “intesa”, implicita, ma anche evidente tra Alleati e Sovietici è perdurata fino alla fine di Jalta e a suo simbolo si può considerare l’assassinio di Rudolf Hess che, tutti concordi, ritennero necessario mettere in atto quando (estate del 1987) le lobby mondialiste ben sapevano che si stava approssimando la caduta del muro, da loro stesse preparata e sarebbe stato consequenziale liberare, sia pure per i pochi mesi o anni di vita che gli restavano, quello che, a torto o ragione, l’opinione pubblica mondiale considerava l’ultimo simbolo del nazismo e della guerra.
Ma allora ci si chiederà: se Sovietici ed americani ed anche gli inglesi, seppur obtorto collo, erano così fermamente intenzionati a cooperare per il mantenimento di Jalta, anzi agivano accordi e intese segrete in questo senso, come mai che poi esplose la “guerra fredda” e ci fu un acceso confronto tra le due sponde con le opposte Intelligence che si fecero anche una cruenta e sottile guerra tra loro?
La risposta è semplicissima: perchè nella storia niente può essere obbligato a restare per sempre immobile e qualunque assetto, con il tempo, segue le evoluzioni delle dinamiche storiche e deve fare i conti con i sempre riemergenti interessi geopolitici delle singole nazioni.
Ecco allora che la stessa guerra fredda, l’opposizione in occidente al comunismo, condotta spesso anche con metodi cruenti e colpi bassi, era di ordine tattico, ovvero era necessaria, per prevenire ed evitare che i Sovietici, in qualche modo, approfittando di contingenze, quali evoluzioni politiche imprevedibili nelle singole nazioni, pur senza inglobarle nel loro dominio (cosa di cui non si sarebbero permessi di fare) instaurassero una ingerenza politico economica nelle aree loro non assegnate.
Ma il vero scopo della “guerra non ortodossa” apparentemente condotta contro il comunismo, del quale certamente si voleva anche impedire che arrivasse al potere per via democratica, era soprattutto quello di evitare che sortissero fuori governi o iniziative, di qualunque colore, che deviassero dalla collocazione atlantica la nazione sottomessa (un esempio di questo pericolo, era la politica energetica di Enrico Mattei o quella “autonomista” di Aldo Moro che crearono non pochi problemi tanto da rendere necessario assassinare i loro interpreti).
La scusa del pericolo comunista e di un inesistente invasione sovietica, consentivano agli americani, intanto di tenere in piedi nelle nazioni colonizzate e con personale del posto, uffici, Servizi, apparati militari e civili, oltre a partiti e schieramenti culturali, e quindi di mettere in atto le strategie Stay Behind, delle Gladio e quant’altro, il cui fine però non era tanto il contrasto al comunismo, quanto la necessità di poter disporre di strutture segrete militari e civili, che con la scusa di un inesistente pericolo di invasione sovietica, tenessero sotto il controllo atlantico le nazioni europee.
Quelle strategie quindi erano contro l’Europa non contro il comunismo. Un esempio evidente di questa subdola strategia lo si ha in quel Yves Guillou alias Yves Guerin Serac che troviamo presente e operativo in Francia e a quanto si dice in Italia per il periodo stragista. Ebbene il suo operato, apparentemente anticomunista, in realtà era espressione della Cia e risultò molto efficace in Francia quando dal 1966 al 1968 la Cia alimentò ogni genere di opposizione a De Gaulle la cui decisione di far uscire la Francia dai comandi militari della Nato era gravida di pericolosi scollamenti futuri per tutte le nazioni del Patto Atlantico.
L’Aginter presse, di Serac, quindi era in servizio effettivo per conto degli interessi della Cia, altro che lotta al comunismo e la stessa cosa si può dire di alcune strutture della destra, cosiddetta “eversiva”, in Italia.
In Italia, se consideriamo la presenza del PCI vediamo che già a Salerno nel 1944, questo partito rinunciò ad ogni velleitarismo rivoluzionario, del resto impossibile data la presenza delle truppe Alleate e scelse la via democratica al potere, una scelta questa strategica, definitiva, funzionale a quelli che poi saranno gli accordi di Jalta e gradita ai suoi dirigenti, nonostante qualche isolato mugugno (Secchia), tanto da imporla, anche con la forza bruta, a qualche gruppo comunista recalcitrante.
Quindi gli americani, una volta colonizzato il nostro paese ed essersi sostituiti alla vecchia ingerenza britannica, sapevano benissimo che il Pci non avrebbe mai tentato colpi rivoluzionari, nè i Sovietici lo avrebbero consentito. Anzi nei confronti del Pci era in piedi una sottile opera di “occidentalizzazione” che poi si concretizzo pienamente grazie agli uffici del clan filo anglofilo dei Berlinguer.
L’unica preoccupazione per gli americani poteva solo essere quella che il Pci, con le elezioni, al potere vi arrivasse prematuramente.
E il PCI al governo, alla stessa stregua di un altro qualsiasi governo di qualunque colore, guidato da personaggi non troppo malleabili, poteva accentuare certe spinte autonomiste.
E’ solo a questo proposito, cioè non tanto contro il comunismo, quanto contro le tendenze autonomiste o terza forziste, che le Intelligence occidentali vigilavano a che questo non accadesse, mettendo in campo ogni più spietata strategia necessaria alla bisogna, specialmente in momenti di crisi, come quelli (1967 – 1970) precedenti e susseguenti alla guerra dei sei giorni (giugno 1967) che misero in delicata crisi tutto il mediterraneo e gli stessi rapporti Est - Ovest laddove i paesi dell’Est, ad eccezione della Romania, ruppero le relazioni con Israele.
Nel sud dell’Europa, in Grecia, onde evitare che alla imminenti elezioni vincessero le sinistre e portassero il paese fuori dalla Nato, fu necessario un Golpe, sotto la supervisione della Cia, mentre in Italia, paese più evoluto, dove un Golpe avrebbe creato più problemi di quelli che poteva risolvere, si optò invece con l’accentuare la “guerra non ortodossa” che portò a Piazza Fontana, al fine di destabilizzare il quadro sociale, politico e dell’ordine pubblico, per stabilizzare la situazione nel senso che i governi, allora di centro sinistra, per altro in crisi permanente, non azzardassero scollamenti dall’Alleanza atlantica o nuove tentazioni autonomiste in campo energetico dopo Mattei (come quelle che si intuivano dietro il segreto appoggio dell’Italia al colpo di stato di Gheddafi in Libia).
Questo era il vero spirito e la portata degli accordi di Jalta.

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=17899

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