La replica su
questo giornale di martedì 10 c.m.: "Appunti sulle critiche al
neofascismo" di Nazzareno Mollicone all'articolo di Giuseppe Biamonte
"L'eredità fascista e il MSI", seppur umanamente comprensibile è
storicamente inattendibile, ma soprattutto miope nei contenuti politici che ne
potrebbero derivare.
Lasciamo stare
i discorsi culturali e intellettuali che lasciano il tempo che trovano, tanto
più oggigiorno dove al dire e al pensare quasi mai corrispondono gli atti
concreti.
Fatti alla
mano, possiamo dire che l'unica funzione positiva, se così si può chiamare,
avuta dal MSI, almeno fino agli inizi degli anni '60 (non di più) è stata quella
di rappresentare in Italia un "riferimento" per tutti coloro che reduci della
RSI o giovani che per condivisione ideologica, inclinazioni personali e
tradizione storica, si sentivano attratti o vicino al fascismo. Dopo la
conclusione della guerra e la morte di Mussolini, nel nostro paese non c'era
altro (o meglio fu appositamente predisposto affinché non ci fosse altro!) che
il partito missista che facesse da raccolta per quanti intendevano fare politica
riferendosi al fascismo.
Una funzione
quindi indirettamente positiva, ma che ha rappresentato una vera e propria
trappola politica ed oserei dire "esistenziale" perchè quel partito era nato
marcio fin dalla sua costituzione (1946), generato da chi aveva interesse di
servizi di un nuovo partito di "destra" che, gradualmente, trasbordasse i reduci
del fascismo repubblicano, che di destra non erano, su quelle sponde reazionarie
ovvero conservatrici, filo-atlantiche (quindi ovviamente filo-israeliane) e
soprattutto con una funzione di basso anticomunismo viscerale e da strada che
tanti lutti e anni di carcere ha portato ai giovani di allora.
Ma anno dopo
anno, con il trascorrere del tempo, quella funzione larvatamente positiva,
andava a morire perchè si instaurava in quel partito, a tutti i livelli, una
evidente trasformazione non solo politica, ma umana, intellettuale, che faceva
si che al MSI si avvicinassero per lo più elementi di destra, nel senso più
deteriore della parola, dato che nel frattempo la destra in Italia stava
assimilando e mutuato tutte le aberranti inclinazioni e tendenze di quella
americana, quindi un malcelato egoismo umano, grettezza di pensiero,
intolleranza di vario genere, liberismo e difesa dei più miseri interessi di
parte, insomma l'antitesi del fascismo, della sua apertura verso il sociale, dei
suoi concetti di solidarietà umana e di mutualità sociale e nazionale che nella
RSI avevano avuto la loro più piena realizzazione. Basta pensare che le nascenti
figure del "fascista pariolino" o San Babilino, avrebbero fatto rabbrividire un
Alessandro Pavolini o un Franco Colombo.
Se oggi ci
guardiamo attorno e osserviamo tutti gli epigoni di quel partito, dalla
ex-Alleanza Nazionale, ai vari gruppuscoli della destra sempre alla caccia di
qualche posticino elettorale, non possiamo che riscontrare, anche umanamente,
questa ributtante filiazione partorita dal MSI, una filiazione che ha seguito un
suo coerente e consequenziale filo logico tanto che si può tranquillamente dire
che non c'è stato alcun "tradimento", rispetto al passato missista, perchè le
posizioni politiche e ideologiche di questa destra moderna sono le stesse di
quelle che furono per il MSI.
Non stiamo
esagerando nella nostra considerazione storica e ci spiace che Mollicone
minimizzi certe posizioni del MSI in politica estera dove dice di non
condividerle, addossandole agli esponenti parlamentari in certe determinate
occasioni.
Ma stiamo
scherzando? Tutta la storia missista, dai suoi inizi fino alla sua ingloriosa
fine del 1995, mostra che questo partito, nato per essere messo al servizio di
interessi stranieri, ha avuto una funzione antisociale e antinazionale tradendo
quelli che erano i capisaldi del fascismo. I saluti al Duce, le vuote parole su
la socializzazione e le corporazioni, sul patriottismo ecc., erano tutti
specchietti per gli ingenui, perchè la storia di quel partito, di fatto ruota di
scorta della DC nei suoi momenti di difficoltà parlamentare, è scritta nei suoi
atti parlamentari, nelle sue prese di posizione, nella raccolta del suo giornale
"Il Secolo d'Italia", e così via. E cosa dice questa storia?
Dice che
questo partito, a tutti i livelli, nazionali o di enti locali, si mise a
disposizione per difendere gli interessi della piccola e media e spesso meschina
borghesia industriale, persino del Vaticano, delle manovre di potere
democristiane (già a partire dal 1947 quando a Roma i tre primissimi eletti
consiglieri comunali missisti al campidoglio, votarono per la elezione del
sindaco democristiano Rebecchini). Manovre di potere che arrivavano fino al
punto di proteggere i ladri che di volta in volta in parlamento venivano a
trovarsi in stato di accusa e se ne richiedeva la facoltà di processarli. Un
testo di cui ora non ricordo il nome, pubblicato molti anni addietro, dimostrava
con fatti e particolari indiscutibili, come il MSI mentre all'esterno, nelle
sezioni, sul giornale, nei comizi, a uso dei gonzi, sbraitava e faceva il
"giustizialista", chiedendo la galera per i ladroni di governo o meno che
venivano scoperti, puntualmente poi i voti delle sue commissioni preposte ad
operare per arrivare alla richiesta di incriminazione per i parlamentari, erano
determinanti per bocciare queste richieste.
Nella difesa
degli interessi atlantici e dei nostri occupanti americani, non c'è neppure da
sprecare inchiostro, tanto è evidente e storicamente attestata.
Ma non solo,
questa subordinazione agli Occidentali, arrivò agli estremi di un vero e proprio
tradimento, continuato nel tempo, di tutti gli interessi nazionali, quelli che
sono determinati dalle esigenze geopolitiche del paese, perchè la storia
missista ci dimostra che nelle questioni importanti, anzi decisive, come quelle
del campo energetico (petrolio e nucleare) e delle scelte strategiche ad esso
inerenti, il MSI ha sempre svolto una funzione antinazionale subordinata a
interessi stranieri.
Abbiamo più
volte detto che certi uomini, seppur antifascisti, come Enrico Mattei, Aldo
Moro, gli stessi Craxi e Fanfani e addirittura alcuni esponenti del PCI, hanno
avuto nella loro carriera politica un certo senso dello Stato, una tendenza a
difendere l'indipendenza del paese, che i dirigenti e i parlamentari del MSI,
autentici traditori della Patria!, non hanno mai avuto.
La mia analisi
è spietata, come doveroso, perchè questa è la realtà storica di quel partito,
non prendiamoci in giro, anche se questo non toglie che in quel partito
passarono tanti giovani in buona fede che ci profusero sacrifici e spesso
sangue. Costoro non devono di certo rinnegare nulla, se erano in buona fede
possono andare anche orgogliosi della loro militanza, ma se oggi non riconoscono
come stanno le cose, allora andiamo proprio male.
In definitiva
proprio grazie alla funzione storica, incarnata dal MSI, si è affermata
nell'immaginario collettivo una identità tra fascismo e destra bottegaia,
sanfedista, reazionaria e filo americana. Basta interrogare una persona
qualunque, semplice, magari non proprio interessata alla politica e chiedergli
cosa è per lui, il fascismo e ci si sentirà ripetere questi ritornelli di
destra. Certo, tutto ciò è anche conseguenza della propaganda storica
dell'antifascismo, ma il MSI, da parte sua ci ha messo di molto. E questo è
forse il più grande crimine che quel partito abbia mai potuto compiere.
Ma noi
sappiamo bene che, al di là delle fraseologie, simbolismi, culture più o meno
intellettuali, ecc., il "neofascismo", non è un seguito storico del fascismo, ma
è, sostanzialmente, un vero e proprio antifascismo.
Non è qui
questione di fascismo di destra o fascismo di sinistra, perchè il fascismo aveva
mirabilmente superato questa antitesi egheliana, fino a quando i missisti nel
1946 non lo scaraventarono nel letamaio della destra accanto a liberali e
ex-monarchici.
Queste
componenti storiche e politiche, destra e sinistra, sono inclinazioni di
pensiero e tendenze culturali e ideologiche che in ogni partito o movimento ci
possono pur stare. Ma la destra che il MSI ha incarnato e purtroppo l'ha fatta
indossare a quello che avrebbe dovuto essere il neofascismo, era l'antitesi
netta, irriducibile di tutto ciò che il fascismo aveva rappresentato, era il
tradimento degli interessi nazionali del paese.
L'articolo di
Biamonte aveva preso spunto dalla rievocazione della figura di Alessandro
Pavolini. È bene allora ricordare che al Direttorio del PFR di Maderno del 3
aprile 1945, presieduto da Pavolini, quando si cercarono di buttare giù le
indicazioni per le basi operative di una lotta da proseguire in Italia, una
volta finita la guerra e determinatasi la sconfitta militare, Pino Romualdi, il
vice segretario del PFR, quello che poi sarà tra i responsabili della "tregua" o
meglio "resa" di Como, non si trovò d'accordo sulle linee programmatiche
indicate da Pavolini, Zerbino, Solaro, Porta ed altri che prospettavano per i
fascisti nel dopoguerra, anche in clandestinità, una lotta contro l'occupante e
a difesa delle innovazioni sociali della RSI contro ogni restaurazione
monarchica e liberista (sottolineiamo non a caso queste frasi, perché i
neofascisti proprio queste realtà antitetiche alla RSI furono invece indotti a
difendere).
Mussolini la
sera del 22 aprile ricevette Carlo Silvestri e non a caso gli consegnò una serie
di appunti pregandolo di inoltrarli alle forze moderate e socialiste della
resistenza: «Compagni socialisti. Benito Mussolini mi ha chiamato e mi ha
dettato questa dichiarazione che mi ha autorizzato a ripetervi. Poiché la
successione è aperta in conseguenza all'invasione anglo-americana, Mussolini
desidera consegnare la Repubblica Sociale Italiana ai repubblicani e non ai
monarchici, la socializzazione e tutto il resto ai socialisti e non ai
borghesi».
Certamente
questo non fu possibile soprattutto a causa di quelle componenti criminali che
albergavano nel PSIUP di allora e, subito dopo come dice Mollicone, sui reduci
fascisti si scatenò la violenza assassina dei socialcomunisti. Quindi si chiede
Mollicone, come non potevano essere anticomunisti i fascisti del dopoguerra?
Una
osservazione giusta, ma strumentale perchè questa attitudine di anticomunismo
viscerale avrebbe dovuto essere transitoria, non prassi politica ideologizzata.
Passato il periodo delle violenze e del sangue, i fascisti avrebbero dovuto
scendere in piazza non contro i cosiddetti "rossi", ma contro la subordinazione
dell'Italia al sistema NATO, contro i nostri colonizzatori, a lottare per una
riforma radicale del sistema sociale liberista che era stato imposto dagli
Alleati.
Ermanno
Amicucci, già direttore de "Il Corriere della Sera", ebbe a scrivere nel suo
"I 600 giorni di Mussolini", Ed. Faro Roma 1948: «Mussolini voleva che
gli anglo-americani e i monarchici trovassero il nord Italia socializzato,
avviato a mete sociali molto spinte; voleva che gli operai decidessero nei
confronti dei nuovi occupanti e degli antifascisti, le conquiste sociali
raggiunte con la RSI».
Questo era il
fascismo, un movimento grandioso che superate le contingenze storiche, superati
i vari suoi atteggiamenti eterogenei che aveva dovuto assumere dalla nascita
avvenuta nel 1919 fino alla sconfitta del 1945, aveva lasciato una importante
eredità storica e sociale. Eredità che invece, già dal primissimo dopoguerra,
venne liquidata e consegnata nelle mani di J. J. Angleton il capo dell'OSS in
Italia e delle forze più retrive e reazionarie del paese.
Oggi possiamo
dire che un certo ciclo storico si è concluso. Il comunismo e di conseguenza
l'anticomunismo, non esistono più, oggi la lotta si è radicata tra l'Occidente
in mano al mondialismo, tra l'Alta finanza usurocratica che mira a piegare ai
suoi interessi l'intero paese e quelle poche nazioni e popoli liberi che ancora
resistono e difendono le loro autonomie nazionali, minacciate dall'avvento di
una Repubblica Universale che soggiogherà tutto il genere umano. E se questa
lotta dovesse anche investire il nostro paese, criminalmente riempito di basi
NATO, siamo certi anzi certissimi che gli epigoni del missismo, dai Fini agli
Alemanno a tutte le destre di ogni colore, staranno da un parte, quella di
sempre, quella a difesa degli interessi occidentali Usa-Israel.
Noi
dall'altra. Tutto il resto sono chiacchiere.
Maurizio Barozzi
P.S. -
Mollicone chiede, nel suo articolo, se Giuseppe Biamonte abbia svolto una
attività politica concreta. Non mi piace scendere sul personale, ma tanto per la
precisione storica posso attestare che Biamonte ha militato nella FNCRSI e
quindi ha fatto politica fascista: contro il MSI, contro la NATO, contro il
Vaticano, contro gli americani, per il sociale e in favore dei popoli arabi e
palestinesi, come quello del Vietnam aggredito dai banditi americani.
Ha inoltre fatto
propaganda elettorale con la FNCRSI per l'estensione o la scheda bianca. Tutto
questo mentre i militanti missisti inneggiavano ai Berretti verdi, ad Israele
ultimo baluardo dell'uomo bianco in Medioriente (sic!), inneggiavano a Pinochet,
mettendosi le bandiere della macelleria cilena nelle sezioni e mentre, non di
rado si scannavano cannibalescamente tra loro per gli interessi elettorali di
veri e propri furfanti che miravano a un posticino al parlamento a scapito degli
altri candidati missisti. Basta?
Maurizio Barozzi
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