Mussolini, Bombacci, Arpinati e Nanni: quattro romagnoli,
amici dall’adolescenza, figli di un socialismo anarcoide di fine
ottocento e rimasti in qualche modo sempre legati tra loro. Separati
dalla guerra su sponde opposte, ma tutti assassinati da partigiani. Chi
di loro fu veramente coerente con i propri ideali di gioventù e fece le
scelte giuste?
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Accenniamo qui ad un libro, a nostro avviso di estremo interesse storico, pubblicato in estate dalla Minerva Edizioni: “Sangue romagnolo – I compagni del Duce”, scritto
da due giornalisti e prolifici scrittori romagnoli, Giancarlo Mazzuca
di Forlì già direttore di diverse testate tra cui il Resto del Carlino e Il Giorno e Luciano Foglietta di Santa Sofia di Romagna decano dei giornalisti romagnoli.
Si tratta di un opera,
già in seconda edizione dopo un solo mese, che da un punto di vista
strettamente storico non porta molti elementi nuovi sulla vita di
Mussolini, ma a nostro avviso assume un importanza fondamentale per
conoscere alcuni aspetti non molto noti su Mussolini e il fascismo e
soprattutto perché consente, sia pure indirettamente, di intuire una
verità fondamentale sul perchè si fecero scelte irreversibili e decisive
che portarono l’Italia all’alleanza con la Germania e di conseguenza
alla guerra, la sconfitta bellica e la fine del fascismo.
Benito Mussolini,
Nicola Bombacci, Leandro Arpinati e Torquato Nanni, tutti romagnoli,
tutti con ideali socialisti, seppur non proprio marxisti e con sfumature
assai diverse e soprattutto amici di vecchia data che anche quando le
loro strade si separarono non smisero mai di mantenere un certo
“contatto” tra loro, anche in virtù di una tradizione di “amicizia” che
da quelle parti ha sempre avuto un valore sopra le righe.
In
definitiva, questi quattro amici finirono tutti ammazzati, seppure su
fronti opposti (o quasi) per mano partigiana, nonostante che Arpinati e
Nanni erano stati addirittura attigui alla cosiddetta Resistenza. I
quattro romagnoli, già compagni di lotte, poi in antitesi tra loro e
separatisi, ma mai definitivamente persisi di vista,
perchè un sottile filo e spesso un aiuto reciproco, li ha sempre tenuti
in qualche modo legati fino all’ultimo, consente a chi sa leggere tra
le righe della storia, di capire certe scelte drastiche e definitive che
ancora oggi molti non sanno interpretare o giudicano con troppa
superficialità.
Prima di affrontare il tema del libro dobbiamo
però anche osservare e riconoscere come, con il passare del tempo e
l’affievolirsi degli odi e delle passioni, molti di coloro che
affrontano l’argomento “Mussolini”, pur non essendo di certo
simpatizzanti del fascismo, come nel caso dei due autori in questione,
cominciano ad essere alquanto più obiettivi e meno faziosi rispetto a
chi scriveva in passato. E non è poco.
Il libro offre una
ricostruzione storica e caratteriale di quattro personaggi, nati sul
finire dell’ottocento a poca distanza l’uno dall’altro in un fazzoletto
di terra di Romagna: Benito Mussolini da Predappio, Nicola Bombacci e Leandro Arpinati da Civitella di Romagna e Torquato Nanni da Santa Sofia di
Romagna. Quattro personaggi, come dicono gli autori, che nel bene e nel
male hanno fatto la storia del nostro paese per mezzo secolo, eppure le
loro vite che si allacciano, si separano, si rincontrano e si allontano
per poi ricongiungersi incredibilmente, hanno la stessa unica matrice:
sono tutti figli di quel socialismo anarcoide che si impose in Romagna a
cavallo tra l’ottocento e il novecento.
In
pochi giorni, di quel maledetto aprile 1945, questi quattro “amici”
terminano le loro vite: Mussolini assassinato senza scrupoli da sicari
ancora senza nome, Bombacci fucilato a Dongo con gli altri esponenti
della RSI, ma in realtà assassinato visto che non c’erano di certo gli
estremi per infliggergli una condanna a morte, e per finire Arpinati e
Nanni, nonostante non abbiano partecipato alla RSI, anzi in qualche modo
collaborarono con ambienti antifascisti, assassinati da una squadra
ignota di sicari partigiani fatti venire apposta da qualche pezzo grosso
per uccidere Arpinati, molto probabilmente per tacitarlo per sempre
(spararono anche a Nanni che aveva cercato di fare scudo all’amico).
Insomma tutti e quattro uccisi da partigiani in quelle “radiose giornate”.
Ma vediamo ora di tratteggiare sommariamente queste figure.
Di
Mussolini c’è poco da dire, è stato forse uno dei pochi artefici di un
processo rivoluzionario, da lui stesso ideato, progettato e realizzato
allo stesso tempo nel corso di una vita, sia pure mediato per forza di
cose da compromessi e adattamenti, e che è sfociato nell’unica e vera
rivoluzione socialista in Italia, quella della RSI con il suo
corporativismo completato dalla socializzazione, con la regolamentazione
e subordinazione allo Stato del mercato azionario e
con il cooperativismo socializzato nel grande commercio di interesse
primario per il popolo, quale quello dell’alimentazione, del vestiario
essenziale e del settore immobiliare delle case di abitazione.
Bombacci,
al pari di Mussolini, dopo aver militato nel comunismo, di cui ne fu
uno dei fondatori, e aver sostenuto la rivoluzione bolscevica, finì per
riavvicinarsi a Mussolini durante il ventennio riconoscendo le grandi
riforme sociali del fascismo e finendo poi per aderire entusiasticamente
e senza riserve alla RSI dove trovò nella socializzazione, al cui varo
aveva partecipato direttamente, l’attuazione dei suoi ideali socialisti.
“Mussolini è la rivoluzione socialista, dove va lui, vado io” usava dire Bombacci in quegli ultimi mesi di vita e la storia oggi ci dimostra quanto quelle parole fossero vere.
Leandro
Arpinati, già socialista, poi interventista, con tendenze anarchiche,
divenne segretario del fascio di Bologna, partecipò quindi con Mussolini
alla rivoluzione fascista e
alla marcia su Roma. Successivamente fu federale del fascio di Bologna e
Podestà della stessa città, quindi sottosegretario agli Interni e altro
ancora, insomma fu un gerarca del fascismo. Ben presto si
indirizzò verso forme di pensiero liberali, disdegnando le stesse
Corporazioni. Fu insofferente all’andazzo adulatorio di quegli anni,
oltre che pungente di parola, entrando ben presto in contrAsto con altri
gerarchi del fascismo e con le stesse direttive di governo.
Dovette
quindi dimettersi da tutte le cariche e finì così relegato al confino a
Lipari e poi ai “domiciliari”. Durante la RSI non ritenne di aderirvi.
Torquato
Nanni, imparentato con l’amico Arpinati, fu sempre un socialista, mai
estremista e potrebbe definirsi l”‘intellettuale” del gruppo. Fedele
agli ideali socialisti di giustizia e libertà, non si adeguò alla
instaurazione della dittatura, ma comunque si rifiutò di giudicare
Mussolini un servo del padronato e degli agrari e riteneva che prima o
poi fascismo e socialismo avrebbero finito per trovare una convergenza
antiborghese (aveva visto giusto).
Anche lui durante il ventennio, subì angherie da quei tanti che si definivano fascisti tutti d’un pezzo e poi si vide il
25 luglio del 1943, cosa in realtà fossero, e finì al confino, in
Sardegna, ma ebbe comunque modo di mantenere molti rapporti umani e
politici in varie direzioni. Nel 1924 scrisse un libro dedicandolo
all’inseparabile amico Arpinati, in quel momento in auge, con questa
dedica significativa: “A Lendro Arpinati, con affetto di fratello, con ammirazione di avversario”.
Soprassediamo
a riportare aneddoti, storie e profili di questi quattro romagnoli,
tutti particolari che potrete trovare nel libro, aggiungiamo solo che
negli ultimi mesi di guerra, mentre Mussolini e Bombacci lottavano con
ogni mezzo contro gli Alleati invasori, Arpinati e Nanni si trovarono a
nascondere alcuni ufficiali inglesi e quindi si potrebbe dire che i due
finirono, in qualche modo, per partecipare alla lotta contro i tedeschi.
Partecipazione
che però, come abbiamo visto, non gli evitò di essere ammazzati proprio
nei giorni in cui si “festeggiava” la Liberazione che meglio sarebbe
definire occupazione del nostro paese da parte del nemico vincitore.
Detto questo, ci si chiederà, dove trovasi l’importanza di questo libro?
Per
comprendere appieno, quanto queste storie ci insegnano, bisogna partire
da alcuni accenni espressi, qua e là, dagli autori, ovvero dalle
considerazioni che, in ogni caso, sono fatte
proprie da tutta una storiografia e una letteratura, post resistenziale
o cosiddetta “democratica”, ovvero il riconoscere una certa coerenza
politica e le scelte giuste in Arpinati e Nanni che non si adeguarono
alla dittatura e all’alleanza con la Germania e la guerra.
E
fin qui tutto potrebbe rientrare in una certa logica, oseremmo dire
nella “normalità” di un pensiero di matrice antifascista. Il fatto è che
però le stesse considerazioni, finiscono spesso per esser fatte proprie
anche da persone che, invece, potrebbero essere definite simpatizzanti
del fascismo. Ma andiamo per ordine.
Lasciamo
da parte le insofferenze verso la dittatura, visto che i quattro amici
romagnoli possono avere le loro buone ragioni: Mussolini e Bombacci
ritenendo ai aver agito per il bene superiore della Patria e Arpinati e
Nanni per una legittima ripulsa all’andazzo adulatorio e miserabile di
quell’italiano fattosi fascista per convenuienza, e consideriamo invece
la diversità di pensiero e di atteggiamento rispetto alla scelta
dell’alleanza con la Germania, laddove sappiamo che soprattutto
Arpinati, da ex fascista, perorò tutt’altre intenzioni e auspicava
invece un indirizzo della nostra politica internazionale verso alleanze
con gli occidentali. In lui si sottolinea quindi la sua intenzione di
voler superare la dittatura con una forma di fascismo social liberale
incluso in un sistema di alleanze occidentali e sicuramente non
antibritanniche. Solo così, forse, ritenendo che l’Italia ne avrebbe
avuto tutto da guadagnare, la sua inclinazione anarco – social –
liberale, gli avrebbe consentito di riavvicinarsi al fascismo.
All’opposto
Mussolini e Bombacci che invece perseguirono la strada che ci portò in
guerra contro le grandi democrazie, secondo il pensiero comune, saggi
non lo furono affatto e oltretutto, dicesi, non furono coerenti fino in
fondo con i loro ideali di socialisti.
Il
ritornello è sempre lo stesso: se Mussolini si fosse mantenuto lontano
dall’alleanza con la Germania, avrebbe potuto salvare sè stesso, il
fascismo e il paese dalla catastrofe.
E
allora riformuliamo anche noi la domanda: chi, tra questi quattro
amici, ma anche in un più ampio senso storico, aveva ragione? Chi aveva
visto giusto e soprattutto chi fu veramente coerente con i propri
ideali di gioventù: Mussolini e Bombacci o Arpinati e Nanni?
Considerando
la sconfitta bellica e il disastro che ne è conseguito, la risposta
sembrerebbe scontata, ed invece le cose non stanno affatto cosi, perchè
coloro che furono coerenti con i vecchi ideali socialisti sono proprio
Mussolini e Bombacci e la scelta dell’alleanza con la Germania fu del
tutto consequenziale e inevitabile, in considerazione delle forze in
campo e degli interressi geopolitici che erano sul tappeto.
Mussolini,
che non a caso finì per trovarsi Bombacci al suo fianco, sia pure con
un percorso contraddittorio e altalenante, conseguenza della profonda
arretratezza del nostro paese e delle forze contrarie che vi giocavano
un ruolo determinante, finì per costruire uno Stato dove i valori etici e
politici avevano la preminenza su quelli economici e finanziari; al
contempo si attenne a praticare una forma di governo a
carattere dirigista, tutte prospettive queste che sono l’esatto
contrario delle forme di Stato e di governo dei paesi occidentali, dove
sono invece i potentati economici e le lobby massoniche a dettar legge.
Il
ventennio fascista, nonostante una prassi di regime conservatore,
necessaria per risollevare l’Italia dalle sue misere condizioni, varò
una spettacolare e inaudita serie di opere pubbliche e riforme sociali
di altissimo contenuto sociale. La RSI infine, come già accennato, fu la
prima e unica attuazione vera e concreta del socialismo in Italia.
Come
potevano ritenere un Arpinati (in questo caso lasciamo stare Nanni che
non aveva mai aderito al fascismo) e al contempo come possono pensarlo,
gli stessi “buontemponi”, fautori di un “fascismo moderato”, tutto
sommato occidentale, che una forma di simile Stato nazional popolare,
potesse essere tollerato dagli occidentali, potesse convivere a fianco
delle nazioni governate da governi democratici e iper liberisti?
Ma
non c’è solo questa considerazione politico ideologica a indicare che
Mussolini e Bombacci furono consequenziali e coerenti fino in fondo ai
loro ideali. Ci sono anche le considerazioni geopolitiche.
La
storia e l’analisi geopolitica ci dicono chiaramente che l’Italia non
avrebbe mai potuto avere un posto a fianco della politica inglese, per
il semplice motivo che gli inglesi considerano, e a ragione secondo i
loro interessi, il Mediterraneo un settore strategico di vitale
importanza. L’Italia quindi per i britannici, deve essere subordinata ai
loro interessi e soprattutto non avrebbe dovuto esprimere una politica
propria nei Balcani e in Africa perchè, alla lunga, questo avrebbe anche
sconvolto la sua funzione imperiale.
L’Italia
fascista che tentò la strada della sua indipendenza venne
inesorabilmente stroncata manu miltari, ma anche tutti coloro che dal
dopoguerra ad oggi, hanno timidamente avanzato una politica necessaria a
ricavare un timido spazio di sopravvivenza per le nostre esigenze
energetiche e politiche (ci riferiamo a Mattei, a Moro, ma non solo)
hanno fatto una brutta fine e non a caso il nostro paese, per tenerlo in
soggezione e impossibilitato a percorrere strade autonomiste, è stato
appositamente sconvolto da stragi e terrorismo di evidente matrice
straniera.
Mussolini
si rendeva conto che, stante la nostra inevitabile debolezza economica e
militare, anche rispetto alla Germania e quindi ai nostri interessi
continentali potevano esserci grossi problemi ed è per questo che egli
aveva sempre auspicato che in Europa ci fosse un duraturo bilanciamento
di forze, senza che nè gli inglesi, nè i tedeschi prendessero il
sopravvento.
Ma
nonostante tutti i suoi sforzi in questo senso, non ci fu nulla da
fare, perchè i tedeschi vollero, a rischio di far saltare il banco,
perseguire i loro obiettivi di espansione ad Est, mentre gli
occidentali, dietro la pervicace volontà delle Consorterie che ne
condizionavano i loro governi, avevano deciso e predisposto lo scoppio
della guerra e la subordinazione, non solo della Germania, ma di tutta
l’Europa.
Quando
gli avvenimenti precipitarono era chiaro che il nostro posto non poteva
che essere al fianco della Germania, sia pure come junior partner,
perchè solo così il fascismo con le sue riforme e innovazioni sociali
avrebbe potuto sopravvivere, solo così l’Italia avrebbe potuto evitare
di essere inglobata e sottomessa in quel sistema plutocratico e
finanziario di cui oggi ne vediamo gli scempi e le rapine sulla pelle
dei popoli.
Tanto
per fare un esempio e capire come le scelte, sia pure perdenti, di
Mussolini e Bombacci, furono quelle giuste, si considerino gli ultimi
avvenimenti storici, dove anche una semplice Serbia, che aspirava ad un
minimo di indipendenza, è stata annientata, così al pari di altre
nazioni che si sono permesse di difendere i loro interessi vitali,
rifuggendo dalla piovra di una omologazione mondialista.
Dall’Irak
di Saddam Hussein, alla Libia di Gheddafi, troviamo statisti vilmente
assassinati e paesi sconvolti e riportati all’età della pietra da quello
stesse terrorismo selvaggio e criminale che gettava le bombe sul nostro
paese. In altri casi, meno cruenti, troviamo comunque tanti altri Stati
ricattati e depredati, o impostigli restrizioni e rapine da usurai come
attualmente sta accadendo alla Grecia e all’Italia.
L’andazzo
è uno solo: chiunque aneli ad un minimo di indipendenza, chiunque
cerchi una strada alternativa ai meccanismi da rapina economici e
finanziari imposti dalla Internazional Banking Fraternity, la potente confraternita planetaria e cosmopolita, nota con il nome edulcorato di Alta Finanza, che aveva ed ha i suoi Templi sull’asse City di Londra – Wall Street di New York , deve essere inesorabilmente annientato.
Si immagini se ci poteva esser posto per l’Italia fascista di Mussolini.
No,
seriamente, Mussolini e Bombacci, anche se perdenti, furono coerenti
con sè stessi e con gli interessi nazionali, avevano visto giusto e la
storia lo sta dimostrando.