“WHAT IS THE WRONG,
WITH THE MODERN WORLD?”
WITH THE MODERN WORLD?”
di Filippo Giannini
Un personaggio democratico inglese, Michael Shanks, economista di vasta
esperienza internazionale, già direttore della Commissione europea degli affari
sociali, nonché presidente del Consiglio dei Consumi, indica nel suo libro: “What is The Wrong, with the Moden World?”
(“Cosa c’è di sbagliato nel mondo
moderno?), lo Stato Corporativo di Mussolini come l’unico metodo per uscire
dalla contrapposizione violenta delle parti sociali. Non c’è alternativa,
ammonisce l’economista inglese: o lo Stato Corporativo o lo sfascio dello
Stato. Non siamo lontani, in Italia, dalla realtà in quanto giunti alla svolta
finale!
Per iniziare citiamo un pensiero di Benito
Mussolini: <Ci sono delle ostilità
semifilosofiche di coloro che si rifiutano di ammettere che l’Italia possa dare
l’inizio – per la terza volta – a forme nuove di civiltà politica. Per costoro
la storia è finita irrevocabilmente nell’anno 1789 (…)>. O come
attestato da un valido studioso
britannico: <Il Fascismo è fenomeno
prettamente italiano nella sua estrinsecazione storica, ma i suoi postulati
dottrinari sono di carattere universale. Il Fascismo pone e risolve dei
problemi che sono comuni a molti popoli, e precisamente a tutti i popoli che
hanno vissuto e sono stanchi dei regimi demoliberali e delle menzogne
convenzionali annesse> (Gli
aspetti Universali del Fascismo, di James S. Barnes)..
Certamente, e questo è universalmente riconosciuto, salvo casi e casi:
il nuovo tipo di Stato proposto dal Fascismo non può essere universale, perché
non tutto quello che sorge e si confà ad una nazione, può adattarsi ad un’altra
che vive in condizioni differenti, in epoche differenti. Ma tutti i più grandi
Stati civili odierni hanno qualche cosa in comune e forse più di quanto
generalmente si supponga.
E allora vediamo come il mondo – specialmente quello del lavoro – ha
reagito di fronte questo nuovo fenomeno.
Ci avvarremo ampiamente dell’ottimo lavoro di Manuel Negri “I movimenti fascisti europei”, il quale
nell’Introduzione, inizia: <Il
successo e la diffusione di movimenti definiti come fascisti è stato tale da
indurre a parlare di una vera e propria epoca fascista (…). D’altra parte
abbiamo il fatto, che in quaranta nazioni sono esistiti movimenti e fenomeni
fascisti>.
Possiamo iniziare.
IL
FASCISMO TEDESCO. Lo storico Renzo De Felice attesta che fra il Fascismo
italiano e il Nazionalsocialismo tedesco ci sono più differenze che affinità.
Il Nazionalsocialismo, pur influenzato dalla creazione mussoliniana, rivendica
una identità propria, postulati ideologici ben più radicali e differenti
rispetto al Fascismo italiano, quale il problema della razza, sconosciuta nel
pensiero di Mussolini, questo sino a quando, per problematiche indipendenti
dalla sua volontà, non fu costretto all’alleanza con il Nazionalsocialismo
tedesco. Il movimento hitleriano ha dunque una propria visione del mondo, una
propria Weltanschauung; Alfred
Rosenberg nella sua opera Der Mythus des
XX Jahrunderts (Mito del XX Secolo)
in cui sottolinea come fondamentale il concetto di razza e rileva l’opposizione
tra religione nordica e religione cattolica. L’opposizione di Benito Mussolini
a queste idee fu ben pesante, va ricordato il discorso del Duce in occasione
della visita alla città di Bari nel pomeriggio del 6 settembre 1934. Dal
balcone del palazzo del Governo, Mussolini, dopo aver esaltato la civiltà
mediterranea, disse: .
Possiamo fissare la data della
nascita del fascismo tedesco nel
1919, quando Adolf Hitler fondò il Partito
Socialista Nazionale dei Lavoratori (N.S.D.A.P.). Da un punto di vista
storico, il N.S.D.A.P., il 9 novembre 1923 tentò un colpo di Stato, il famoso
putsch di Monaco, volendo, probabilmente emulare la Marcia su Roma di Mussolini.
Ha osservato M. Da Silva (Dopo
Norimberga): <Il fatto che il
fascismo (quello di Mussolini, per intenderci) con i suoi anni di politica
costruttiva costituisce inevitabilmente una delle calamite che attrae le masse
di tutti i paesi verso quei movimenti che, in ciascuno di essi, al fascismo si
richiami, costituisce una sorta di formidabile avallo alle cambiali che i
movimenti stessi firmano ai popoli che intendono rivoluzionare, non infirma
minimamente il valore delle caratteristiche peculiari ad ognuno dei movimenti,
né della loro funzione storica riguardo al paese in cui sorgono, né dei loro
successi>.
IL FASCISMO NEGLI STATI DELL’IMPERO AUSTROUNGARICO. In Austria, nel
corso della storia della prima repubblica (1918-1938) sorsero e si svilupparono
alcuni movimenti fascisti ispirati e probabilmente sostenuti e finanziati sia
dall’Italia fascista che dalla Germania nazionalsocialista. Il fascismo
austriaco, la Heimwehr, abbracciò
l’idea dello Stato corporativo, elemento tipico del fascismo occidentale.
Nacque pure e si sviluppò una sezione austriaca del N.S.D.A.P. hitleriano.
Altri movimenti si rifacevano alla teoria dello Standestaat (Stato dei ceti e
delle corporazioni) elaborata dall’esponente di spicco della cultura
austriaca, il prof. Otham Spann dell’Università di Vienna, teoria divenuta
obiettivo politico della Heimwehr, la
cui posizione fu espressa chiaramente nel giuramento
di Kornenburg che costituì la piattaforma ideologica e politica del
movimento, adottata in una riunione il 18 maggio 1930: <Noi ripudiamo la democrazia parlamentare occidentale e lo Stato fondato
sui partiti. Siamo decisi a sostituirli con il governo delle corporazioni (stande) costituita da dirigenti delle principali corporazioni. Noi combattiamo
contro la lotta di classe di tipo marxista e il sistema economico
liberal-capitalistico che seminano la sovversione nel nostro popolo>.
Come si evince si tratta di posizioni sostanzialmente affini, se non
addirittura identiche a quelle del Fascismo mussoliniano. La Heimwehr si fuse in molte zone con
l’NSDAP; questa fusione non fu vista di buon occhio dal cancelliere Dollfuss e
questi fu il protagonista principale degli iniziali dissidi tra Germania e
Italia sul caso austriaco. Il cattolico Dollfuss, esponente del partito
cristiano-sociale, divenuto cancelliere, si prodigò nel 1933 a mettere al bando
il partito nazista austriaco, che considerava l’Austria e il suo popolo come
parte inscindibile della stirpe e del Reich tedeschi. Una volta al potere,
Dollfuss creò una organizzazione di massa, la Vaterlandische Front (Fronte
Patriottico) e promulgò una costituzione basata sul corporativismo
mussoliniano. Dollfuss (Niccolò Giani, Cronache
del mondo fascista, l’Austria cammina), riporta quanto i politici austriaci
hanno affermato: <Noi abbiamo preso le
nostre dottrine dall’Italia e ne abbiamo tuttavia fatto quello che noi
chiamiamo “fascismo austriaco” (…). Io dico”austro-fascismo” per sottolineare
che la realizzazione di queste idee deve essere differente in ogni paese e
rispondere al carattere particolare della sua popolazione>. Queste
posizioni, contrarie a quelle nazionalsocialiste, furono la causa della fine di
Dollfuss, il quale viene visto come un eroe, un martire, il cui sangue è stato
versato in memoria di un’Austria che avrebbe dovuto resistere al giogo del
luteranesimo prussiano.
IN UNGHERIA. Un reale tentativo di imitazione del Fascismo venne
effettuato da Gombos, che divenuto Primo Ministro, dall’ottobre 1932
all’ottobre 1936, tenterà di trasformare l’Ungheria in uno Stato fascista, ma
l’ammiraglio Horty, trovando troppo estremista il suo ex luogotenente, finirà
col disapprovarlo e chiamerà al governo il banchiere Imedy.
Una forte componente popolare alimentò il più importante movimento
fascista ungherese, fondato nel 1935 da un ex ufficiale, Ferenc Szalasi; le Croci Frecciate. Szalasi prese questo nome dalla sua insegna, la Croce di Santo Stefano colpita dalle frecce. Ma con il passare del
tempo, le Croci Frecciate divennero
sempre più un movimento dipendente da Berlino.
IN ROMANIA. Un giovane studente, Corneliu Zelea Codreanu dette vita,
insieme al suo maestro, il professor Alexander Cuza al Partito Nazionale Cristiano, con chiare ispirazioni al fascismo
italiano. Il professore, non condividendo pienamente i sistemi di condotta dei
Codreanu, si allontanò da quest’ultimo, ma questi, a sua volta diede vita ad un
proprio movimento politico, la Legione
dell’Arcangelo Michele, i cui componenti erano particolarmente religiosi.
Queste caratteristiche, a dire del Nolte, fecero della Legione . La Legione,
a partire dal 1930 deteneva un proprio braccio armato, La Guardia di Ferro, composta per lo più da studenti e contadini.
Ma l’attenzione di Roma fu rivolta ad altri gruppi embrionali e numericamente
esigui, i quali possono di più essere accostati al Fascismo. Questo farà
scrivere a Giuseppe Salvatori (Il
Fascismo in Romania): <Il più
importante e il più serio di questi gruppi è forse quello capeggiato da Pamfil
Seicaru, deputato al Parlamento e direttore di uno dei più grandi giornali
romeni del momento (…). Il Seicaru è venuto recentemente in Italia dove è stato
ricevuto dal Duce. Nel suo giornale si parla con frequenza del Fascismo e delle
realizzazioni da esso conseguite (…)>. Trattare delle vicende della Legione ci porterebbe troppo lontano; in
questa sede è opportuno ricordare che dei suoi componenti, molti vennero uccisi
e più di 6.000 arrestati. Il 16 marzo 1934 Codreanu , visto che il processo
contro le Guardie di Ferro era
prossimo al dibattimento, si costituì. In quella occasione egli disse: <La nuova generazione si è trovata ad un
bivio: Mosca o Roma; attratti dallo splendore dei risultati dell’opera di
Mussolini, abbiamo scelto Roma (…)>. Il processo della gioventù romena, così definito, è un trionfo
dell’idea fascista (Carlo Antonio Ferrario, Gli
avvenimenti Romeni).
Scrive Manuel Negri, nel testo
all’inizio citato: <Da allora inizia
l’ennesimo calvario per la Legione, decimata da re Carol II. Migliaia di
legionari vennero uccisi in circostanze poco chiare, tra cui anche il loro capitano
Corneliu Zelea Codreanu (…)>.
La figura di Corneliu Zelea Codreanu verrà ricordata con rispetto e come
esempio in un certo ambiente nel
secondo dopoguerra.
IN SLOVACCHIA. I militanti di Padre Hlinka, fondatore del Partito Popolare Slovacco (HSLS), in conseguenza dei danni causati
dalla congiuntura economica del momento, guardavano a Mussolini come un modello
da imitare. La vittoria di Hitler in Germania aveva incoraggiato ulteriormente
i nazionalisti slovacchi, mentre il movimento, formato principalmente da
contadini, subiva gradualmente l’influenza ideologica del fascismo prima e del
nazionalsocialismo poi.
<La nazione Slovacca seguiva
con fiducia ed interesse la geniale attività del Duce nella sua lotta
gigantesca intesa alla creazione di un nuovo mondo sulle rovine della vecchia
Europa (…)> (Joseph Kubinsky, La
Slovacchia e il Patto Tripartito).
IN BULGARIA. <Tra i movimenti
filo-fascisti troviamo la “Rodna Saschtita” (Difesa
Nazionale) del generale Schkoinoff,
che imperniava la sua azione politica sui principi del nazionalismo,
dell’antiparlamentarismo e dello Stato corporativo. Altre imitazioni del
Fascismo furono attuate dalla “Nazionale Zackuga Fascisti” di Alexander
Staliyski, dal “Partito Nazional-Socialista Bulgaro”, ma soprattutto dal
“Movimento Social-Nazionale “ di Zankoff, ex capo del governo e responsabile
della repressione contro i gruppi di sinistra negli anni ’20, il quale ebbe in
seguito la via sbarrata dal colpo di Stato di re Boris del 1934 (…). Nonostante
la relativa influenza ed importanza assunta da queste correnti “filo-fasciste”,
in Bulgaria, si ravvivarono notevoli interessamenti culturali nei confronti del
Fascismo italiano. E perciò, gli articoli, le impressioni sul Duce e sull’Italia fascista andarono man mano
aumentando su tutti i principali giornali e riviste bulgare (…)> (L.
Salvini, Il Fascismo in Bulgaria).
Inizialmente queste correnti vennero originate da piccoli nuclei di
benpensanti che tentarono di opporsi al dilagare del comunismo, ispirandosi
politicamente al Fascismo.
Il citato Difesa Nazionale (Rodna Saschtita) rimase, come detto fra
i più importanti movimenti, soprattutto a partire dal 1928, quando nel
congresso di Pleven, adottò ufficialmente i principi del Fascismo.
Osserva D. Lisky (La nuova
Bulgaria e la dottrina fascista): <Una
ragione positiva avvicinava il popolo bulgaro a Mussolini, l’idea corporativa
da lui applicata in Italia, perché il bulgaro può comprendere a fondo tale
idea, avendola praticata, sia pure embrionalmente e non al tutto nello stesso
senso, per secoli, sotto la dominazione turca (…). Il fascismo bulgaro combatte
per raggiungere lo Stato corporativo che è l’unica forma perfettamente adatta
al suo popolo (…).>.
IN SPAGNA. La storia politica
spagnola è fra le più complesse e interessanti, sino a sfociare nella
sanguinosa guerra civile del 1936-1939. Ha scritto S.J. Woolf (Il Fascismo in Europa): <La dittatura settennale del generale Primo
de Rivera deve trovare un posto, per quanto non rilevante, in qualunque analisi
del fascismo in Spagna. Il re Alfonso XIII parlava di lui come del “mio
Mussolini”>. Il generale Primo de Rivera era attratto dalle idee che
partivano da Roma, dalle quali egli trasse il progetto di una riforma
corporativa anche se, però <il saggio
fascista di Primo de Rivera fu quindi qualche cosa del tutto formale ed
apparente, ed in realtà contrario ed opposto negativo> ( E. Gimenez
Caballero, Ripercussioni del Fascismo in
Ispana).
Non potendo elencare tutte le vicende – spessissimo sanguinose – della
storia spagnola, proponiamo, per rimanere sempre nel tema, quanto ha scritto
Filispano (Il momento politico spagnolo):
<(…). I segni della stampa quotidiana
e nella pubblicazione di libri sul fascismo o di traduzioni di libri italiani
fascisti, si è recentemente concretato nella fondazione di un nuovo partito
chiamato “Falange Espanola” (F.E.). Ne sono principali esponenti l’avvocato
J.A. Primo de Rivera, figlio del generale (…). Il novissimo ardimentoso
cavaliere di ventura pieno di impeto e di cuore che risponde al nome di Ernesto
Gimenez Caballero, nome simpaticamente noto fra noi per le sue frequenti visite
in Italia, dove ha avuto più volte occasione di abboccarsi col Duce, e noto
anche per i suoi articoli in “Gerarchia” e in “Critica Fascista”, riboccanti di
simpatia per il nostro Paese, per il fascismo e per Mussolini (…)>.
Data la complessità della
storia spagnola, è impossibile, anche se sarebbe necessario, addentrarci in
questa sede, ma per rimanere nel tema tratteremo gli sviluppi essenziali. <Per quanto riguarda la “Falange”>,
scrive Manuel Negri <vero e proprio
catalizzatore dell’idea fascista, dobbiamo far risalire la sua nascita
ufficiale all’intervento tenuto a Madrid dal suo fondatore>. L’Autore si
riferisce al discorso tenuto nella capitale spagnola il 29 ottobre 1933 da Josè Antonio, quando
condannò il sistema democratico-liberale e quello socialista in quanto negatore
della concezione spirituale della vita. Josè Antonio tracciò i contorni di una
soluzione diversa, lontana dagli schemi usuali; pertanto né Destra, né Sinistra. Quindi il 13 febbraio 1934 le concezioni di Josè Antonio
sfociarono nella fusione con il movimento di Ledesma Ramos, in precedenza già
unitosi con quello di Ridondo. Il nuovo gruppo politico prese il nome di Falange Espanola de las Jons ed assunse
il noto emblema del giogo con le cinque frecce a simboleggiare il lavoro e il
potere. Si giunse così alle elezioni del 16 febbraio 1936, il preludio e la
causa della guerra civile. <Josè
Antonio non riuscirà, pur avendo ottenuto settemila preferenze, a conservare il
suo seggio di deputato, mentre nessun altro deputato (della Falange) ad essere eletto.
Il governo che uscirà da questa vittoria del “Frente Popular” comprenderà
socialisti, radicali e per la prima volta anche comunisti> (E. Carbone, Iosè Antonio e la Falange spagnola>.
Da questa situazione iniziarono le azioni repressive nei confronti della Falange, assassinando e imprigionando
centinaia dei suoi militanti. Il 14 marzo venne arrestato lo stesso Josè
Antonio, il quale dopo aver subito un processo sommario avvenuto nel carcere di
Alicante, fu fucilato il 20 novembre 1936. Tutto ciò produsse quel fenomeno di
rivolta che conosciamo con il nome di “el
Alzamiento Nacional”. La data della fucilazione di Josè Antonio, <aveva incoronato con il comando unico e
incontrastato, l’uomo che impersonò il sollevamento nazionale, che lo tradusse
alla vittoria e che, dopo trentanove anni da quella data di morte di Josè
Antonio, si sarebbe spento definitivamente sotto le volte auree della gloria
politica e militare: Francisco Franco> (F.Pilotto, Storia della Falange spagnola). E Fu Francisco Franco, sostenuto da
Italia e Germania, a guidare le forze militari che attuarono il colpo di Stato
del 1 ottobre, creando il presupposto per la guerra civile.
<Con un decreto emanato nell’aprile
1937, il Generalissimo, così la propaganda definiva Franco, fondò la “Falange
Espanola Tradizionalista de las Juntas de Offensiva Nacional Sindacalista (Falange Spagnola Tradizionalista delle
Giunte di Offensiva Nazional-Sindacalista) (G. Corni, Fascismo e Fascismi). Con la vittoria nella guerra civile, i
falangisti promulgarono, sulla falsariga del Fascismo italiano, la Fuero del Trabaio (Carta del Lavoro), con la quale veniva realizzato l’antico ideale
di uno Stato nazional-sindacalista di stampo lavorativo. Pertanto: <Corporazione e Partito unico segnarono non
soltanto il sorgere e l’affermarsi di un nuovo tipo di Stato, ma ben si può
dire di una nuova forma di civiltà (…). Accolti e adattati al suo ambiente e
alle sue esigenze i principi fondamentali della rivoluzione mussoliniana, anche
la Spagna è uno Stato fascista (…)> (Storia
della Falange spagnola).
Sicché la Spagna che agli inizi del XVI Secolo era un grande potenza,
tale da essere considerata il più grande impero della terra, con l’inizio del
successivo secolo, entrò in fase di disagio finanziario e di ristagno
economico. La corruzione, l’intrigo, il brigantaggio logoravano lo Stato. Una
serie di sconfitte politiche e
militari aggravavano sempre più la situazione e questa si protrasse sino
all’inizio del XX Secolo che vide una ancor più grave crisi economica e sociale
nel 1917. La confusione politica, gli scioperi, gli attentati, la repressione
poliziesca e militare era la costante nella vita spagnola. La crisi economica
del ’29 accrebbe il malcontento. La nascita della Seconda Repubblica (re
Alfonso XIII aveva abbandonato la Spagna) si accompagnò a sanguinose
manifestazioni di anticlericalismo popolare (maggio 1931): furono incendiati
monasteri, uccisi preti, confische sommarie di terre, saccheggi, scioperi
generali. L’assassinio del leader Calvo Sotello ad opera di ufficiali di
polizia (13/7/1936) fu la scintilla che scatenò il pronunciamento. Possiamo fissare la fine della guerra civile
spagnola con la presa da parte del generale falangista di Madrid il 5 marzo
1939. Con l’avvento di Francisco Franco al governo, la Spagna entrò in una fase
di sviluppo sociale e industriale, tanto che, ad esempio il tasso d’aumento dal
piano di sviluppo 1964-67 fu superato: nel 1965, il reddito nazionale aumentò
dell’8,2%, il più alto in Europa. Oggi, agli inizi del XXI Secolo la Spagna,
con il ritorno del sistema democratico parlamentare, è sprofondata di nuovo in
una crisi economica tale da ricordare gli anni più bui della sua storia. E
questo è sotto gli occhi di tutti.
IN PORTOGALLO. La storia del Portogallo è, sotto moltissimi aspetti,
simile a quella della Spagna. Quindi possiamo trasferirci direttamente al XX
Secolo. Anche per questo Paese l’inizio di questo secolo fu costellato di
violenze di ogni tipo, tanto che le risorse economiche del paese erano talmente
debilitate che non si sapeva in quale maniera si potesse giungere a ristabilire
un equilibrio almeno provvisorio. Questa fu la causa della <sollevazione del 28 maggio 1928 che suscitò
al momento la quasi unanimità degli ufficiali contro la corruzione e la
degenerazione della repubblica parlamentare> (S.J. Woolf, Il Fascismo in Europa). <Gli ufficiali vittoriosi avevano, è vero, in
mano la forza, ma non erano certamente in grado di restaurare l’economia del
paese e le finanze dello Stato. Fu allora che apparve alla ribalta Oliveira
Salazar, professore di politica finanziaria all’Università di Coimbra che, non
aveva mai fino ad allora fatto della politica>. Ma fu Salazar a concepire un’organizzazione
politica denominata Uniao Nacional.
<Così giungiamo al 1933, all’anno XI
del Fascismo: la figura di Mussolini grandeggiava nel mondo, le idee fasciste
varcano i confini, invadono l’Europa. Salazar con l’intuito politico che gli è
proprio comprende quale è la via, ed ecco sorgere nello spirito dell’illuminato
dittatore le direttive da imprimere all’Estado Novo (…). Così nel marzo del
1933 si arriva alla votazione plebiscitaria della nuova costituzione che
stabilisce il rafforzamento del potere esecutivo ed introduce esplicitamente i
primi germi corporativi> (G. Valentini, Il corporativismo in Portogallo). <La dicitura di “Estrado Novo” voleva sicuramente ribadire la radicale
rottura con il passato ed affermare la nuova idea corporativa, pilastro del regime
salazariano ad imitazione del modello mussoliniano (…)> (I Movimenti Fascisti Europei, di Manuel
Negri). La rivoluzione portoghese, partita dalle forze nazionali più vive, ha
battuto quelle stesse tracce segnate dal
fascismo nella lotta contro i nemici comuni: la democrazia e il bolscevismo.
Poi, sotto la spinta della vittoria nel Secondo conflitto mondiale, le
potenze capitaliste ripristinarono anche in Portogallo la democrazia
parlamentare e anche la drammatica situazione economica di quel Paese è sotto
gli occhi di tutti!
IN FRANCIA. Certamente questo Paese non si trova attualmente nella
disastrosa situazione economica in cui vivono Spagna e Portogallo, tuttavia,
come ha scritto Manuel Negri: <In
nessuna nazione d’Europa è esistito un così elevato numero di partiti e di
movimenti fascisti, in nessun paese il fascismo è stato un “affare” degli
intellettuali come in Francia. Secondo lo storico Renè Remond i vari movimenti
francesi discendono da un’imitazione di mera facciata dell’esempio italiano
(…)>.
Il primo vero gruppo fu
fondato nel 1925 da George Valois, un dissidente dell’Action Française, quindi possiamo ricordare, sempre originato dall’Action Française, il Parti Fasciste Rivolutionnaire,
movimento fortemente socialrivoluzionario. Maggior successo lo ottenne il Francisme, fondato da Marcel Bucare nel
1933, né vanno dimenticate la Croix de
Feu e il Fascism Vert di Henri
d’Hallouin, nel 1933. Fu il Francisme,
più di altri a propagandare l’idea di un Fascismo internazionale. (Hans Werner
Neulen, L’Eurofascismo e la seconda
guerra mondiale). Infine, ma non ultimo, l’operazione condotta dal
colonnello de la Nocque che integrò il movimento con gli affiliati dei Volontaires Nationaux. <L’avvento al potere del “Fronte Popolaire” (socialcomunisti, nda) significò il fallimento di de la Nocque, e
infatti, da quel momento, il suo movimento entrò nella fase discendente. Una
delle prime misure adottate dal nuovo governo fu la messa al bando della “Croix
de Feu”, unitamente alla “Solidaritè Française” e alle “Jeunesses Patriotes”>
(S.J. Woolf, Il Fascismo in Europa).
Nel frattempo all’orizzonte spunta un nuovo partito <fondatore è Doriot, figlio di un fabbro, uno del popolo, uno che s’è
fatto da sé, e che viene dalle rive del più acceso estremismo comunista>
(N.N. Doriot, Il solco fascista). Tra
le fila del Parti Popolaire Française si
annoverano numerosi intellettuali, tra
i quali ricordiamo le figure di Pierre
Drieu La Rochelle (suicida il 15
marzo 1945), Robert Brasillach (fucilato a guerra finita per ordine di De
Gaulle), Louis-Ferdinand Cèline, Alphonse De Chateaubriand, Abel Bonnard e
Lucine Rebatet.
Tutte queste organizzazioni
subirono ampie trasformazioni a seguito della sconfitta francese ad opera
dell’Asse e della susseguente occupazione. Da ciò venne creato il governo di
Vichy, guidato dal maresciallo Henri Pétain. Scrive S.J. Woolf nell’opera
citata: <(…). Agli inizi il governo di
Vichy ebbe l’autentico consenso delle masse popolari, non solamente perché
sembrava cosa sensata schierarsi con chi sembrava essere il vincitore, ma anche
perché diffusi erano la delusione e il disgusto verso un regime, quello della
terza Repubblica ritenuto responsabile della sconfitta (…).>.
IN INGHILTERRA. Fare la storia del fenomeno
Fascismo in Inghilterra è fare la storia di Sir Oswald Mosley, anche se di
movimenti fascisti in Gran Bretagna se ne possono annoverare diversi, tra
questi si può citare il British Fascists ,
creato in stretta sintonia con il modello italiano. La grave crisi economica che investì il mondo alla fine degli anni
’20, non risparmiò certo l’Inghilterra. Sir Oswald Mosley, proveniva dal
Partito laburista che abbandonò, nel 1930. <Dopo le sue dimissioni, Mosley fondò subito un nuovo partito, il “New
Party” che all’inizio era solo una corrente all’interno del Partito
Laburista> (M. Bardeche, I
Fascismi sconosciuti). Dopo l’ottobre del 1931, il New Party cessò di esistere. Nel gennaio 1932 Mosley partì per
l’Italia con l’intento di studiare il movimento fascista italiano. Al ritorno
in Inghilterra <anche gli uomini della
“British Union of Fascists” iniziarono ad indossare la camicia nera. Mosley
aggiungeva ora le condizioni politiche che gli apparivano inseparabili per una
rinascita economica nazionale, come in Italia, lo Stato corporativo> (Manuel
Negri, op. cit.). Lo stesso Mosley, scrivendo sulla rivista Gerarchia, sottolineò la fondamentale
influenza italiana sul fascismo inglese. <Questo miglioramento in confronto alla prima esperienza dei movimenti
fascisti è dovuto in gran parte alle realizzazioni del fascismo italiano
inspirato dal genio dinamico del suo capo. Voi italiani avete reso la fede
fascista famosa nel mondo, e per questo il mondo vi è debitore> (Oswald
Mosley, Il fascismo come fattore
universale). Sempre nello stesso articolo, Mosley puntualizza: <Il fascismo inglese deve differire
grandemente dal fascismo italiano. Il fascismo è un credo nazionale, e gli
inglesi sono un popolo molto insulare. Dobbiamo creare il nostro fascismo nella
profonda carne e nel sangue dell’Inghilterra (…)>. Dalla metà degli anni
’30 al 1940 Mosley sottopose tutte le sue energie nell’intento di far trionfare
una politica di pace che vedesse protagonista il fascismo.
Nel maggio del 1940, poco prima che l’Italia entrasse in guerra, la British Union of Fascists fu sciolta e sir
Mosley arrestato. Dopo tre anni di prigionia fu liberato a novembre 1943.
NEGLI ALTRI PAESI RUROPEI.
Svizzera: il Nazionale Front
dello studente Vonwyl (1930). Belgio: Naco-national corporatismo di Charles Sauville. Il movimento fascista
vallone fu fondato da un giovane di nome Léon Degrelle. Olanda:
l’ingegnere Adrian Anton Mussert fondò, nel 1931 il National-Socialistiche-Beveging (NSB) che aveva come modello
il Partito Nazionale Fascista. Lituania: il Lituvos Aidas è il giornale più diffuso nel paese e le sue tendenze
di ammirazione per il movimento fascista italiano è ampiamente dimostrato. In Svezia,
in Danimarca, e in Norvegia, dove Vidkun Quisling è il personaggio più noto dei fascisti nordici,
tuttavia l’idea fascista ha guadagnato terreno soprattutto attraverso
l’influenza hitleriana (Vidkun Quisling, a guerra finita, a ottobre 1945, per
le sue idee politiche fu fucilato). Polonia: Un movimento
ideologicamente vicino al fascismo fu il Partito
Nazionale, fondato da Roman Dmowski. Finlandia: l’AKS (Akateeminen Karjala-Seura fu un
movimento che prendeva a modello di rigenerazione nazionale l’Italia di
Mussolini.
Prima del Secondo conflitto mondiale, l’idea fascista era in netta
espansione, non solo in Europa, ma nel mondo. L’elenco sarà completato in
appendice in un nostro volume di imminente pubblicazione.
GIUNTO A QUESTA FASE IL SUPERCAPITALISMO TRAE LA SUA ASPIRAZIONE E LA
SUA GIUSTIFICAZIONE DA QUESTA UTOPIA: L’UTOPIA
DEI CONSUMI ILLIMITATI. L’IDEALE DEL SUPERCAPITALISMO SAREBBE LA
STANDARDIZZAZIONE DEL GENERE UMANO DALLA CULLA ALLA BARA. IL SUPERCAPITALISMO
VORREBBE CHE TUTTI GLI UOMINI NASCESSERO DELLA STESSA LUNGHEZZA, IN MODO CHE SI
POTESSE FARE DELLE CULLE STANDARDIZZATE; VORREBBE CHE I BAMBINI DESIDERASSERO GLI
STESSI GIOCATTOLI, CHE GLI UOMINI ANDASSERO VESTITI DELLA STESSA DIVISA, CHE
LEGGESSERO TUTTI LO STESSO LIBRO, CHE FOSSERO TUTTI DEGLI STESSI GUSTI AL
CINEMATOGRAFO, CHE TUTTI INFINE DESIDERASSERO UNA COSIDDETTA MACCHINA
UTILITARIA.
QUESTO NON E’ UN CAPRICCIO, MA
E’ NELLA LOGICA DELLE COSE, PERCHE’ SOLO IN QUESTO MODO IL SUPERCAPITALISMO
PUO’ FARE I SUOI PIANI.
Benito Mussolini. Il Popolo d’Italia – 15 novembre 1933
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