di Ferdinando IV re del Regno di Napoli
Creazione della «colonia socialista» di San Leucio, nata pochi mesi prima della rivoluzione francese.
Creazione della «colonia socialista» di San Leucio, nata pochi mesi prima della rivoluzione francese.
Ecco come si accingevano i Borboni
di Napoli ad affrontare la nuova epoca della rivoluzione industriale. Cose
incredibili per quei tempi ed anche per oggi.
Amar il Prossimo suo, come se medesimo, è non far agli altri
quello, che non vorremmo, che fosse a Noi fatto: ed è fare agli altri, quello
che vorremmo, che a Noi si facesse.
Da questo dettato della Divina Sapienza
nascon varj doveri, de' quali alcuni diconsi negativi, altri positivi.
Capitolo I
Doveri negativi
I Doveri negativi son quelli, che impongono l'obbligo di
astenersi dall'offender alcuno in qualunque maniera. Or in tre maniere si può
offendere alcuno. Si può offen¬dere nella persona, nella roba, e nell'onore.
I. Non si può offendere alcuno nella persona.
Si offende alcuno nella Persona o coll'ammazzarlo, o col
ferirlo, o col batterlo, o col fargli scherni, dispetti, insolenze, ovvero col
molestarlo ed inquietarlo in qualunque modo. Nessuno di questi atti ardirà mai
alcun di voi di commettere contra il suo simile; siccome non ardirà mai neppur
l'offeso di prender da sé la privata vendetta: ma ricorrerà a' suoi Superiori
per la dovuta giustizia; e credendo non averla da quelli ottenuta, potrà anche
di poi venire da Me. Vegliano contri tutti questi delitti attentamente le
Leggi: ma tanto più vegleranno esse contra quelli, che mai si commettessero in
questa Società, che ha per suo principal fine l'amore, e la carità, e che
l'esempio dev'essere della pubblica educazione.
II. Non si può offendere alcuno nella roba.
Si offende alcuno nella roba, ogni qualvolta o con violenze,
o con inganno si usurpa, o si ritiene ingiustamente quello, ch'è d'altrui. Il
titol di ladro è il titol più infame e vergognoso che poss'aver l'uomo.
Ciascuno dunque si guardi bene di meritarlo per alcun modo. In ogni Società i
ladri son condannati ad atrocissime pene. In questa, dove l'onore, e la virtù
sono i principali cardini della medesima, se mai ve ne fossero (che non è
neppur da dubitarsi) saranno più rigorosamente puniti. Nelle compre perciò,
nelle vendite, nelle permutazioni, ed in ogni altra specie di con¬tratti
ogn'uno si guardi di usar soperchieria, ed inganno. Nessun venditore abusi
dell'imperizia del compratore col chiedere un prezzo maggiore del dovere: e
nessun compratore si valga mai dell'ignoranza, o della necessità, in cui è tal
volta il venditore, per levargli quel giusto prezzo, che gli spetta. Vadan
bandite la mensogna, le frodi, e le fallacie nelle misure, ne pesi, nella
qualità delle robe, che si venderanno, o compreranno, nella qualità del danaro,
ed in tutt'altro, in cui la versuzia, e l'inganno possa usarsi; e si proceda in
tutto con candore, onestà, e buona fede. Sia la parola il vincolo più sacro
della Società; e tutti sian fedelissimi, e sinceri ne' detti, e ne' fatti. Chi
ha fedelmente servito, sia prontamente pagato; né alcuno gli neghi o ritardi la
mer¬cede dovuta a ciò non sia causa della sua mina. In somma erigga ogn'uno nel
suo cuore l'altare della giustizia; e tratti col suo simile, come vorrebbe, che
questi trattasse con sé.
III Non si può offendere alcuno nella riputazione.
La riputazione è la cosa più importante e più preziosa, che
possa aver l'uomo d'onore; e talvolta togliere altrui la ripu¬tazione è peggior
delitto, che offenderlo nella roba, e nella persona. Nessun quindi dirà mai
cose false contra di alcu¬no; e chi caderà in questo delitto, vada
immediatamente bandito da questa Società. Nessuno dirà ingiurie, e villanie ad
altri. Nessuno metterà in ridicolo, ed in beffa il suo fra¬tello; essendo tutte
queste cose contrarie a quello spirito di carità, e di amore che Dio comanda, e
che Io voglio, per ben della pace, del buon ordine, e della tranquillità delle
vostre famiglie, da voi esattamente praticato.
Capitolo II
Doveri positivi
I Doveri positivi impongono di fare a tutt'il maggior bene
che si possa. Questi sono o generali, o particolari. I generali riflettono
sopra tutt'i nostri simili. I particolari riguardano un Ceto particolare di
persone, come sarebbe il Sovrano, i suoi Ministri, i Superiori, gli
Ecclesiastici, gli Sposi, i Genitori, i Figli, i Fratelli, i Benefattori, i
Maggiori di età, i Giovini e la Patria.
Doveri generali
I. Ogn'uno deve far bene al suo simile, ancorché sia suo
nemico.
A ciascun de' i nostri simili Noi dobbiam far sempre il
maggior bene, che si possa. Dio comanda, che si faccia per amor suo finanche a'
nimici. La più bella vendetta è quella di far bene a colui, che ci offese; ed
il più bel piacere è quello di imperare per mezzo delle beneficenze sopra
colui, che ci disprezzò. Soccorrerlo nelle avversità, ed aiu¬tarlo ne' bisogni
è mostrare a tutti gli uomini la più subli¬me grandezza di cuore e di
generosità. Ogni uomo in tutti gli stati può far del bene al suo simile. Il
Savio, il Ricco, l'Agricoltore, l'Artista, quando impiegano i loro talenti, le
loro ricchezze, le loro fatiche a prò' de' Cittadini, possono ben vantarsi di
essere i Benefattori dell'Umanità. Ogni volta dunque, che si presenti a voi
l'occasion di giovare ad altri, ciascuno l'abbracci; né mai si spaventi di
qualche incomodo che seco porti questa generosa azione; poiché sarà sempre ben
compensato da quel dolce e puro piacere, che l'accompagna. Questo sovrano
precetto di Dio è fon¬dato sopra quella perfetta uguaglianza, che gli piacque
sta¬bilire fra gli uomini. Egli li costituì in natura tutti fratelli, e
dispose, che nessuno imperasse sopra di loro, fuor di Lui, o di Coloro, a'
quali egli affidasse il governo 'de' Popoli. Per sua mercé Egli ha dato a Me il
grave peso di governare questi Regni: ed Io nel dar a voi questa legge non
intendo far altro, che seguire i suoi eterni consigli. Sin da prima, che Io
concepii il bel disegno di unirvi in società in questo luogo, pensai ancora, di
crearvi tutti Artieri, e darvi la maniera di divenirne famosi. La felicità di
questi Reami mi fece concepir questa idea. Vedendo, che i tre Regni della
Natura, cioè il vegetabile, l'animale, ed il minerale qui per singoiar dono
della Provvidenza tengono la propria lor sede, e che solo manca in essi, chi a'
naturali prodotti de' luoghi dia le nuove forme, mi risolsi nell'animo di pome
ad effetto l'intrapresa. Già son pronte in buona parte le macchine, e gli
ordigni corrispondenti al disegno. Solo resta, che per voi ci sia una fissa
legislazione, che suggeri¬sca la norma della condotta della vita, e che
prescriva gli stabilimenti necessari all'arti introdotte e da introdursi.
Il- II solo merito forma distinzione tra gl'Individui di
San- Leucio. Perfetta uguaglianza nel vestire. Assoluto divieto contra del
lusso.
Essendo voi tutti Artisti, la legge che Io vi impongo, è
quella di una perfetta uguaglianza. So, che ogni uomo è portato a distinguersi
dagli altri; e che questa uguaglianza sembra non potersi sperare in tempi così
contrari alla semplicità ed alla natura. Ma so pure, che vana e dannevol'è
quella distinzione, che procede dal lusso, e dal fasto; e che la vera
distinzione sia quella, che deriva dal merito. La virtù, e l'eccellenza
nell'arte, che si esercita, debbon essere la caratteristica dell'onore, e della
singolarità; e questa, qual debba esser tra voi, sarà qui sotto prescritta.
Nessun di voi pertanto, sia uomo, sia donna, presuma mai pretendere a
contrasegni di distin¬zione, se non ha esemplarità di costume, ed eccellenza di
mestiere. A quest'oggetto per evitar la gara nel lusso, e '1 dispendio in
questo ramo quanto inutile, altrettanto dannoso, comando, che '1 vestire sia
uguale in tutti: che estrema sia la nettezza, e la polizia sopra le vostre
persone, acciò possa aversi quella decenza, che si richiede per rispetto, e
venerazione dovuta a Chi si degna portarsi a vedere i vostri lavori: che questa
polizia sia anche esattamente osservata nelle vostre case, acciò possa godersi
& quella perfetta sanità, ch'è tanto necessaria nelle persone, che vivono
con l'industria delle braccia. Di voi nessuno ancora ardirà mai chiamarsi col
Don, essendo questo un distintivo dovuto soltanto a' Ministri del Santuario in
segno di rispetto, e di venerazione.
Doveri particolari
I. Doveri verso il Sovrano.
Dopo Dio devesi a' Sovrani, come dati agli uomini da Dio, la
riverenza, la fedeltà, l'ossequio. Le funzioni sublimi, ch'essi esercitano,
gli fan dividere colla Divinità questa venerazione. La loro persona dee
rispettarsi, come sacra; e tutti gli ordini, che vengon da loro, debbon
ciecamente eseguirsi e prontamente osservarsi.
II Doveri verso i Ministri.
Sono i Ministri tutt'imagini de' Sovrani. Ogni posto, che da
essi si occupa, si occupa per loro. Per Loro essi comandano; per Loro vegliano
alla custodia, ed all'osservanza delle leggi. Per amor di Loro voi dunque
dovete ad essi tutti quegli atti di rispetto, e di ubbidienza, che l'autorità
pubblica esige.
III. De' Matrimoni.
La donna fu concessa da Dio all'uomo per sua ragionevol
compagna. Dall'unione di entrambi nacque la propaga¬zione, e conservazione
dell'uman genere; e dalla moltipli-cazione de' matrimoni ebbero origine, e
tuttavia fiorisco¬no le Società, e gl'Imperi. Perché dunque anche questa
Popolazione prosperi, ed aumenti sotto la benedizione dell'Altissimo, vi
voglion de' matrimoni, la celebrazione de' quali per voi Io sottopongo alle
seguenti leggi. I. L'età del giovane non dovrà esser meno di 20 anni; e quella
della fanciulla di 16. Ed in queste circostanze né anche sia loro permesso di
contrarre gli sponsali, fino che dal Direttore de' Mestieri per lo giovane, e
dalla Direttrice per la fanciulla, non vengano con attestato dichiarati
provetti nell'arte, a segno di potersi lucrar con sicurezza il mantenimento; ed
allora in premio della lor buona riuscita si concederà da Me ad esse una delle
nuove case, che ho espressamente fatto costruire con tutto ciò, che è
necessario pe' comodi della vita, e i due mestie¬ri, co quali lucrar si possano
il cotidiano mantenimento. Quando un giovine giunto all'età stabilita, avrà
inclinazione per una giovane, che sia anche dell'età prescritta ed abbiamo
ambedue appreso le rispettive arti, dovrà subito dame parte a' suoi genitori, i
quali n'avvertiranno quelli dell'altra parte per loro intelligenza, e perché di
comun consenso badino sulla condotta de' figliuoli, a ciò tutto vada con
decenza, ed acciocché non accada incon¬veniente alcuno; potendo ben dars'il
caso, che su di una medesima persone più di uno pretenda. III. Nella scelta non
si mischino punto i Genitori, ma sia libera de' giovini, da confermarsi nella
seguente maniera, Nel giorno di Pentecoste nella Messa solenne, in cui
inter¬verranno tutti gli abitanti del Luogo, e le fanciulle, edì giovini
esteri, che travagliano nelle manifatture, da due fanciullini dell'uno, e dell'altro
sesso si porteranno all'Altare per benedirsi da chi celebra, due canestri pieni
di mazzetti di rose, bianche, per gli uomini, e di colo; naturale per le donne;
e nel terminar questa funzione à ciascun individuo se ne prenderà uno, come le
palme Nell’uscir poi dalla Chiesa, i Pretendenti nell'atrio di essi dov'è il
Battisterio, presenteranno il loro mazzetto é ragazza pretesa; e questa
accettandolo, lo contracambiei' col suo; ma escludendolo, con polizia, e buona
maniera lido restituirà; e né all'uno, né all'altra sarà permesso contestazione
alcuna; e perciò i primi ad uscir di Chiesa, e situarsi nel sopradetto atrio
saranno i Seniori del Popolo per imporre loro la dovuta soggezione. Coloro, che
contra-cambiato si saranno il mazzetto, lo porteranno.in petto sino alla sera;
quando dopo della S. Benedizione accompa¬gnati da' rispettivi Genitori si
porteranno dal Parroco, che registrerà i nomi, e la parola. Dopo questa
funzione sarà permesso farsi quant'altro incumbe a norma del Concilio di
Trento, e di ogni altro requisito della legge, in Chiesa, in cui interverranno
i Seniori del Popolo, e i Direttori, e le Direttrici dell'arti, non solo per
solennizzare con quella pompa, che si richiede, questo gran Sacramento, ma per
contestare agli Abitanti, che gli Sposi meritano la stima di tutti per la bontà
del loro costume, e per essersi coU'arte, che già hann'appresa, resi utili a
loro, alle famiglie, allo Stato, e che per tutt'il tempo deUa loro vita non
vivranno mai a peso di alcuno.
IV. Essendo lo scopo di questa Società che tutti rimangon
nel luogo; quindi per impegnarli a restare, alle figliuole, ch'abbian imparata
l'arte, e voglion maritarsi fuori, non sarà dato altro, che soli docati 50 per
una volta tantum e dal momento saran considerate com'estere, senza speran¬za di
mai più potervi tornare.
V. Quando un giovine abitante, o artefice vorrà prender in
moglie una estera, non potrà farlo, se prima tal giovane che egli vuoi sposare,
non abbia appreso il mestiere in questa, o in altra manifatturia.
VI. E se assolutamente voglia prender in moglie una estera,
che non abbia arte in mano, dal momento uscir debba dal luogo, di dove non sarà
più considerato come Individuo, e senza speranza di potervi più ritornare.
VII. Que' giovini dell'uno, e dell'altro sesso, che giunti
sieno all'età di 16 anni senza essers'impiegati nelle manifatture per mancanza
di volontà, saranno mandati in Casa di correzione, col divieto di non poter
mai più tornare nel luogo.
E coloro, che impiegaticisi non abbian nulla appreso per
mancanza di applicazione, saranno mandati in Casa di educazione, col divieto di
non poter tornare nelle lot
case, se non istrutti.
VIII. Essendo lo spirito, e l'anima di questa Società
l'eguaglianza tra gl'Individui, che la compongono, abolisco tra' medesimi le
Doti, e dichiaro, che ciocché da Me sarà per beneficenza somministrato, come di
sopra si è detto, in occasione di matrimoni, sarà solo per premio della buona
riuscita, che gli sposi avranno fatta nell'arte, e nel buon costume:
beneficenza, che a loro accorderò col divino aiuto sino alla quarta
generazione, dopo di che la donna porterà il solo necessario corredo; dovendo
aver dopo la morte de' Genitori, la parte eguale co' maschi, com'in appresso
sarà prescritto.
IV. Degli Sposi.
Capo di questa Società coniugale è l'uomo. Natura gli deferì
questo dritto: ma gli proibì nel tempo stesso di opprimere e di maltrattare la
sua moglie. Con tuono di maestà in ogni occasione gl'intima l'obbligo di
amarla, di difenderla, e di garantirla da' pericoli, a' quali la sua debolezza
la porterebbe. Il marito deve alla moglie la protezione, la vigilanza, la
previdenza, gli alimenti, e le fatiche più penose della vita. La moglie deve al
marito la giusta preferenza, la tenera amicizia e la cura sollecita per
cimentare da più in più la cara unione. Impone ad essi natura questi sacri
precetti non solo per ispirare sul di loro esempio ad ogni altro Individuo i
sentimenti della Società, ma perché divenendo Genitori, non sien i figli
infelici, e negletti tra le dissenzioni, e le discordie dome-stiche; ed in
luogo di presentare Cittadini buoni, ed utili alla Patra, gli dian discoli, e
perversi. Or per seguire que¬sto gran disegno della natura, sempre savia nelle
sue ope¬razioni. Io prescrivo, e comando ad ogni marito di questa Società di
non tiranneggiar mai la sua moglie, né di esser-e ln8iusto, togliendole quella
ricompensa che sia dovuta alla di lei virtù: ad ogni moglie, che rendasi cara
al suo marito; che nelle cure, e ne' travagli sia la sua fedele com. pagna; e
che l'onore richiami sul comun letto maritale le celesti benedizioni.
V. De' Padri di Famiglia.
È il principal fine del matrimonio la procreazione della
Prole. Divenuti gli sposi Genitori de' figli, eccoli sottoposti ad altri più
pesanti doveri, ed a più precise obbligazioni. Il Padre è nelTobbligo di
sovvenire, di assistere, di soste¬nere insiem colla madre i propri figli.
Entrambi son tenuti di educarli, e di procurar loro uno stato di felicità in
que¬sto Mondo. Per le loro o della loro compiacenza e conten¬tezza, o del loro
continuo rammarico. Per le loro o solleci¬te o trascurate cure diverrann'essi
l'oggetto o della loro compiacenza e contentezza, o del loro continuo
rammari¬co. Per loro saranno membri utili, o disutili della Società; buoni, o
viziosi; onorati, o infami; comodi, o bisognosi. A voi dunque, che già Padri
siete, o a cui toccherà in sorte di esserlo, a voi comando di educar bene i
vostri figliuoli. Se voi ispirerete a tempo l'amor della fatica, essi saranno
utili a se, a voi, alla Patria. Se la modestia, e la sobrietà, non
avrann'occasione di vergognarsi. Se la gratitudine e la carità, otterranno
benefìzi, e si guadagneranno l'amore di tutti Se la temperanza, e la prudenza,
saranno sani, e for¬tunati. Se la giustizia e la sincerità, sarann'onorati, e
non sentiranno rimorsi nel cuore. Se finalmente la religione, essi vivranno, e
moriranno contenti. Questo è di tutt'i doveri l'articolo più importante; e
perché scorgo che da esso deriva non solo la pace, e 1 ben essere delle
famiglie, ma benanche la prosperità, e la felicità dello Stato, Io sono entrato
a prendervi la principal parte.
VI. Leggi per la buona educazione de' Figli. Già è situata
in Belvedere la Scuola normale, in cui s'in¬segna a' fanciulli, ed alle
fanciulle sin dall'età di anni 6 il leggere, lo scrivere, l'abbaco; il
catechismo della Religione; i doveri verso Dio, verso sé, verso gli altri,
verso il Principe, verso lo Stato; le regole della civiltà, della decenza, e
della polizia; i catechismi di tutte le arti; 1 economia domestica; il buon uso
del tempo, e quant'al-tro si "chiede per divenir uom dabbene, ed ottimo
Cittadino. Obbligo vostro sarà che tutt'i vostri figli del¬l'età prescritta
vadan nelle date ore del giorno alla scuola Per renderli ancora utili a voi,
allo Stato, e ad esso loro e per non farli andare altrove a cercar la maniera
d'impiegarsi, ho provveduto questo luogo di macchine, d'istrumenti, e di
artisti abili ad insegnar loro le più perfette manifatture e vi s'introdurranno
ancora tutte quelle altre arti, che hann'immediato rapporto coll'introdotte, ad
oggetto di aversi quell'insieme, che indispensabilmente vi si richiede per
l'economia e per la perfezione. Vi saranno stabilimenti particolari pel buon
ordine, e sistema delle manifatture, ne' quali sarà fissato l'orario del lavoro
secondo i dati mesi dell'anno. I prezzi del lavoro d'ogni manifattura saranno fissi;
ma il giovine, o la fanciulla apprendente salirà per gradi, e come anderà
perfezionandosi nell'arte, sino al prezzo, che godesi da' migliori artisti,
nazionali e forestieri. Pervenuti a questo stato, se avran talento da portare
la di loro opera ad un altro grado di maggior bellezza, e perfezione, si terran
de concorsi; e quello, o quella, di cui il lavoro sarà più bello, più esatto, e
più perfetto, avrà per premio il distintivo o una medaglia d'argento, ed in
qualche caso anche d'oro, che potrà portare in petto; ed in Chiesa avrà la
privativa di sedere per ordine di anzianità nel Banco, che sarà chiamato «del
merito», che sarà situato unicamente per i giovani di tal fatta alla parte
sinistra dell'Altare. Le cognizioni perfette della Divinità, la scienza di
tutte le sociali virtù, l'amore e la continua applicazione al lavoro, il
desiderio di distinguersi per via di merito, il giusto compenso che troveranno
nella fatica, mi fanno sperare, che un giorno possan divenire gli oggetti della
mia compiacenza, come della vostra tenerezza; e possan giustamente ereditare
da voi tutto quello, che voi colli vostri sudori vi avete onoratamente
procacciato. Ed in questo ancora voglio, che siate distinti da tutto il resto
de' miei popoli.
VII. Leggi di successione.
Voglio, e comando, che tra voi non vi sian testamenti, né
veruna di quelle legali conseguenze, che da essi provengono. La sola giustizia
naturale, e la natural'equità sia la face, e la guida di tutte le vostre
operazioni. I figli succedano a' Genitori, e i Genitori a' Figli. Abbian luogo
i collaterali, ma nel solo primo grado. In mancanza di questi succede la
moglie, ma nel solo usufrutto, e fino a che manterrà la vedovanza. Dopo la di
lei morte, e sempre nel caso di mancanza di tutti li sopradetti eredi, sian i
beni del defunto del Monte degli orfani, delle cui rendite si forma una Cassa,
che chiamerassi degli Orfani da amministrarsi per ora dal Parroco, che sarà
obbligato di dame a Me conto.
Se poi mancan degli orfani di padre, e di madre, i quali non
sien ancora in istato di lucrarsi colle proprie fatiche il cotidiano alimento,
mia sarà la cura di mantenerli e farli educare col prodotto della sopradetta
Cassa, e col di più, che vi necessiti.
Abbian i figli porzion eguale nella successione degli
ascendenti; né mai resti escluso la femina dalla paterna eredità, ancorché vi
sian de' maschi.
VIII. De' figli di famiglia.
Impressi dall'Altissimo fin da' primi momenti della
creazione ne' cuori de' Genitori i sentimenti di sì sviscerato amore verso de'
figli, era senz'altro della sua Divina giustizia prescriverne a' medesimi il
gran precetto di onorarli Tante pene, tanti sudori, tanti affanni meritavano
certamente un onorato compenso. Io che le veci di Dio sopra di voi sostengo,
sull'esempio del suo tremendo comando, l'istesso precetto a voi rinnovo.
Rispettate, o figli, i vostri genitori: ricevete con umiltà i loro avvisi, e le
loro correzioni soffrite volentieri anche i castighi: ed emendazione de' vostri
vizj, e de' vostri difetti: serviteli: soccorreteli: compiaceteli in ogni cosa:
siate loro grati, e non dimenticate neppur un momento i benefizj ricevuti: e
soprattutto astenetevi da ogni atto, che possa offen¬derli.
Questo il gran Dio vi precetta, e questo anch'Io comando. E
se Dio maledice que' figli, che sono irrispettosi a' padri, Io li bandisco per
sempre da questa Società, come mostri indegni di più stare nella medesima. Anzi
perché in essa non alligni razza di gente così inumana, condanno ali istessa
pena colui, che essendo stato presente lngiuria, non sia corso immediatamente a
darne parte a’ Seniori del Popolo, per passarne a Me prontamente l’avviso.
IX. De' Fratelli.
L'amore è l'anima di questa Società. Dunque, voi, o
fratelli, figli di un istesso padre, e che il latte succhiaste di una madre
istessa, amatevi con vero amore; aiutatevi scambievolmente con vera premura:
vivete fra di voi in perfetta concordia; nessuno abbia invidia dell'altro, e
soffochi all'istante nel suo cuore que' sentimenti di odio, e di vendetta, che
mai concepito abbia per qualche torto dall'altro ricevuto. L'offeso reclami
l'autorità del padre, se vive, ed alle determinazioni di questi placidamente si
sottometta, e si accheti. In mancanza poi del padre corra a' Seniori del
Popolo, e la pace da loro implori. L'odio tra' fratelli è la più brutta, la più
perfida, la più idegna, e scandalosa cosa, che possa vedersi sulla Terra.
X. De' discepoli.
1 Maestri equivalgono a' Genitori. Se i Genitori danno la
vita, i Maestri danno la maniera di sostenerla. Quegli obblighi dunque, che i
figli hanno a' Genitori, quelli stessi i discepoli hanno a' Maestri. Ad essi
debbono l'amore, e a gratitudine: ad essi l'ubbidienza, ed il rispetto. La
pratica per tanto di tutti questi doveri alla grata riconoscenza di tutte le
loro cure Io anche a voi costantemente impongo.
XI. De' Benefattori.
Se v'ha sulla Terra creatura, che possa in un ito modo
gareggiare colla Divinità, egli è senz'altro il hefattore. Deve a questo il
beneficato il prezzo del keficio in tutta la sua estensione.
Se, per esempio, un infelice vicino a perder li-ita per la
fame, trova un'anima benefica, che lo ristorigli deve al Benefattore la vita:
se lo soccorre ad uscire le miserie, a lui deve tutto quel comodo, che
acquista: si> porta ad esserre felice, a lui deve tutta la felicità. Gli
dlighi dun¬que de' beneficati sono sempre assoluti: a nio di essi è lecito
sconoscerlo senza la taccia d'ingrato.! ingratitu¬dine è un vizio così odioso,
e detestabile, cheivolta tutta l'umanità. Ogni uomo ha interesse ad odii
l'ingrato, perché riconosce in lui uno, che tende a scoiggiar l'ani¬me
benefiche, a bandir dal commercio delirila la com¬passione, la bontà, la
liberalità, e quel santtlesiderio di giovare, che forma il modo più sacro della
Sietà. Voi dunque, quanti siete in questa Società, rispettate chi vi benefica:
contestategli in ogni occasione i sentimenti della più sincera riconoscenza:
soddisfate a tutt'i suoi desiderj: non l'inducete mai a pentirsi di tutto
quello, che vi fa: ma dategli continui motivi di spandere sempre più sopra di
voi le sue beneficenze, e di estenderle sul vostro esempio sopra degli altri.
XII. De' Giovani.
I vecchi, e tutt'i maggiori di età avendo meritato da Dio il
dono di essere di questo Mondo prima dei giovani, è quindi un dovere di questi
venerarli, ed ubbidirl'in tutte le cose lecite, ed oneste. Nessuno per
conseguenza può oltraggiarli: che anzi debbon tutti rispettare la loro
venerando età, ed ascoltare, e seguire i loro prudenti consigli. E se mai
alcuno vi sarà tra voi, che abbia il temerario ardire di usare loro poco
rispetto, e poca venerazione, il padre, o se questi manca, i Seniori del Popolo
per la prima volta l'ammoniranno seriamente: per la seconda volta faranno dal
figlio chiede¬re perdono in pubblica Chiesa al Vecchio offeso; e per la terza
volta se ne passerà a Me l'avviso per espellerlo dalla Società.
XIII. De' Vecchi.
Dovere però de' vecchi, e de' padri di famiglia sarà sempre
dar a' giovani, ed a' figli il buon esempio non solo nell'esemplarità della
vita, ma anche nell'amor della fatica; poiché se essi saranno sobrj, religiosi,
prudenti, laboriosi, modesti, tali saranno i giovani, ed i figli; e così si
avrà nella Società quel fondo di virtù, che ardentemente desidero.
XIV. De' Seniori del Popolo.
Tempo di eligerli, e loro
doveri. Tra questi, comando, che in ogni anno nel giorno di San Leucio se ne
scelgan cinque de' più savj, giusti, intesi, e prudenti, i quali senza strepito
giudiziario col dolce nome di Pacieri, e di Seniori del Popolo, di unita col
Parroco, decidano tutte le controversie civili, e d'arti senza appello:
provvedano, e procurino, che nella società non manchi nessuna delle cose di
prima necessità; mentre liberamente si permette a chiunque voglia di aprir
Forni, Macelli, Cantine, ed ogni altra bottega di comestibili, ma coll'obbligo
di tener le provviste per comodo della Società, dal principio fino alla fine
dell'anno, e di vendere a giusto prezzo i generi, e non maggiore dell'assisa di
Caserta, senza frode, e senz'inganno; e coll'obbligo speciale a' venditori di
vino di non far mai nelle loro botteghe, o cantine giuocare a veruna sorta di
giuoco, ancorché lecito, o per ischerzo, sotto pena di essere immediatamente
sfrattati dalla Società. Si assicureranno di tutti questi articoli i Seniori
suddetti con le debite sicurtà; ed invigileranno sulla bontà de' generi, e su
tutt'altro, che convenga col massimo rigore, e colla più religiosa esattezza.
Sarà cura de' sopradetti Seniori ancora di invigilare rigidamente sul costume
degli individui della Società, sull'assidua applicazione al lavoro, e
sull'esatto adempimento del proprio dovere di ciascuno. E trovando, che in
ess'alligni qualche scostumato, qualche ozioso, o sfaticato, dopo averlo due
volte seriamente ammonito, ne posseranno a me l'avviso, acciò possa mandarsi o
in casa di corre¬zione, o espellersi dalla Società, secondo le circostanze.
Della proprietà, e nettezza delle abitazioni sarà anche loro la cura, perché da
tutti si osservi; prendendone specialmente occasione nella visita degli
infermi, che dovranno giornalmente fare, per darmi distinto ragguaglio del
numero di essi in unione del Medico, della qualità delle malattie, e de'
soccorsi straordinari, di cui necessitassero.
Loro cura parimente sarà di dar'esatto conto de' Forestieri
che capitassero nel luogo, e dovessero pernottarci; colla distinzione del
motivo perché siano venuti: in casa di chi rimangono, e per quanto tempo.
XV. Dell'inoculazione del Vaiuolo, e degli Infermi.
Vi sarà
perciò una Casa separata totalmente dall'altre in luogo di aria buona, e
ventilata, chiamata dagl'Infermi. In questa ne' debiti tempi di autunno, e di
primavera d'ogni anno si farà a tutt'i fanciulli e le fanciulle della Società,
l'inoculazione del Vaiuolo. In ess'ancora si tra¬sporteranno tutti coloro, che
saranno attaccati da morbi contagiosi, tanto acuti, che cronici. Per questa
Casa vi saranno i suoi regolamenti particolari, riguardant'il buon governo non
solo degl'infermi, ma benanche l'economica amministrazione. Un Prete tra gli
altri assisterà sempre in
essa per comodo degl'infermi, ed ora l'uno, ora l'altro de'
Seniori del Popolo tutte le mattine, e tutt'i giorni ne faranno la visita, per
vedere, se tutt'è in buon ordine, se vi è la massima polizia possibile, e se
gl'infermi sono assi¬stiti tanto nello spirituale, che nel temporale colla
massi¬ma esattezza, e scrupolosità. I Medici, i medicamenti, le biancherie e quant'altro
occorre pel mantenimento del luogo, e degl'individui, tutto sarà sempre da Me
somministrato.
XVI. Maniera di eligere li Seniori del Popolo.
L'elezione
de' sopradetti Seniori si farà, congregandosi tutti i Capi di famiglia dopo
della Messa solenne con tutto il rispetto, e con tutta la decenza nel salone
del Belvedere, per bussola segreta, ed a maggioranz de' voti, sempre presidente
il Parroco.
Dell'elezione se ne farà subito a Me rapporto per ottenere
la confirma, ed in virtù di essa potran godere dell'onrifica distinzione di
sedere in Chiesa nell'altro banco del merito, situato a fronte di quello de'
giovani dalla parte destra dell'Altare.
XVII. Degli Artisti poveri. Della Cassa di carità, e suoi
regolamenti.
Per effetto di quell'amore, ch'è l'anima di questa Società,
e per quello spirito di fratellanza, che a ciascuno di voi deve far riguardare
questa Popolazione, come una sola famiglia, giusto è ancora che se tra voi si
trovi in Artista, privo di moglie e di figli, o con questi, ma non in istato di
lucrarsi il pane per loro, e pel povero padre caduto in miseria o per
vecchiaia, o per infermità, o per altra fatai disgrazia, ma non mai per
pigrizia, ovvero infingardaggine; sia da tutti comunemente soccorso, acciò non
si riducano nello stato di andar mendicando, ch'è lo stato più infame, e
detestabile, che sia sulla terra. Perciò siavi tra voi una Cassa, che
chiamerassi della Carità, dalla qual sian codest'infelici comodamente soccorsi
o per tutto il tempo della vita, o fino a che non sian rimessi in istato di
potersi lucrare il pane. Avrà questa Cassa per fondo un rilascio di un tari al
mese, che ogni manifatturiere, che sia in istato di guadagnare più di due
carlini al giorno, farà in beneficio della medesima; e di quindeci grana al
mese, per quelli che guadagnino meno di due carlini al giorno. Sarà
ess'amministrata dal Parroco, da' Seniori, e da' Direttori dell'arti, i quali
rilasceranno in beneficio della sopradetta Cassa quello, che più la pietà lor
detti. Tutti daranno il voto nel caso di doversi soccorrere qualche infelice.
L'esazione si farà nel seguente modo. Tutti gli Artisti di qualunque condizione
siano, saran descrit¬ti in uno Stato. Questo si affiggerà nell'atrio della
Chiesa, dove ogni prima Domenica di mese, la mattina, dopo un dato segno di
campana, che si chiamerà la Carità, si troverà il Parroco, sempre che possa (o
chi egli destinerà degli altri Sacerdoti) a ricevere da' medesimi la somma
prescritta, che farà notare da ciascuno di proprio carattere in un libro, che
appositamente si terrà. Raccolta la Carità, si farà la numerazione degli
Artisti con la nota, o sia Stato alla mano, e della moneta pagata in presenza
de' Seniori, e de' Direttori; e si vedrà, se tutti hanno adempito al loro
dovere. Chi non abbia adempito, si noterà in un foglio, che si affiggerà in una
tabella chiamata de' Contumaci, che si sospenderà appresso allo Stato degli
Artisti, acciò ogn'uno sappia il contumace. Chi manca per tre volte, e non
purgherà la contumacia pagando nell'ultima volta tutto l'attrasso, sia cassato
dallo Stato sopradetto, e non goda più né questo privilegio personale in caso
di disgrazia, né l'esequie, e gli altri suffragi, come in appresso si dirà, a
spese della Cassa suddetta; su di che invigileranno rigorosamente i Seniori.
Questa Cassa sarà chiusa a tre chiavi, delle quali una ne terrà il Parroco,
un'altra li Seniori, e la terza finalmente li Direttori. A nessuno sarà mai
lecito di disporre di un grano di essa per altro uso, in fuori di quello detto
di sopra, o di quant'altro in appresso si dirà. Ogni anno fatta l'elezione de'
nuovi Seniori del popolo, si farà la numerazione del denaro in essa esistente,
e se ne farà la consegna a' nuovi Eletti insiem colle chiavi. Il Parroco, e li
Direttori riterranno sempre le chiavi presso di loro, e solo si renderanno
indegni di questa prerogativa coloro, che si mostre¬ranno infedeli verso di
essa. Appena entrati in governo i nuovi Eletti prenderanno i conti
dell'introito, ed esito da tutte le soprammentovate persone, e subito si
rimetteranno a Me per poterli far esaminare, e discutere.
XVIII. Dell'esequie, e de' lutti.
L'esequie sian semplici, divote, e senza distinzione. Il
Parroco, e li soli Preti del luogo associeranno il cadavere senza
esiger'emolumento alcuno. Quando il cadavere sarà in Chiesa (ciocché non si
farà se non venti quattro ore dopo morto) si farann'ardere d'intorno al
medesimo solo quattro candele. Ciascun Prete celebrerà per l'anima del defonto
una Messa letta, ed il Parroco la cantata. Il cadavere di un Seniore del
Popolo, che muoia in ufficio, sarà associato dal Clero, come sopra, e da tutti
i Capi di famiglia, portanti avanti del medesimo le candele accese in
riconoscenza de' buoni servizj prestati alla Società. Nella morte finalmente di
un Direttore, o di una Direttrice di arti, oltre il Clero suddetto vi anderanno
ad associarli li giovani, e le giovani discepoli con le candele come sopra.
Tanto la spesa per le Messe, che per le can¬dele sarà fatta dalla Cassa, alla
quale tornaranno li residui di queste. Non vi sian lutti, e solo nelle morti
de' genitori, e degli sposi, per gli ultimi uffizj dovuti a' medesimi sia
permesso alla tenerezza de' figli, delle mogli, e de' mariti un segno di duolo
di un velo al braccio per l'uomo, e di un fazzolet¬to nero al collo per la
donna per due mesi solo al più.
XIX. Della Patria.
La Patria è la cosa più cara, che siavi sulla terra. Essa ha
in custodia la roba, le spose, i padri, i figli, le madri, la libertà, la vita
de' Cittadini. Ognuno trova in essa come in un centro, tutte le sue delizie.
Tutti dunque debbono ad essa tutti quegli obblighi, che di sopra si sono a
parte a parte descritti. Ogn'uno deve teneramente amarla. Ogn'uno deve
procurarle tutt'i beni, e allontanarle tutt'i mali. Ogn'uno deve difenderla a
costo della roba, del sangue, e della vita dagl'insulti, e dagli attacchi de'
nemi¬ci. Dalla salute di tutti dipende la salvezza di ogn'uno. Più di tutti
però essa esige da voi nelle occasioni la sua difesa. L'Agricoltore, che deve
co' suoi sudori cacciar dalle viscere della terra il mantenimento per sé, e per
voi, non può la terra abbandonare. Se per darle soccorso corre all'armi, e
gitti il pesante aratro, egli senza pane priva se e gli altri di quella vita,
che cerca salvarsi. Voi, voi, che per loro vivete, voi avete più stretti, e più
precisi obblighi a difenderla. Se voi dall'arti passate all'armi, l'Agricoltore
co' suoi sudori sosterrà voi sul campo, e farà vivere i vostri padri, i vostri
figli, e le vostre spose tra i loro teneri amplessi. In vece dunque di menar
vita oziosa ne' dì festivi, ed esporvi a' pericoli, dove l'ozio trasci¬na,
correte, dopo aver santificata la festa coll'adempi-mento del proprio dovere, e
dopo di aver nelle ore deter-minate presentat'i lavori, per riscuoterne la
dovuta mercede, correte, dico, ad esercitarvi nel maneggio dell'armi, che vi
sarà insegnato dalle persone a tal oggetto più adatte, e vi saranno anche de'
premj, proporzionati per colo¬ro, che in esso si distingueranno. A voi ancora
spetta onorarla in tempo di pace. Come i fiori fanno colla loro varietà ricco
ricamo al verdeggiante prato; così voi colle vostre produzioni restituir le
dovete quel lustro, e quello splendore, che un dì fece invidiarla a tutta
Europa.
Capitolo III
Degl'impieghi
Io intanto intento sempre a premiarvi, assicuro tutti gli
abitanti di San Leucio, che ad esclusione degl'esteri, essi saran sempre
impiegat'in tutti gli impieghi, che vacheranno nel luogo: preferendosi però
sempre fra i pretendenti il più abile, capace, e di buona condotta. Al nuovo
impiegato non si darà, che la metà del soldo del defonto, quando quello lasci
la vedova (con figli che non siano ancora in grado di lucrarsi il proprio
sostenimento) alla quale si darà l'altra metà. Rimanendo poi la vedova sola, o
con due figli almeno, che guadagnino già due carlini al giorno per ciascheduno,
resterà alla vedova il solo terzo, ed il rimanente si darà al nuovo impiegato,
per averlo tutto alla morte della vedova.
Capitolo IV
Degli artisti esteri
Presentandosi Artefici esteri per essere ammessi al lavoro,
dopo di aver esibit'i loro requisiti, o dato le notizie convenienti per farli
venire; e dopo essere stati provati; e trovati abili, volendosi fissare nel
luogo, e godere di tutte le prerogative, e privilegi degli altri abitanti,
dovranno per un'intero anno dar non equivoche ripruove di ottimi costumi, ed
assidua applicazione al lavoro per esservi ascritti; nel qual caso avranno
l'abitazione, e gli utensilj di sopra detti. Non trovandosi poi tali, saranno
immediata¬mente rimandati via.
Capitolo V
Delle pene generali contra i trasgressori
Tutte le leggiere
mancanze, che si commetteranno dagli abitanti sopradetti, verranno
economicamente punite a proporzione del fallo.
Ogni minimo accidente contra il buon costume sarà punito con
espellers'immediatamente dal luogo il colpe¬vole, o colpevoli, e
privars'immediatamente il Genitore, o i Genitori per un anno di tutt'i
proventi, e regalie. A chiunque, sia uomo, o sia donna, ardisce mutare in
menoma parte il metodo e la moda prescritta di vestire, sarà immediatamente
proibito vestir più l'abito del luogo; per tre anni sarà considerato
com'estraneo; e sarà privo, come di sopra si è detto, di tutt'i proventi, e
regalie, che dagli altri si godono.
Qualunque altro fallo, che sia suscettibile di pena di corpo
afflittiva, ovvero infamante verrà punito collo spogliars'im-mediatamente, e
con il massimo segreto, il colpevole degli abiti del luogo, e sarà consegnato
alla giustizia ordinaria. Quest'è la legge, ch'Io vi dò per la buona condotta
di vostra vita. Osservatela, e sarete felici. {Ferdinando IV1789)
«Che allato gli sedete Sposa e Regina» Libretto stampato
nello stesso anno della promulgazione del codice di San Leucio e pubblicato,
come quello, dalla Stamperia Reale, a cura di Domenico Cosmi, ufficiale della
Reale Segreteria di Stato e Casa Reale. All'introduzione indirizzata alla
regina Maria Carolina d'Austria, segue la raccolta di poesie, in italiano,
latino, greco, napoletano e francese, 'osannanti' Ferdinando e la sua opera.
Molti ài questi poeti improvvisati, in seguito, saranno colpiti dall'i¬ra del
sovrano, perché accusati di giacobinismo. Un esem¬pio per tutti la illustre
gentildonna Eleonora Pimentel Fonseca (condannata dieci anni dopo a morte dallo
stesso re), che in quest'occasione manifesta, in versi, tutto il suo entusiasmo
per la nobile iniziativa.
Alla sacra Real Maestà di Maria Carolina d'Austria Regina
delle due Sicilie Signora
Gli elogj di un Re non ad altri, che ad una Persona Reale
meritano d'esser consecrati; ma quelli di Ferdinando IV Re delle Sicilie,
scritti in molte parti d'Italia per le Leggi date alla nascente Popolazione di
San Leucio, non ad altri più degnamente, che alla M.V., che allato gli sedete
Sposa e Regina, e che secolui dividete magnanima le cure, gl'interessi, e la
pace dello Stato. I talenti dello spi¬rito, e '1 carattere deciso del cuore, di
cui la Provvidenza vi ha dotata, vi costituiscono superiormente a tutti nel
dritto di ben intendere l'alta e riposta sapienza, che in quelle poche pagine,
sott'un'aria semplice, contiensi. Formata V.M. sin da' più teneri anni a
regnare; resa spet¬tatrice dell'eroiche gesta di una Madre, che col
valorosa-mente difenderlo, seppe fondar di nuovo un Impero, ben comprendete
tutti gli arcani di quell'arte divina, che versa sulla felicità delle Nazioni.
No, non è ignoto a V.M., che il dover di ubbidire al suo Sovrano è sempre
prece¬duto dal dover di ubbidire all'Esser supremo: che i prin¬cipi immutabili
di ciocché è giusto ed equo in tutt'i casi, è la voce universale della ragione;
e che distinguer quello, ch'è più utile ad un Regno, che ad un altro, forma il
più difficile dell'arte di governare. Non è ignoto a V.M., che '1 governo
Patriarcale è l'immagin vera del Monarchico:
Che per aver questo su basi sicure ed immancabili, egli è
necessario stabilir quello de' Padri su' principi certi, ed indubitati: Che
l'educazione pubblica è la primaria origi¬ne della pubblica sicurezza, e della
pubblica tranquillità: Che la buona fede è la prima di tutte le sociali virtù:
Che l'uguaglianza è l'anima generativa di quell'amore, che lega, e stringe i cuori
de' mortali: Che la sola distinzione nascente dal merito è lo spirito
sollevatore delle arti, del¬l'industria, e delle scienze: Che le ricchezze
inesauste d'un Popolo son quelle, che vengono dall'agricoltura; e che i germi
riproduttivi di questa crescon sempre a misu¬ra, che s'agiti il soffio
vivificante di quelle. Sa molto bene la M.V. ancora, che un comodo vivere
facilita i matri-monj, e questi la Popolazione; e che i Popoli ricchi, e non i
poveri, quantunque numerosi, sono i più forti sulla terra: Che pieno un Regno
territoriale di coltivatori, e poste le terre in tutto il massimo lor valore,
allora nasco¬no gli artieri, e gli opera], e quindi sorge, e germoglia quel
commercio, il quale ferma e stabilisce la felicità, e la potenza di uno Stato:
Che
'1 superfluo è la vera ricchezza di una Nazione; e che quanto questo è
maggiore, tanto più quella divien potente, e felice:
Ch'una libertà indefinita
interna di commercio promuove l'industria, ed anima i Popoli; ma che una
malintesa libertà esterna, la quale seco trasporti parte del necessario, rovina
le Società, e gl'Imperj. Sa, che le manifatture sono l'arte di dar nuove forme
a' prodotti naturali de' luoghi; e che quel Regno è sempre più ricco e più
potente degli altri, che ha più prodotti a manifatturare: Che il lusso ben
regolato forma lo splendore de' Regni; ma che lo sregola¬to ne prepara, ed
accelera la rovina: Che la virtù più sublime del Trono è la cura del Popolo, e
la tutela degli orfani, e de' miserabili; Finalmente, che tutti son per natura obbligati
a difendere il proprio Principe, e la pro¬pria Patria; ma che ne' Regni
territoriali l'artiere dev'es¬serlo più dell'agricoltore, affinchè per le
rinascenti ric¬chezze restin sempre insuperabili e forti. Tutti questi sono,
S.M., i principi, da cui il gran Re ha tratte le leggi, che ha scritte con
quella semplicità, che incanta. Ma non tutto questo è però ciò, che forma il
capo d'opera di quella quanto breve, altrettanto savia legislazione.
È il più
gran problema quello: Se gli uomini saran sempre fra di loro nemici; e se vi è
mezzo da renderli fra loro amici, e quindi beati? Senza invilupparsi questo
grande Speculator della natura in lunghe discetta¬zioni, col mettersi solo a'
fianchi la giustizia naturale, e la naturale beneficenza, risolve, e stabilisce
colla più profonda sapienza, che il governo, che possa condurre l'intera
umanità alla beatitudine di quaggiù, è la sola Monarchia, in cui il Monarca
governi da Padre, e non da Despota. Per dimostrarlo fonda non per azzardo, o
per capriccio, ma con studio, e con riflessione una Colonia, e da alii di lei
Individui una serie di precetti, atti a regolare tutta l'umanità.
Scorra
chiunque i secoli più remoti dell'antichità: legga i codici delle leggi d'ogni
Popolo; vegga se v'è stato Legislatore, che abbia al par di Lui sì ben
consultato la natura, e che questa sia egli prestata a dettargli con tanta
compiacenza tutt'i suoi oracoli. Vegga, se v'è stato altro Legislator sulla
terra, che abbia cercato non di moltiplicar gli uomini, perch'essi sien felici;
ma di render gli uomini felici, perch'essi moltiplichino. Se dunque v'ha, chi
ammiri col silenzio, e chi col canto celebri sì degna operazione, egli è questa
una giusta riconoscenza, che la verità consacra alla giustizia. Io, che
testimone sono de' sensi rispettosi degli uni, ho creduto mio dovere
raccogliere gli encomi degli altri, ed alla M.V., ch'è la più Gran Regina del
secolo, ed a pie del di cui Trono tutta è riposta la nostra beatitudine, e la
nostra felicità, presen¬tarli in segno di rispettoso tributo, e di dovuto
omaggio.
Napoli, 20 Novembre 1789
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