Eccidi partigiani |
di Francesco Fatica
La primavera del 1945, com’è ormai risaputo e accettato, fu
caratterizzata dalla ferocia più disumana. Uccisioni, atroci torture,
linciaggi, stupri, sadiche violenze, rapine, saccheggi.
Prese
particolarmente di mira le donne dei fascisti: madri, mogli, figlie e le
ausiliarie, le eroiche volontarie che erano entrate nei ranghi militari della
RSI.
Ma uccisioni
anche di sacerdoti, proprietari terrieri, imprenditori, si susseguirono per
molti mesi, mentre uno Stato impotente e/o connivente lasciava fare.
Sull’argomento è
già stato scritto molto e chi volesse documentarsi, non ha che l’imbarazzo
della scelta; perciò sorvolo su tante stragi a guerra finita, che hanno gettato
una grondante placca di ignominia su tutto il popolo italiano.
Era il frutto
ineluttabile dell’odio senza limiti seminato dai rossi e dai loro complici
nella guerra civile.
Una barbara
strategia, estranea alla civiltà europea, quella dei comunisti e di tanti altri
antifascisti - utili e feroci idioti strumentalizzati dai primi - per
conquistare il potere nello Stato che gli veniva regalato dagli
“Alleati”.
Secondo quanto
ammette lo storico antifascista e partigiano Giorgio Bocca: « Il terrorismo
ribelle non è fatto per prevenire quello dell’occupante, ma per provocarlo, per
inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato: cerca le ferite, le punizioni,
le rappresaglie per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell’odio. E’
una pedagogia impietosa, una lezione feroce » ( sic!)
La stessa feroce
strategia fu continuata metodicamente e cinicamente, con sadica efferatezza,
anche e soprattutto dopo la resa delle forze fasciste. Infatti la teoria della guerra partigiana «
incarna l’ostilità assoluta, perde la distinzione tra nemico e criminale[…..]
cessa non con la pace negoziata , ma con lo sterminio[…..] si svolge in base al
terrorismo»
Mi si conceda una
rapida pennellata per tratteggiare il clima, assurdo fino all’alienazione, di
quell’epoca.
Voglio accennare
soltanto a qualche passo del libro di Ulderico
Munzi, Donne di Salò, dove si
lascia parlare un’ausiliaria che aveva
conservato la sua verginità - come si usava ancora diffusamente a quei tempi -
«fino a quegli infami giorni dell’aprile-maggio 1945».
Dopo venti, forse
trenta stupri, demenzialmente annientanti, si trattava ancora della costrizione
allucinante, imposta da partigiani schierati in un cortile, in orrenda
coreografia, con la pretesa di farsi baciare i loro membri «penduli, flosci,
colore della vinaccia» da ausiliarie e donne fasciste, o ritenute tali,
costrette a schierarsi di fronte a loro in ginocchio.
La nostra
ausiliaria, spezzata nel fisico, ma immarcescibile nell’animo, ci sputò sopra.
E fu subito presa ferocemente a calci, rotolata per terra a calci, fino a
perdere misericordiosamente i sensi, mentre gli “eroi” continuavano ad
accanirsi contro quel mucchietto di cenci inanimato.
Ostilità
assoluta.
Ci hanno
spiegato, infatti, che l’ostilità dei comunisti e degli altri utili e feroci
idioti, poteva finire esclusivamente con lo sterminio. E quando non si riuscì
con lo sterminio fisico, si tentò con lo sterminio morale.
E sterminio fu,
per mesi e mesi.
I giovanissimi
sottotenenti dell’esercito repubblicano Gino Lorenzi e Walter Tafani furono
crocifissi a Mignagola (TV) e a Cavazze
(MO), e tanti altri furono crocifissi in Romagna ai portoni delle stalle; in
Liguria invece, spinsero la ferocia fino a gettare fascisti ancora vivi nei
forni del pane o in enormi caldaie di
acqua bollente e negli alti forni, forse ispirandosi ai più feroci episodi
della rivoluzione bolscevica o agli orrendi supplizi delle persecuzioni ai
martiri cristiani.
E non mancarono i
roghi, come avvenne, pure eccezionalmente fuori dell’area più interessata dalle
stragi, a Francavilla Fontana (Brindisi), dove l’otto maggio del 1945 vennero
gettati, ancora vivi sul rogo preparato
nella piazza principale del paese i due fratelli Chionna soltanto perché di
fede fascista.
Vennero commemorati nel 1946, nel primo numero del
periodico fascista clandestino
Alba di riscossa, edito a Cisternino (BR).
In provincia di
Ferrara la famigerata banda di Portoverrara nel maggio 1945 assassinò tre
uomini dopo averli evirati, aver loro strappate le unghie, i denti e spezzata
la spina dorsale; un branco di megere linciò un uomo a Quartesana strappandogli
gli occhi. Ma bisogna riconoscere obiettivamente che la banda di Portoverrara
non era neanche una delle più feroci.
A Medolla (MO) il
grande invalido di guerra Weiner Marchi, costretto in una carrozzella, il 29
aprile, venne seviziato vigliaccamente e
poi, ferito e sanguinante, fu gettato, ancora vivo, in pasto alle scrofe
affamate in un recinto; ma furono più feroci gli uomini delle bestie
che lo straziarono per cibarsene.
E avvenne anche
in altri posti, come a Grosseto, dove la Vedova e le figlie, bambine, del
fascista Faenzi peregrinarono per anni per scoprire dov’era stato sepolto il
loro congiunto, ucciso dai partigiani, incontrando un muro di ostilità,
diffidenza e omertà fin nei più sperduti poderi, finché non riuscirono a
scoprire che il corpo del Martire era stato lasciato divorare dai porci.
A Modena il 27
aprile Rosalia Bertacchi Paltrinieri, segretaria del Fascio femminile e la
fascista Jolanda Pignati furono violentate di fronte ai rispettivi mariti e
figli. Quindi condotte vicino al cimitero furono sepolte vive.
Questo era il clima della “Rossa Primavera”.
Da 70 i Santoro,
i Biagi e la “ridondante” schiera dei pennivendoli allineati nel politically
correct, continuano il coro degli osanna, insensibili ad ogni resipiscenza.
Vergogna!
Il Papa ha
chiesto scusa ai mussulmani per le violenze commesse dai crociati.
Un capo di stato
tedesco è venuto in Italia a chiedere scusa per la strage di Marzabotto (che
pure era stata una rappresaglia contenuta nei limiti delle leggi di guerra, e
coscientemente provocata dai partigiani, che non ritennero di impegnarsi poi
nella difesa della popolazione inerme).
Quando accadrà
che un capo di stato italiano chieda scusa agli italiani per le stragi della
“rossa primavera” e per l’ignominia che ne è ricaduta su tutto il popolo?
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