L’atto che vi accludo è molto lungo! sono diciannove pagine, ma è nato da una frase di Benito Mussolini, tratta dal Suo celebre discorso del 14 novembre 1934 su «lo Stato Corporativo», che mi ha fatto riflettere molto.
Dice: «Questa crisi che ci attanaglia da quattro anni – adesso siamo entrati nel quinto da un mese – è una crisi "nel sistema o del sistema"?».
L’interrogativo, non v’è dubbio, descrive una situazione perfettamente combaciante con quella attuale.
Il ragionamento Mussoliniano trova le sue radici logiche, giuridiche ed ideali: nell’articolo apparso su "Gerarchia" alla fine di maggio 1925; e nella «Carta del Lavoro», approvata dal Gran Consiglio del Fascismo nella seduta del 21 aprile 1927.
Li ho riletti tutti con attenzione e mi son venute queste idee che mi piacerebbe condividere con Voi… non è che dovete leggere tutto in un’unica soluzione!... Vorrei però anche due sole parole per ascoltare il Vostro pensiero!
Con quel disperato amore per la nostra Nazione che tutti Voi avete come me!
Paolo (Testi)
Carissimi!
* *
* *
«Questa
crisi che ci attanaglia da quattro anni – adesso siamo entrati nel quinto da un mese – è una crisi "nel sistema o del sistema?"». Bella domanda,
no?!… ma chi l’ha fatta? e quando? L’ha pronunciata Benito Mussolini nel Suo
celebre discorso del 14 novembre 1934 su «lo
Stato Corporativo». L’interrogativo, non v’è dubbio, descrive una
situazione perfettamente combaciante con quella attuale.
* *
* *
In
quell’occasione, il Duce così osservava: «Per
rispondere è necessario riflettere, riflettere
lungamente e documentarsi. La crisi è penetrata così profondamente nel
sistema che è diventata una crisi del sistema. Non è più un trauma, è una malattia costituzionale. Oggi
possiamo affermare che il modo di produzione capitalistica è superato e con
esso la teoria del liberalismo economico che l'ha illustrato ed apologizzato».
Seguitando, affermava: «giunto a questa fase il
supercapitalismo trae la sua ispirazione e la sua giustificazione da questa
utopia: l'utopia dei consumi illimitati.»
E ancora: «questa
è la crisi del sistema capitalistico preso nel suo significato universale. Ma per noi vi è una crisi specifica che ci
riguarda particolarmente nella nostra qualità di Italiani e di Europei. C'è
una crisi europea, tipicamente
europea. L'Europa non è più il
continente che dirige la Civiltà Umana. L'Europa può ancora tentare di riprendere il timone della Civiltà
Universale, se trova un
"minimum" di unità politica.»
È indicativo notare come, già da allora, parlasse in
termini non nazionalistici, nel senso limitativo del termine, ma in una visione
di ampio respiro: quella Europea, formulando una diagnosi del male ed
individuando una cura: quella di un orgoglio Europeo.
Per quel che riguarda più strettamente la nostra
Nazione, nel disegnare già da allora il fallimento del Capitalismo e del
Socialismo, indicava nel Corporativismo l’unica soluzione: quella che è anche
chiamata: «terza via».
In proposito – passim
– deduceva: «La corporazione è fatta in vista dello sviluppo della ricchezza; della potenza politica e del benessere del
popolo italiano. Questi tre
elementi sono condizionati fra di loro: oggi
noi seppelliamo il liberalismo economico! L'economia corporativa sorge nel momento storico determinato, quando
cioè i due fenomeni concomitanti, Capitalismo e Socialismo, hanno già dato
tutto quello che potevano dare! Dall'uno
e dall'altro ereditiamo quello che essi avevano di vitale. Noi abbiamo respinto la teoria dell'uomo economico, la teoria
liberale, e ci siamo inalberati tutte le volte che abbiamo sentito dire che il
lavoro è una merce. L'uomo economico non esiste, esiste l'uomo
integrale che è politico, che è economico, che è religioso, che è santo, che è
guerriero.»
Il Discorso del 14
novembre 1934 trova le sue radici logiche ed ideali nell’articolo apparso su
"Gerarchia" alla fine di
maggio 1925 e nella prima formulazione Legislativa: la «Carta del Lavoro», approvata dal Gran Consiglio del Fascismo nella
seduta del 21 aprile 1927.
Per un miglior approfondimento, più sotto riporto il
Discorso tenuto da Benito Mussolini.
* *
* *
L’articolo del maggio 1925, va sottolineato, è stato
scritto in un momento determinante per le sorti della Nazione.
Infatti, fu pensato:
= ad appena tre anni dalla fiducia concessa a Benito
Mussolini.
= a poco più di un anno dal plebiscitario risultato
alle democratiche elezioni del 6 aprile 1924, quando questo Partito ottenne il
64,9% dei voti.
= a tre mesi di quel 3 gennaio 1925, quando Mussolini,
dopo l’abbandono del Parlamento da parte dell’opposizione, assunse i pieni
poteri.
Questo per spiegare il clima in cui il pezzo nasceva,
le sue parti salienti – al fine dell’esame sulla nascita dello «Stato Nazionale del Lavoro» – penso di
indicarle tra queste:
«L'antitesi
diretta – capitalismo-proletariato
– di origine marxista esula completamente
dal Sindacalismo Fascista, il quale
l'ha praticamente superata nel campo agricolo e ha tentato di superarla col
famoso "Patto di Palazzo Chigi", anche nel campo industriale. Le
Corporazioni possono sperare di migliorare le sorti dei loro Sindacati, se il capitalismo è potente, non già se il capitalismo è debole, statico, pauroso.»
«Le tre
forze storiche da noi prese in esame – nazione, capitale, corporazioni – non
sono in antitesi irriducibile come predicarono – con imprecisa
visione dei fenomeni econonici – i socialisti, ma sono in rapporto di stretta
interdipendenza fra di loro, dalla quale interdipendenza scaturisce la
necessaria coordinazione. in questa chiara nozione è il nocciolo del
sindacalismo fascista per il quale la collaborazione è regola e la non
collaborazione l'eccezione.»
In calce, il testo completo dell’articolo apparso su
"Gerarchia".
* *
* *
La
Carta del Lavoro approvata il 21 aprile 1927 è complessa ed ampiamente
esaustiva; e, anche per questa allego l’originale; purtuttavia, voglio
richiamare alcune delle «Dichiarazioni»
in essa contenute.
La prima parte è rubricata come : «dello Stato Corporativo e della sua
organizzazione», che è quella dove meglio rifulge la natura assolutamente
innovativa del Corporativismo.
Significative sono:
= la
prima dichiarazione, che definisce la «Nazione italiana» come «un
organismo avente fini, vita, mezzi di azione superiori per potenza e
durata a quelli degli individui divisi o raggruppati che la compongono.»,
concludendo che essa: «è una unità morale, politica
ed economica, che si realizza
integralmente nello Stato fascista»;
=
interessante anche la seconda; in essa – partendo dall’antico principio già
presente nel sotto titolo del «Popolo
d’Italia», definito «Quotidiano dei
combattenti e dei produttori» – «il lavoro, sotto tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche, manuali, è un
dovere sociale. A questo titolo, e solo a questo titolo, è
tutelato dallo Stato.» Proseguendo la dichiarazione, si tova un punto,
che – in aperto contrasto con il concetto del «libero scambio» [che nessuna tutela da alla sicurezza economica e
alla dignità della Nazione] – dispone: «Il complesso della produzione è unitario dal
punto di vista nazionale; i suoi
obbiettivi sono unitari e si riassumono nel benessere dei singoli e nello
sviluppo della potenza nazionale.»
= per la terza, «solo il sindacato
legalmente riconosciuto e sottoposto al controllo dello Stato ha il diritto di
rappresentare legalmente tutta la categoria di datori di lavoro o di
lavoratori, per cui è costituito»,
= da
questo presupposto, la quarta dichiarazione afferma che «nel Contratto Collettivo di
Lavoro trova la sua espressione concreta la solidarietà tra i vari fattori della
produzione, mediante la
conciliazione degli opposti interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori, e
la loro subordinazione agli interessi superiori della produzione.»,
=
conciliazione che porta alla quinta dichiarazione che definisce «la Magistratura del Lavoro» come «l'organo
con cui lo Stato interviene a regolare le controversie del lavoro, sia che
vertano sull'osservanza dei patti e delle altre norme esistenti, sia che
vertano sulla determinazione di nuove condizioni del lavoro.»
=
importanti affermazioni sono contenuti nella sesta dichiarazione: «Le
corporazioni costituiscono l'organizzazione unitaria delle forze della
produzione e ne rappresentano integralmente gli interessi. Quali rappresentanti degli interessi unitari
della produzione, le corporazioni possono dettar norme obbligatorie sulla
disciplina dei rapporti di lavoro e anche sul coordinamento della produzione
tutte le volte che ne abbiano avuto i necessari poteri dalle associazioni
collegate.»;
= la
settima è una delle dichiarazioni cardine, perché è in essa tutta la
peculiarità che pone l’Ideale Fascista in contrasto con il Socialismo, negatore
dell’iniziativa privata, e il liberalismo, negatore della "Umanità del Lavoro": «Lo
Stato corporativo considera l'iniziativa privata nel campo della produzione come
lo strumento più efficace e più utile nell'interesse della Nazione.», poi, meglio precisando: «L'organizzazione privata della produzione essendo una funzione di interesse nazionale, l'organizzatore
dell'impresa è responsabile dell'indirizzo della produzione di fronte allo Stato. Dalla
collaborazione delle forze produttive deriva fra esse reciprocità di diritti e
di doveri.»
=
altra dichiarazione altamente significativa è la nona che specifica i soli casi
in cui lo Stato deve intervenire a tutela del bene e della dignità della
Nazione (e quindi della collettività!): «L'intervento
dello Stato nella produzione economica ha luogo soltanto quando manchi o sia
insufficiente l'iniziativa privata o quando siano in giuoco interessi politici dello
Stato. Tale intervento può assumere la forma del controllo,
dell'incoraggiamento e della gestione diretta.».
Prima di concludere, è importante riportare l’ultima parte della Carta,
intitolata: «della Previdenza, dell'Assistenza,
dell'Educazione e della Istruzione.»
Di queste richiamo = la ventiseiesima dichiarazione, per cui: «La previdenza è un'alta manifestazione del principio di collaborazione. Il datore di lavoro e il prestatore d'opera devono concorrere proporzionalmente agli oneri di essa. Lo Stato, mediante gli organi corporativi e le associazioni professionali, procurerà di coordinare e di unificare, quanto è più possibile, il sistema e gli istituti della previdenza.»
= e la ventisettesima che stabilisce: «Lo Stato fascista si propone: 1°) il perfezionamento della assicurazione infortuni; 2°) il miglioramento e l'estensione dell'assicurazione maternità; 3°) l'assicurazione delle malattie professionali e della tubercolosi come avviamento alla assicurazione generale contro tutte le malattie; 4°) il perfezionamento della assicurazione contro la disoccupazione involontaria; 5°) l'adozione di forme speciali assicurative dotalizie pei giovani lavoratori.»
Per un miglior approfondimento, più sotto riporto il
testo originale.
* *
* *
Carissimi!
È
inutile che ci prendiamo in giro, illudendoci.
Dai brevi richiami, possiamo concordare
che ci troviamo perfettamente nella situazione di cui parlava il Duce nel celebre discorso del 1934 (collegato agli
altri due atti). Esso segna il punto conclusivo del lungo iter percorso da Benito Mussolini per la fondazione dello «Stato Nazionale del Lavoro», le cui basi
sono date dalle Corporazioni, armonico collegamento tra la base e il vertice
del mondo della produzione: tra Capitale e Lavoro.
La causa «nel sistema» dell’intero mondo
occidentale e segnatamente in Europa, allora come ora, è, prima di tutto, nel
fatto – lamentato poi da un Uomo che certo non poteva essere accusato di
simpatie fasciste: Charles de Gaulle
– che l’Unità Europea, già agognata dal nostro Duce, non è stata un’unità
politica, ma è stata concepita e posta in essere per aiutare (vorrei dire: «arricchire»!) le banche e i grandi
gruppi Finanziari, ai quali, è evidente, non interessa nulla alla parti sane e
vitali della Nazione: l’Impresa e il Lavoro!
Se esaminiamo poi la attuale situazione politica –
considerato che il comunismo si è dissolto come "nebbia al Sole" – il capitalismo-finanziario, non può essere
una soluzione, perché, così come è già fallito nell’immane tragedia cosmica del
1929, fallirà anche ora, portandoci alla rovina; la crisi, ormai quasi
secolare, è insita nel sistema liberista e parlamentare.
L’unica possiblità è e rimane quindi la attuazione dello
«Stato Nazionale del Lavoro», propugnata dal Movimento Sociale
Italiano. Mi fa piangere il cuore vedere personaggi, che hanno visto a decine morire loro giovani Camerati, lottando per la
costituzione di una Nuova Repubblica Presidenziale, prospettata in un progetto
di Costituzione del 1983 ad opera di Franco Franchi – rinnegarne i principi e abbracciare nebulose soluzioni liberaloidi!
Come affermava, tra gli altri, Nino Tripodi in un Suo
celebre libro in commento alla voce: «Dottrina
del fascismo», dell’«Enciclopedia
Treccani», scritta da Benito Mussolini, in una con Giovanni Gentile, il
Fascismo, come Idea, è sempre attuale ed è l’unica, seria idea che possa
risollevarci e l’Idea, non corrisponde al Regime, da qui il concetto caro al
Movimento Sociale «del non rinnegare e
del non rostituire»!
Quando leggerete gli interessanti originali che Vi
sottopongo, non dovete lasciarvi fuorviare dai richiami fatti da Benito
Mussolini allo Stato retto da un Partito Unico e non aperto a soluzioni
democratiche. Il Fascismo non porta
necessariamente a quel tipo di Stato che resse le sorti del Regno di Italia dal
3 gennaio 1925 al 25 luglio 1943. Se
si esamina, frigido pacatoque animo,
la storia dell’origine della presa dei poteri da parte del Fascismo, ci si
accorge che i primi importanti momenti del regime sono sorti e si sono
sviluppati in un Parlamento, che era stato democraticamente eletto 1921 e che
aveva al suo interno appena trentacinque deputati Fascisti.
Infatti, completata nei giorni 28-31 dell’ottobre 1922
la Rivoluzione delle Camicie Nere, con la quale queste reagirono allo stallo
politico, derivato dal sistema che vigeva sotto l’inconcludente Stato liberale,
Benito Mussolini – ricevuto l’incarico da Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele
III – ottenne la fiducia il 17 novembre 1922 da 306 deputati su 429 presenti,
in un Parlamento dove, ricordiamolo, sedevano solo trentacinque deputati del
Partito Nazionale Fascista.
Lo stesso Parlamento il successivo 25 novembre accorderà i pieni poteri
a Benito Mussolini, con 275 voti a favore su 365 presenti e partecipanti e 90
contrari. In questo caso, la
Camera dei Deputati (che, va sempre sottolineato, aveva nel
suo seno solo trentacinque Deputati del Partito Nazionale Fascista) aveva
conferito i pieni poteri con una schiacciante maggioranza, al limite del
plebiscitario, del 75,34% dei partecipanti al voto.
Nel giugno del 1923 veniva presentato alla Camera il «Disegno di Legge per la Riforma della Legge
Elettorale» che prevedeva l'abolizione del sistema uninominale, la adozione
del Collegio Unico Nazionale e di un «premio
di maggioranza», in base al quale il Partito che avesse ottenuto il 25% dei
voti validi, avrebbe conquistato i due terzi dei seggi (356) in Parlamento. Il
16 luglio 1923, il Parlamento, in cui sedevano solamente trentacinque Deputati
del Partito Nazionale Fascista, pari al 6,55% dell’Assemblea, approvava il
Disegno di Legge con 303 voti contro 140, pari ad una percentuale del 68,39%
dei presenti e partecipanti.
Alle elezioni del 6 aprile 1924, la Lista del Partito Nazionale
Fascista [al cui interno risultarono
elette personalità quali: Luigi Pirandello; Arturo Toscanini (sì, proprio lui!);
Sem Benelli (sì, sempre un altro famoso "antifascista"!)], ottenne
il 64,9% dei voti.
La fine traumatica di una possibilità di avere un Governo Fascista
retto da un sistema democratico ha solo due nomi: Giacomo Matteotti, che, requiescat in Deo, è il primo
responsabile e Amerigo Dumini.
Giacomo Matteotti, seguendo una tradizione mai interrotta nei politici
di sinistra ogni qualvolta non riescano a vincere le elezioni, gridò il suo
sdegno per ipotetici brogli elettorali (la Lista del PNF ottenne 4.635.448 voti
cioè il 64,9%!... risum teneatis!).
Questo violento discorso, che poteva essere appunto sommerso da una corale
risata, fece balenare al Dumini l’idea inutile, assurda di dare «una lezione» (!?) al bischero di turno.
La reazione dell’opposizione si pose, quanto a stupidità, su un livello
simile, dando luogo allo sterile gesto, alquanto infantile, dell’«Aventino». Tale situazione, pur non
impensierendo, né ponendo in dubbio la perfetta legittimità del Governo, esplicitamente
sostenuto dalla Maestà del Re, portò al famosissimo discorso del 3 gennaio
1925, quando Mussolini invitò gli avversari a denunciarlo davanti al Senato,
riunito in Alta Corte di Giustizia ai sensi e per gli effetti dell’art. 47
dello Statuto Fondamentale del Regno, così tra l’altro proclamando: «Se le frasi più o meno storpiate bastano per
impiccare un uomo, fuori il palo e
fuori la corda! Se il Fascismo non è
stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della
migliore gioventù Italiana, a me la
colpa! Se il Fascismo è stato
un'associazione a delinquere, se
tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico, morale, a me la
responsabilità di questo, perché
questo clima storico, politico, morale io l'ho creato con una propaganda che
va dall'intervento fino ad oggi!»
Questo
credo che tranquillizzi tutti sulla perfetta compatibilità dell’Idea Fascista
con un sistema democratico moderno (il comportamento del Movimento Sociale
Italiano nel suo quasi mezzo secolo di esistenza e la sua proposta di riforma
costituzionale lo ribadiscono!).
Se
non vogliamo cadere vittime di simpatici comici, che, però, sono e restano
tali, non si può certo sperare che gli attuali due Partiti maggiori possano
offrire una qualsiasi possibilità di uscire da questa crisi che, si è visto, è
nel sistema, un sistema che si accontenta di sopravvivere, ingannando il
popolo! Del resto la crisi non è solo nel sistema italiano, ma, peggio, è in Europa.
Ergo, si deve sperare che i Movimenti, che si ispirano ai
principi sopra ampiamente menzionati, lascino
da parte eventuali incomprensioni e si sforzino di trovare un
minimo-comun-divisore che consenta loro di reagire, coinvolgendo soprattutto le
forze della Tradizione Nazionale e Sociale Europee!...
* * Qui riportati i testi integrali degli atti richiamati * *
L’articolo
apparso su "Gerarchia" alla
fine di maggio 1925
«= I. =
«I
grandi scioperi metallurgici di Lombardia del marzo scorso, le polemiche che vi fiorirono in margine,
le recenti mozioni del Gran Consiglio
nella sua sessione di aprile, e le
notizie indiscrete sul lavoro della Commissione dei Diciotto, hanno rimesso sul primo piano delle
discussioni il Sindacalismo Fascista. Per
ben tre anni l'esistenza di un Sindacalismo Fascista, cioè di un Movimento Sindacale guidato da Fascisti e orientato verso le
Idee del Fascismo, fu ostinatamente
negata. Ci voleva, per dissuggellare gli occhi dei ciechi
volontari e fanatici, il fatto
clamoroso: lo sciopero che mettesse
in campo le Forze Sindacali del Fascismo e che desse in pari tempo allo stesso
Sindacalismo Fascista una più risoluta nozione della sua forza e delle sue
possibilità di azione. Prospettati da
questo punto di vista, gli scioperi
del marzo hanno una loro particolare importanza: si tratta di Scioperi Fascisti, effettuati
dopo quasi tre anni di Governo Fascista; si tratta di scioperi che documentano l'esistenza di un
"fatto" e di una realtà
imponente. Il Sindacalismo Fascista è
oramai una realtà nazionale attuale, dalla
quale non si può prescindere. Le "Corporazioni"
non sono entità astratte, ma entità
concrete. «Per quanto altri l'abbiano già fatto, vale ancora la pena di proporsi di studiare, come, quando e dove sia nato il Sindacalismo Fascista; quali siano gli elementi fondamentali della sua ideologia; quali le sue forze presenti; quali le sue possibilità future.
«Mi piego volentieri a questa fatica perché vedo nel Sindacalismo Fascista un grande serbatoio di forze umane per il Fascismo, un mezzo potente di elevazione morale e materiale delle vaste masse che stanno alla base della società nazionale.
«Mi prefiggo inoltre di interessare i Fascisti allo studio e all'amore di questo movimento che costituisce una delle "novità" della Rivoluzione Fascista e una delle sue massime garanzie.
«= II.
=
«Per
tutto il 1919 non si può parlare di un Sindacalismo Fascista, nemmeno in embrione. C'erano fra i gregari dei cinquanta Fasci
di Combattimento rappresentati al primo
memorabile Congresso di Firenze dell'ottobre 1919, molti operai, quasi tutti
superstiti dei Fasci d'Azione Rivoluzionaria Interventista del 1915, ma non potevano costituire alcun nucleo Sindacale, nemmeno interno. La situazione Sindacale non migliorò durante tutto l'anno 1920, quantunque i Fasci si moltiplicassero e si spingessero anche assai lontano dai centri
principali. È solo nel 1921, quando il Fascismo irrompe – dopo gli agguati socialisti di Bologna, Modena, Ferrara – nella Valle Padana
e vi sommerge ad uno ad uno tutti i fortilizi materiali e morali delle
organizzazioni socialiste; è solo
allora che il Fascismo, diventato
fenomeno di masse e di masse rurali,
come già a suo tempo dimostrai in queste stesse pagine, vede quasi scoppiare dinanzi a sé il
fenomeno sindacale, in tutta la sua
vastità, con tutti i suoi problemi
tecnici e umani. L'esodo delle masse
dai vecchi ai nuovi Sindacati fu tumultuaria, come la fiumana di un torrente che si rovescia in un altro alveo. Riconosco che il rapido declinare della
potenza dei rossi fu dovuto in primo luogo all'azione bellicosa del Fascismo,
alla quale i "parolai" di quell'altra rivoluzione non erano
moralmente preparati e anche a due fatti quasi contemporanei e di vaste
ripercussioni politiche e morali: il
fallimento della occupazione delle fabbriche in Italia sul finire del 1920 e la
carestia in Russia. Il 1921 fu un
anno decisivo per il Fascismo italiano: esso
si trovò di fronte e risolse tre poderosi problemi: l'organizzazione armata delle squadre; il Movimento Sindacale; la
trasformazione del "Movimento" in partito politico, trasformazione
che fu ratificata dal grande congresso del novembre a Rorna.
«= III. =
«Nel dicembre del 1921, il Partito
precisa il suo programma di lavoro; e
prende questa posizione di fronte al Sindacalismo: "Il Fascismo – è
detto nel Programma-Statuto – non può contestare il fatto storico dello
sviluppo delle Corporazioni, ma vuole coordinare tale sviluppo ai fini
nazionali. Le Corporazioni vanno promosse secondo due obiettivi fondamentali, e
cioè come espressione della Solidarietà Nazionale e come mezzo di sviluppo
della produzione. Le Corporazioni non debbono tendere ad annegare l'individuo
nella collettività livellando arbitrariamente le capacità e le forze dei
singoli, ma anzi a valorizzarle e a svilupparle". In questa schematica dichiarazione non vi sono tutti gli elementi di
una dottrina ma gli spunti di una dottrina. Ci sono dei germi. C'è
l'accettazione del fatto sindacale e il suo coordinamento ai "fini
nazionali". C'è la considerazione
della "produzione" di cui
le Corporazioni devono essere elemento creatore. C'è – infine – la ripulsa dell'egualitarismo socialistico e
l'adesione al concetto delle necessarie varietà e gerarchie. Non vi si parla del "metodo" di attuazione del Sindacalismo Fascista.
Lo si ritiene di competenza specifica
delle Corporazioni. Segue invece
nello stesso capitolo programmatico un elenco dei postulati, che il Partito Nazionale Fascista si
proponeva di agitare a favore delle classi lavoratrici e impiegatizie. «Vale la pena di riprodurlo per documentare che tali postulati sono stati realizzati dalla Rivoluzione, attraverso l'opera del Governo Fascista.
«= 1°) "La promulgazione di una Legge dello Stato che sancisca per tutti i salariati la giornata legale media di otto ore, colle eventuali deroghe consigliate dalle necessità agricole ed industriali".
«Tale Legge dello Stato esiste sino dal 1923 ed è merito esclusivo del Governo Fascista l'averla adottata, in omaggio a quelle convenzioni sociali di Washington, nella ratifica delle quali – compresa quella delle otto ore – l'Italia Fascista è in testa a tutte le Nazioni del Mondo. È di ieri il voto della Camera dei Comuni, contraria alla ratifica della convenzione delle otto ore, il che deve avere provocato qualche scompiglio al Bureau International du Travail e qualche pena all'anima di Alberto Thomas, che del "BIT" è il massimo "lama".
«= 2°) "Una Legislazione Sociale aggiornata alle necessità odierne, specie per ciò che riguarda gli Infortuni, l'Invalidità e la Vecchiaia dei Lavoratori sia agricoli che industriali o impiegatizi, sempre che non inceppi la produzione". Se volessi elencare tutte le Provvidenze d'Ordine Sociale adottate dal Governo Fascista, riempirei alcune pagine con la semplice numerazione dei Decreti. Ricorderò solo l'ultima: l'erezione in Ente Morale e la concessione di un milione all'Opera Nazionale del Dopolavoro, la cui importanza ai fini dell'Educazione Fisica ed. Intellettuale delle Classi Lavoratrici è già grandissima e più aumenterà nel futuro.
«= 3°) "Una Rappresentanza dei Lavoratori nel funzionamento di ogni industria limitatamente per ciò che riguarda il personale". Questo postulato deve essere considerato da una parte come un riflesso dei tempi in cui il Governo di allora nominava una specie di Commissione per effettuare un'inchiesta sulla produzione e per determinare eventualmente le modalità di un controllo sulle fabbriche e dall'altra parte esso postulato segna chiaro il limite della competenza e dell'intervento dei Lavoratori nel funzionamento delle industrie.
«= 4°) "L'affidamento della gestione di industrie o di servizi pubblici ad organizzazioni sindacali che ne siano moralmente degne e tecnicamente preparate". Con che sì veniva a porre un principio, ma se ne determinavano subito le condizioni di possibilità.
«= 5°) "La diffusione della piccola proprietà in quelle zone e per quelle coltivazioni che produttivamente lo consentono". Anche qui il postulato Sindacale-Fascista si poneva sul solido terreno produttivista. Non la piccola proprietà per la piccola proprietà – come l'arte per l'arte – con fini di semplice conservazione sociale, ma la piccola proprietà, là dove e quando essa aumenti il patrimonio della effettiva ricchezza e potenza nazionale.
«= IV.
=
«Il
Sindacalismo Fascista, prima di essere nazionale fu provinciale e regionale.
L'unità nazionale delle Corporazioni
venne assai dopo: quando tutte le
file furono riordinate, quando
attraverso discussioni di congressi e di giornali apparvero definite le linee
programmatiche del Sindacalismo Nazionale. Le linee che distinguono il nostro Sindacalismo dall'altrui sono le
seguenti: accettazione dell'idea di
Patria come realtà tangibile e intangibile, il che esclude gli internazionalismi impegnativì e politici destinati a
rifrantumarsi alla prima occasione, ma
non esclude gli utili contatti internazionali, dove sia dato difendere il Lavoro Italiano, come le Corporazioni hanno fatto e faranno nei congressi ginevrini.
L'accettazione dell'idea di Patria, significa la subordinazione consapevole
delle Masse Sindacali Fasciste alle esigenze pacifiche o guerresche della
Nazione. L'importanza di questa
accettazione è ovvia ed immensa. In
secondo luogo il Sindacalismo Fascista considera l'elemento Capitale, non come un elemento da sopprimere – il che è praticamente e storicamente assurdo
– ma come un elemento da liberare e da
potenziare. Qui la posizione del
Sindacalismo Fascista è originale. Liberare
e potenziare il capitale, soprattutto
in Italia, dove il capitale – essendo di formazione recentissima – trova maggiori difficoltà ad espandersi,
perché i buoni posti sono occupati dalle
Nazioni che già da un secolo sono capitalistiche, mentre la nostra storia capitalistica si può dire che comincia con la
guerra e con il dopoguerra. Le
Corporazioni hanno un interesse diretto a che il capitale italiano sia il più
possibile libero da ceppi interni od esterni. L'antitesi diretta – capitalismo-proletariato
– di origine marxista esula completamente
dal Sindacalismo Fascista, il quale
l'ha praticamente superata nel campo agricolo e ha tentato di superarla col
famoso "Patto di Palazzo Chigi",
anche nel campo industriale. Le Corporazioni possono sperare di
migliorare le sorti dei loro Sindacati, se
il capitalismo è potente, non già se
il capitalismo è debole, statico,
pauroso. Da queste premesse scaturisce la posizione del terzo elemento
tecnico-operaio. La sua sorte
particolare è legata, in primo luogo,
alla sorte generale della Nazione. Se la Nazione è oppressa, la massa operaia è oppressa. Se la Bandiera della Nazione è rispettata,
anche gli operai che appartengono a
quella Nazione sono rispettati. La
gerarchia delle Nazioni si riverbera sulla posizione delle loro classi operaie.
Gli organizzatori di una Nazione
vittoriosa hanno una posizione di preminenza anche nel campo operaio. È il caso classico della Germania dal 1870
al 1914. Il centro dell'attività
proletaria, dopo la disfatta della
Francia, va da Parigi a Berlino. Oggi è in America. L'"Ameriean Federation of Labor" occupa un posto di privilegio nell'organizzazione mondiale.«Né può l'elemento tecnico-operaio disinteressarsi della sorte del capitale e del capitalismo, il primo considerato come strumento, il secondo come sistema sociale. Le condizioni della classe operaia sono legate alle condizioni di sviluppo del suo proprio capitalismo. Un sistema di dazi doganali che restringa – ad esempio – le possibilità di espansione del capitalismo italiano, si ripercuoterà fatalmente sulle condizioni delle masse lavoratrici. Meno lavoro, meno salario, meno benessere. Un'industria battuta dalla concorrenza estera, è un disastro per gli operai che vi sono impiegati. Il Sindacalismo sa che le rivendicazioni operaie salariali spinte oltre un certo limite, incontrano ostacoli insuperabili di ordine obiettivo, che non si possono superare se non coll'artificio, foriero di crisi.
«D'altra parte, la Nazione, intesa nel suo complesso di forze politico-morali, non può prescindere dal destino delle moltitudini che lavorano, poiché il suo interesse immediato e mediato è di inserirle – come più volte fu detto – nel suo organismo e nella sua Storia. Altrettanto dicasi dei Datori di Lavoro, i quali hanno un interesse obiettivo a tenere il più possibile alto lo standard of life dei loro operai, poiché ciò significa maggiore tranquillità nelle officine, maggiore e migliore rendimento delle prestazioni, quindi maggiori possibilità di vincere la concorrenza altruì. Un capitalista intelligente non può sperar nulla dalla miseria. Ecco perché i capitalisti intelligenti non si occupano soltanto di salari, ma anche di case, scuole, ospedali, campi sportivi per i loro operai.
«Da quanto sopra risulta chiaro che le tre forze storiche da noi prese in esame – nazione, capitale, corporazioni – non sono in antitesi irriducibile come predicarono – con imprecisa visione dei fenomeni econonici – i socialisti, ma sono in rapporto di stretta interdipendenza fra di loro, dalla quale interdipendenza scaturisce la necessaria coordinazione. In questa chiara nozione è il nocciolo del sindacalismo fascista per il quale la collaborazione è regola e la non collaborazione l'eccezione. Tale concezione del Sindacalismo Fascista trovò la sua espressione nell'«Ordine del Giorno votato a Palazzo Chigi il 19 dicembre del 1923», in una riunione tenutasi sotto la mia Presidenza fra i rappresentanti delle Corporazioni e quelli della Confederazione dell'Industria. Vale la pena di riprodurre quell'ordine del giorno:
«"La Confederazione Generale dell'Industria Italiana e la Confederazione Generale delle Corporazioni Sindacali Fasciste;
«"intendendo armonizzare la propria azione con le direttive del Governo Nazionale che ha ripetutamente dichiarato di ritenere la concorde volontà di lavoro dei dirigenti le industrie, dei tecnici e degli operai come il mezzo più sicuro per accrescere il benessere di tutte le classi e le fortune della Nazione;
«"riconoscendo la completa esattezza di questa concezione politica e la necessità che essa sia attuata dalle forze produttive nazionali;
«"dichiarano che la ricchezza del Paese, condizione prima della sua forza politica, può rapidamente accrescersi e che i lavoratori e le aziende possono evitare i danni e le perdite delle interruzioni lavorative, quando la concordia fra i vari elementi della produzione assicuri la continuità e la tranquillità dello sviluppo industriale;
«"affermano il principio che l'Organizzazione Sindacale non deve basarsi sul criterio dell'irriducibile contrasto di interessi tra Industriali ed Operai, ma ispirarsi alla necessità di stringere sempre più cordiali rapporti fra i singoli datorí di lavoro e lavoratori e fra le Organizzazioni Sindacali, cercando di assicurare a ciascuno degli elementi produttivi le migliori condizioni per lo sviluppo delle rispettive funzioni ed i più equi compensi per l'opera loro, il che si rispecchia anche nella stipulazione di Contratti di Lavoro secondo lo spirito del Sindacalismo Nazionale;
«"e decidono:
« "a) che la Confederazione dell'Industria e la Confederazione delle Corporazioni Fasciste intensifichino la loro opera diretta ad organizzare rispettivamente gli industriali ed i lavoratori con il reciproco proposito di collaborazione;
« "b) di nominare una Commissione permanente di cinque membri per parte, la quale provveda alla migliore attuazione dei concetti su esposti sia al centro sia alla periferia, collegando gli organi direttivi delle due Confederazioni, perché l'azione sindacale si svolga secondo le direttive segnate dal Capo del Governo."
«Quest'ordine del giorno sollevò allora vivaci polemiche e facili ironie. Il Sindacalismo Fascista veniva intanto riconosciuto come unico rappresentante delle masse operaie industriali. Per tutto il 1924, il Sindacalismo Fascista fu sottoposto a un gioco che consisteva nel gridargli: "schíavista!" se non faceva sciopero e "anticollaborazionista!" se lo faceva. Finalmente questa situazione venne, come accade sempre, risolta dal "fatto" e non dal ragionamento. Il "fatto" degli scioperi del marzo. Con questi scioperi il Sindacalismo Fascista poteva definire nettamente le sue posizioni: movimento collaborazionista di regola, ma senza esclusione pregiudiziale assoluta di lotta.
«Già nel 1924 c'erano stati Scioperi Fascisti nel Valdarno e in Lunigiana. Davanti a quelli di Lombardia bisognava oramai dare il diritto di cittadinanza allo sciopero, anche nella concezione del Sindacalismo Fascista: uno sciopero che sia l'eccezione nei rapporti fra Capitale e Lavoro, così come la guerra è l'eccezione nei rapporti fra i popoli. Io stesso presentai ed illustrai gli ordini del giorno che qui ripubblíco, perché restino consegnati a queste pagine:
«"Il Gran Consiglio, presente il Direttorio delle Corporazioni, riafferma i suoi postulati di collaborazione fra tutti gli elementi della produzione purché tale collaborazione sia intelligente e reciproca;
«"considera lo sciopero effettuato dalle Corporazioni come un atto di guerra al quale – eccetto per i pubblici servizi – si può fare ricorso quando tutti i mezzi pacifici siano stati tentati ed esauriti, poiché lo sciopero danneggia i datori di lavoro, ma incide sui bilanci operai, e arresta il ritmo della produzione, del che approfittano immediatamente le vigili concorrenze straniere per ostacolare la nostra indispensabile espansione economica nel mondo;
«"stabilisce nettamente la differenza tra lo sciopero Fascista che è una eccezione ed ha in se stesso i suoi obbiettivi definiti, e lo sciopero socialista che fu una regola ed è sempre considerato e praticato come un atto di cosiddetta ginnastica rivoluzionaria a fini remoti ed irraggiungibili;
«"determina che nella eventualità dì una proclamazione ed attuazione dello sciopero deve essere evitato ogni inutile allargamento del movimento e la proclamazione di scioperi di solidarietà i quali, come una lunga, e dolorosa esperienza ha dimostrato, non giovano agli operai in sciopero, e ne aumentano il disagio;
«"stabilisce che chiamandosi le Corporazioni Fasciste ed essendo in realtà una grande ed originale creazione del Fascismo, lo sciopero deve avere l'autorizzazione preventiva degli Organi Supremi delle Corporazioni e del Partito, senza di cui il Partito avrà la facoltà di sconfessare il movimento ed i suoi iniziatori;
«"si dovrà procedere anche ad una revisione dei quadri dei dirigenti del Movimento Sindacale. I Segretari Provinciali devono essere nominati di comune accordo tra le Corporazioni con il Partito e le Federazioni provinciali Fasciste;
«"il Gran Consiglio dichiara che questa mozione é fondamentale ed invita tutti gli Organi delle Corporazioni e del Partito a pubblicarla nei giornali, ad illustrarla ai Sindacati e ad attenervisi rigorosamente con quel senso di consapevole disciplina che é la caratteristica, il privilegio e l'orgoglio del Fascismo Italiano;
«"Il Gran Consiglio, udite le dettagliate relazioni dei membri del Direttorio delle Corporazioni per le singole industrie, prende atto con vivissima soddisfazione del l'imponente sviluppo organizzativo delle Corporazioni;
«"richiama talune organizzazioni di datori di lavoro al rispetto dei postulati del concordato di Palazzo Chigi, altrimenti il Fascismo prenderà le misure necessarie onde spezzare il monopolio di quelle organizzazioni che anteponessero ciecamente i loro interessi individuali a quelli della produzione e della Nazione.
«Il Gran Consiglio, presente il Direttorio delle Corporazioni Fasciste, prese in attento esame le vicende di ordine sindacale culminate nello scorso mese di marzo nello sciopero generale metallurgico in Lombardia, constata, a confusione di tutti gli avversari, che il Sindacalismo Fascista può contare su forze imponenti anche fra le masse operaie urbane, come é documentato irrefutabilmente dai seguenti fatti:
« "1°) in tutte le città della Lombardia, da Brescia a Varese, da Bergamo a Mantova, le maestranze metallurgiche hanno abbandonato e ripreso il lavoro obbedendo esclusivamente agli ordini delle Corporazioni;
« "2°) nella stessa città di Milano l'ordine di ripresa del lavoro dato dalle Corporazioni dopo l'accordo con gli industriali, fu seguito da ben 5697 operai il primo giorno, che salirono a 9748 nel secondo giorno, come stamparono gli stessi fogli antifascisti, il che consigliò la «FIOM» a non insistere in una battaglia già da essa clamorosamente perduta;
« "3°) nello stesso periodo di tempo ed in quello immediatamente successivo le Corporazioni Fasciste stipularono concordati metallurgici nell'Emilia, nel Veneto, nell'Umbria, nella Liguria ed altri concordati nazionali in altre industrie interessanti centinaia di migliaia di operai, nonché l'odierno concordato che interessa tutti gli impiegati metallurgici di Lombardia.
«"Ciò precisato, il Gran Consiglio, mentre saluta con schietta solidarietà le moltitudini operaie raccolte nelle Corporazioni, riafferma la necessità del Sindacalismo Fascista che deve non solo migliorare le condizioni dei lavoratori manuali, tecnici ed intellettuali, ma preparare la inserzione graduale ed armonica déi Sindacati stessi nella vita dello Stato, onde le masse lavoratrici siano sempre più un consapevole elemento di collaborazione per la prosperità e la grandezza della Nazione."
«Questi ordini del giorno hanno bisogno di postille.
«= V.
=
«Liquidata
da una parte la posizione retrospettiva degli scioperi e precisate le linee del
futuro, è necessario ora esaminare la
consistenza effettiva delle Forze Sindacali Fasciste. Faccio ammenda di un mio precedente scetticismo in materia. La presa di contatto fra lo Stato Maggiore
delle Corporazioni Sindacali Fasciste e il Gran Consiglio, è stata, a tal riguardo, utilissima.
Non solo il Sindacalismo Fascista esiste,
ma dispone di forze numeriche imponenti
tanto fra le masse rurali, come fra
le masse urbane. L'ipotesi di un Sindacalismo
di eccezione, limitato a talune
categorie particolarmente privilegiate di salariati, di tecnici o di professionisti, è
stata oltrepassata dalla realtà. Il
Sindacalismo Fascista è oramai un fenomeno di masse e tale deve restare. Dalle relazioni che mi furono cortesemente
rimesse in sedute del Gran Consiglio dai Segretari delle Corporazioni e che io
ho, di poi, attentamente esaminate, risulta
non solo l'efficienza numerica delle Corporazioni, ma la documentazione delle notevoli e incessanti conquiste da esse
realizzate.«La Corporazione dell'Impiego non ha che due anni di vita, e già conta ben "trentanove Sindacati Nazionali". Essa ha ottenuto per gli impiegati degli Enti Locali miglioramenti che vanno dal 10% al 50% d'aumento sugli stipendi di prima. Per gli impiegati degli Istituti Privati di Assicurazione sono stati conclusi patti di migliorameuto notevoli, quali, ad esempio, quello per la "Fondiaria" di Firenze, col quale si apportano aumenti medi di circa 300 lire mensili per ogni impiegato; quelli stipulati a Genova con l'Istituto Nazionale Assicurazioni (Agenzia Generale), con l'Istituto Riassicurazioni Generali, e con la Cassa Navale, che portano aumenti medi del 35% sugli emolumenti già percepiti; quello stipulato a Milano che porta aumenti variabili da L.
«Segue nella relazione dell'avv. Lusignoli, che è il solerte e diligente Segretario della Corporazione, un lungo elenco di concordati in centinaia di località per tutte le diverse categorie di impiegati. Secondo il doti. Luigi Razza, la Corporazione del Teatro, divisa in 16 Sindacati Nazionali, conta 21.427 aderenti. Si sono conseguiti miglioramenti in misura variabile fra il 10% e il 30%. Il Sindacato Nazionale Fascista "Monopoli Industriali" ha 12.000 inscritti divisi nelle 24 manifatture. Il Sindacato Nazionale delle "Comunicazioni Secondarie", sorto sin dal 1921, raccoglie buona parte dei ferrotranvieri italiani. Esso superò brillantemente la prima prova nell'agosto del 1922, quando contribui al fallimento dello sciopero generale antifascista proclamato dall'Alleanza del Lavoro. Sotto l'egida del Sindacato, egregiamente diretto da un vecchio e provetto organizzatore qual'è il Ciardi, si sono stipulati concordati di miglioramento ai ferro-tranvieri nelle città di Trieste, Milano, Livorno, Messina, Brescia, Parma, Verona, Bologna, Genova, Montevarchi, Firenze, Bergamo, Ancona, Lucca, Mestre, Pisa e in data 22 aprile scorso veniva firmato il Concordato Nazionale fra la Corporazione e la Federazione Industriale, con un aumento medio del caro-viveri del 12%.
«Sempre in tema di inscrizioni il Sindacato Nazionale dei Lavoratori dei Porti contava alla data del 28 febbraio scorso 22.369 soci. Questo spiega anche il ritorno operoso dei porti italiani.
«La Corporazione Nazionale Sanitaria, diretta dal dott. Arnaldo Fioretti, conta 20.525 soci, dei quali 7200 medici condotti, 2400 veterinari, 2000 farmacisti, circa 7000 infermieri e altri gruppi minori.
«La Corporazione delle Professioni Intellettuali raccoglie un numero imponente di Professionisti, circa 45.000, divisi in 14 Sindacati. È una delle meglio inquadrate. Vi dedica la sua attività l'avv. Di Giacomo.
«La Corporazione dell'Ospitalità Nazionaale, che comprende il personale d'albergo, il personale dei ristoranti e quello dei caffè, bar e affini, conta circa 47.000 soci. In ogni provincia sono stati stipulati Contratti di Lavoro con aumenti del 25% e si è per la prima volta stipulato un Concordato Nazionale per i Lavoratori d'Albergo. In questa Corporazione, Liberato Pozzoli ha preso il posto del compianto Armando Casalini.
«La Corporazione Nazionale degli Addetti alle Industrie delle Costruzioni, diretta dal vecchio sindacalista pugliese Enrico Meledandri, conta 42 Corporazioni provinciali ripartite in 610 Sindacati, con un complesso di 127.000 soci. Un'idea dei miglioramenti conseguiti è data da queste cifre: a Gallarate lire 6,60 al giorno;
«La Corporazione che raccoglie il maggior numero di aderenti è quella dell'Agricoltura, creata e guidata dall'on. Mario Racheli, tempra sicura di solido organizzatore. Gli agricoltori inscritti sono 31.319; i tecnici 2592; i coloni 116.981; i braccianti 364.255; totale 515.147. I patti colonici e concordati agricoli in genere hanno notevolmente migliorato la condizione dei lavoratori rurali.
«Vi sono altre Corporazioni, come quella dei vetrai, dei metallurgici, dei minatori, degli insegnanti, dell'alimentazione, per i quali non ho dati precisi. Quelli, qui raccolti, fanno salire gli effettivi delle Corporazioni ad oltre un milione di aderenti, tenendomi ad una cifra che le statistiche ufficiali delle Corporazioni raddoppiano. Anche facendo le dovute riduzioni, nessuno che sia in buona fede può negare che il Sindacalismo Fascista è un fatto; che il Sindacalismo fascista è un fenomeno di masse e che il Fascismo ha un vasto consenso fra le usasse lavoratrici.
«= VI.
=
«Si
consideri che tutto ciò è stato fatto in tre anni, superando gravi difficoltà di vario ordine. Bisognava prima di tutto spezzare la impermeabilità che in talune zone
era il risultato di almeno trent'anni di propaganda socialista. La trapanazione Fascista è avvenuta anche
nelle città industriali. La cifra di
coloro che a Milano sull'ordine delle Corporazioni ripresero il lavoro, e che figura nell'ordine del giorno del Gran
Consiglio più su riportato, è
notevolissima. Le nostre avanguardie
sono già penetrate nei campi trincerati urbani che l'avversario riteneva
imprendibili. Si tratta di mantenere
e fortificare le posizioni nelle minori città che noi abbiamo già acquisito e
di allargare metodicamente la nostra occupazione in tutte le altre. Sotto questo riguardo gli scioperi hanno
favorito la nostra azione di infiltramento, perché hanno disperso montagne di stolide calunnie e molti operai si
sono convinti che Fascismo non è sinonimo di schiavismo, che il fascismo non è la guardia del corpo
di una determinata classe, ma la
guardia del corpo della nazione. Non
ho bisogno di dire che la predicazione del Sindacalismo fascista non è o non
era la più facile, specie nei primi
tempi. La dura verità non piace alle
masse, soprattutto se hanno subìto un
lungo processo di infezione psicologica.«Grave difficoltà era quella dei quadri, cioè degli organizzatori. Mentre il Sindacalismo socialista dispone di un corpo di organizzatori provetti e selezionati da decenni di battaglie sindacali, i quadri del Fascismo vengono tutti dalla guerra. Ora, gli ex ufficiali, se possono rendere servigi di primissimo ordine nella Milizia e nel Partito, non sono altrettanto idonei a coprire i posti dei Sindacati. Qui si richiedono altre attitudini. Comunque lo Stato Maggiore delle Corporazioni esiste. Grado grado anche i quadri minori andranno a posto. Ultima, ma non ultima difficoltà che il Sindacalismo Fascista ha dovuto superare, è stata quella di far comprendere a taluni datori di lavoro che il collaborazionismo non significa garanzia illimitata per gli egoismi sordidi degli individui. Ciò ha condotto il Sindacalismo Fascista ad una maggiore mobilità di movimenti, perché se il collaborazionismo non è reciproco, esso è una frase o una mistificazione.
«=
VII. =
«Questo
esame del Sindacalismo Fascista è naturalmente sommario. Se l'articolo non fosse già troppo lungo,
vi aggiungerei un'ultima parte, dedicata, ai perfezionamenti da realizzare, per fare delle Corporazioni Fasciste uno strumento sempre più valido
della Rivoluzione. Bisogna
migliorarne lo stile. Renderlo più
severo nei gesti, nelle parole, negli individui. Affrontare i problemi gravissimi del riconoscimento giuridico, della Magistratura del Lavoro, delle Corporazioni nello Stato.«È necessario che i Fascisti tutti si interessino dei problemi sindacali e amino il Sindacalismo e ad esso dedichino la loro energia. Il Sindacalismo, insieme con l'azione politica generale del Governo e con quella amministrativa dei Comuni, è un mezzo potente per giungere alle Masse profonde del Popolo Italiano e per allargare su di esse la base del Regime. Degni di alta lode sono quindi i pionieri del Sindacalismo Fascista: con la loro oscura, spesso ingrata, ma sempre nobilissima fatica, essi giovano grandemente alla causa della Nazione e del Fascismo.»
La
Carta del Lavoro del 21 aprile 1927
dello Stato Corporativo e della sua organizzazione.
= I =
«La Nazione italiana
è un organismo avente fini, vita, mezzi di azione superiori per potenza e
durata a quelli degli individui divisi o raggruppati che la compongono. È una unità morale, politica ed economica,
che si realizza integralmente nello Stato fascista.»
= II =
«Il lavoro,
sotto tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche,
manuali, è un dovere sociale. A questo titolo, e solo a questo titolo, è
tutelato dallo Stato.
«Il complesso
della produzione è unitario dal punto di vista nazionale; i suoi obbiettivi sono unitari e si
riassumono nel benessere dei singoli e nello sviluppo della potenza nazionale.»
= III =
«L'organizzazione
sindacale o professionale è libera. Ma solo il sindacato legalmente
riconosciuto e sottoposto al controllo dello Stato ha il diritto di
rappresentare legalmente tutta la categoria di datori di lavoro o di
lavoratori, per cui è costituito; di tutelarne, di fronte allo Stato e alle
altre associazioni professionali, gli interessi; di stipulare contratti
collettivi di lavoro obbligatori per tutti gli appartenenti alla categoria, di
imporre loro contributi e di esercitare, rispetto ad essi, funzioni delegate di
interesse pubblico.»
= IV =
«Nel contratto
collettivo di lavoro trova la sua espressione concreta la solidarietà tra i
vari fattori della produzione, mediante la conciliazione degli opposti
interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori, e la loro subordinazione agli
interessi superiori della produzione.»
= V =
«La Magistratura
del lavoro è l'organo con cui lo Stato interviene a regolare le controversie
del lavoro, sia che vertano sull'osservanza dei patti e delle altre norme
esistenti, sia che vertano sulla determinazione di nuove condizioni del lavoro.»
= VI =
«Le associazioni
professionali legalmente riconosciute assicurano l'uguaglianza giuridica tra i
datori di lavoro e i lavoratori, mantengono la disciplina della produzione e
del lavoro e ne promuovono il perfezionamento.
«Le corporazioni
costituiscono l'organizzazione unitaria delle forze della produzione e ne
rappresentano integralmente gli interessi.
«In virtù di
questa integrale rappresentanza, essendo gli interessi della produzione
interessi nazionali, le corporazioni sono dalla legge riconosciute come organi
di Stato.
«Quali
rappresentanti degli interessi unitari della produzione, le corporazioni
possono dettar norme obbligatorie sulla disciplina dei rapporti di lavoro e
anche sul coordinamento della produzione tutte le volte che ne abbiano avuto i
necessari poteri dalle associazioni collegate.»
= VII =
«Lo Stato
corporativo considera l'iniziativa privata nel campo della produzione come lo
strumento più efficace e più utile nell'interesse della Nazione.
«L'organizzazione
privata della produzione essendo una funzione di interesse nazionale, 1'organizzatore dell'impresa è
responsabile dell'indirizzo della produzione di fronte allo Stato. Dalla collaborazione delle forze produttive
deriva fra esse reciprocità di diritti e di doveri. Il prestatore di opera,
tecnico, impiegato, ed operario, è un collaboratore attivo dell'impresa
economica, la direzione della quale spetta al datore di lavoro che ne ha la
responsabilità.»
= VIII =
«Le associazioni
professionali di datori di lavoro hanno l'obbligo di promuovere in tutti i modi
l'aumento, il perfezionamento della produzione e la riduzione dei costi. Le
rappresentanze di coloro che esercitano una libera professione o un'arte e le
associazioni di pubblici dipendenti concorrono alla tutela degli interessi
dell'arte, della scienza e delle lettere, al perfezionamento della produzione e
al conseguimento dei fini morali dell'ordinamento corporativo.»
= IX =
«L'intervento
dello Stato nella produzione economica ha luogo soltanto quando manchi o sia
insufficiente l'iniziativa privata o quando siano in giuoco interessi politici
dello Stato. Tale intervento può assumere la forma del controllo,
dell'incoraggiamento e della gestione diretta. »
= X =
«Nelle
controversie collettive del lavoro l'azione giudiziaria non può essere
intentata se l'organo corporativo non ha prima esperito il tentativo di
conciliazione.
«Nelle
controversie individuali concernenti l'interpretazione e la applicazione dei
contratti collettivi di lavoro, le associazioni professionali hanno facoltà di
interporre i loro uffici per la conciliazione.
«La competenza
per tali controversie è devoluta alla Magistratura ordinaria, con l'aggiunta di
assessori designati dalle associazioni professionali interessate.»
del Contratto Collettivo di Lavoro e delle garanzie del lavoro.
= XI =
«Le associazioni
professionali hanno l'obbligo di regolare, mediante contratti collettivi, i
rapporti di lavoro fra le categorie di datori di lavoro e di lavoratori, che
rappresentano.
«Il contratto
collettivo di lavoro si stipula fra associazioni di primo grado, sotto la guida
e il controllo delle organizzazioni centrali, salva la facoltà di sostituzione
da parte dell'associazione di grado superiore, nei casi previsti dalla legge e
dagli statuti.
«Ogni contratto
collettivo di lavoro, sotto pena di nullità, deve contenere norme precise sui
rapporti disciplinari, sul periodo di prova, sulla misura e sul pagamento della
retribuzione, sull'orario di lavoro.»
= XII =
«L'azione del
sindacato, l'opera conciliativa degli organi corporativi e la sentenza della
Magistratura del lavoro garantiscono la corrispondenza del salario alle
esigenze normali di vita, alle possibilità della produzione e al rendimento del
lavoro.
«La
determinazione del salario è sottratta a qualsiasi norma generale e affidata
all'accordo delle parti nei contratti collettivi.»
= XIII =
«I dati rilevati
dalle pubbliche amministrazioni, dall'Istituto centrale di statistica e dalle
associazioni professionali legalmente riconosciute, circa le condizioni della
produzione e del lavoro e la situazione del mercato monetario, e le variazioni
del tenore di vita dei prestatori d'opera, coordinati ed elaborati dal
Ministero delle corporazioni, daranno il criterio per contemperare gli
interessi delle varie categorie e delle classi fra di loro e di queste
coll'interesse superiore della produzione.»
= XIV =
«La retribuzione
deve essere corrisposta nella forma più consentanea alle esigenze del
lavoratore e dell'impresa.
«Quando la
retribuzione sia stabilita a cottimo, e la liquidazione dei cottimi sia fatta a
periodi superiori alla quindicina, sono dovuti adeguati acconti quindicinali o
settimanali.
«Il lavoro
notturno, non compreso in regolari turni periodici, viene retribuito con una
percentuale in più, rispetto al lavoro diurno.
«Quando il
lavoro sia retribuito a cottimo, le tariffe di cottimo debbono essere
determinate in modo che all'operaio laborioso, di normale capacità lavorativa,
sia consentito di conseguire un guadagno minimo oltre la paga base.»
= XV =
«Il prestatore
di lavoro ha diritto al riposo settimanale in coincidenza con le domeniche.
«I contratti
collettivi applicheranno il principio tenendo conto delle norme di leggi
esistenti, delle esigenze tecniche delle imprese, e nei limiti di tali esigenze
procureranno altresì che siano rispettate le festività civili e religiose
secondo le tradizioni locali. L'orario di lavoro dovrà essere scrupolosamente e
intensamente osservato dal prestatore d'opera.»
= XVI =
«Dopo un anno di
ininterrotto servizio il prestatore di opera, nelle imprese a lavoro continuo,
ha diritto ad un periodo annuo di riposo feriale retribuito.»
= XVII =
«Nelle imprese a lavoro continuo il lavoratore ha diritto, in caso di
cessazione dei rapporti di lavoro per licenziamento senza sua colpa, ad una
indennità proporzionata agli anni di servizio. Tale indennità è dovuta anche in
caso di morte del lavoratore.»
= XVIII =
«Nelle imprese a lavoro continuo, il trapasso della azienda non risolve
il contratto di lavoro, e il personale ad essa addetto conserva i suoi diritti
nei confronti del nuovo titolare. Egualmente la malattia del lavoratore, che
non ecceda una determinata durata, non risolve il contratto di lavoro.
«Il richiamo alle armi o in servizio della Milizia Volontaria per la
Sicurezza Nazionale non è causa di licenziamento.»
= XIX =
«Le infrazioni alla disciplina e gli atti che perturbino il normale
andamento dell'azienda commessi dai prenditori di lavoro; sono puniti, secondo
la gravità della mancanza, con la multa, con la sospensione dal lavoro e, per i
casi più gravi, col licenziamento immediato senza indennità. Saranno specificati
i casi in cui l'imprenditore può infliggere la multa o la sospensione o il
licenziamento immediato senza indennità.»
= XX =
«Il prestatore di opera di nuova assunzione è soggetto ad un periodo di
prova, durante il quale è reciproco il diritto alla risoluzione del contratto
col solo pagamento della retribuzione per il tempo in cui il lavoro è stato
effettivamente prestato.»
= XXI =
«Il contratto collettivo di lavoro estende i suoi benefici e la sua
disciplina anche ai lavoratori a domicilio. Speciali norme saranno dettate
dallo Stato per assicurare la polizia e l'igiene del lavoro a domicilio.»
degli Uffici
di Collocamento.
= XXII =
«Lo Stato accerta e controlla il fenomeno della occupazione e della
disoccupazione dei lavoratori, indice complessivo delle condizioni della
produzione e del 1avoro.»
= XXIII =
«Gli uffici di collocamento sono costituiti a base paritetica sotto il
controllo degli organi corporativi dello Stato. I datori di lavoro hanno
l'obbligo di assumere i prestatori d'opera pel tramite di detti uffici. Ad essi
è data facoltà di scelta nell'àmbito degli iscritti negli elenchi con
preferenza a coloro che appartengono al Partito e ai Sindacati fascisti,
secondo l'anzianità di iscrizione.»
= XXIV =
«Le associazioni professionali di lavoratori hanno l'obbligo di
esercitare un'azione selettiva fra i lavoratori, diretta ad elevarne sempre di
più la capacità tecnica e il valore morale.»
= XXV =
«Gli organi corporativi sorvegliano perchè siano osservate le leggi,
sulla prevenzione degli infortuni e sulla polizia del lavoro da parte dei
singoli soggetti alle associazioni collegate.»
della
Previdenza, dell'Assistenza, dell'Educazione e della Istruzione.
= XXVI =
«La previdenza è un'alta manifestazione del principio di collaborazione.
Il datore di lavoro e il prestatore
d'opera devono concorrere proporzionalmente agli oneri di essa. Lo Stato,
mediante gli organi corporativi e le associazioni professionali, procurerà di
coordinare e di unificare, quanto è più possibile, il sistema e gli istituti
della previdenza.»
= XXVII =
«Lo Stato fascista si propone:
1°) il perfezionamento della assicurazione infortuni;
2°) il miglioramento e l'estensione dell'assicurazione maternità;
3°) l'assicurazione delle malattie professionali e della tubercolosi come
avviamento alla assicurazione generale contro tutte le malattie;
4°) il perfezionamento della assicurazione contro la disoccupazione
involontaria;
5°) l'adozione di forme speciali assicurative dotalizie pei giovani
lavoratori.»
= XXVIII =
«È compito delle associazioni di lavoratori la tutela dei loro
rappresentati nelle pratiche amministrative e giudiziarie, relative alla
assicurazione infortuni e alle assicurazioni sociali.
«Nei contratti collettivi di lavoro sarà stabilita, quando sia
tecnicamente possibile, la costituzione di casse mutue per malattia col
contributo dei datori di lavoro e dei prestatori di opera, da amministrarsi da
rappresentanti degli uni e degli altri, sotto la vigilanza degli organi
corporativi.»
= XXIX =
«L'assistenza ai propri rappresentanti, soci e non soci è un diritto e
un dovere delle associazioni professionali. Queste debbono esercitare
direttamente le loro funzioni di assistenza, né possono delegarle ad altri enti
od istituti, se non per obbiettivi d'indole generale, eccedenti gli interessi
delle singole categorie.»
= XXX =
«L'educazione e la istruzione, specie l'istruzione professionale, dei
loro rappresentati, soci e non soci, è uno dei principali doveri delle
associazioni professionali. Esse devono affiancare l'azione delle Opere nazionali
relative al dopolavoro e alle altre iniziative di educazione.»
Il
Discorso di Benito Mussolini 14 novembre 1934
«L’applauso
col quale ieri sera avete accolto la lettura della mia dichiarazione mi ha
fatto domandare stamane se valeva la pena di fare un discorso per illustrare un
documento che è andato direttamente alle vostre intelligenze, ha interpretato le vostre convinzioni ed ha
toccato la vostra sensibilità rivoluzionaria.«Tuttavia può interessare di sapere attraverso quale ordine di meditazione, di pensiero, io sia giunto alla formulazione della dichiarazione di ieri sera.
«Ma prima di tutto voglio fare un elogio di questa Assemblea e compiacermi delle discussioni che si sono svolte.
«Solo dei deficienti possono stupirsi che si siano determinate delle divergenze e che siano apparse delle sfumature. Tutto questo è inevitabile: vorrei dire necessario.
«Armonia è armonia, la cacofonia è un'altra cosa. D'altra parte discutendosi di un problema così delicato come è l'attuale, è perfettamente logico ed inevitabile che ognuno porti non soltanto la sua preparazione dottrinale, non soltanto il suo stato d'animo, ma anche il suo temperamento personale.
«Il più astratto dei filosofi, il più trascendente dei metafisici non può del tutto ignorare né prescindere da quello che è il suo temperamento personale.
«Ricorderete che il 16 ottobre dell'Anno X (A. D. 1932.), innanzi alle migliaia di Gerarchi venuti a Roma per il Decennale, a Piazza Venezia, io domandai: questa crisi che ci attanaglia da quattro anni – adesso siamo entrati nel quinto da un mese – è una crisi "nel sistema o del sistema?" Domanda grave, domanda alla quale non si poteva rispondere immediatamente. Per rispondere è necessario riflettere, riflettere lungamente e documentarsi. Oggi rispondo: la crisi è penetrata così profondamente nel sistema che è diventata una crisi del sistema. (Vivi applausi).
«Non è più un trauma, è una malattia costituzionale.
«Oggi possiamo affermare che il modo di produzione capitalistica è superato e con esso la teoria del liberalismo economico che l'ha illustrato ed apologizzato.
«Io voglio tracciarvi a grandi linee quella che è stata la storia del capitalismo nel secolo scorso, che potrebbe essere definito il secolo del capitalismo. Ma prima di tutto, che cosa è il capitalismo? Non bisogna fare una confusione tra capitalismo e borghesia. La borghesia è un'altra cosa. La borghesia è come un modo di essere che può essere grande e piccolo, eroico e filisteo. Il capitalismo viceversa è un modo di produzione specifico, è un modo di produzione industriale.
«Giunto alla sua più perfetta espressione, il capitalismo è un modo di produzione di massa per un consumo di massa, finanziato in massa attraverso l'emissione del capitale anonimo nazionale e internazionale. Il capitalismo è quindi industriale, e non ha avuto nel campo agricolo manifestazioni di grande portata.
«Io distinguerei nella storia del capitalismo tre periodi: il periodo dinamico, il periodo statico, il periodo della decadenza.
«Il periodo dinamico è quello che va dal 1830 al 1870. Coincide con la introduzione del telaio meccanico e con l'apparire della locomotiva. Sorge la fabbrica. La fabbrica è la tipica manifestazione del capitalismo industriale, è l'epoca dei grandi margini, e quindi la legge della libera concorrenza e la lotta di tutti contro tutti può giocare in pieno. Ci sono dei caduti e dei morti. Che poi la Croce Rossa raccoglierà. Anche in questo periodo ci sono delle crisi, ma sono crisi cicliche, non lunghe, non universali.
«Il capitalismo ha ancora tale vitalità e tale forza di ricupero che le può superare brillantemente. È l'epoca nella quale Luigi Filippo grida: "arricchitevi!". L'urbanesimo si sviluppa. Berlino che faceva 100.000 abitanti all'inizio del secolo raggiunge il milione; Parigi da 560.000 all'epoca della rivoluzione francese va anche essa verso il milione. Così dicasi di Londra e delle città d'oltre Atlantico.
«La selezione in questo primo periodo di vita del capitalismo è veramente operante. Ci sono anche delle guerre. Queste guerre non possono essere paragonate alla guerra mondiale che noi abbiamo vissuta. Sono guerre brevi. Quella italiana del 1848-1849 dura 4 mesi, il primo anno, 4 giorni il secondo; quella del 1859 dura poche settimane. Altrettanto dicasi di quella del 1866. Né più lunghe sono le guerre prussiane. Quella del 1864 contro i Ducati di Danimarca dura pochi giorni, quella del 1866 contro l'Austria, che è la conseguenza della prima, dura pochi giorni e si conclude a Sadowa. Anche quella del 1870, che ha le tragiche giornate di Sedan, non dura più di due stagioni.
«Queste guerre, oserei dire, eccitano in un certo senso l'economia delle Nazioni, tanto è vero che appena otto anni dopo, nel 1878, la Francia è già nuovamente in piedi e può organizzare l'Esposizione universale, avvenimento che fece riflettere Bismarck.
«Quello che accadde in America, non lo chiameremo eroico. Questa è parola che dobbiamo riservare alle vicende di ordine esclusivamente militare; ma è certo che la conquista del Far West è dura e fascinosa ed ha avuto i suoi rischi ed i suoi caduti, come una grande conquista.
«Questo periodo dinamico del capitalismo dovrebbe essere compreso fra l'apparire della macchina a vapore e il taglio dell'istmo di Suez.
«Sono quarant'anni. Durante questi quarant'anni lo Stato osserva, è assente e i teorici del liberalismo dicono: voi, Stato, avete un solo dovere, di far sì che la vostra esistenza non sia nemmeno avvertita nel settore dell'economia. Meglio governerete, quanto meno vi occuperete dei problemi di ordine economico.
«L'economia quindi in tutte le sue manifestazioni è delimitata solo dal Codice Penale e dal Codice di Commercio.
«Ma dopo il 1870 questo periodo cambia. Non più la lotta per la vita, la libera concorrenza, la selezione del più forte. Si avvertono i primi sintomi della stanchezza e della deviazione del mondo capitalistico.
«S'inizia l'èra dei cartelli, dei sindacati, dei consorzi, del "trust". Certamente io non mi indugerò perché voi possiate avvertire la differenza che passa fra questi quattro istituti.
«Le differenze non sono rilevanti, o quasi.
«Sono le differenze che passano fra le imposte e le tasse. Gli economisti non le hanno ancora definite. Ma il contribuente che va allo sportello trova che è completamente inutile discutere, perché o tassa o imposta egli deve pagare. Non è vero, come ha detto un economista italiano dell'economia liberale, che l'economia trustizzata, cartellata, sindacata, sia il risultato della guerra.
«No, perché il primo cartello carbonifero in Germania, sorto a Dortmund, è del 1879.
«Nel 1905, dieci anni prima che la guerra mondiale scoppiasse, in Germania si contavano 62 cartelli metallurgici.
«C'era un cartello della potassa nel 1904, un cartello dello zucchero nel 1903, dieci cartelli c'erano nell'industria vetraria. Nel complesso, in quell'epoca, dai 500 ai 700 cartelli si dividevano in Germania, il governo dell'industria e del commercio.
«In Francia nel 1877 si costituisce l'Ufficio Industriale di Longwy, che si occupava della metallurgia, nel 1888 quello del petrolio, nel 1881 tutte le Compagnie di Assicurazione si erano già coalizzate. Il cartello del ferro, in Austria, è del 1873; accanto ai cartelli nazionali si sviluppano quelli internazionali. Il sindacato delle fabbriche di bottiglie è del 1907. Quello delle fabbriche di vetri e specchi, che raccoglie francesi, inglesi, austriaci e italiani, è del 1909.
«I fabbricanti di rotaie ferroviarie si erano internazionalmente incartellati nel 1904. Il sindacato dello zinco nasce nel 1899. Vi risparmio una lettura noiosa di tutti i sindacati chimici, tessili, di navigazione, altri che si sono formati in questo periodo storico.
«Il cartello del nitrato tra inglesi e cileni è del 1901.
«Qui ho tutto l'elenco dei "trusts" nazionali ed internazionali, che vi risparmio. Si può dire che non c'è settore della vita economica dei Paesi di Europa e di America dove queste forze che caratterizzano il capitalismo non si siano formate.
«Ma quale è la conseguenza? La fine della libera concorrenza.
«Essendosi ristretti i margini, l'impresa capitalistica trova che piuttosto che lottare è meglio accordarsi, allearsi, fondersi per dividersi i mercati, e ripartirsi i profitti.
«La stessa legge della domanda e dell'offerta non è più un dogma perché attraverso i cartelli ed i "trusts" si può agire sulla domanda e sull'offerta; finalmente questa economia capitalistica coalizzata, trustizzata, si rivolge allo Stato. Che cosa gli chiede? La protezione doganale.
«Il liberismo, che non è che un aspetto più vasto della dottrina del liberalismo economico, il liberismo viene colpito a morte. Difatti la Nazione che per prima ha elevato delle barriere quasi insormontabili, è stata l'America. Oggi l'Inghilterra stessa, da alcuni anni a questa parte, ha rinnegato tutto quello che ormai sembrava tradizionale nella sua vita politica, economica e morale: e si è data ad un protezionismo sempre più forte.
«Viene la guerra. Dopo la guerra e in conseguenza della guerra, l'impresa capitalistica si inflaziona. L'ordine di grandezza dell'impresa passa dal milione al miliardo. Le cosiddette costruzioni verticali, a vederle da lontano, dànno l'idea del mostruoso e del babelico.
«Le stesse dimensioni dell'impresa superano la possibilità dell'uomo. Prima era lo spirito che aveva dominato la materia, ora è la materia che piega e soggioga lo spirito.
«Quello che era fisiologia diventa patologia, tutto diventa abnorme. Due personaggi – poiché in tutte le vicende umane balzano all'orizzonte gli uomini rappresentativi – due personaggi possono essere identificati come i rappresentanti di questa situazione: Kreuger, il fiammiferaio svedese, e Insull, l'affarista americano.
«Con quella verità brutale che è nel nostro costume di Fascisti, aggiungiamo che anche in Italia ci sono state manifestazioni del genere: però, nel complesso, non sono arrivate a quelle cime. (Applausi).
«Giunto a questa fase il supercapitalismo trae la sua ispirazione e la sua giustificazione da questa utopia: l'utopia dei consumi illimitati. L'ideale del supercapitalismo sarebbe la standardizzazione del genere umano dalla culla alla bara. (Applausi).
«Il supercapitalismo vorrebbe che tutti gli uomini nascessero della stessa lunghezza, in modo che si potessero fare delle culle standardizzate; vorrebbe che i bambini desiderassero gli stessi giocattoli, che gli uomini andassero vestiti della stessa divisa, che leggessero tutti lo stesso libro, che fossero tutti degli stessi gusti al cinematografo, che tutti infine desiderassero una cosiddetta macchina utilitaria. (Applausi).
«Questo non è un capriccio, ma è nella logica delle cose, perché solo in questo modo il supercapitalismo può fare i suoi piani.
«Quando è che l'impresa capitalistica cessa di essere un fatto economico? Quando le sue dimensioni la conducono ad essere un fatto sociale. È questo il momento preciso nel quale l'impresa capitalistica quando si trova in difficoltà si getta di piombo nelle braccia dello Stato. (Applausi).
«È questo il momento in cui nasce e si rende sempre più necessario l'intervento dello Stato.
«E coloro che lo ignoravano lo ricercano affannosamente.
«Siamo a questo punto: che se in tutte le Nazioni d'Europa lo Stato si addormentasse per 24 ore, basterebbe tale parentesi per determinare un disastro.
«Ormai non c'è campo economico dove lo Stato non debba intervenire.
«Se noi volessimo cedere per pura ipotesi a questo capitalismo dell'ultima ora, noi arriveremmo "de plano" al capitalismo di Stato, che non è altro che il socialismo di Stato rovesciato! (Vivi applausi). Arriveremmo in un modo o nell'altro alla funzionarizzazione della Economia Nazionale! (Applausi).
«Questa è la crisi del sistema capitalistico preso nel suo significato universale.
«Ma per noi vi è una crisi specifica che ci riguarda particolarmente nella nostra qualità di italiani e di europei. c'è una crisi europea, tipicamente europea.
«L'Europa non è più il continente che dirige la civiltà umana. Questa è la constatazione drammatica che gli uomini che hanno il dovere di pensare debbono fare a se stessi e agli altri. C'è stato un tempo in cui l'Europa dominava politicamente, spiritualmente, economicamente il mondo.
«Lo dominava politicamente attraverso le sue istituzioni politiche. Spiritualmente attraverso tutto ciò che l'Europa ha prodotto col suo spirito attraverso i secoli.
«Economicamente, perché era l'unico continente fortemente industrializzato. Ma oltre Atlantico si è sviluppata la grande impresa industriale e capitalistica. Nell'Estremo Oriente è il Giappone che dopo aver preso contatto coll'Europa attraverso la guerra del 1905, avanza a grandi tappe verso l'Occidente.
«Qui il problema è politico.
«Parliamo di politica; perché anche questa assemblea è squisitamente politica. L'Europa può ancora tentare di riprendere il timone della civiltà universale, se trova un "minimum" di unità politica. (Vivissimi applausi).
«Occorre seguire quelle che sono state le nostre costanti direttive. Questa intesa politica dell'Europa non può avvenire se prima non si sono riparate delle grandi ingiustizie. (Applausi vivissimi).
«Siamo giunti ad un punto estremamente grave di questa situazione; la Società delle Nazioni ha perduto tutto quello che le poteva dare un significato politico ed una portata storica.
«Intanto quello stesso che l'aveva inventata (si ride) non c'è entrato. (Ilarità vivissima). Sono assenti la Russia, gli Stati Uniti, il Giappone e la Germania. Questa Società delle Nazioni è partita da uno di quei principi che, enunciati, sono bellissimi: ma considerati poi, anatomizzati, sezionati, si rivelano assurdi.
«Quali altri atti diplomatici esistono che possano rimettere in contatto gli Stati?
«Locarno? Locarno è un'altra cosa. Locarno non ha niente a che vedere con il disarmo; di lì non si può passare.
«Si è fatto in questi ultimi tempi un grande silenzio intorno al Patto a quattro. Nessuno ne parla, ma tutti ci pensano. (Applausi vivissimi e fragorosi).
«È appunto per questo che noi non intendiamo di riprendere iniziative o di precipitare i tempi di una situazione che dovrà logicamente e fatalmente maturare.
«Domandiamoci ora: l'Italia è una Nazione capitalistica?
«Vi siete mai posta questa domanda? Se per capitalismo si intende quell'insieme di usi, di costumi di progressi tecnici ormai comuni a tutte le Nazioni, si può dire che anche l'Italia è capitalista.
«Ma se noi andiamo più addentro alle cose ed esaminiamo la situazione da un punto di vista statistico, cioè della massa delle diverse categorie economiche delle popolazioni, noi abbiamo allora i dati del problema che ci permettono di dire che l'Italia non è una Nazione capitalista nel senso ormai corrente di questa parola.
«Gli agricoltori conducenti terreno proprio alla data del 21 aprile 1931 IX E. F. sono 2.943.000, gli affittuari sono 858.000. I mezzadri e i coloni sono 1.631.000, gli altri agricoltori salariati, braccianti, giornalieri di campagna, sono 2.475.000. Totale della popolazione che è legata direttamente e immediatamente all'agricoltura 7.900.000.
«Gli industriali sono 523.000, i commercianti 841.000, gli artigiani dipendenti e padroni 724.000, gli operai salariati 4.283.000, il personale di servizio e di fatica 849.000, le Forze Armate dello Stato 541.000 ivi comprese, naturalmente, anche le Forze di Polizia, gli appartenenti alle Professioni e Arti Libere 553.000, gli impiegati pubblici e privati 905.000. Totale di questo gruppo con l'altro 17.000.000.
«I possidenti e benestanti non sono molti in Italia, sono 201.000, gli studenti sono 1.945.000, le donne attendenti a casa 11.244.000.
«C'è poi una cifra che si riferisce ad altre condizioni non professionali: 1.295.000, cifra che può essere interpretata in varie maniere.
«Voi vedete subito da questo quadro come l'economia della Nazione italiana sia varia, sia complessa, e non possa essere definita attraverso un solo tipo, anche perché gli industriali che figurano con la cifra imponente di 523.000 sono quasi tutti industriali che hanno aziende di piccola e media grandezza. La piccola azienda va da un minimo di 50 operai ad un massimo di 500. Dai 500 ai 5000 o 6000 vi è la media industria; al di sopra si va alla grande industria, e qualche volta si sbocca nel supercapitalismo. Questo specchietto vi dimostra anche come avesse torto Carlo Marx il quale, seguendo i suoi schemi apocalittici, pretendeva che la società umana si potesse dividere in due classi nettamente distinte fra loro ed eternamente irreconciliabili. (Approvazioni).
«L'Italia a mio avviso deve rimanere una Nazione ad economia mista, con una forte agricoltura che è la base di tutto, tanto è vero che quel piccolo risveglio delle industrie che si è verificato in questi ultimi tempi è dovuto, come è opinione unanime di coloro che se ne intendono, ai raccolti discreti dell'agricoltura in questi ultimi anni; una piccola e media industria sana, una banca che non faccia delle speculazioni, un commercio che adempia al suo insostituibile cómpito che è quello di portare rapidamente e razionalmente le merci ai consumatori.
«Nella dichiarazione che io ho presentata ieri sera, era definita la Corporazione così come noi la intendiamo e la vogliamo creare, e sono definiti anche gli obbiettivi.
«Vi è detto che la corporazione è fatta in vista dello sviluppo della ricchezza, della potenza politica e del benessere del popolo italiano. questi tre elementi sono condizionati fra di loro.
«La forza politica crea la ricchezza, e la ricchezza ingagliardisce a sua volta l'azione politica.
«Vorrei richiamare la vostra attenzione su quanto è detto come obbiettivo: il benessere del popolo italiano. È necessario che a un certo momento questi istituti che noi abbiamo creati siano sentiti e avvertiti direttamente dalle masse come strumenti attraverso i quali queste masse migliorano il loro livello di vita.
«Bisogna che ad un certo momento l'operaio, il lavoratore della terra possa dire a se stesso e dire ai suoi: se io oggi sto effettivamente meglio, lo si deve agli istituti che la Rivoluzione Fascista ha creati.
«In tutte le Società Nazionali c'è la miseria inevitabile.
«C'è una aliquota di gente che vive ai margini della società; di essa si occupano speciali istituzioni. Viceversa quello che deve angustiare il nostro spirito è la miseria degli uomini sani e validi che cercano affannosamente e invano il lavoro. (Vivissimi e prolungati applausi).
«Ma noi dobbiamo volere che gli operai italiani, i quali ci interessano nella loro qualità di Italiani, di operai e di Fascisti, sentano che noi non creiamo degli istituti soltanto per dare forma ai nostri schemi dottrinari, ma creiamo degli istituti che devono dare a un certo momento dei risultati positivi, concreti, pratici e tangibili. (Applausi).
«Non mi soffermo sui cómpiti conciliativi che la Corporazione può svolgere, e non vedo nessun inconveniente alla pratica dei cómpiti consultivi. Già adesso accade che tutte le volte che il Governo deve prendere dei provvedimenti di una certa importanza, chiama gli interessati.
«Se domani ciò diventa obbligatorio per determinate questioni, io non ci vedo alcun che di male, perché tutto ciò che accosta il cittadino allo Stato, tutto ciò che fa entrare il cittadino dentro l'ingranaggio dello Stato, è utile ai fini Sociali e Nazionali del Fascismo.
«Il nostro Stato non è uno Stato assoluto, e meno ancora assolutista, lontano dagli uomini ed armato soltanto di leggi inflessibili come le leggi devono essere.
«Il nostro Stato è uno Stato organico, umano, che vuole aderire alla realtà della vita.
«La stessa burocrazia non è oggi, e meno ancora domani vuol essere un diaframma fra quella che é l'opera dello Stato e quelli che sono gli interessi e i bisogni effettivi e concreti del Popolo Italiano.
«Io sono certissimo che la burocrazia italiana, che è ammirevole, la burocrazia italiana, così come ha fatto fin qui, domani, lavorerà con le Corporazioni tutte le volte che sarà necessario per la più feconda soluzione dei problemi.
«Ma il punto che più ha appassionato questa assemblea è quello che intende dare al Consiglio Nazionale delle Corporazioni dei poteri legislativi.
«Taluno, precorrendo i tempi, ha già parlato della fine dell'attuale Camera dei Deputati. Spieghiamoci. L'attuale Camera dei Deputati, essendo ormai terminata la Legislatura, deve essere sciolta.
«Secondo, non essendovi il tempo sufficiente in questi mesi per creare i nuovi Istituti Corporativi, la nuova Camera sarà scelta con lo stesso metodo del 1929 VII E. F..
«Ma la Camera a un certo punto dovrà decidere il suo proprio destino. Ci sono dei Fascisti in giro che vorranno piangere dinanzi a questa ipotesi? (Molte voci: No!).
«Comunque sappiano che noi non asciugheremo le loro lagrime.
«È perfettamente concepibile che un Consiglio Nazionale delle Corporazioni sostituisca "in toto" la attuale Camera dei Deputati: la Camera dei Deputati non mi è mai piaciuta. In fondo questa Camera dei Deputati è oramai anacronistica anche nel suo stesso titolo: è un istituto che noi abbiamo trovato e che è estraneo alla nostra mentalità, alla nostra passione di Fascisti.
«La Camera presuppone un mondo che noi abbiamo demolito; presuppone pluralità dei partiti, e spesso e volentieri l'attacco alla diligenza. Dal giorno in cui noi abbiamo annullato questa pluralità, la Camera dei Deputati ha perduto il motivo essenziale per cui sorse.
«Nella loro quasi totalità i Deputati Fascisti sono stati all'altezza della loro Fede e bisogna pensare che il loro sangue fosse sanissimo perché non si è intristito in quegli ambienti dove tutto respira il passato.
«Tutto ciò avverrà prossimamente perché non abbiamo precipitazioni. Importante è di stabilire il principio perché dal principio si traggono le conseguenze fatali.
«Quando nel giorno 13 gennaio 1923 I E. F. si creò il Gran Consiglio, i superficiali avrebbero potuto pensare: si è creato un istituto. No: quel giorno fu sepolto il liberalismo politico.
«Quando con la Milizia, presidio armato del Partito e della Rivoluzione, quando con la costituzione del Gran Consiglio, Organo Supremo della Rivoluzione, si diè di colpo a tutto quello che era la teoria e la pratica del liberalismo, si imboccò definitivamente la strada della Rivoluzione.
«Oggi noi seppelliamo il liberalismo economico.
«La Corporazione giuoca sul terreno economico come il Gran Consiglio e la Milizia giuocarono sul terreno politico! (Applausi).
«Il corporativismo è l'economia disciplinata, e quindi anche controllata, perché non si può pensare a una disciplina che non abbia un controllo.
«Il corporativismo supera il socialismo e supera il liberalismo, crea una nuova sintesi.
«È sintomatico un fatto: un fatto sul quale forse non si è sufficientemente riflettuto; che il decadere del capitalismo coincide col decadere del socialismo!
«Tutti i partiti socialisti d'Europa sono in frantumi!
«Non parlo dell'Italia e della Germania, ma anche di altri Paesi.
«Evidentemente i due fenomeni, non dirò che fossero condizionati da un punto di vista strettamente logico; c'era però, fra essi, una simultaneità di ordine storico.
«Ecco perché, l'economia corporativa sorge nel momento storico determinato, quando cioè i due fenomeni concomitanti, capitalismo e socialismo, hanno già dato tutto quello che potevano dare.
«dall'uno e dall'altro ereditiamo quello che essi avevano di vitale.
«noi abbiamo respinto la teoria dell'uomo economico, la teoria liberale, e ci siamo inalberati tutte le volte che abbiamo sentito dire che il lavoro è una merce.
«l'uomo economico non esiste, esiste l'uomo integrale che è politico, che è economico, che è religioso, che è santo, che è guerriero. (Applausi vivissimi).
«Oggi noi facciamo nuovamente un passo deciso sulla via della Rivoluzione.
«Giustamente ha detto il camerata Tassinari che una Rivoluzione per esser grande, per dare una impronta profonda nella vita di un popolo nella Storia, deve essere Sociale.
«Se ficcate il viso nel profondo, voi vedete che la Rivoluzione Francese fu eminentemente sociale, perché demolì tutto quello che era rimasto del Medioevo dai pedaggi alle "corvées", sociale perché provocò il vasto rivolgimento di tutto quello che era la distribuzione terriera della Francia, e creò quei milioni di proprietari che sono stati e sono ancora una delle forze solide e sane di quel Paese.
«Altrimenti tutti crederanno di aver fatto una Rivoluzione. La Rivoluzione è una cosa seria, non è una congiura di palazzo e non è nemmeno un mutamento di ministeri o l'ascesa di un partito che soppianti un altro partito.
«È da ridere quando si legge che nel
«Facciamoci da ultimo questa domanda: il Corporativismo può essere applicato in altri Paesi? Bisogna farsi questa domanda, perché se la fanno in tutti gli altri Paesi, dovunque si studia e ci si affatica a comprendere.
«Non vi è dubbio che, data la crisi generale del capitalismo, delle soluzioni corporative si imporranno dovunque, ma per fare il corporativismo pieno, completo, integrale, rivoluzionario, occorrono tre condizioni.
«Un partito unico, per cui accanto alla disciplina economica entri in azione anche la disciplina politica, e ci sia al di sopra dei contrastanti interessi un vincolo che tutti unisce, in fede comune.
«Non basta. Occorre, dopo il partito unico, lo stato totalitario, cioè lo Stato che assorba in sé, per trasformarla e potenziarla, tutta l'energia, tutti gli interessi, tutta la speranza di un Popolo.
«Non basta ancora. Terza ed ultima e più importante condizione: occorre vivere un periodo di altissima tensione ideale. (Vivi applausi).
«Noi viviamo in questo periodo di alta tensione ideale. Ecco perché noi, grado a grado, daremo forza e consistenza a tutte le nostre realizzazioni, tradurremo nel fatto tutta la nostra Dottrina.
«Come negare che questo nostro, Fascista, sia un periodo di alta tensione ideale? Nessuno può negarlo. Questo è il tempo nel quale le armi furono coronate da vittoria. Si rinnovano gli Istituti, si redime la Terra, si fondano le Città!».
Appendice aggiunta da SOCIALE
Per risolvere la crisi.
Benito Mussolini nel Suo celebre discorso del 14 novembre 1934 su «lo Stato Corporativo».
http://cronologia.leonardo.it/storia/italia/italia013.htm
Nessun commento:
Posta un commento