venerdì 22 febbraio 2013

I PARTITI SONO IL CANCRO DELLA DEMOCRAZIA


Gianfredo Ruggiero


Provate a fermare una qualsiasi persona per strada e domandategli cosa ne pensa dei politici. Vi risponderà peste e corna. Però la stessa persona alle prossime elezioni andrà diligentemente a votare e quindi a legittimarli, pur sapendo che sono in massima parte degli incapaci e spesso ladri e corrotti.
In passato li avremmo inseguiti con i forconi, ora invece non solo li tolleriamo e li manteniamo, ma li votiamo pure e, cosa ancora più grave, gli ascoltiamo senza renderci conto che quando aprono bocca parlano senza dire nulla. A parte le solite frasi fatte e scontate che dette da una normale persona sarebbero bollate come banalità.
Cosa significa che siamo diventati dei masochisti, oppure è il sistema che hanno architettato i padri costituenti a non lasciarci scampo e ad indurci alla più totale rassegnazione?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima capire come funziona questo perverso meccanismo che loro chiamano democrazia.
Lo stipendio di un parlamentare è alto, scandalosamente alto, e tale rimarrà perché gli serve per crearsi quel bacino elettorale necessario a garantirsi la rielezione alla fine del mandato e non correre quindi il rischio di tornare a lavorare.
La rete di consensi una volta creata va alimentata. Lo stipendio da parlamentare non basta a pagare le cene ai militanti,i regali per le assunzioni degli amici, i finanziamenti alle cooperative che poi lo sosterranno, ecc. In più vorrebbe anche godersi un po’ di quel bello stipendio che ogni mese gli viene puntualmente accreditato: la macchina di lusso, la seconda casa al mare e, magari, anche l’escort o il trans (dipende dai gusti) per alleviare la fatica… Ecco allora che si passa alla fase 2, quella dei finanziamenti occulti da cui deriva il cosiddetto “costo della politica”.
Le grosse società di costruzioni o di servizi per garantirsi gli appalti devono “oliare il meccanismo“ che consiste nella elargizione di prebende e tangenti al nostro deputato, assessore o sindaco che sia. E qui il cerchio si chiude: l’imprenditore si aggiudica l’appalto e il prezzo comprende i denari che il nostro politico incassa per sostenere il suo mandato.
La commistione tra mafia e politica e l’intreccio tra politica e affari nasce proprio da questo presupposto, dalla necessità del politico di allargare sempre più il suo bacino elettorale e di incrementare i suoi introiti per mantenerlo. Questa è la sua priorità, il Parlamento può attendere.
Il malcostume riguarda tutti i partiti, nessuno escluso. Lo conferma il lungo e colorato elenco di uomini politici inquisiti per mazzette, voti di scambio e utilizzo distorto dei finanziamenti pubblici che il notiziario ci scodella quotidianamente.
La corruzione della politica non è una degenerazione del sistema o il caso sporadico di qualche mela marcia – come vogliono farci credere – bensì la base della democrazia, di questa democrazia gestita e soffocata dai partiti.
In più i partiti, essendo associazioni private al pari delle Onlus e dei sindacati, sono esclusi dalla compilazione della denuncia dei redditi e i loro bilanci, nonostante le enormi cifre che ricevono dallo Stato, non sono consegnati alla Agenzia delle Entrate per essere passati al setaccio e resi consultabili come avviene con i cittadini e le Imprese, ma sono semplicemente depositati in Parlamento dove le verifiche sono puramente formali. Così vuole la Costituzione
Non a caso tutti gli scandali recenti è passati che hanno investito i tesorieri di partito sono scaturiti da indagini delle Guardia di Finanza e mai dagli organi di controllo del Parlamento.
La cosiddetta prima repubblica è crollata sotto il peso della corruzione, la seconda è stata edificata allo stesso modo. Chi parla di terza non è molto distante, in linea di pensiero, dalle precedenti.
Come mai, allora, ad ogni elezione andiamo puntualmente a votarli? Siamo forse stati colpiti dalla sindrome di Stoccolma, quella che porta la vittima di un sequestro ad infatuarsi del proprio carceriere? Per comprendere quale capolavoro i padri di questa repubblica nata dalla resistenza sono stati capaci di realizzare, è sufficiente domandarci perché ogni anno siamo chiamati a votare per le varie elezioni politiche, comunali, provinciali, regionali, europee, per i referendum, ecc. quando sarebbe più semplice ed economico raggrupparle in una unica scadenza. La risposta è facile: le continue votazioni servono a tenere alta l’attenzione verso la politica e a distrarre la nostra mente. Il perenne dibattito che ne scaturisce e la contrapposizione tra partiti servono a creare quella sorta di clima da stadio che coinvolge e accalora gli elettori e li porta a non capire che i problemi che i partiti si propongono di risolvere con il loro consenso in realtà li hanno creati proprio loro.
Non è finita: la decisione di chi dovrà sedere in Parlamento spetta in apparenza al cittadino elettore, in realtà è il capo partito che dispone. Infatti la composizione delle liste elettorali – e dei candidati alle primarie, altra presa in giro – è definita dalla segreteria di partito sulla base dei consensi (il cosiddetto “pacchetto di voti”) che ogni candidato può garantire. Le capacità e le competenze dell’aspirante deputato sono utili, ma non determinanti (questo spiega la presenza nelle liste elettorali di sportivi, attori e personaggi televisivi).
In pratica l’elettore è chiamato a ratificare decisioni prese dall’alto, nelle buie stanze dei partiti e senza alcun coinvolgimento popolare. Nella migliore delle ipotesi può scegliere all’interno di una rosa di candidati, le cosiddette preferenze, sempre calate dall’alto.
Tra partiti, poi, non vi sono differenze sostanziali, cambiano solo i cavalli di battaglia e gli slogan elettorali: federalismo per la Lega, giustizialismo per Di Pietro, mito americano per Berlusconi, pugno duro e tolleranza zero per le Destre, socialismo scolorito e ambientalismo annacquato per le sinistre… in realtà i loro programmi sono modi diversi di intendere lo stesso sistema imperniato sull’ideologia liberal-capitalista e basato sul potere assoluto e soffocante dei partiti.
La capacità dialettica, l’uso sapiente degli aggettivi (libertà, democrazia, tolleranza, pluralismo, solidarietà, ecc.) con cui i politici si riempiono la bocca e infarciscono i loro vuoti discorsi ci affascina. A sentirli parlare ci verrebbe voglia di votarli tutti.
A ciò si aggiunge l’asservimento della “libera stampa” sempre pronta a  denunciare gli scandali dei politici e gli sprechi di denaro pubblico (vedi i quotidiani servizi di striscia la notizia), ma che a mettere in discussione il sistema e a prospettare alternative al regime dei partiti neanche ci pensa.
Esattamente come avviene nella cinematografia hollywoodiana che può tranquillamente proiettare le violenze, la corruzione, l’arroganza e la forza bruta del potere, le ingiustizie e le nefandezze del sistema tanto nessuno metterà mai in discussione il modello americano. Infatti alla fine del film la libertà, la giustizia e la democrazia trionfano sempre.
I politologhi che affollano i salotti alla Bruno Vespa ammettono che il sistema è perennemente malato però — questa è la loro tesi — il sistema possiede gli anticorpi necessari per superare le ricorrenti crisi, non c’è quindi bisogno di cambiarlo, è sufficiente l’alternanza di governo o tuttalpiù, quando i mercati si inquietano e l’Europa si allarma, nominare qualche esecutivo tecnico per massacrarci di tasse e ridare fiducia ai mercati. Morale: abbiate fiducia nei partiti e continuate a votarli.
I signori del potere possono quindi dormire sonni tranquilli, ci pensano i mass media ad ammansirci. Al riguardo è stato profetico Orwell(3) che nel suo libro “1984” (scritto quasi quarant’anni prima, nel 1948) ha descritto esattamente la nostra attuale società che trae il suo consenso dalla falsificazione della memoria storica e dal condizionamento dei mezzi d’informazione. Fate caso ai titoli di quotidiani e notiziari e gli argomenti trattati: sono sempre gli stessi, un caso? No, è il gioco delle parti!
Torniamo al politico di turno. Una qualunque persona animata di sincero idealismo che volesse impegnarsi in politica per il bene comune o è straricco, in grado come Berlusconi di costruirsi un partito su misura, oppure deve aderire ad un partito esistente.
E qui inizia la trafila che lo porterà a fare e ricevere favori, a promettere elargizioni a questa e quella associazione di volontariato, a prospettare appalti alla cooperativa di turno e a farsi sostenere da qualche potente lobby.
E se non accetta il sistema e vuole continuare a fare l’idealista? Nessun problema rimarrà un semplice e innocuo consigliere comunale, senza futuro politico, guardato con diffidenza dai suoi compagni di partito e silurato alla prima occasione.
Veniamo ora alla questione chiave, quella riguardante la differenza tra democrazia e libertà che sono usati come fossero sinonimi, quando invece sono due concetti ben distinti.
La Democrazia è una forma di Stato che affida l’esercizio della volontà popolare ad una sua rappresentanza. Sulla definizione di rappresentanza popolare passa l’enorme differenza tra la Democrazia Parlamentare, quella attuale delegata ai partiti, e la Democrazia Diretta, il nostro ideale, che si basa sull’ingresso in Parlamento dei rappresentanti delle società civile.
La Democrazia di oggi, inoltre, si esprime e si esaurisce attraverso un semplice gesto: una croce su una scheda per eleggere un parlamentare che molto spesso manco conosciamo (sfido chiunque a indicarmi qual è stato il deputato o senatore che ha contribuito ad eleggere alle ultime elezioni). Rilasciata questa delega in bianco la nostra democrazia si conclude.
La stessa filosofia è applicata al concetto di libertà. Siamo un Paese libero perché chiunque può manifestare il suo pensiero, scrivere ai giornali, protestare in piazza e perfino scioperare e poi… tutto come prima. «si, si protestate pure tanto poi alla fine decidiamo noi… per il vostro bene, naturalmente» questo è quello che pensano i nostri politici. La loro ostentata sicurezza deriva dalla certezza che nessuno li smuoverà mai.
Per libertà io invece intendo non solo quelle politica e di espressione, ma soprattutto quelle civili: libertà di prospettare un futuro ai nostri figli, libertà di avere un lavoro sicuro, una casa in proprietà e una pensione degna di questo nome, un’assistenza sanitaria garantita e una scuola pubblica seria; libertà di dormire con le finestre spalancate e di passeggiare a tarda sera senza il timore di essere  aggrediti….questa è la libertà, la vera libertà che solo uno Stato serio e svincolato dai partiti può garantire.
L’esaltazione della Resistenza elevata a mito fondante, la demonizzazione del Fascismo definito il male assoluto e la continua e ossessiva riproposizione dell’Olocausto ebraico sono fattori determinanti per indurre in noi la convinzione che oltre la (loro) democrazia, c’è solo la dittatura e il ritorno ad un passato di sopraffazione, morte e distruzione.
Lo scopo è chiaro: scoraggiare e bloccare sul nascere qualunque tentativo, anche involontario, di messa in discussione del regime dei partiti. Possiamo parlarne male, denunciare le loro schifezze, il loro asservimento ideologico, ma guai a toccarli perché “ i partiti sono il baluardo della democrazia”.
Dobbiamo invece ribellarci a questa dittatura del pensiero ed avere il coraggio di opporci a chi, in nome di una democrazia fasulla e di una libertà formale, vuole in realtà perpetuare il suo smisurato potere e i suoi enormi privilegi.
Gianfredo Ruggiero
(1) Nel suo celebre libro George Orwell rievoca le sue grandi paure – il totalitarismo, la falsificazione e la perdita di memoria storica indotta dai mezzi d’informazione, la corruzione del linguaggio, l’annullamento dell’identità individuale – convogliate in una descrizione di società del futuro di una attualità sconvolgente e raggelante. Ed. Oscar Mondadori. Ristampa 2011.

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