DISCORSO DEL CAPO DELLE TESTE PIATTE, CHARLOT (1876)
“Prendere e mentire”: questo dovrebbe essere marchiato
sulla fronte dell’uomo bianco, così com’egli fa sulle cosce dei cavalli che
ruba a noi.
Se il Grande Spirito lo avesse
contrassegnato con un’etichetta per avvisarci del pericolo, avremmo respinto
l’uomo bianco. Ma nella sua debolezza e povertà noi gli demmo da mangiare e gli
offrimmo il nostro affetto. Gli donammo la nostra amicizia e gli mostrammo i
guadi e i passi attraverso le nostre terre.
Ed egli ci invitò ad apporre i
nostri nomi sui suoi documenti, facendoci promesse che unì a giuramenti nel
nome del sole e del presidente degli Stati Uniti.
Questo presidente ci promise cose
che non ci diede mai e che sapevamo non ci avrebbe mai concesso. E dopo le
promesse egli ci minacciò coi suoi soldati, le sue prigioni, le sue catene di
ferro.
Ora siamo poveri, orfani di padre...
L’uomo bianco ha inflitto il suo dominio su di noi...
Come sapete l’uomo bianco è freddo,
senza pietà, superbo e arrogante. Tu lo guardi, lui ti guarda, e che cosa vedi?
I suoi occhi da pesce scorrono su di te. L’astuzia e l’invidia gli stanno
attaccate come le proprie mani e i propri piedi.
Le leggi dell’uomo bianco ci hanno
forse mai dato un filo d’erba, un albero, un’anatra, una pernice, una trota?
Egli ti deruba come il ghiottone che rubacchia la tua merce. L’uomo bianco
viene sempre, sempre di più: egli confisca sempre di più.
E sporca ciò che non prende. La
natura era sacra. Perfino quando un indiano viaggiava, o presso un
accampamento, era suo desiderio lasciarsi dietro la minor traccia possibile del
suo passaggio. Cercava di non lasciare impronte, di non spezzare rami, di non
disturbare nessuna foglia, di cancellare i brutti segni dei fuochi e dei
bivacchi.
Voleva muoversi attraverso il
territorio così delicatamente come la brezza. Come era nato, perfino quando
veniva sepolto, un indiano cercava di rendere la sua tomba meno ingombrante
possibile.
Alcuni indiani provavano talmente
antipatia verso il deturpamento della natura che l’uomo bianco non riuscì a
persuaderli, anche quando essi praticavano già l’agricoltura da tempo, ad usare
l’aratro, poiché questo avrebbe squarciato la viva carne di loro madre, la
terra.
BRANI TRATTI DA IL
MIO SPIRITO SI INNALZA, di CAPO DAN GEORGE.
I nostri figli devono andare a scuola per essere
civilizzati. Lì vengono a conoscenza delle chiese. Sembra che esse siano state
costruite con l’intenzione di addossarsi colpe l’uno con l’altro. Quando la
gente trova da ridire sulle chiese anche Dio viene coinvolto nelle loro
contese.
La chiesa di mio nonno non era
costruita da uomini: quindi lui non avrebbe mai potuto insegnarmi a litigare con
Dio. La nostra chiesa era la natura.
Abbiamo perso così tanto. Sebbene le
circostanze fossero contro di noi, la colpa è anche nostra. Non abbiamo saputo
affrontare lo shock che l’uomo bianco ci inflisse.
Sono nato in una cultura che viveva
in case aperte a tutti. Tutti i figli di mio nonno e le loro famiglie vivevano
in un’abitazione di 26 metri e mezzo di lunghezza, vicino alla spiaggia, lungo
una insenatura.
Le loro camere da letto erano
separate da una tenda composta di canne, ma un unico fuoco comune nel mezzo
serviva ai bisogni culinari di tutti.
In case come queste la gente
imparava a vivere e a rispettare i diritti di ognuno.
I bambini dividevano i pensieri del
mondo degli adulti e si trovavano circondati da zie e zii e cugini che li
amavano e non li minacciavano.
Oltre a questa reciproca
accettazione, c’era un profondo rispetto per ogni cosa presente in natura che
li circondasse. Per mio padre la terra era la sua seconda madre. Era un dono
del Grande Spirito e l’unico modo di ringraziarlo era quello di rispettare i
suoi doni.
L’uomo bianco invece ama solo le
cose che possiede: non ha mai imparato ad amare le cose che sono al di fuori e
al di sopra di lui.
In realtà o l’uomo ama tutto il
creato o non amerà niente di esso.
La mia cultura dava valore
all’amicizia e alla compagnia, e non guardava alla privacy come a una cosa cui
tenersi aggrappati, poiché la privacy costruisce muri su muri e promuove la
sfiducia.
La mia cultura viveva in grandi
comunità familiari, e fin dall’infanzia le persone imparavano a vivere con gli
altri.
La mia gente non dava valore
all’accaparramento di beni privati: tale azione era disonorevole per la nostra
gente.
L’indiano guardava a tutte le cose
presenti in natura come se appartenessero a lui e supponeva di dividerle con
gli altri e di prendere solo quelle di cui aveva bisogno. Ognuno ama dare nello
stesso modo in cui riceve. Nessuno desidera continuamente ricevere.
Tra poco sarà troppo tardi per
conoscere la mia cultura, poiché l’integrazione ci sovrasta e presto non avremo
valori se non i vostri. Già molti fra i nostri giovani hanno dimenticato le
antiche usanze, anche perché sono stati presi in giro con disprezzo e ironia e
indotti a vergognarsi dei loro modi indiani.
LETTERA DEL PRESIDENTE USA A. JACKSON (1767-1845)
INDIRIZZATA ALLA TRIBÙ’ INDIANA
DEI SEMINOLE, CHE NON VOLEVA ABBANDONARE LE TERRE CHE LE
ERANO STATE GARANTITE
DAI TRATTATI (febbraio 1835).
Miei figli... gli uomini bianchi
sono venuti a vivere tutt’intorno a voi. La selvaggina è scomparsa dalla vostra
terra e la vostra gente è povera e affamata...
Miei figli non ho mai ingannato e
non ingannerò mai gli uomini rossi, ma vi dico che dovete andarvene e che ve ne
andrete.
Anche se aveste il diritto di
restare, come potreste vivere dove siete ora? Ma non avete tale diritto e
dovete partire, pacificamente e volontariamente, perché nel caso in cui alcuni
dei vostri giovani tentassero di opporsi alle nostre disposizioni, ho ordinato
che venga inviata una larga forza militare.
Prego il Grande Spirito che vi
suggerisca di fare ciò che è giusto.
LETTERA DI CAPO INDIANO SEATHL, DELLA TRIBÙ’ DI DUWAMISH,
AL PRESIDENTE USA F. PIERCE (1855).
Il grande capo di Washington ci ha
mandato a dire che desidera comprare la nostra terra: ci ha assicurato anche la
sua amicizia e la sua benevolenza. Ciò è gentile da parte sua, poiché sappiamo
che la nostra amicizia non gli è necessaria. Tuttavia, se non accetteremo, l’uomo
bianco verrà con le armi e ci strapperà la nostra terra.
Come puoi comprare o vendere il
cielo, il calore della terra? Questa possibilità ci è estranea. Noi non siamo i
padroni della purezza dell’aria o dello splendore dell’acqua. Noi possiamo
decidere solo del nostro tempo. Tutta questa terra è sacra per la mia gente.
L’uomo bianco non comprende il
nostro modo di vivere. Per lui una zolla di terra è uguale all’altra. Lui è uno
straniero che viene di notte e spoglia la terra di tutte le sue ricchezze. La
terra non è sua sorella, bensì sua nemica, e dopo averla svuotata, lui se ne va
via.
Si lascia dietro di sé la tomba di
suo padre, senza rimorso di coscienza. Rapina la terra dei suoi figli.
Dimentica le sepolture dei suoi antenati e il diritto dei figli.
Il suo guadagno impoverirà la terra
e dietro di sé lascerà il deserto. La vista delle sue città è un tormento agli
occhi dell’uomo rosso. Ma forse questo è così perché l’uomo rosso è un
selvaggio che non capisce nulla.
Non si può incontrare pace nelle
città dell’uomo bianco. Il rumore delle città è un affronto alle orecchie. Che
specie di vita è quella in cui l’uomo non può ascoltare la voce del corvo
notturno o il chiacchierio delle rane nella palude, durante la notte?
L’aria è preziosa per l’uomo rosso.
Non sembra che l’uomo bianco si interessi dell’aria che respira. Come un
moribondo, egli è insensibile al cattivo odore.
L’uomo bianco deve trattare gli
animali come se fossero suoi fratelli. Ho visto migliaia di bisonti marcire
nelle praterie abbandonate dall’uomo bianco, abbattuti da fucilate sparate dal
treno in corsa. I bisonti noi li uccidiamo solo per sfamarci.
Se tutti gli animali venissero
sterminati, gli uomini morirebbero di solitudine spirituale, perché tutto ciò
che succede agli animali può capitare anche agli uomini. Tutte le cose sono
poste in relazione tra loro. Tutto ciò che offende la terra, offende anche i
figli della terra.
I nostri figli videro i nostri padri
umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri soccombono sotto il peso della
vergogna. E, dopo la sconfitta, passano il tempo oziando e avvelenando il loro
corpo con cibi dolci e bevande alcoliche.
Il nostro Dio è il medesimo Dio
dell’uomo bianco. Pensi, per caso, che lo puoi possedere come desideri
possedere la nostra terra? Egli è il Dio dell’umanità intera. E ama ugualmente
l’uomo rosso come l’uomo bianco. La terra è amata da Lui.
Anche l’uomo bianco va scomparendo
dalla faccia della terra, e forse in maniera più rapida delle altre razze.
Contamina persino il luogo in cui dorme!
Se accetteremo la tua offerta, è per
garantirci le riserve che ci hai promesso. Là forse potremo vivere gli ultimi
giorni come desideriamo.
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