Di Aldo Spera e Filippo Giannini
NEL RICORDO DEL MANIFESTO DI VERONA UNA PROPOSTA PER IL XXI
SECOLO PER L'ITALIA E PER LA NUOVA EUROPA:
PARTECIPAZIONE INTEGRALE DEL POPOLO AL POTERE IN UNO STATO ORGANICO
SECOLO PER L'ITALIA E PER LA NUOVA EUROPA:
PARTECIPAZIONE INTEGRALE DEL POPOLO AL POTERE IN UNO STATO ORGANICO
17.10.2011 - No, non sono un democratico e non credo nella democrazia, non credo alla quella democrazia che ci fu imposta dagli eserciti stranieri.
Credo, invece, nella Democrazia Organica o, come vogliamo chiamarla: Democrazia del Lavoro.
Terminammo il precedente articolo Stato Corporativo con l'impegno di tornare sull'argomento, cosa che ci stiamo proponendo di fare.
Ripetiamo di nuovo quanto ebbe a dire Benito Mussolini: <Il marcio non è NEL sistema, ma è DEL sistema>, crediamo che nessun lettore si può augurare che l'attuale sistema possa continuare a vivere.
Che l'attuale sistema sia marcio lo è perché nato da un seme marcio e proclama la santità dell'attuale Democrazia (così i potenti la chiamano) proclama che il cittadino può avvalersi dell' alternanza,
cioè concede che al termine di ogni legislatura il cittadino, non
soddisfatto di come è stato governato, può passare l'autorità del
governo all'opposizione. È una bidonata, cioè cambiare per far rimanere
le cose come erano. In altre parole è come se un contadino, o chi per
lui, ci invitasse a gustare le mele di un albero; prima gustiamo quelle
mele che pendono dai rami di destra, poi se non sono di nostro
gradimento ci invitasse a provare quelle di sinistra. Questa è la
bidonata: rami di sinistra o di destra le mele saranno fetenti in ogni
caso, perché l'albero è sempre quello.
Atto pratico: abbiamo “gustato” il governo Berlusconi di centro-destra, e abbiamo constatato la sua incapacità; i democratici ci dicono: ora provate con il centro-sinistra. Sai che capolavoro: come si dice <Dalla padella alla brace!>. Perché il sistema è lo stesso e ci darà la solita fetenzia.
Torniamo all'esempio dell'albero: non vogliamo più le mele, vogliamo, ad esempio, le pere, cioè pretendiamo di cambiare il sistema .
Premessa: i vincitori dell'ultima guerra, cioè quei vincitori di una guerra perduta, hanno concepito tre leggi liberticide (alla faccia della democrazia e della libertà ) con le quali ci è vietato di esprimere chiaramente chi siamo. Per indicare chi siamo, chiamiamoci: “Noi” , il lettore comprenderà perfettamente.
Per “Noi”
l'organizzazione della società dipende, innanzitutto dalla politica ed è
indispensabile che la politica controlli e diriga l'economia.
Esattamente il contrario di come viene concepita la politica nel sistema
vigente. Politica concepita e partorita dalla Resistenza e dai vincitori demoplutocratici del 1945.
Mussolini, sì, sempre lui, chi altri altrimenti? Concepì, avvalendosi dello Stato etico di Giovanni Gentile, uno Stato Corporativo che altro non era se non lo sviluppo dei Punti programmatici espressi il 19 marzo 1919 con la fondazione dei Fasci di Combattimento avvalorati da De Ambris e da D'Annunzio, autori della Carta di Libertà del Carnaro.
Così, nel 1927, vide la luce la Carta del Lavoro,
già ricordata nel precedente articolo, tutto ciò seguendo un progetto
di collaborazione e solidarietà che superava la filosofia materialistica
(rovinosa e fallimentare) della lotta di classe di profilo marxista.
Questo progetto, forse oggi ancora più valido di allora in quanto il
lavoro assumerebbe una valenza primaria, assegnando ai lavoratori e alle
varie competenze il compito di eleggere le proprie rappresentanze di
categoria destinate a legiferare in Parlamento.
E i partiti politici?
Per i
danni che questi arrecano e che hanno arrecato per la corruzione di cui
sono portatori, meriterebbero di essere gettati in una discarica a cielo
chiuso. Naturalmente gli autori di queste note si rendono conto che per
un trapasso come quello indicato è impossibile soprattutto perché per
realizzare il nuovo sistema sarebbe necessario disporre di quanto ci
viene negato: la possibilità di accedere a mezzi d'informazione
adeguati. Altrimenti si rimane sul piano della fantasticheria e,
addirittura, del vaneggiamento. Va aggiunto che “Noi” siamo
divisi e rancorosamente spezzettati, grazie alle tante operazioni messe
in atto da coloro che vogliono che tutto rimanga come è.
Per “Noi” i concetti liberaloidi di destra, centro e sinistra rimangono completamete privi di senso.
Chi scrive queste note ritiene che fu un irrimediabile errore quello compiuto dal MSI definirsi di Destra, perché quelle idee non possono essere assolutamente di Destra:
Da un
articolo di fondo scritto da un Segretario di partito, leggiamo:
compagno
.
Sta nel dire talvolta cose giuste e magari sacrosante, ma pretende di
sostenere sotto la bandiera rossa e all'insegna del comunismo>.
Così
l'articolo continua: .
L'articolista conclude: <Quando difende, per
esempio, lo Stato sociale, quel poco che ne resta in Italia, lo sa o non
lo sa, che difende lo Stato sociale per come lo realizzò in Italia nel Ventennio, il di lui odiatisimo Fascismo?>.
Confermo: Stato sociale voluto e attuato da Mussolini e da nessun altro!
Stato sociale non completato proprio perché i compagni e
i loro alleati liberalcapitalisti ne ostacolarono il pieno compimento,
al punto che, pur di fare la guerra al fascismo, si affiancarono ai più
potenti eserciti del mondo capitalista e imperialista.
E i compagni ancora oggi si vantano di quella scelta, tanto che in una trasmissione televisiva Pinocchio (giusto un burattino dovevano scegliere) un compagno si esaltò affermando: . E i compagni in sala applaudirono. Che bravi!
Bernhar Shaw, lo ripeto e lo ripeterò ancora e ancora, nei primi anni
Trenta profetizzò: . E così è
stato!
Oggi, nel teatrino politichese italico, assistiamo alla consueta rissa per rubarsi il potere, così da dividere il bottino del povero popolo sovrano (sic!) e, di conseguenza, il concetto di corporativismo
è stato faziosamente distorto: lo si è voluto spacciare per
rivendicazioni di interessi particolari.
Lo Stato Corporativo mirava,
invece, ad una finalità diametralmente opposta e fu il primo tentativo,
italiano, di una programmazione unificatrice, di un superamento degli
interessi particolari che proprio il sistema dei partiti difende
subdolamente.
La Democrazia Corporativa, quella verso la quale l'Italia
degli anni Venti e Trenta stava camminando, è una strada tutta italiana,
ma preclusa ai grassatori.
Era quella strada che avrebbe concesso, una
volta ancora all'Italia di essere portatrice di una nuova civiltà: LA
CIVILTA' DEL LAVORO!
Per raggiungerla si doveva vincere la guerra contro
l'oro, ma vinse l'oro!
È
nostro dovere riprendere quel cammino interrotto dalla violenza delle
armi nel 1945. Il programma è rivoluzionario? Certamente! Ma non c'è
rivoluzione più grande e ambiziosa di quella intesa a cambiare un
sistema con un altro.
ED ORA UN PO' DI STORIA: REPUBBLICA-SOCIALIZZAZIONE.
Sono
passati quasi settanta anni da quando il 14 novembre 1943, in
Castelvecchio a Verona, si celebrò il congresso del Partito Fascista
Repubblicano, con il proposito di fissare in un "Manifesto" le linee
essenziali del nuovo Stato Repubblicano. Come la Carta del Lavoro, nata
il 21 aprile del 1927, sarebbe divenuta legge dello Stato quindici anni
dopo con la promulgazione dei Codici Civili, così il Manifesto lanciato a
Castelvecchio, al di là di alcuni contenuti legati alla situazione del
momento, doveva essere un abbozzo dei criteri sui quali costruire la
futura Costituzione nazionale. Un preambolo lo definiva il punto 18, ma
era di grande rilievo perché confermava il ripudio dello Stato
agnostico, proprio delle democrazie parlamentari derivate dai principi
del 1789.
Erano
trascorsi poco più di due mesi dalla resa che aveva affondato l'Italia
nello smarrimento mettendola alla completa mercé dei suoi nemici, ed i
convenuti di Verona erano ancora con il cuore in tumulto e ansiosi di
cancellare l'onta subita. Nobili e legittimi sentimenti davvero poco
adatti alla pacata riflessione necessaria per concepire e studiare certi
istituti. Ed infatti lo stesso Mussolini confidò a Bruno Spampanato: "A Verona non abbiamo visto dei costituenti, ma dei combattenti. Ma
forse è meglio".
Alla
fine, nel fervore del momento e nell'ansia dell'azione fu approvata per
acclamazione l'ipotesi di lavoro, e fu un vero miracolo di
consapevolezza e di concentrazione, tanto che, se da un canto può
uscirne diminuito il valore sotto l'aspetto giuridico-tecnico,
dall'altro ne è aumentato quello ideale e morale, perché, pur davanti
alla materiale sconfitta incombente. per la preponderanza avversaria,
quegli uomini vollero gridare al mondo le proprie idee perché a loro
sopravvivessero. Fu una vampata di purissima fede per la quale ciascuno
dei presenti non avrebbe esitato a bruciare la propria vita, ma nel
contempo fu la conferma che l'idea che aveva trasfigurato l'Italia e
accesa la speranza in Europa, aveva contenuti inequivocabili e profonde
radici nell'animo di quanti in essa credevano.
Nel
rievocare dopo quasi sette decenni quel giorno memorabile, non
dimenticando che l'azione politica deve essere l'applicazione di una
salda concezione dell'Uomo, della vita e dello Stato, ma deve procedere e
svilupparsi per operare nella mutevole e complessa realtà come tutto
ciò che è vivo, ci chiediamo se quegli assunti possano riproporsi oggi, e
negli stessi termini. La risposta è che il Manifesto di Verona contiene
proposizioni tutt'ora valide e pertanto, opportunamente modificato per
renderlo idoneo al mutare dei tempi. Da esso possono trarsi buone basi
per correggere l'attuale deriva negativa della situazione politica ed
avviare la costruzione di un nuovo Stato, guidato realmente dal popolo e
non dai grandi commessi, o commissari come in Europa li chiamano, o
Ministri in Italia. In ogni caso tutti più attenti all'economia che non
alla politica, alla quale quest'ultima, quella vera in aderenza al
volere della plutocrazia internazionale, della quale costoro sono
servitori più o meno coscienti.
Ed
allora raccogliendo il testimone da coloro che ci hanno preceduto a
Verona, e nel solco delle idee da loro espresse, noi vogliamo lanciare
un nuovo "Manifesto" con il quale proporre tale Stato,
condizione unica per riprendere quel cammino di civiltà del quale
l'Italia in passato è stata maestra, da sola o insieme ad altre Nazioni
dell'antica Europa.
Uno Stato, che possiamo definire ad integrale
partecipazione del popolo al potere, e che nell'ambito di un corretto
vivere sociale consente ad ognuno di esercitare la propria libertà, e la
possibilità reale di partecipare al potere, scevro da falsità, da
ipocrisie, e da predomini dell'uomo sull'uomo.
Così correggendo i danni
prodotti da idee ormai ampiamente dimostratesi errate per non aver
costruito la democrazia che si ripromettevano, ma delle oligarchie, e
delle peggiori, perché formate da potentati economici attenti più al
profitto che non ai destini dell'umanità.
L'errore degli Stati moderni
infatti, è stato determinato dall'essersi basati sul noto trinomio:
"LIBERTÀ', UGUAGLIANZA, FRATERNITÀ" dal 1789.
Però l'uguaglianza non
esiste in natura, ed affermarla a base della organizzazione sociale è
cosa estremamente deleteria, come nel volgere dei tempi ben si è
dimostrato e tuttora dimostra, con la conseguenza che la libertà è solo
nelle dichiarazioni, mentre al popolo ne resta molto poca, e la
fraternità è di fatto sparita.
Occorre invece e per quanto possibile,
organizzare uno Stato nel quale nessuno possa artificiosamente impedire
ad altri di tentare di concretizzare l'essenza dèi proprio vivere, della
quale la propria quotidianità è l'armonica realizzazione, secondo le
proprie capacità e volontà, quest'ultima effettivamente realizzata e non
solo enunciata:
Riteniamo
che per cambiare le cose, si debba considerare che, in quanto parte di
un gruppo, l'interesse particolare di ciascun individuo, spirituale o
materiale che sia, può trovare migliore e più continua soddisfazione se
tanto avviene nel contempo per l'intero gruppo.
Gruppo che diviene
popolo quando di tanto prende coscienza, e Nazione quando si accorge dei
legami di continuità esistenti fra il vivere di ognuno e quello comune
del gruppo stesso, nella consapevolezza delle medesime radici e
dell'essere "comunità di destino".
Ciò vuol dire che quel che
conta per garantire la libertà, non è l'uguaglianza, ma la socialità,
altro grande valore indispensabile per la realizzazione della libertà
stessa. Il suddetto trinomio allora si riassume in un unica parola: SOCIALITÀ,
che con esclusione dell'uguaglianza gli altri due comprende, e nella
considerazione della quale solo può parlarsi di effettiva sovranità del
popolo, visto nelle sue diversità come nel suo insieme, richiedendo però
ad ognuno il contemporaneo adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà, cosicché dal gioco armonico delle diversità sia fatta
sempre più vigorosa e più ricca la vita comune.
Ecco il Corporativismo , e con esso la Socializzazione,
che soccorrono alla realizzazione di uno Stato nel quale non hanno voce
dottrine teoriche e spesso utopistiche, ma realtà effettive, relative
ad ogni attività umana intellettuale o materiale, ciascuna rappresentata
in una comune assemblea istituzionale e raggruppata in una propria
categoria.
Uno
solo è il modo per combattere e vincere il capitalismo che subordina
l'Uomo alle cose e travalica il campo economico trasformandosi in
plutocrazia: eliminare ogni forma di parassitismo sociale e porre come
finalità comune le priorità poste dalla realizzazione della libertà e
dello sviluppo della Nazione, dando vita ad uno Stato che “Noi” chiamiamo ORGANICO.
Uno Stato del quale ricevere la cittadinanza, possa dal forestiero
essere considerato altissimo onore, come era un tempo il vivere con la
legge romana. Sarà naturalmente necessario accantonare l'attuale
Costituzione, e pur tenendo conto della nostra allergia per tali
documenti ridondanti di belle parole poi inascoltate nei fatti e causa
di eccessive e talvolta pruriginose staticità idonee per chi detiene il
potere ma non per il popolo, sostituirla con un testo che contenga i
principi fondamentali, le forme istituzionali ed il loro funzionamento.
Se i "18 punti" del "MANIFESTO DI VERONA" non pretendevano di essere più che un significativo "preambolo", lo schema del "MANIFESTO PER IL XXI SECOLO" che “Noi” proponiamo
dovrà essere un aggiornamento di quel preambolo, lasciandone immutato
lo spirito, proseguendone gli intenti e precisando che non si tratterà
mai di pesanti macigni, ma di linee sempre modificabili, allorché sarà
dato di tradurlo in diritto positivo o in qualunque momento in caso di
successive necessità
Aggiungiamo
altresì a scanso di equivoci da parte di chiunque, che intendiamo
raggiungere il nostro scopo all'interno e nel rispetto delle leggi
vigenti.
Un passo dopo l'altro, per l'Italia e l'Europa di domani.
*****************
Commento
FD. - Sono fermamente convinto che il caso non esista, oggi ne ho avuto un'ennesima dimostrazione.
Stamattina ho pensato "vista la situazione nazionale-internazionale-finanziario devo andare a vedere cosa scrivono sul Corriere dei Caraibi" di cui in particolare ammiro profondamente due dei vostri giornalisti, Antonelli e Giannini. Quest'ultimo non finirò mai di ringraziare per avermi aiutato a trovare risposte a dubbi sull'incongruenza di molti fatti storici riportati su libri stampati su carta "alleata".
Oggi quindi leggo questo articolo, gustandomelo dall'inizio alla fine. Sempre stamattina pensavo proprio al denaro, che preso come elemento di valutazione del lavoro di un'uomo, in sostanza quando è un MEZZO, è un bene, ma che quando diventa FINE, quando non valuta più il lavoro ma la "capacità" di certe persone o di certi istituti, dediti a sfruttare soltanto le difficoltà o la stupidità altrui, quando l'importante non è produrre qualità ma vendere, senza nemmeno distinguere tra commercio di cose giuste o ingiuste, morali o immorali, quando diventa ... "alta finanza", allora è veramente un male, una gabbia dorata che abbiamo inconsciamente costruito noi stessi, convinti a costruirla da tanti specchietti per allodole messi in punti strategici, gabbia che sta per chiudersi e imprigionarci tutti...
Potrei ancora aggiungere che ieri valutavo la mia infelicità lavorativa mentre il "portare il mio contributo di conoscenze e capacità all'azienda" è diventato un semplice prostituirsi per non perdere un posto di lavoro ottenuto con tanta difficoltà. Ho un disperato bisogno di Socialità, come intesa nell'articolo. Ma per concludere "i casi" di questi giorni, pochi minuti dopo aver iniziato a leggere questo articolo, mi arriva un messaggio assolutamente inaspettato dall'ultima persona che pensavo potesse scrivermi, ma il cui contenuto "fa scopa" con il contenuto di questo articolo. Non me ne vogliate se faccio "pubblicità" alla pagina di un altro giornale online: http://www.stampalibera.com/?p=19606
All' anno 1933 c'è un netto collegamento alle tesi di Giannini, e l'intero documento è un netto collegamento al vostro riferimento al 1789 ed alle forse occulte che ci amministrano...
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Commento
FD. - Sono fermamente convinto che il caso non esista, oggi ne ho avuto un'ennesima dimostrazione.
Stamattina ho pensato "vista la situazione nazionale-internazionale-finanziario devo andare a vedere cosa scrivono sul Corriere dei Caraibi" di cui in particolare ammiro profondamente due dei vostri giornalisti, Antonelli e Giannini. Quest'ultimo non finirò mai di ringraziare per avermi aiutato a trovare risposte a dubbi sull'incongruenza di molti fatti storici riportati su libri stampati su carta "alleata".
Oggi quindi leggo questo articolo, gustandomelo dall'inizio alla fine. Sempre stamattina pensavo proprio al denaro, che preso come elemento di valutazione del lavoro di un'uomo, in sostanza quando è un MEZZO, è un bene, ma che quando diventa FINE, quando non valuta più il lavoro ma la "capacità" di certe persone o di certi istituti, dediti a sfruttare soltanto le difficoltà o la stupidità altrui, quando l'importante non è produrre qualità ma vendere, senza nemmeno distinguere tra commercio di cose giuste o ingiuste, morali o immorali, quando diventa ... "alta finanza", allora è veramente un male, una gabbia dorata che abbiamo inconsciamente costruito noi stessi, convinti a costruirla da tanti specchietti per allodole messi in punti strategici, gabbia che sta per chiudersi e imprigionarci tutti...
Potrei ancora aggiungere che ieri valutavo la mia infelicità lavorativa mentre il "portare il mio contributo di conoscenze e capacità all'azienda" è diventato un semplice prostituirsi per non perdere un posto di lavoro ottenuto con tanta difficoltà. Ho un disperato bisogno di Socialità, come intesa nell'articolo. Ma per concludere "i casi" di questi giorni, pochi minuti dopo aver iniziato a leggere questo articolo, mi arriva un messaggio assolutamente inaspettato dall'ultima persona che pensavo potesse scrivermi, ma il cui contenuto "fa scopa" con il contenuto di questo articolo. Non me ne vogliate se faccio "pubblicità" alla pagina di un altro giornale online: http://www.stampalibera.com/?p=19606
All' anno 1933 c'è un netto collegamento alle tesi di Giannini, e l'intero documento è un netto collegamento al vostro riferimento al 1789 ed alle forse occulte che ci amministrano...
No, non credo che sia un caso, davvero.
Saluti
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