La
Rivoluzione francese è indubbiamente l’avvenimento storico che più di
ogni altro si presta a esemplificare le dinamiche della sovversione. Col
1789 finisce un mondo fondato sulla gerarchia e comincia un mondo
ispirato ai disvalori egualitari che hanno portato l’Occidente a
sprofondare nel baratro della società multicriminale.
A cavallo dei secoli XX e XXI alcuni
coraggiosi intellettuali hanno intrapreso la via del revisionismo
storico per cercare di correggere i troppi errori di prospettiva che
hanno inficiato molta storiografia contemporanea. In Francia, dopo la
pubblicazione de Il libro nero del comunismo, è stato pubblicato anche Le livre noir de la Revolution française, che si propone di analizzare con taglio fortemente critico gli avvenimenti che sono stati assunti come una vera e propria Genesi
della modernità. Il lavoro è stato coordinato dal Padre domenicano
Renaud Escande; il libro, infatti, è pubblicato dalla casa editrice
Cerf, che è l’editore dell’Ordine Domenicano di Francia, un piccolo
editore quindi, specializzato in testi di storia e di teologia e con
scarsa capacità di diffusione. Tuttavia l’importanza dell’argomento
trattato ha fatto di questo libro un eccezionale successo di vendite in
Francia, nonostante le recensioni negative della grande stampa, tutta
asservita a una classe dirigente che seppure a vario titolo si richiama
all’evento fondante della Repubblica Francese.
Il libro è una raccolta di saggi scritti
da diversi specialisti della materia: professori universitari di
storia, di diritto, di letteratura, giornalisti, saggisti. Il volume è
diviso in tre parti: la prima ricostruisce alcuni avvenimenti chiave
riportandoli alla loro effettiva portata, la seconda parte è dedicata
agli intellettuali che hanno riflettuto e scritto sugli avvenimenti
rivoluzionari, la terza parte è un’antologia di testimonianze dell’epoca
rivoluzionaria.
Naturalmente l’avvenimento che è stato preso a simbolo della Rivoluzione è la presa della Bastiglia, che viene presentata nei manuali di storia
come un fatto di portata apocalittica. In realtà il 14 luglio 1789 si
svolse un’azione essenzialmente dimostrativa: una folla di esaltati,
sobillati dagli affiliati alle logge massoniche, assalta la
fortezza-prigione e al termine della giornata restano sul terreno un
centinaio di morti. Un’inezia rispetto a quello che accadrà negli anni
successivi. A partire da quel momento l’autorità del re comincia a
vacillare: l’Assemblea Nazionale sembra prendere la strada di una
monarchia costituzionale, ma gli avvenimenti precipitano e la tensione
si accumula minacciosamente nella vita politica francese.
Il gran ballo rivoluzionario comincia
con l’assalto al reggimento della Guardia Reale. Il re di Francia aveva,
come il papa, un reggimento di guardie svizzere che vegliava sulla
sicurezza della famiglia reale. Gli Svizzeri del re erano reclutati sia
nei Cantoni cattolici che in quelli protestanti: si trattava di un corpo
d’élite in cui le divisioni religiose erano superate in nome della
comune fedeltà al sovrano. Il 10 agosto 1792 una canaglia di ubriachi
attaccò il palazzo delle Tuileries travolgendo le guardie svizzere che
vennero massacrate in breve tempo dagli aggressori che erano in numero
soverchiante. I rivoluzionari si accanirono sui cadaveri mutilandoli e
agitandoli come burattini, alcune donne tagliarono il sesso ai morti
portandolo in giro come un trofeo…
Questo episodio diede una pessima
impressione all’estero della Francia rivoluzionaria, e la Svizzera dovrà
patire ancora le violenze francesi quando gli eserciti repubblicani
occuperanno il territorio elvetico seminando il terrore: al canto degli
inni rivoluzionari i Francesi incendiavano le chiese parrocchiali dopo
avervi chiuso dentro gli abitanti dei villaggi!
I
testi sulla figura di Luigi XVI sono tra i più interessanti. L’ultimo
sole di Versailles venne dipinto dai rivoluzionari come un mostro
autoritario e dispotico, ma in realtà il re aveva un carattere
estremamente mite e quasi arrendevole (un tratto, questo, che lo
accomuna a Nicola II, l’ultimo zar). L’operato di Luigi XVI non è
diverso da quello di altri monarchi illuminati del tempo: impulso agli
studi scientifici, concessione della libertà religiosa a ebrei e
protestanti, sviluppo della marina militare e mercantile…
Ma per i rivoluzionari era importante
colpire l’istituzione monarchica e dare l’esempio a future rivoluzioni.
Nel processo-farsa celebrato contro il monarca l’accusa si scatenava in
insulti che sfioravano il grottesco: tigre, coccodrillo, rinoceronte…
Alcuni giacobini enunciavano il concetto
che uccidere un re non è reato: slogan simili hanno avuto grande
fortuna anche in circostanze più vicine a noi!
Robespierre definì Luigi XVI un
“criminale contro l’umanità” aprendo la strada a concetti che troveranno
applicazione in procedure giuridiche inverosimili: dal processo di
Norimberga a quello contro Saddam Hussein.
Luigi XVI col suo atteggiamento fatalistico non tentò nemmeno una difesa efficace e salì alla ghigliottina recitando il Salmo 3:
«Signore, quanto sono numerosi i miei nemici».
Analoga sorte toccherà a Maria
Antonietta. La moglie di Luigi XVI era famosa per il suo stile di vita
lussuoso e superficiale, ma della regina di Francia tutto si poteva dire
tranne che fosse cattiva o che avesse un brutto carattere. Eppure
nemmeno a lei furono risparmiati gli sberleffi e le crudeltà. Rinchiusa
in carcere con i figli, fu poi separata dall’erede al trono, il piccolo
Luigi XVII. Quando i carcerieri vennero a prendere il bambino Maria
Antonietta per oltre un’ora oppose resistenza, finché le guardie
dovettero minacciare di uccidere il fanciullo. Il Delfino di Francia
venne chiuso in una cella vicina da dove la madre poteva sentirlo
piangere quando i carcerieri infierivano contro di lui con ogni genere
di maltrattamenti. Il capitolo dedicato al martirio dell’erede al trono è
il più toccante di tutto il libro: è difficile credere che ci si possa
essere accaniti a quel modo su un bambino di otto anni che non poteva
avere alcuna responsabilità politica. Dopo averlo separato dalla madre i
carcerieri lo tennero da solo in un’altra cella, poi lo chiusero in una
cella d’isolamento completamente buia dove gli veniva passata la
scodella del rancio da una fessura. Dopo sei mesi dei medici entrarono
nella cella per visitare il detenuto: il bambino era in stato di
semicoscienza, coperto di escrementi, di pulci e di vermi, con le membra
rattrappite doloranti ad ogni movimento. Morì dopo qualche settimana di
agonia. I testimoni che lo hanno visto in carcere affermano che mai
sentirono parole di odio da lui: il piccolo Luigi non fece altro che
invocare il perdono di Dio sui suoi carnefici (e quando gli aguzzini lo
vedevano pregare gli gettavano addosso un secchio di acqua gelata).
Il libro propone anche riflessioni su
personaggi che si prestano a interpretazioni originali, uno di questi è
Saint-Just che per certi versi si può considerare come un precursore del
fascismo. I presupposti egualitari della Rivoluzione francese sono
certamente inconciliabili coi valori gerarchici dei regimi fascisti, ma
una certa concezione centralizzata e monolitica dello stato elaborata
dai rivoluzionari è stata assunta anche dal nazifascismo. Saint-Just fu
un convinto sostenitore di queste idee, inoltre la passione per gli
esercizi fisici e per le imprese militari lo rende simile a certi
stereotipi cari a Mussolini e Hitler; tanto più che Saint-Just era
assillato da un’ansia di purificazione radicale della società che
ispirerà anche i regimi di estrema destra. Saint-Just mostrò una
dedizione totale alla causa rivoluzionaria guadagnandosi il soprannome
di “Arcangelo del Terrore”, e nel 1794 seguirà sulla ghigliottina il suo
capo carismatico, Robespierre. Dunque un accostamento un po’ ardito
quello tra Saint-Just e il fascismo, ma non del tutto peregrino e
meritevole di ulteriori approfondimenti.
La
cultura illuminista, che si era affermata in nome della tolleranza, non
appena giunta al potere getta la maschera cominciando la persecuzione
antireligiosa. Comincia quindi l’epoca delle battaglie laiciste che
pretendono di cancellare il sentimento religioso non solo dalla vita
pubblica ma anche da quella privata, al grido di “nessuna tolleranza con
gli intolleranti”, altro slogan che gode di grande fortuna ancora oggi.
Nel periodo del Terrore circa 8000 religiosi vennero giustiziati.
Inoltre frati e suore vennero sciolti dai voti e invitati a lasciare i
monasteri, ma in realtà furono una minoranza coloro che scelsero di
tornare alla vita laica, quindi non erano poi tanti i reclusi forzati di
cui parlavano i philosophes illuministi.
Lo specialista Reynald Secher affronta
il delicato tema della guerra di Vandea, scheletro nell’armadio della
Rivoluzione. Il conflitto della Vandea è la prima guerra di sterminio
dell’epoca moderna e per molto tempo è stato oggetto di una
manipolazione della memoria che si è tradotta in un vero e proprio
“memoricidio” che ha segnato a lungo la coscienza civile francese.
Il libro si sofferma anche sulle
devastazioni al patrimonio culturale causate dalla furia rivoluzionaria:
nella fase più accesa del movimento sovversivo furono devastate le
chiese, distrutti emblemi araldici e statue di nobili e di sovrani. Nel
caos rivoluzionario si verificarono gravi danni anche alle biblioteche
soprattutto monastiche: molti preziosi codici medievali vennero dati
alle fiamme o furono utilizzati per fabbricare cartucce.
Ci sono episodi che mostrano a quale
livello di delirio e di deformazione della realtà possa arrivare
l’atteggiamento ideologico della mentalità rivoluzionaria. Emblematico è
il caso della marina militare. Luigi XVI, appassionato di viaggi
navali, aveva dedicato molte energie alla ristrutturazione della marina
militare, e raccolse i frutti del suo impegno: nel corso della
Rivoluzione americana la marina francese ottenne brillanti successi
contro gli Inglesi, mettendo a rischio la consolidata supremazia della
marina britannica. Nella marina militare gli ufficiali erano tutti
nobili, chi non era di famiglia nobile poteva comandare solo navi
mercantili. Con la Rivoluzione, nelle navi militari si formano assemblee
di marinai che prefigurano i Soviet del 1917; molti ufficiali nobili
vengono uccisi o incarcerati e agli ufficiali della marina mercantile
viene data la facoltà di comandare navi militari senza nemmeno
verificare la loro effettiva preparazione. Un ufficiale militare doveva
avere competenze tecniche di eccellenza per guidare una nave in
combattimento, per fare manovre di squadra e per dirigere il tiro
dell’artiglieria: l’inesperienza degli ufficiali mercantili incide
pesantemente sull’esito delle battaglie navali e la marina di Sua Maestà
Britannica comincia a inanellare una serie di spettacolari vittorie
sulla flotta francese. Pochi anni dopo Napoleone dovrà rimpiangere la Marine Royale!
Nel campo legislativo i rivoluzionari
volevano attuare le utopie illuministe: si pensava di poter arrivare
alla massima semplificazione del diritto in modo da permettere a tutti
di fare a meno degli avvocati! In realtà fin dall’inizio il governo
rivoluzionario si caratterizza per una assurda proliferazione di leggi:
le democrazie moderne sotto quest’aspetto sono davvero le degne eredi
della Rivoluzione…
Ma per certi versi il diritto fu
effettivamente semplificato: negli anni del Terrore i processi per reati
politici si svolgevano sulla base di sospetti e delazioni e gli
imputati erano condannati con procedimenti sommari e improvvisati!
Un campo in cui i rivoluzionari si impegnarono particolarmente era quello del diritto di famiglia. Nelle legislazioni dell’Ancien Régime la
figura del padre di famiglia corrispondeva a quella del sovrano nella
nazione, per cui preoccupazione eminente dei rivoluzionari era
l’abbattimento dell’autorità patriarcale, l’introduzione del divorzio,
l’allentamento dei vincoli famigliari. Si cominciava a parlare di
femminismo e di “educazione collettiva”: la società contemporanea ha
portato a termine quest’opera di dissoluzione della famiglia naturale in
un modo che non poteva essere più completo!
Molto interessante è il saggio di Jean
Tulard sull’atteggiamento di Napoleone verso gli avvenimenti
rivoluzionari. Le testimonianze disponibili mostrano che al giovane
Bonaparte interessava una sola cosa: la battaglia per l’indipendenza
della sua Corsica. La Rivoluzione sembra lasciare indifferente il
giovane ufficiale d’artiglieria, che comincia a entrare nella vita
politica solo in virtù dei suoi incarichi militari. Napoleone cavalca i
miti rivoluzionari, ma una volta giunto al potere instaura lui stesso
una nuova monarchia che scontenta i partigiani più “progressisti” del
1789. Non c’è dubbio comunque che l’Imperatore dei Francesi sarà sempre
legato alla diffusione delle idee illuministe su scala europea.
Stéphane Courtois, lo storico che ha coordinato il lavoro per la pubblicazione de Il libro nero del comunismo,
evidenzia le similitudini fra la Rivoluzione francese e la Rivoluzione
russa. Il parallelismo dei due fenomeni è evidente, e gli stessi
rivoluzionari russi prendono a modello Robespierre: in effetti il
comunismo non ha fatto altro che amplificare ed elevare all’ennesima
potenza la prassi operativa del Terrore. È indicativo come entrambe le
rivoluzioni abbiano anche imboccato la via dell’autoassoluzione: quando
Krusciov denuncia i crimini di Stalin in realtà denuncia l’apparato di
potere cui lui stesso appartiene, così come la Repubblica Francese
inscenò un processo-farsa per i crimini di guerra in Vandea, crimini di
cui erano responsabili gli stessi membri della Convenzione, che ebbero
la faccia tosta di presentarsi come salvatori della patria dopo aver
mandato alla ghigliottina il loro dittatore Robespierre.
Michaël Bar Zvi tratta del rapporto fra
ebrei e Rivoluzione francese. Questo breve saggio è decisamente
spiazzante, poiché Bar Zvi ritiene che l’emancipazione ebraica
abbia…esposto gli ebrei a ulteriori discriminazioni! In realtà l’effetto
forse più gravido di conseguenze del 1789 è proprio l’abolizione delle
interdizioni giudaiche che ha permesso agli ebrei un’irresistibile
ascesa ai vertici della scala sociale, anche se è verosimile pensare che
all’epoca i piani sionisti fossero confinati a una ristretta cerchia di
rabbini. Nell’Assemblea Nazionale del 1789 si enunciò il principio per
cui occorreva riconoscere tutto agli ebrei in quanto individui e nulla
in quanto comunità religiosa. Il principio sul piano giuridico non fa
una grinza, ma gli ebrei continuarono ad avere un atteggiamento
settario, al punto che lo stesso Napoleone dovrà tornare sui passi
rivoluzionari rimettendo in vigore alcune restrizioni nei confronti
della comunità ebraica. Le tesi di Bar Zvi sono mutuate da quelle della
filosofessa ebrea Hanna Arendt, che riteneva inaccettabile che gli ebrei
rinunciassero allo statuto di “popolo eletto” sottoponendosi
all’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Alla luce di quanto è
avvenuto negli ultimi due secoli, si deve constatare che la lobby
ebraica deve tutto ai principi egualitari dell’89. Più interessante
sarebbe piuttosto approfondire la storia della famiglia ebraica
Rothschild, che proprio nel periodo delle guerre napoleoniche incrementa
immensamente le sue fortune economiche finanziando gli opposti
schieramenti e mantenendo uno stato di perenne conflittualità fra le
nazioni d’Europa.
Il Padre domenicano Jean-Michel Potin analizza i famosi concetti rivoluzionari liberté, égalité, fraternité,
mostrandone tutta l’astrattezza e la pretestuosa applicazione. Questi
concetti, infatti, sono estremamente vaghi e suscettibili di
interpretazioni che possono essere le più svariate e le più antitetiche:
dal Cristianesimo all’illuminismo, dal comunismo al nazionalismo queste
parole sono state adattate ai contesti più eterogenei.
La seconda parte del libro esamina
l’interpretazione critica degli avvenimenti rivoluzionari da parte di
alcune importanti figure intellettuali. Da Rivarol che appassionò Ernst Jünger, a Nietzsche, il più penetrante critico dell’egualitarismo, ai cattolici militanti come Bloy, Péguy, Bernanos…
Fra i pensatori controrivoluzionari i
più interessanti sono indubbiamente Joseph de Maistre e Louis de Bonald.
Il savoiardo de Maistre è tra i primi a rilevare come gli ideali
pacifisti dell’illuminismo nella loro attuazione pratica abbiano
scatenato l’era delle guerre totali e della militarizzazione della vita
civile. Louis de Bonald elabora una sorta di ideologia
controrivoluzionaria organizzata sul concetto di ordine trinitario:
clero, nobiltà, borghesia, e nel microcosmo famigliare padre, madre e
figli. Quasi una rivisitazione delle concezioni tripartite degli Indoeuropei!
Un’importante figura che segna un salto
di qualità nel pensiero conservatore è quella di Donoso Cortés, che
riflettendo sugli avvenimenti del 1848, ispirati al 1789 e aggravati dal
nascente virus del comunismo, comincia a elaborare l’idea di una
risposta radicale all’egualitarismo rivoluzionario: per opporsi alle
rivoluzioni occorre una dittatura che assume i connotati di un
intervento miracoloso nell’ordine divino.
Una figura da tener presente è quella
dello storico Augustin Cochin (1875-1916) che ha dedicato la sua
attività di ricerca al ruolo della Massoneria nella Rivoluzione
francese. Questo originale studioso ha messo in luce le assurde
imposture della cultura “democratica”, che elabora nel segreto delle
logge le parole d’ordine che vengono poi divulgate come espressione
della “volontà generale”. Il XXI secolo ha portato alle estreme
conseguenze queste strategie di comunicazione col risultato di una
totale alienazione degli individui dalla sfera della politica.
Fra i critici della Rivoluzione non si può non menzionare Charles Maurras. Il faro intellettuale dell’Action Française denunciava
il sistema plutocratico nato dal 1789, l’emancipazione degli ebrei,
nonché la dittatura delle parole, che ha impoverito e standardizzato il
linguaggio. Inoltre Maurras stigmatizzava la cancellazione delle
identità locali messa in atto dalla concezione rivoluzionaria della
patria “una e indivisibile”.
La terza parte del libro raccoglie
testimonianze dell’epoca che ci informano su alcuni momenti salienti del
processo rivoluzionario. Leggere queste pagine lascia ancora oggi
esterrefatti per la brutalità e l’efferatezza degli avvenimenti narrati.
Rasenta l’inverosimile la descrizione dei cimiteri parigini nel periodo
del Terrore. Nella sola Parigi si poteva arrivare a giustiziare
centinaia di persone al giorno e i cadaveri dei ghigliottinati erano
talmente numerosi che venivano sepolti a fior di terra: le salme
emanavano un fetore insopportabile e dai cimiteri colavano rivoli di
carne umana in decomposizione. Le autorità dovettero provvedere a un
eccezionale ampliamento delle aree cimiteriali e un architetto arrivò
perfino a progettare un gigantesco forno crematorio a forma di piramide:
un simbolo molto caro alla Massoneria…
Queste pagine che testimoniano della
inaudita violenza rivoluzionaria dovrebbero sempre essere richiamate
alla memoria quando la classe dirigente democratica esibisce la sconcia
retorica delle “pari opportunità”. Il mondo moderno, nato dalla
Rivoluzione dell’89, è ancora oggi in larga parte influenzato dalla
prassi rivoluzionaria. La lunga ombra del Terrore arriva fino a noi, con
i diktat paranoici della correttezza politica, che si ispirano ai
“certificati di civismo” istituiti dal governo rivoluzionario, con la
“legge dei sospetti” di Robespierre che si prolunga nei moderni reati
d’opinione: razzismo, antisemitismo, revisionismo, sessismo, omofobia…
L’appiattimento della personalità
prefigurato dall’illuminismo è stato pienamente attuato dalla società di
massa contemporanea, e la distruzione delle caste naturali ha lasciato
il campo a caste artificiali i cui privilegi non sono giustificati da
alcuna funzione sociale.
La Francia ha celebrato trionfalmente i
primi due centenari della Rivoluzione, ma oggi ci si chiede se sarà
festeggiato un terzo centenario. L’Europa è avviata a un processo di
putrefazione multietnica forse irreversibile. Verosimilmente fra qualche
decennio i musulmani saranno una larga maggioranza in Europa, quindi i
“valori laici” della Rivoluzione andranno letteralmente…a farsi
benedire!
Se poi l’Europa dovesse vivere un
sussulto di orgoglio identitario che risvegli le coscienze assopite dei
suoi popoli, allora le istanze egualitarie del 1789 saranno il nemico
pubblico numero uno in sistemi politici basati sulla gerarchia. Pare
insomma che non ci sia alcun futuro per i sacri principi dell’89, che
alla prova della storia mostrano di essere stati la condanna a morte
della civiltà europea.
* * *
AA. VV., Le livre noir de la Révolution française, Cerf, Paris 2008, pp.882 € 44,00 www.editionsducerf.fr
http://www.centrostudilaruna.it/il-libro-nero-della-rivoluzione-francese.html
http://www.centrostudilaruna.it/il-libro-nero-della-rivoluzione-francese.html
Nessun commento:
Posta un commento