di Maurizio Barozzi
"Le “rivelazioni” fantasiose e non provate che sfiorano la storia e fanno confusione"
09.06.2010 - Sulla morte di Mussolini, a parte la contraddittoria e poco attendibile “vulgata” (come la definì Renzo De Felice) o “versione ufficiale” o versione di Walter Audisio, [1] tra le altre tante versioni “ alternative ”, in genere tutte sostanzialmente indimostrabili e molte delle quali eccessivamente fantasiose, è necessario parlare di quella che per il suo fascino di “spy story” ed i riferimenti al famoso Carteggio Mussolini / Churchill, risulta essere la più citata, specialmente nelle ricostruzioni televisive condizionate dall'audiens.
Ci riferiamo
alla sorprendente rivelazione, rilasciata nei primi anni ‘80 da un ex
partigiano, un certo Bruno Giovanni Lonati, nome di battaglia “ Giacomo ”,
dicesi ex commissario politico della 101 ° Brigata Garibaldi (e anche
comandante di una divisione partigiana, formata da tre brigate operanti
in Milano) che asserì di aver ucciso Mussolini, in combutta e per conto
di un misterioso John , ufficiale inglese.
Ne vogliamo parlare perchè non solo su la improponibile “ versione ufficiale ”
di Walter Audisio, infarcita di contraddizioni e assurdità, è
necessario fare chiarezza, ma altrettanto deve essere fatta su quelle “ versioni alternative ” che finiscono per aumentare la confusione ed allontanare dalla verità [2].
Questa “rivelazione” del Lonati, fu accennata a maggio del 1982 in un capitolo della biografia di “Claretta”
realizzata da Roberto Gervaso, Ed. Rizzoli, ma fu poi meglio esposta
dallo stesso Lonati, in un libro (che lui dice di aver scritto nel
1981): “ Quel 28 aprile. Mussolini e Claretta la verità” edizioni
Mursia, pubblicato nel 1994 e recentemente ristampato (a lato la
copertina). Nel frattempo e successivamente il Lonati concesse alcune
interviste, partecipò a qualche servizio televisivo e così via,
dovendosi sempre barcamenare tra lo scetticismo e l'incredulità, ma
anche qua--lche estimatore o comunque ascoltatori non proprio avversi
alla sua rocambolesca versione dei fatti.
Intanto occorre precisare che questa del Lonati non è una ipotesi, ma trattasi di una vera e propria versione dei fatti di colui che si definisce partecipante diretto, anzi esecutore di Mussolini. Non c'è niente da indagare :
o ci si crede o la si rifiuta. Prima di esaminarla però facciamo una
premessa: tutte le versioni che vorrebbero attestare interventi ultra
tempestivi di fantomatici agenti segreti (inglesi) che scovano il
nascondiglio del Duce (Bonzanigo) e vi si recano per ammazzarlo sul
posto, hanno un bel problema da risolvere e spiegare:
- o con esse
si dimostra che è presente all'azione almeno uno di questi partigiani
che a notte alta del 28 aprile 1945 tradussero a Bonzanigo i
prigionieri, ovvero: Pietro Michele Moretti, Neri Luigi Canali, Pedro Pier Bellini delle Stelle (o forse Gianna Giuseppina Tuissi), [3] in pratica un elemento conosciuto dai carcerieri lasciati di guardia a Mussolini e Clara Petacci in casa De Maria, cioè Sandrino Guglielmo Cantoni e Lino Giuseppe Frangi;
- oppure,
oltre che dimostrare come si venne in possesso delle necessarie
informazioni che indicavano dove da poche ore era stato nascosto il
Duce, occorre anche spiegare la mancata reazione armata dei due
guardiani rimasti in casa De Maria, alla vista di uomini sconosciuti.
Come vedremo
questa versione del Lonati ci risolverà il problema con uno scaltro
espediente degno di Gianluigi Bonelli, il fantasioso autore di fumetti
avventurosi.
Il Lonati,
nato a Legnano nel 1921, al tempo dei suoi primi racconti (riferiti,
egli afferma, dopo un impegno d'onore di mantenere il segreto per 35
anni) è un 61enne residente a Brescia. Aveva lavorato alla Franco Tosi
fino al 1956 poi, trasferitosi a Torino, aveva ricoperto incarichi
dirigenziali alla Fiat (sembra che nel febbraio del 1946 era uscito dal
partito comunista, dove aveva anche conosciuto Aldo Lampredi, il
compagno Guido Conti e da quel momento aveva abbandonato ogni
impegno politico). In seguito aveva poi lavorato come dirigente e poi
consulente in alcune aziende anche al Sud.
LA MISSIONE DI JOHN E GIACOMO
Egli afferma che il 27 aprile 1945 un certo “ capitano John ”
dell'esercito inglese, di origini italiane meridionali (inquadrato come
agente del Servizio Informazioni britannico alle dirette dipendenze del
generale H. Alexander) ebbe a contattarlo per chiedergli di radunare
alla svelta altri due o tre partigiani onde eseguire una importante
azione.
Fatto sta che radunati dal Lonati tali Bruno, Gino e Lino
(uno di Monza, un altro del Pavese e il terzo non si sa) di cui non si
conoscono le generalità, la squadra per questa storica, ma segreta
impresa fu bella e pronta. Ovviamente, nonostante gli sforzi profusi,
non si riuscirà mai a rintracciare con certezza uno di questi
partigiani citati dal Lonati [4].
Dicesi che
questo ufficiale britannico (alto, snello, ottimo italiano, spacciatosi
per agente di commercio, che ovviamente tutto sembrava meno che inglese)
si trovava già da qualche mese in Italia e reggeva una vasta rete di
agenti ed informatori, ramificata in tutta la Lombardia, preposta al
rifornimento delle bande partigiane.
In quei giorni di fine aprile l'ufficiale inglese alloggiava alla pensione di via Vallazze a Milano ove vi alloggiava anche Giacomo, il Lonati il quale, però, aveva già avuto modo di conoscerlo dal marzo '45 quando gli era stato presentato da Aldo Lampredi.
Comunque sia questo John era entrato immediatamente in azione già
dal pomeriggio del 27 aprile 1945. In pratica, l'inglese, dopo aver
spiegato il suo intento di rintracciare preziosi carteggi in possesso di
Mussolini e magari riuscire a catture il Duce stesso, chiese l'aiuto di
Lonati e degli altri partigiani che subito si resero disponibili.
Il mattino
successivo seppero che il Duce era stato catturato e l'inglese ben
presto informò il Lonati che bisognava rintracciarlo e sopprimerlo.
Già da qui si
noti come il Lonati, a dar retta al suo racconto, si sia subito messo a
disposizione di uno straniero (l'inglese) senza richiedere le dovute
autorizzazioni al CLNAI o al CVL o ad altre strutture di brigata dalle
quali pur doveva dipendere.
Ma quello che
è più grave è il fatto che questi importanti documenti, appartenevano
allo Stato italiano e semmai avrebbe dovuto essere la provvisoria
autorità del CLNAI, rappresentante del governo Bonomi al Nord, a girarli
successivamente ai britannici.
E gravissimo
è anche il fatto che il Lonati si dichiarerà poi disposto ad uccidere
Mussolini (un inerme prigioniero) per tacitarlo dietro ordine di uno
straniero, quando anche questa richiesta doveva essere autorizzata dal
CLN / CVL. Invece il Lonati, era partito con l'inglese e questi tre
uomini trascinati dietro non si sa bene con quale autorità [5] .
Ma siamo andati troppo avanti, torniamo alla sera del 27 aprile, quando il gruppetto “ italo-inglese” , partito da Milano e giunto a Como, si diresse subito verso Brunate (la cosiddetta montagna di Como) dove, in una villetta, un misterioso uomo sulla quarantina, certo Franco,
di cui non si sa chi sia o comunque come sarebbe stato preavvertito, li
attendeva (del resto le spy story devono avere i loro misteri).
L'ufficiale inglese confabulò con costui e subito, il Franco, “ l'uomo misterioso”,
si assentò fino alle ore 8 del mattino successivo (28 aprile), e cioè
fin quando tornò e portò la notizia che Mussolini era stato portato tra
Bonzanigo e Mezzegra (come abbia fatto a trovare queste informazioni,
visto che tra l'altro Mussolini era stato trasferito in gran segreto a
casa dei contadini De Maria intorno alle 4 del mattino, è un altro
mistero) [6].
Fatto sta che
alle 8,30 del 28 aprile 1945, tutti i cinque del commando, si misero in
macchina diretti verso l'alto lago. Strada facendo si imbatterono in un
posto di blocco di partigiani (Argegno) per cui ne nacque un conflitto a
fuoco, in qualche modo superato nonostante la perdita di Lino ,
ucciso da una raffica di mitra. La sua sepoltura rimase ignota, dice il
Lonati, perche i partigiani, avendogli tolto i documenti, lo
seppellirono da qualche parte.
Ci sarebbe da
chiedersi però, come mai lui, che era il suo comandante e pur l'aveva
coinvolto in questa avventura, non si preoccupò, a missione finita, di
rintracciarne almeno le spoglie.
Dopo
Tremezzo, il gruppetto così ridotto incontrò un secondo informatore,
descritto con cappello da alpino, segnalatogli precedentemente dal
misterioso Franco.
Ovviamente il
“fumettone” del Lonati non poteva farsi mancare le parole d'ordine di
riconoscimento tra loro, che come aveva informato il Franco erano: “Andiamo a fare una bella gita”, al che l' Alpino doveva rispondere “ So io un bel posto” .
Dunque,
l'”Alpino” indicò loro sommariamente casa De Maria a Bonzanigo, senza
però accompagnarli (anche qui, trovare proprio quella casa, nascosta
dietro un cancello di un palazzone in fondo ad una mulattiera, senza mai
esserci stati non è che fosse molto agevole).
INIZIANO LE INVEROSIMIGLIANZE
Fatto
sta che in un lasso di tempo tutto sommato celere (a causa dei molti e
sicuri posti di blocco e il dover trovare la casa) arrivarono sul posto,
dicesi intorno alle 10,30. Qui, fermata la macchina nel famoso spiazzo
erboso di via del Riale (al tempo mulattiera), John, Giacomo e i due partigiani superstiti, trovarono anche ben tre partigiani di guardia alla casa , uno con mitra e due invece armati con fucili tipo 91 corto, oltretutto allegramente fuori della casa.
Che
fossero poi fuori della casa alla vista di tutti (mettendo in mostra a
tutto il paese il segreto di quel nascondiglio) [7] è un altro
particolare incredibile, ma del resto visto che quella casa aveva un
entrata da un cancello e poi l'accesso attraverso certe scale intagliate
nel muro, se i guardiani fossero stati collocati dentro casa, come
naturale che fosse, era ben difficile spiegare come ci si era diretti a
colpo sicuro.
Comunque sia,
a parte la faccenda del terzo partigiano trovato in più a guardia della
casa, che sinceramente non si sa come sia scappato fuori, è ovvio che
tutto questo racconto non convince per niente tanto è improbabile e
fantasioso.
I tre
carcerieri, prosegue il Lonati, vennero ben presto disarmati con la
minaccia delle armi, dopo averli distratti con un modo di fare
amichevole e offrendogli sigarette (proprio come in un fumetto alla Tex
Willer e proprio come nei fumetti il nostro John tirerà fuori
corde e legacci dal suo portentoso zaino (che pare contenesse anche dei
leggeri impermeabili e un altra sua divisa) e legherà, mani e piedi, i
tre ex guardiani imbavagliandoli con i fazzoletti rossi che questi
avevano al collo [8].
Dei proprietari di casa, i coniugi De Maria, non si hanno notizie.
Il Lonati si limita a dire che vide uscire una donna dal basso e gli bastò gridargli:
<< se vuoi vivere chiuditi in casa e esci questa sera!>>, per
farla miracolosamente scomparire (e dobbiamo dire, risolvere nel
racconto anche il problema della presenza di questi due ingombranti
contadini).
Entrati in casa, John e Giacomo
cercarono invano i documenti segreti del Duce e quindi condussero i due
prigionieri sul ballatoio per poi raggiungere gli altri.
Il Lonati ci
informa anche che mentre l'inglese adirato ed eccitato cercava
dappertutto e non trovava questa borsa di documenti, che lui sapeva
Mussolini doveva avere, il Duce disse che gli era stata sequestrata a
Dongo, poi sorpreso e forse spaventato, come un perfetto imbecille che
non si rende conto dell'importanza della documentazione, chiese anche
perchè se la prendevano con lui e se la cosa fosse grave (roba da
matti).
Poco dopo
l'inglese informa il Lonati che, oltre al Duce, occorre sopprimere anche
la Petacci perchè, a suo dire, è a conoscenza di troppe cose.
L'intrepido
partigiano affermerà (ma guarda un pò) che non era d'accordo
nell'uccidere la donna, oltretutto proditoriamente senza che se ne
accorgesse, ma comunque si rimetteva all'autorità di John con
la sola riserva che lui (che galantuomo!) si sarebbe limitato a sparare
solo a Mussolini. Di fatto si sarebbe reso complice dell'omicidio di una
povera donna, sua connazionale, senza neppure sapere quali colpe poteva
avere.
Nel racconto
ci sono anche alcuni dialoghi tra il Lonati e la Petacci rimasti un
momento da soli, alquanto improbabili, come per esempio quello che una
donna (notoriamente passionale ed emotiva come la Petacci) avendo capito
che il Duce sarà ammazzato chiese al Lonati, che questo sia fatto senza
che lui se ne possa accorgere e senza colpirlo alla testa (mah!).
Infine
uscirono con i due prigionieri (Mussolini con un cappotto sulle spalle e
la Petacci che indossava una pelliccia) e dopo circa 200 metri,
scendendo verso via del Riale, si fermarono ad un crocevia con un
viottolo (oggi strada asfaltata) dove qui, con una scusa, spinsero la
coppia contro una specie di recinzione a rete metallica.
Così dice il Lonati nel suo libro; poi in un documentario per la Televisione (Raitre, La grande storia – Mussolini l'ultima verità, 2004,
una inchiesta realizzata con la collaborazione di M. L. Forenza e P.
Tompkins e che riporta anche interviste rilasciate anni prima) [9] il
Lonati in persona, nelle riprese, indicò appunto una lunga parete di
delimitazione, formata da un basso muretto con sopra la rete metallica,
davanti alla quale sarebbe avvenuta la morte del Duce e di Claretta.
En
passant: gli abitanti di quei luoghi hanno fatto notare ai ricercatori
storici che questa “parete”, così come indicato dal Lonati, nel 1945
ancora non esisteva! [10]
Arrivati a
questo punto, per carità di patria, dovremmo finirla qui, ma visto che
ci siamo, andiamo avanti e facciamoci qualche altra risata (amara però).
John e il
Lonati chiesero ai prigionieri di fermarsi e tacere e quindi senza
pensarci due volte aprirono improvvisamente il fuoco con i mitra Sten :
Lonati verso Mussolini, prima un colpo al cuore e poi un scarica di
circa 4 colpi e l'inglese verso la Petacci, una raffica un pò più lunga
che la raggiunse al petto. Erano poco più delle 11 del 28 aprile, in un
paese miracolosamente deserto.
L'inglese,
organizzatissimo, scattò anche una serie di foto, con una macchina
fotografica estratta dal solito zaino e quindi invitò tutti ad andar via
altrimenti disse, se arrivava qualcuno, potevano fare la fine di quelli
che loro avevano fucilato. Cosicché i quattro se la filarono alla
svelta ed i cadaveri vennero lasciati sul posto così com'erano, coperti
alla meglio dal pastrano del Duce
Cosa fecero
nel frattempo i tre ex carcerieri, legati e resi impotenti, una volta
usciti Lonati e compagni, non si sa: non avrebbero potuto liberarsi,
avere altre armi? E i proprietari, i coniugi De Maria, tutti buoni e
zitti ? Beato chi ci crede!
Ma una semplice considerazione dimostra come tutto questo racconto sia inverosimile:
alle
11 del mattino, infatti, in quel piccolo borgo di Bonzanigo, in men che
non si dica i due cadaveri così abbandonati per terra sarebbero stati
scoperti e tutti gli abitanti, dicasi tutti, seppur non molti, del posto
e dintorni (Azzano, Giulino, Mezzegra), comprensivi di alcuni sfollati
ivi provvisoriamente residenti, sarebbero accorsi a vedere lo
“spettacolo”.
Come
poteva poi, a che fine e con quale credibilità, il PCI mettere in atto
la sceneggiata della finta fucilazione del pomeriggio (anche se magari
avesse avuto in extremis dagli inglesi l'assicurazione che loro non
avrebbero parlato)? [11]
Resta il fatto che a differenza delle ipotesi e testimonianze alternative
alla “versione ufficiale”, che pur nelle loro inesattezze o
ricostruzioni fantasiose possono però sempre avere qualche elemento,
qualche dettaglio, qualche attestazione di presenza in quegli eventi,
utili ad una ricostruzione dei fatti, questa di Lonati, non ha nessun
elemento, nessun dettaglio, nessuna testimonianza utile o dimostrabile!
E' un prendere o lasciare che non serve a niente.
STUDI SU LA DINAMICA BALISTICA DELLA FUCILAZIONE E SUI REPERTI
NON SI ACCORDANO CON IL RACCONTO DI LONATI
Già la
dinamica degli spari, con il fatto che la Petacci ed il Duce sarebbero
stati uccisi con due mitra Sten cal. 9, pone qualche interrogativo,
dato che invece si ipotizza l'utilizzo di almeno un mitra calibro 7,65 e
di altri colpi, forse di pistola, calibro 9, ma questo non vuol dire
nulla visto che sui calibri utilizzati non si hanno rilievi
oggettivamente sicuri e ogni altra ricostruzione balistica, entro certi
limiti, è possibile [12] .
Più problematico
è invece il fatto che Mussolini fu probabilmente colpito da due
tiratori, come dimostra la geografia distanziata e alcune traiettorie
dei colpi pre mortali che lo attinsero, [13] e non da
uno solo e la Petacci venne colpita alla schiena e non al petto come si
evince chiaramente dai fori sullo schienale della sua pelliccia e dalle
foto delle ferite che mostrano alcuni colpi “ in uscita” sul petto alquanto corrispondenti allo squarcio nel retro della pelliccia..
Ma questo suo
racconto il Lonati cominciò a scriverlo nel 1981 quando tanti
particolari non erano ancora molto chiari e, a quel tempo, neppure era
stata ancora ben messa a fuoco la mancanza di fori sul giaccone indosso
al cadavere di Mussolini e il suo stivale dx che aveva la chiusura lampo
rotta (si pensava ad una “scucitura”), motivo per il quale non
potendosi chiudere non avrebbe potuto mantenersi fisso nel piede e
quindi non ci si poteva camminare agevolmente .
Questi ultimi
due elementi oggettivi, infatti, una volta che furono ulteriormente ben
analizzati e valutati (lo stivale nei primi anni novanta e per il
giaccone i primi anni del nuovo millennio) già da soli avevano smontato
la versione della fucilazione fornita da Audisio, valevano anche per il
Lonati [14].
In
sintesi: se Mussolini attinto da ben 9 colpi, alcuni dei quali da
distanza ravvicinata, non presentava nel giaccone a maniche raglan,
indosso al suo cadavere (così come si vede in piazzale Loreto), fori o
strappi quali esisti di una fucilazione, è ovvio che fu rivestito da
morto e che quando fu ucciso si trovava in deshabillé [15] .
Altrettanto,
se il suo cadavere porta al piede destro uno stivale completamente
aperto, perchè non si può richiudere essendo saltata la saracinesca
(lampo) di chiusura, forse nel tentativo di farlo indossare ad un
cadavere in rigor mortis, è altrettanto ovvio che in quelle condizioni
non poteva aver camminato per i viottoli scoscesi di Bonzanigo!
Per la morte
della Petacci infine c'è, come detto, il particolare che il Lonati
asserisce che fu colpita improvvisamente al petto, una dinamica che mal
si adatta ai sia pur pochi riscontri sul cadavere della donna, anche
perchè egli non ha neppure descritto fasi caotiche durante l'esecuzione
(le strampalate versioni di Audisio asserirono che la Petacci si muoveva
sconsideratamente aggrappandosi al Duce). D'altronde, seppur ci ha
pensato, non era certo edificante riportare che la Petacci era stata
vigliaccamente uccisa alle spalle dall'inglese.
Quindi,
ignorando tutto questo, la versione della fucilazione del Lonati, viene a
pensare, che fu calibrata su quella mendace di Valerio (raffiche con il mitra Mas da tre passi). Peccato per lui [16]. Ma andiamo ancora avanti.
ALTRE INVEROSIMIGLIANZE
Terminata questa epica impresa, i nostri eroi tornarono a Milano, passando per Legnano il paese di Lonati, e si separarono con l'impegno al silenzio. Giacomo
se ne tornò al suo Comando in viale Lombardia. Successivamente però si
ritrovarono con l'inglese e fecero anche una bella cena di commiato.
Nell'occasione il John ,
circa le carte che avevano cercato fu alquanto evasivo e ribadì a tutti
di mantenere il più assoluto silenzio per almeno 35 anni. Poi tornò in
patria.
Come
poteva l'inglese fidarsi che i tre partigiani, due dei quali da lui
conosciuti solo nel corso di questa missione, in futuro mantenessero
veramente il silenzio lo sa solo la provvidenza, ma ancor più come sia
stato possibile che poi, ognuno andatosene per la sua strada, negli anni
nessuno di loro abbia confidato se non riferito, magari per racimolarci
qualche milione, questa strabiliante avventura è un altro enigma [17] .
Comunque, una semplice osservazione si rende subito evidente: questi agenti segreti con
licenza di uccidere, dalle 8,30 del mattino (partenza dalla villa di
Brunate), in circa due ore e trenta, avevano trovato il nascondiglio
segreto, superato ogni posto di blocco e ostacoli per strada, resa
innocua la vigilanza dei prigionieri e, ignorati da tutti, avevano
proceduto all'esecuzione! Audisio, secondo la versione ufficiale, ci aveva impiegato, dall'arrivo alla Prefettura di Como alla messa in scena di Villa Belmonte, ben otto ore! [18]
IL “RITROVATO” JOHN: C'E' MA NON SI FA VEDERE
In ogni caso il Lonati, come affermò in seguito, pare che rintracciò telefonicamente a Londra questo fantomatico John di cui lui, guarda caso, non sapeva il vero nome.
Subito la
stampa ha voluto dare un nome a questo agente inglese, in parte rivelato
dallo stesso Lonati: si dovrebbe trattare, viene asserito, di un certo
John Maccaroni nato in Gran Bretagna, figlio di immigrati italiani dal
meridione, volontario dell'esercito inglese, addetto allo Special Operations Executive. Altre fonti invece lo danno come un certo Roberto Maccarrone oriundo siciliano.
Comunque sia, racconta il Lonati (non nel suo libro, ma in spiegazioni e interviste varie), che nel 1981 i due (lui e il misterioso agente
segreto) risentitesi, si diedero appuntamento a Londra, dove egli
stesso si recò con la moglie. Meno male, dovremmo pensare, ora
finalmente avremmo potuto ottenere qualche attestato un pò più
convincente.
Macchè,
l'inglese non si fece vedere, sparito (anzi, asserì il Lonati, in
Inghilterra lui e la moglie furono persino pedinati).
Non si
capisce come, il Lonati, che pur venne fatto oggetto di incredulità e
non potendo addurre uno straccio di prova a conferma del suo racconto, [19] non abbia fornito elementi precisi per contattare questo fantomatico John
di cui egli ci informa che avrebbe fatto carriera ed era diventato un
alto dirigente dei servizi segreti inglesi e lui, sempre nel 1981, ne
aveva anche contattato il fratello che gestiva un importante negozio a
Londra.
Nel frattempo questa vicenda aveva riscosso un certo interesse, più che altro per i suoi risvolti spionistici e
per la solita smania dei mass-media di cavalcare tutto ciò che possa
fare clamore. Infatti il risalto maggiore, questa versione, l'ha avuto
nelle reti televisive, oltre che ad essere condivisa, pur senza portare
alcuna prova concreta a favore, dallo scrittore Peter Tompkins ex agente
americano dell'O.S.S.
In Italia, un
pò tutti ne hanno parlato e soprattutto sparlato senza costrutto, vista
l'appetibilità dell'argomento, ma forse solo lo scrittore storico
Luciano Garibaldi ha inteso dedicarsi ad una serie di verifiche che alla
fine l'hanno portato, seppur dubbioso, a dare un minimo di credito
almeno ad una parte di questa vicenda [20].
Lonati, da
parte sua, si prestò per girare un mezzo documentario sui luoghi del suo
racconto e, ridicolmente, a sottoporsi ad un test della macchina della
verità con esiti, oltretutto e purtroppo per lui, controversi, ma
sostanzialmente negativi.
L'INCREDIBILE STORIA DELLA DOCUMENTAZIONE AL CONSOLATO
Egli afferma anche di aver cercato, nel 1982, presso il Consolato generale inglese
di Milano e l'ambasciata di Roma, di ottenere una documentazione e di
entrare in possesso delle fotografie che l'inglese aveva scattato ai
cadaveri e che, trascorsi 50 anni (gli aveva assicurato al tempo John ), avrebbe potuto richiederle agli archivi britannici.
Non ridete,
ma egli racconterà adesso che dopo una ricerca del consolato inglese,
gli venne confermato che effettivamente queste foto e la documentazione
esistevano, che dovevano avere una autorizzazione da Londra per
procedere e comunque una copia egli l'avrebbe potuta avere alla scadenza
dei 50 anni da quella vicenda.
Dovremmo
quindi credere che foto di questa importanza storica, venale e
politica, in grado di sconvolgere una intera storiografia vennero, da
questo ufficiale inglese, depositate a suo tempo in qualche consolato
dove ancora allegramente giacevano negli uffici alla portata di tutti! E
dovremmo anche credere che Churchill, che come noto si era dannato per
recuperare ogni documentazione e far sparire prove del suo operato,
aveva consentito di lasciare in giro tracce così compromettenti e alla
portata di tutti! [21]
Fatto sta, quando nel 1995, alla scadenza di questi 50 anni, il nostro eroe scrisse all'ambasciata Britannica di Roma, non ebbe risposta e tutto finì lì.
E così anche questo riscontro venne a vanificarsi.
Qualcuno ha
supposto, leggendo le lettere scambiate tra Lonati e le ambasciate
britanniche e notando che queste non entrarono nel merito delle
richieste avanzate, non le smentirono, non elevarono denunce, ecc.,
poteva forse ritenersi un implicito silenzio – assenso alla vicenda.
Il
particolare lascia perplessi, ma probabilmente, di fronte a queste
richieste, gli addetti all'ambasciata, risposero formalmente, senza
entrare nel merito o forse meglio ancora, il Lonati aveva pur
partecipato in quei giorni di fine aprile 1945 e in quei posti a
qualche impresa sotto comando inglese, magari collegata alle vicende
della ricerca dei Carteggi di Mussolini.
Da quanto su
esposto sarebbe consequenziale che una stampa ed una editoria seria, ed
anche dei servizi radio televisivi seri, avrebbero dovuto lasciar cadere
nel dimenticatoio questa storia o comunque riportarla in un quadro
sostanzialmente critico e dubitativo.
Viceversa è
emblematico rilevare come, leggendo articoli e servizi, inerenti la
morte di Mussolini o le vicende del suo Carteggio con Churchill, per la
verità quasi sempre articoli estremamente superficiali, spesso si trova
il modo di infilarci in mezzo qualche riferimento alla storia di Bruno
G. Lonati. O comunque di chiamarla in causa.
Ma in ogni caso ed anche se tutto è possibile, chi ha pratica di questo genere di operazioni o
del modo di procedere dei servizi segreti dell'epoca, sa che non era
certo questa, così come raccontata dal Lonati, la prassi solitamente da
essi seguita.
Rispetto alle
ricerche delle foto, immortalanti l'esecuzione del Duce, ancora
giacenti presso il consolato britannico, che prima ne confermerebbe
l'esistenza e poi si rimangia gli impegni verbalmente presi, siamo nel
campo della più completa inverosimiglianza.
Tutto il racconto è pertanto stonato e come è stato giustamente osservato dallo scrittore Alberto Bertotto:
<> (Vedi il sito: www.l'Archivio Story-History).
QUALCOSA DI VERO
Non tutto il
racconto, però, a nostro avviso è inventato, qualcosa di vero deve
esserci per forza anche perchè, altrimenti, non si spiegherebbe in
nessun modo il comportamento del Lonati e qualche minimo riscontro che
sembra, o meglio che potrebbe, esser stato trovato.
Come
accennato, il giornalista storico Luciano Garibaldi, svolgendo qualche
ricerca, è stato propenso a dare credito, almeno ad una parte della
rivelazione del Lonati.
Per esempio: nel racconto si parla di un agente inglese, forse italiano, con cappello da alpino ;
ebbene, un soggetto simile esce fuori anche da altri racconti e
testimonianze inerenti quei luoghi e quei periodi (la conoscenza di
questo soggetto non è però dato sapere come sia stata al corrente del
Lonati); l'esistenza di una base inglese a Brunate che sembra
effettivamente ci fosse (ma gli inglesi nel comasco avevano molte basi)
oppure lo scontro a fuoco di Argegno, richiamato nel racconto, che pare
sia avvenuto veramente (anche se non si sa bene con chi e con quali
modalità); o ancora, il fatto che il Lonati ebbe incarichi di comando
tra i partigiani garibaldini (ma anche questo vuol dir poco); ed inoltre
alcuni riscontri che ha fornito su questo fantomatico John, pur mai
rintracciato e pochi altri particolari che comunque non sono
assolutamente sufficienti per avallare il suo racconto.
La moglie di
Lonati infine disse di aver saputo di questi fatti dal marito nel 1980,
dopo 10 anni che erano sposati, ovvero allo scadere dei 35 anni di
silenzio (strano questo silenzio nell'intimità coniugale) ed un parente
della moglie, oltre ad una ex baby sitter ed un conoscente nel suo
lavoro, analogamente confermarono di aver ascoltato questi racconti nel
1981 poco prima della loro pubblica divulgazione, ma tutto questo vuol
dire poco, se non il fatto che intorno al 1981 il Lonati prese a
raccontare a qualcuno questa avventura.
Come sia
potuta però uscir fuori tutta questa storia è incomprensibile anche
perchè da quel poco che si è potuto sapere dalla biografia del Lonati e
dalla osservazione dei suoi vari interventi televisivi non ci sembra un
soggetto particolarmente in cerca di notorietà o di venali remunerazioni
o comunque dedito alla mitomania e quindi le perplessità aumentano [22].
Soprattutto
lascia perplessi il fatto che il Lonati sia andato ai consolati
britannici, abbia girato in lungo e in largo e si sia tirato addosso
tutta questa storia, anche se non crediamo che negli anni '80 e
soprattutto poi in quelli '90, quando uscì il libro della Mursia,
potesse paventare ritorsioni da parte di qualche fanatico [23].
Visto comunque, che noi non crediamo affatto a questa fantasiosa rivelazione, e
tra le altre cose non vi crediamo soprattutto per alcuni dati oggettivi
precedentemente esposti, dobbiamo giocoforza supporre che, in quei
giorni del ‘45, il Lonati partecipò a qualche missione, da quelle parti,
forse proprio alla ricerca di Mussolini e/o delle sue carte o qualcosa
del genere, magari sotto comando inglese.
Molti anni dopo il Lonati (con dietro qualche misterioso ispiratore ?)
forte di vari racconti su quelle vicende, ha pensato bene, non
riusciamo ancora a capire per quali motivi (le vie dell'uomo sono
infinite), di architettare tutta questa incredibile storia miscelando
particolari veramente vissuti, altri dedotti ed elaborati dalle storie
pur conosciute, ad altri ancora totalmente inventati.
Anche questo
però si può solo supporre, ma non provare, come del resto non si
può provare il racconto del Lonati, e pertanto è meglio stendervi
sopra un velo di pietoso silenzio.
NOTE:
[ 1 ]
Dare riferimenti per la versione di Walter Audisio alias colonnello
Valerio è un problema non da poco visto che questi ha fornito ben tre
versioni sulle pagine dell'Unità, una difforme dall'altra, spesso su
particolari alquanto importanti, finendo poi per lasciare un libro
postumo con una versione simile, ma anche qui non uguale, alla sua terza
versione del 1947. La si denomina anche “ versione ufficiale”, ma sia
per le modalità divulgative, che per il fatto che mai venne rilasciata
una relazione agli organi competenti (CLNAI, CVL, ecc.), di ufficiale la
versione di Audisio non ha nulla. Vedesi: Colonnello Valerio \ W.
Audisio, l'Unità Nri : del 30 aprile 1945 (versione
anonima); e dal 18 novembre al 24 dicembre 1945 (seconda versione
firmata dal colonnello Valerio) e dal 25 marzo al 31 marzo 1947 (terza
versione firmata W. Audisio). Infine: W. Audisio: In nome del popolo
italiano, Ed. Teti 1975.
[ 2 ]
Non solo una editoria del “ sensazionale ” è andata dietro questa
versione del Lonati, ma anche purtroppo alcuni sostenitori della
esistenza e importanza di un certo carteggio Mussolini / Churchill.
Questo perchè la spy story di Lonati ne poteva costituire un ulteriore
avallo. Trattasi, invece, di due vicende separate. Oggi, l'esistenza di
questo Carteggio, recuperato e fatto poi sparire da Churchill, è
accettata da moltissimi storici e varie prove in proposito stanno
spuntando fuori. Non c'era di certo bisogno di puntellare la vicenda del
Carteggio con quella di Lonati. Lo stesso storico Renzo De Felice,
indicò chiaramente che Mussolini venne ucciso alla svelta dietro
ispirazione inglese (si riferiva a Max Salvadori Paleotti, un ufficiale
italo inglese di collegamento con il CLNAI che al momento dell'arresto
di Mussolini, fece presente ai dirigenti ciellenisti che loro potevano
disporre della sorte del Duce fino all'arrivo delle truppe alleate). Per
l'esecuzione di Mussolini, invece, il De Felice indicò un gruppo di
partigiani comunisti milanesi.
[3]
Sono partigiani della 52 a Brigata Garibaldi, quella che si era
accaparrata il merito di aver catturato il Duce: Pedro ne è il
comandante, più che altro nominale e in attesa di conferma, Pietro il
commissario politico comunista e il Capitano Neri (un comunista
“atipico” e idealista) il capo di stato maggiore, una carica teorica e
transitoria data al Canali, già comandante della 52 a Brigata dopo le
sue vicissitudini per cui era stato condannato a morte per tradimento,
dal Comando generale Lombardo delle Brigate (sentenza rimasta pero
sospesa). Gianna, era una partigiana ed anche amante del Neri.
[ 4 ]
Il Lonati, non fu in grado di fornire nomi e indirizzi per rintracciare
questi Bruno e Gino (il Lino disse che era morto) , rendendosi in tal
modo poco credibile. Anni dopo, disse di averne rintracciato uno e
portò anche i giornalisti a casa di costui, ma questi negò decisamente
di essere il partigiano compagno di avventura del Lonati e praticamente
sbattè la porta in faccia ai ”visitatori”.
[5]
L'illegalità di tutta questa faccenda, ammesso che fosse vera,
emergerebbe anche verso la fine del suo racconto, quando al termine
della sua “imprevista” missione (come l'aveva definita lui stesso) egli,
descrivendo il rientro a Como, ha la sfrontatezza di osservare fra sè:
<< Più passava il tempo e più ci rendevamo conto di aver fatto
qualcosa che poteva non esser gradito agli altri>>.
[6] Per
le vicissitudini dell'arresto e successivo nascondiglio di Mussolini e
la Petacci a Bonzanigo, nel mare di rievocazioni contraddittorie, forse i
testi più attendibili, anche se relativi ad una vicenda oltretutto già
“alterata” alla fonte, sono: Bandini F.: Le ultime 95 ore di Mussolini,
Sugar 1959; Perretta G.: Dongo, 28 aprile 1945 La verità nel racconto
di M. Moretti, - Ed. Actac 1997; Zanella A.: L'ora di Dongo, -
Rusconi 1993; U. Lazzaro: Dongo mezzo secolo di menzogne, Mondatori
1993.
[7]
Chi è stato in quei posti sa benissimo come un forestiero o qualcosa di
“anormale” venga subito notato e il rapido giro della “voce” non può
certo essere controllato. Il Lonati racconta nel suo libro che quella
mattina il paese era pressoché deserto. Le testimonianze raccolte
soprattutto dal Bandini, ma non solo, ci attestano invece che quella
mattina ci furono vari movimenti ed anche spari, tanto che girò la voce
che si stava dando la caccia a dei fascisti o dei generali fuggiaschi.
[8]
Nelle finctions e nei fumetti si hanno scene in cui si imbavagliano con
facilità (e sicurezza che non possano gridare) le persone. Nella realtà
non è certamente facile imbavagliare ben tre pesone ed essere certi che
non possano gridare in qualche modo, solo con i loro fazzoletti da
collo.
[9]
Su questo servizio di RaiTre La grande storia – Mussolini l'ultima
verità, realizzato anche da M. L. Forenza e P. Tompkins, per il resto
molto ben fatto, forse per dare un certo sostegno alla versione di B. G.
Lonati, che ne occupa un largo spazio, è stato fatto un montaggio di
interviste tra le quali spezzoni di quelle a Dorina Mazzola la
importante testimone di Bonzanigo che nel febbraio 1996 rivelò a Giorgio
Pisanò, e poi ad altri giornalisti, di aver assistito alla uccisione di
Claretta Petacci, intorno al mezzogiorno e a precedenti fatti in
relazione ad una morte di Mussolini tra le 9 e le 10. Ebbene in questo
servizio-documentario, le interviste alla Mazzola, opportunamente
tagliate, sono presentate in modo da sembrare una conferma alla versione
di Lonati e della sua fucilazione del Duce intorno alle ore 11.
Viceversa la testimonianza di Dorina Mazzola è tutt'altra cosa e non si
concilia affatto con quella del Lonati. Il servizio di RaiTre La grande
storia, è ancora reperibile telematicamente presso il Sito: http://www.youtube.com/watch? v=_owrwqq6HCg&feature=player_ embedded .
[10]
Il basso muretto con recinzione metallica, nel punto indicato da
Lonati, non esisteva nel 1945. Corrisponde all'incrocio Via del Riale
con Via privata degli Ulivi ; infatti Via privata degli Ulivi è stata
costruita verso la fine degli anni ' 70, inizio anni 1980. Sul lato
sinistro furono costruite delle abitazioni, sul lato destro dei box. Non
esisteva Via privata Ulivi, non esisteva il muretto: c'erano solo
prati.
[11]
Ulteriormente complicato, fantasioso e assurdo sarebbe l'ipotizzare che
i due cadaveri vennero scoperti dopo poco tempo da elementi comunisti
(che oltretutto già sapevano cosa fare) e quindi fatti subito sparire,
cosa non certo facile dal farsi in quei posti.
[12] Come
noto il verbale autoptico sul cadavere di Mussolini, stilato del prof.
Mario Cattabeni il 30 aprile 1945, è carente di notizie che possano dare
indicazioni sull'esatta dinamica balistica e modalità della
fucilazione. E', tutto al più, un referto diagnostico oltretutto
eseguito in condizioni di caos ambientale e probabilmente sotto alcune
imposizioni (come quella di non eseguire l'autopsia sulla salma della
Petacci). Non ci sono descrizioni dello stato del vestiario (il cadavere
venne preparato e spugnato), sulla metrica e la direzione delle
traiettorie dei colpi, ecc., e neppure venne rinvenuta una pallottola,
magari sparata post mortem, e ritenuta nel corpo.
Tuttavia pur
con le poche indicazioni del verbale e grazie alla osservazione cine
fotografica delle ferite, applicando l'esperienza nelle dinamiche
balistiche e medico legale, si possono ipotizzare alcune dinamiche di
sparo e ritenerne altre molto meno probabili.
[13] Le
stesse fonti “resistenziali”, con gli anni, di fronte alla
problematicità di una dinamica di fucilazione eseguita da un solo
tiratore, hanno finito per ammettere, sia pure in sordina, che “forse”,
oltre ad Audisio, ebbe a sparare anche Michele Moretti o Aldo Lampredi, a
seguito di fasi concitate quasi un contendersi l'”onore dell'impresa”.
In effetti non solo dei periti non di parte o altri chiaramente critici
verso la versione di Audisio, hanno evidenziato le incongruenze
dinamico balistiche della “vulgata” cioè della “ storica versione ”, ma
anche un medico legale, il Pierluigi Baima Bollone, pur sostanzialmente
allineato sulla versione di Audisio, ha dovuto ipotizzare la presenza di
almeno due tiratori, forse uno con mitra ed un altro con pistola (Baima
Bollone P. L.: Le ultime ore di Mussolini, - Mondatori 2005).
[14] Sia
il particolare del giaccone imperforato che dello stivale con la
chiusura lampo rotta, vennero focalizzati dal medico legale A. Alessiani
negli anni '80 avanzati, e vennero poi confermati dal riscontro sugli
stivali stessi conservati nella teca del cimitero di San Cassiano,
mentre per il giaccone imperforato si raggiunse la certezza tecnica con
la perizia eseguita, con tecniche moderne, all'Istituto di Medicina
Legale dell'università di Pavia da una equipe del prof. Giovanni
Pierucci nel 2006.
Da notare che
anche W. Audisio aveva fatto il furbo, quando nelle sue relazioni del
1945 e 1947 aveva affermato di aver notato, già in casa De Maria, lo
stivale destro, disse sdrucito, ai piedi di Mussolini (del resto al
caricamento dei cadaveri al bivio di Azzano la sera del 28 aprile e poi
il giorno dopo a Piazzale Loreto si era notato questo stivale aperto al
piede del Duce).
L'Audisio
quindi, sicuro di poter colorire e arricchire il suo racconto, aveva
anche asserito che il Duce aveva percorso a passi svelti la via in
discesa e scoscesa che lo portava alla macchina (via che poi,
oltretutto, dovendo dirigersi verso la piazzetta del Lavatoio, avrebbe
dovuto essere in salita!).
Audisio però,
al tempo, non sapeva che non si trattava di una sdrucitura , ma di una
rottura della lampo per cui in quelle condizioni Mussolini non avrebbe
potuto camminarci, tanto meno a passi svelti. Vedesi: Alessiani A.: Il
teorema del verbale 7241 , reperibile anche telematicamente in http://www.larchivio.org/xoom/ alessiani.htm .;
Andriola F.: Mussolini: una morte da riscrivere - Storia in Rete
maggio 2006; Pisanò G.: Gli ultimi cinque secondi di Mussolini - Il
Saggiatore 1996; Baima Bollone P. L.: Le ultime ore di Mussolini, op.
cit. .
[15] Mussolini,
in pratica, fu attinto ancora in vita da 9 colpi, forse 8 se quello che
lo raggiunse al braccio dx e fuoriuscì, entrò poi nel tronco. Questa la
distribuzione dei nove colpi: 4, quali una chiara raffica di mitra
ravvicinata quasi sulla spalla sinistra, uno al sopraclaveare dx ed uno
poco più sotto sulla parasternale dx. Uno sopraioideo (cioè
sottomentoniero), uno al fianco dx, fuoriuscito dal gluteo ed uno
ravvicinato al braccio dx fuoriuscito quasi tangenzialmente verso il
polso.
E questi
colpi paiono mostrare traiettorie inclinate o oblique, dal basso in alto
(per esempio il colpo sottomentoniero) o dall'alto in basso (per
esempio il colpo al fianco oltretutto così descritto nel verbale
autoptico) inspiegabili in una fucilazione classica e frontale da pochi
passi.
Vedere:
Verbale autoptico 7241 di Mario Caio Cattabeni, Ed. Gnocchi Milano
1945; riprodotto anche in Pisanò G.: Gli ultimi cinque secondi di
Mussolini, op. cit.
Il Lonati,
nel suo racconto, ricorda che il Duce aveva sulle spalle un cappotto o
pastrano non meglio specificato. Ma il cadavere del Duce indossava uno
strano giaccone a maniche raglan, imperforato, indice di un successivo
rivestimento da morto. Una rivestizione con un giaccone inusuale che
ha un senso solo se Mussolini fu ucciso precedetemente in deshabillè non
se invece, più o meno, aveva sulle spalle un cappotto con il quale fu
lasciato in terra.
[16] Per
la morte di Mussolini, dopo che Franco Bandini nel 1973 aveva
scombussolato la “vulgata” di Audisio, ipotizzando una “ doppia
fucilazione ” messa in scena a Villa Belmonte alle 16,10, senza poterlo
però dimostrare con prove concrete, si sono succedute molte altre
ipotesi alternative, sempre indimostrate. In ogni caso la ricostruzione
più convincente, razionale ed oltretutto avallata da alcuni riscontri
tecnici e indirette conferme da alcune importanti testimonianze (tra cui
quella di Savina Santi la vedova di Guglielmo Cantoni Sandrino, uno dei
guardiani del Duce a Bonzanigo) è quella riferita dalla signora Dorina
Mazzola, al tempo diciannovenne residente a circa 150 metri dalla casa
dei De Maria a Bonzanigo. Questa testimonianza indicò una morte di
Mussolini nel cortile di Casa De Maria, tra le 9 e le 10 del mattino del
28 aprile 1945, dopo che era stato ferito in casa da un paio di colpi
di pistola e fatto scendere d'abbasso claudicante con indosso la sola
maglietta a mezze maniche di salute e forse i pantaloni. Clara Petacci
invece venne uccisa, intorno alle 12, con una proditoria raffica di
mitra alle spalle (sparata da un partigiano esagitato che forse aveva
ritenuto che la donna volesse scappare), in un prato proprio davanti
casa di Dorina Mazzola. Vedere Pisanò G.: Gli ultimi cinque secondi di
Mussolini, op. cit. ed anche il nostro: M. Barozzi: La testimonianza di
D. Mazzola, su Rinascita del 23 maggio 2009.
[17]
E' noto che in tutti questi anni c'è stata un sacco di gente che con le
loro testimonianze e “memoriali” ci hanno campato, rilasciando quasi
sempre versioni rivelatesi nel tempo inattendibili, ma ben pagate da
rotocalchi e riviste. Neppure la paura di eventuali ritorsioni può
spiegare questo strano silenzio visto che, oltretutto, anche dopo che il
Lonati aveva rotto il ghiaccio, nessuno gli è andato dietro per dire
“sono io” uno dei partigiani compagni di quella avventura.
[18] Addirittura
Audisio, dicesi a causa dei posti di blocco e il sequestro di un camion
strada facendo, per percorrere circa 56 Km. da Como a Dongo, vi aveva
impiegato 2 ore. Lampredi poi, pur non potendo esser certi di quando
uscì dalla Prefettura di Como e quel che veramente fece dopo, ci impiegò
molto di più. Vedesi: Audisio W.: In nome del popolo italiano - Teti
1975; Lampredi A.: Relazione riservata al partito del 1972 -
pubblicata su l'Unità 23 gennaio 1996.
[19] Il
Lonati neppure fu in grado di mostrare l'arma, il mitra sten, con il
quale egli sostenne di aver soppresso il “tiranno” e che pur avrebbe
dovuto conservare come una importantissima reliquia storica. Disse di
averlo tenuto fino al 1970 e poi di averlo dato al fratello di un suo
parente collezionista di armi, che poi lo demolì non avendo le
necessarie autorizzazioni.
[20] Garibaldi L.: La pista inglese - Edizioni Ares 2002.
[21] Ultimamente
la ricerca storiografica sta prendendo sempre più in considerazione
l'esistenza di un Carteggio segreto tra Churchill e Mussolini (in
passato ostinatamente negato dagli storici britannici) e la sua delicata
e grande importanza storica. Ebbene tra la fine degli anni '80 e i
primi anni '90, la “vicenda Lonati” attirando l'attenzione su
l'ingerenza inglese nella morte del Duce, ha avuto un positivo ruolo per
rompere quel muro di scetticismo che avevano molti storici (lo stesso
Renzo De Felice era stato scettico sul Carteggio, poi negli ultimi anni
di vita cambiò radicalmente opinione). Oggi però, che molte storie
strampalate, superficiali e quant'altro sono state ridimensionate e
sulla vicenda del Carteggio si sta ragionando seriamente, la storia di
Lonati rischia di essere controproducente. Per esempio, sostenere che
nei consolati inglesi, dopo 35 anni c'erano ancora documentazioni di
quella portata storica, a parte l'assurdità di questa rivelazione,
indirettamente si dimostrerebbe che Churchill non aveva nulla da
nascondere altrimenti non avrebbe lasciato questi documenti in uffici
alla portata dei funzionari, oppure, viceversa, che queste storie non
sono credibili e quindi, facendo di tutta un erba un fascio, si rischia
di affossare anche ogni seria ricostruzione delle vicende del Carteggio.
[22] Osservando
il Lonati, forse intorno ai 72 – 75 anni, raccontare in TV la sua
vicenda, si ha l'impressione di una persona pacata, razionale, precisa,
ben calata nel racconto. Se tutto quello che racconta si deve ritenere
non veritiero, c'è da dire che egli sarebbe un attore impareggiabile.
Cosa questa che fa aumentare le perplessità e il mistero su tutta la
vicenda.
[23] Escluso
Audisio che nel dopoguerra e negli anni '50, forse in parte anche nei
'60, venne fatto oggetto di varie minacce, tutti gli altri ipotetici
esecutori di Mussolini, via via ipotizzati o addirittura fattisi avanti
con testimonianze di ogni colore, sono tutti morti tranquilli nei loro
letti.
Qualcuno ha
anche fatto osservare che il Lonati, nel raccontare questa storia,
avrebbe potuto esporsi ad un'incriminazione per omicidio volontario
premeditato non prescrivibile (non potendo essere definito - il fatto -
"atto di guerra" per mancata reazione della parte soccombente), ma a
questa remota ipotesi, del tutto teorica, crediamo proprio che nessuno
ci potesse aver pensato. Oltretutto si sarebbe dovuto intentare un
processo che avrebbe dovuto provare che il Lonati aveva effettivamente
ucciso Mussolini, il chè è tutto da ridere.
http://www.corrierecaraibi.com/FIRME_MBarozzi_100609_La-spy-story-di-Bruno-G-Lonati.htm
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