Aderì con entusiasmo alla Rsi e morì fucilato dai partigiani gridando «Viva il socialismo!»
«Con la barba di Bombacci / ci farem gli spazzolini / per lucidar le scarpe / di Benito Mussolini»: così cantavano gli squadristi al principio degli anni Venti, ironizzando appunto su chi sembrava personificare più di chiunque altro il rivoluzionarismo massimalista caratteristico dell' Italia del primo dopoguerra. Su Nicola Bombacci, sulla sua inclinazione a una retorica terribilista e inconcludente, fiorì del resto una ricca aneddotica: dalla battuta che si diceva avesse pronunciato nella campagna elettorale del novembre 1919, invitando gli elettori «a tagliargli pure la testa se, entro un mese, non avesse costretto il re a fare le valigie», all' episodio che si verificò nel gennaio 1921 durante il congresso socialista di Livorno. In quell' occasione Bombacci (che con Gramsci, Bordiga, Terracini si apprestava a lasciare il Psi per fondare il Partito comunista), sentitosi definire sprezzantemente da un socialista riformista come «rivoluzionario del temperino», rispose mostrando minacciosamente una rivoltella. Rimasto abbacinato dalla rivoluzione bolscevica, fu lui che nel 1919 fece adottare dal Psi, di cui era divenuto segretario, un simbolo importato dalla Russia di Lenin: falce e martello incrociati affiancati da due spighe di grano. A confermarne l' immagine di rivoluzionario tanto verboso quanto inconcludente contribuì la proposta che nel 1920 presentò al Consiglio nazionale del partito, proposta che Salvemini definì con qualche ragione un «capolavoro di idiozia»: Bombacci chiese che, entro il perentorio termine di due mesi, venissero costituiti i soviet in tutto il Paese. A questa figura a suo modo rappresentativa dell' Italia del primo dopoguerra Guglielmo Salotti ha dedicato un bel libro (Nicola Bombacci: un comunista a Salò, Mursia), che ha il merito di sottoporre alla nostra attenzione anche la fase successiva della biografia di Bombacci, fino alla tragica fine dell' aprile 1945, quando venne fucilato a Dongo dove si trovava per aver voluto seguire fino all' ultimo Mussolini. Romagnolo e maestro anche lui, Bombacci - nel Psi di prima della guerra - si era trovato su posizioni intransigenti analoghe a quelle del futuro «Duce». Di Mussolini non approvò la svolta interventista del ' 14 e tuttavia si dichiarò allora contrario al suo allontanamento dalla direzione dell' Avanti!. Un anno dopo la marcia su Roma, intervenne alla Camera in favore del riconoscimento dello Stato sovietico da parte dell' Italia, adducendo una motivazione che fece scandalo, soprattutto a sinistra: «La Russia - disse rivolto a Mussolini - è su un piano rivoluzionario: se avete, come dite, una mentalità rivoluzionaria non vi debbono essere per voi difficoltà per una definitiva alleanza fra i due Paesi». Dopo un primo provvedimento di espulsione dal Partito comunista, in parte rientrato grazie all' intervento in suo favore dei russi, ne venne definitivamente allontanato nel 1927, quando ormai il Paese si trovava nel pieno della dittatura. Comincia allora il suo percorso di avvicinamento al fascismo e soprattutto al compagno di un tempo, Mussolini. Un percorso che sembra completarsi alla fine del 1933 quando, scrivendo al Duce, lo definisce «l' interprete felice e fedele di un ordine nuovo politico ed economico che nasce e si sviluppa col decadere del capitalismo e con la morte della socialdemocrazia». Il corporativismo fascista, infatti, pare a Bombacci - come a tutto il fascismo «di sinistra» - la soluzione ai problemi di un assetto economico-sociale incrinato definitivamente dalla grande crisi del ' 29. Le sue ripetute avances, la richiesta di poter «marciare al fianco» di Mussolini producono però scarsi risultati: per i fascisti il suo nome è ancora così strettamente legato alla sinistra massimalista e comunista del dopoguerra che un avvicinamento ufficiale al regime creerebbe imbarazzi. Tutto ciò che Bombacci ottiene è di pubblicare una rivista - La verità - i cui collaboratori, quasi tutti ex sindacalisti ed ex socialisti, cercano di interpretare la politica fascista in chiave anticapitalistica. La stessa fondazione dell' impero, nel 1936, viene letta da Bombacci come una «conquista proletaria» in chiave antinglese. Affermazioni del genere oggi appariranno bizzarre, ma all' epoca non facevano che riprendere alcuni dei temi più diffusi della propaganda fascista. Del resto, da una lettera pubblicata da Salotti si ricava come alla rivista di Bombacci guardasse con simpatia anche Enrico De Nicola, futuro capo provvisorio dello Stato nel 1946. La guerra mondiale trova l' ex socialista rivoluzionario decisamente dalla parte dell' Asse, non esclusi certi riferimenti antiebraici che traspaiono dai suoi scritti. Se un tempo Bombacci, come molti fascisti «di sinistra», aveva cercato di accreditare il regime sovietico e quello mussoliniano come risultato di rivoluzioni in qualche modo parallele, ora si scaglia contro l' Urss comunista, in cui il governo è in mano a «una nuova classe (...) assai peggiore della stessa classe capitalistica». Nonostante la sua dedizione al regime, il sogno di incontrare Mussolini si poté realizzare soltanto dopo la nascita della Repubblica sociale, in un contesto in cui il capo del fascismo, ora repubblicano, sembrava voler dare spazio a tutta una serie di personaggi di matrice socialista. Adesso Bombacci ha un ruolo di qualche rilievo: va in giro a far conferenze agli operai, scrive articoli sul Corriere della Sera, sostenendo - ancora l' 11 marzo 1945 - che «il socialismo non lo farà mai Stalin ma lo farà Mussolini». Impossibile dire se, ridivenuto di nuovo un capopopolo che arringa le folle, Bombacci credesse davvero a quel che diceva. Fatto sta che al momento d' essere fucilato le sue ultime parole, segno di una coerenza insieme patetica e tragica, furono: «Viva il socialismo!». Il saggio Nel nuovo volume «Nicola Bombacci: un comunista a Salò», edito da Mursia, lo storico Guglielmo Salotti ha ripreso, rielaborato e ampliato la precedente biografia «Nicola Bombacci da Mosca a Salò» (Bonacci, 1986) GUGLIELMO SALOTTI Nicola Bombacci: un comunista a Salò MURSIA PP. 271, 19
Belardelli Giovanni
Pagina 40(10 dicembre 2008) - Corriere della Sera
http://archiviostorico.corriere.it/2008/dicembre/10/destino_Bombacci_bolscevico_fascista_sempre_co_9_081210059.shtml
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