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http://belsalento.altervista.org/david-winspeare-1811-storia-degli-abusi-feudali-notizie-sul-feudalesimo-in-terra-dotranto/
David Winspeare, o Davide Winspeare (Portici, 22 maggio 1775 – Napoli, 13 settembre 1847), è stato un avvocato, giurista e filosofo italiano.
Figlio di un funzionario borbonico che
fu anche prefetto in Calabria, dopo la laurea in giurisprudenza e le
prime esperienze nel foro di Napoli, Winspeare ottenne il suo primo
incarico di rilievo come avvocato fiscale presso l’Amministrazione delle Poste delle Due Sicilie,
ove si mise in evidenza per il rigore nel tentativo di ridurre le
malversazioni e di moltiplicare le spedizioni dei corrieri, per evitare
ritardi e problemi connessi. Nel dicembre 1808 fu nominato da Gioacchino Murat procuratore generale della Commissione Feudale,
una magistratura speciale istituita per risolvere le controversie tra i
municipi e gli ex-feudatari. Nonostante questa istituzione finì di
operare nel settembre 1810, Winspeare rimase in carica per l’esecuzione
delle sentenze
L’opera più famosa di D. Winspeare è la “Storia degli abusi feudali, Tip. Trani, Napoli 1811″. In quel testo, datato 16 febbraio 1811,
il giurista napoletano dava ampie notizie sul feudalesimo della Terra
d’Otranto e affermava che il signore feudale godeva di particolari
diritti – oltre a quelli di cui godeva in tutto il regno, cioè i diritti
sulle persone e sulle proprietà private.
Già sin dal 1700 il governo dei Borbone aveva posto attenzione al problema del Feudalesimo. In quel secolo studiosi come il Giuseppe Palmieri e altri, con la concezione Illuministica dello Stato, avevano tentato di opporsi al regime del baronaggio feudale, che perdurava ancora nel XVIII sec. Questo regime (feudale) fu inteso come “regime mostruoso e il più opposto all’armonia sociale”
Cfr : V. Valsecchi L’Italia nel Settecento (1714.1788), vol VII, 1° ed. Milano 1959, pag 760-761.
Difatti il baronaggio del 1700, conservava delle prerogative che “usurpavano il potere allo Stato, che facevano del feudo un piccolo stato nello stato. Rimane il diritto di esercitare la giustizia e di esigere tributi, che sottopone i sudditi all’arbitrio del feudatario. Tutti residui di una concezione politica e sociale ormai superata, che andavano eliminati”.
Nel volume più noto di David Winspeare, la Storia degli abusi feudali del 1811,
il giurista napoletano, pubblicando un’ampia documentazione, ricordava
fra l’altro come la predetta commissione era riuscita a definire, in
poco meno di tre anni, 1395 vertenze in ordine ai diritti feudali. Qui è
anche efficacemente delineata la storia e la struttura del sistema feudale,
il quale, a detta dell’autore, aveva promosso all’interno della società
e in tutte le parti dell’ordinamento statuale un’accesa e deleteria
rivalità. E, soprattutto nel contesto del Regno di Napoli,
esso si era sviluppato in modo artificioso, non spontaneo, passando di
dinastia in dinastia, per provare «l’esperimento dei mali di tutte le
nazioni», generando guerre intestine, rozzezza nei costumi e nella
cultura, nonché contrasto alla giustizia. Il sistema feudale per
Winspeare era «semplicemente come un “mostro”, uscito dalle foreste dei
barbari ed allevato dalla ignoranza e dagli errori di tredici secoli»,
che era stato sconfitto solo con l’avvento dell’Illuminismo.
David Winspeare, Storia degli abusi feudali, Tip. Trani, Napoli 1811Cfr : https://books.google.it/
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