giovedì 28 luglio 2016

Corazzata “Admiral Graf Spee”

Tra i numerosi assi nella manica della prestigiosa marina militare tedesca, la Kriegsmarine, vanno certamente ricordate le corazzate “tascabili”, ovvero delle navi da guerra di dimensioni relativamente piccole. In particolare queste erano delle imbarcazioni modernissime, dotate di armamenti capaci di impegnare navi nemiche anche di dimensioni ben maggiori, ma caratterizzate da una grande velocità che le permetteva di attaccare e quindi sfuggire alle corazzate nemiche dotate di armamenti ben più pesanti.
Scorcio della Graf Spee
Scorcio della Graf Spee
La prima di queste unità navali fu la Deutschland, entrata in servizio nel 1933. Questa convinse tanto i vertici dello stato maggiore da farle seguire, in brevissimo tempo, il varo di altre due navi, la Admiral Scheer e la Admiral Graf Spee. Queste tre unità dapprima vennero classificate come “navi protette”, ma dopo il 1941 la loro destinazione d’uso venne mutata in “incrociatori pesanti”, anche se rimase all’interno della marina militare l’abitudine d’indicarle come “corazzate tascabili”.
Queste navi avevano delle caratteristiche tecniche in comune tra loro, in particolare il tipo di scafo, non rivettato ed interamente saldato, la propulsione a motore Diesel, la corazzatura (relativamente) leggera e l’armamento pesante costituito da sei cannoni dal calibro pari a 280 mm, con un dislocamento pari a sole dodicimila tonnellate.
La Graf Spee all'ancora in un porto amico
La Graf Spee all’ancora in un porto amico
Nel particolare, la Graf Spee era lunga 185,62 m e larga 21,58. Pur dislocando 12000 tonnellate, poteva raggiungere una velocità pari a 26 nodi, con un’autonomia di 12.600 miglia. Lo scafo e tutte le sovrastrutture erano coperte da una corazza di spessore costante e pari a 14 cm di acciaio. L’armamento era composto da 6 cannoni da 280 mm posti in due torri strinate, 8 cannoni da 150 mm e 6 cannoni contraerei da 88 mm. A questi armamenti pesanti si sommano poi mitragliere e mitragliatrici di vario tipo e calibro. Erano inoltre presenti, in coperta, 6 tubi lanciasiluri da 553 mm. L’equipaggio era formato da 44 ufficiali e da 1050 tra marinai e sottoufficiali.
Essa prendeva il nome dall’ammiraglio Graf von Spee, che durante la Prima guerra mondiale aveva riportato una brillante vittoria contro gli inglesi nell’oceano Pacifico, al largo del Cile.
All’inizio della Seconda guerra mondiale, la corazzata Deutschland venne inviata nell’Atlantico settentrionale e la Graf Spee nell’Atlantico meridionale, mentre la Scheer venne lasciata a difesa delle acque metropolitane.
Lo stato maggiore della Kriegsmarine aveva organizzato la guerra sull’oceano Atlantico in maniera tanto semplice, quanto geniale: le due corazzate, letali e veloci, dovevano riuscire da sole a tenere frazionato l’immenso potenziale navale nemico ovvero quello della ben famosa marina militare inglese. Il lettore potrebbe chiedersi come due navi potessero tenere impegnata un’intera marina militare, ma la risposta è tanto semplice: esse, non potendo (naturalmente!) reggere il confronto diretto con la marina inglese, doveva tenerla impegnata per via indiretta ovvero colpendo i navigli mercantili. In questo modo gli inglesi, per potere mantenere le proprie linee di rifornimento (per se e per i loro “valorosi” alleati), dovevano necessariamente frazionare la loro flotta in varie aree dei mari, in modo da scortare la rotta di ogni singolo naviglio. E’ rimarcabile che i tedeschi, non volendo lasciare un attimo di respiro alla flotta inglese, pensarono anche a come eseguire il rifornimento di carburante per le due navi: mediante delle navi cisterna, dislocate nelle acque in cui le corazzate erano impegnate, quasi come delle sorte di “stazioni di rifornimento” in mare.
Incrociatori Achille ed Aiax all'inseguimento della Graf Spee
Incrociatori Achille ed Aiax all’inseguimento della Graf Spee
La Graf Spee affondò il suo primo obbiettivo il 30 settembre 1939 nelle acque di Pernambuco. Nel giro di poche settimane seguirono altri affondamenti ed il 7 dicembre, a meno di due mesi di dal primo affondamento, col siluramento della Streonshalh (una nave cargo inglese), le navi eliminate dalla Graf Spee ammontavano a 50.000 tonnellate. Il comandante della splendida unità navale tedesca, Hans Langsdorff (un vero eroe di guerra, come più tardi dimostreremo), potè essere più che felice del risultato ottenuto dalla sua nave e con lui tutto lo stato maggiore tedesco. Sulle sue tracce vi erano otto divisioni della marina militare inglese, ma queste non riuscirono mai a raggiungerlo ed egli le portava, praticamente, dove voleva lui.
La marina inglese certamente non poteva stare a guardare inerte due navi che da sole mettevano in scacco tutta la sua forza navale ed in particolare l’ammiraglio inglese H. H. Harwood, comandante della divisione inglese in Sud America, decise di studiare una trappola nella quale far cadere la Admiral Spee.
Egli, una volpe della guerra nei mari (sarebbe quantomeno ipocrita non ammetterlo) capì che la corazzata tascabile tedesca avrebbe certamente, presto o tardi, fatto un’incursione nel Rìo de la Plata, così nella prima metà del dicembre del 1939 iniziò, in maniera non troppo palese, a pattugliare quelle acque con gli incrociatori Aiax e Achilles (dotati di cannoni da 152 mm) ed Exeter (armato con un cannone da 203 mm).
Hans Langsdorff, eroe della marina militare tedesca
Hans Langsdorff, eroe della marina militare tedesca
All’alba del 13 dicembre la Graf Spee avvistò le navi nemiche, ma il comandante fece un grosso errore: convinto che gli incrociatori fossero delle navi di scorta di un convoglio decise di attaccarle. Cadde così nella trappola organizzata da Harwood. Lo scontro, davvero spettacolare, durò per più di un’ora: la Graf Spee però non affondò. Anzi, mise fuori combattimento la Exeter e danneggiò seriamente le altre due unità. Essa venne colpita da una ventina di colpi lanciati dalle navi inglesi, ma questi non superarono la corazzatura della nave, che uscì dallo scontro senza lesioni tali da menomare le sue capacità di movimento o di difesa. Accadde però l’impensabile.
Langsdorff, seguendo una decisione che ancora oggi lascia seriamente perplessi gli storici, decise di cercare riparo nel porto di Montevideo. Egli poteva continuare a combattere, ma forse la sua decisione venne forzata dal fatto che, durante lo scontro, la nave avesse perso tutta la riserva di acqua dolce. La nave rimase nel porto uruguaiano per novanta ore. Gli inglesi, non riuscendo ad abbattere mediante il leale scontro di forze la nave tedesca, decisero di ricorrere a mezzi ben più subdoli e falsi, tipici del debole che teme lo scontro contro il forte. Essi, mediante una ben orchestrata propaganda e mediante traditori infiltratisi all’interno dei servizi segreti tedeschi, riuscirono a convincere Langsdorff che tutte le navi inglesi dell’Atlantico meridionale stessero convergendo sul porto di Montevideo, così da distruggere la Graf Spee e tutto il suo equipaggio.
Langsdorff cadde nuovamente nella trappola del nemico. Mentre la prima volta però la supremazia tecnica e tattica tedesca vinse sulla superiore forza inglese, stavolta si dovette piegare alla menzogna del nemico. Egli, per amore di salvare tutto il suo equipaggio (verso il quale ogni comandante è legato da un vincolo di responsabilità quasi divino), il pomeriggio del 17 dicembre, dopo aver presenziato personalmente ai funerali dei membri dell’equipaggio caduti nello scontro, uscì dal porto e dopo avere evacuato la nave ne ordino l’autoaffondamento. In questo modo tutto l’equipaggio si salvò. Quando però Langsdorff capì che nessuna nave inglese stava confluendo nel porto di Montevideo e che egli, pur nella buona fede di salvare il suo equipaggio, aveva di fatto autodistrutto un mezzo che da solo bloccava tutta la marina inglese dell’Atlantico del sud, decise di suicidarsi. In questo modo egli, discepolo di una delle più antiche scuole militari del mondo, potè salvare e mantenere il suo onore intatto. Egli, che durante i combattimenti aveva riportato diverse ferite ed una commozione cerebrale, si suicidò con un colpo alla testa sparato con la sua pistola d’ordinanza, dopo avere posto sulle proprie spalle la bandiera della vecchia marina imperiale tedesca ed avere scritto una lettera nella quale caricava su di sé tutta la responsabilità dell’errore compiuto.
Lo scrivente vuole sottolineare una cosa: mentre gli ammiragli italiani vendettero le rotte delle navi della marina militare italiana al nemico, consegnando di fatto le vite di migliaia di coraggiosi soldati italiani al fuoco degli incrociatori e dei bombardieri nemici, la marina militare tedesca dava prova di onore e di serietà ben più alte. Ogni ulteriore commento sarebbe superfluo.
La Graf Spee mentre affonda, circondata dai fumi degli incendi
La Graf Spee mentre affonda, circondata dai fumi degli incendi
Il lettore sveglio potrebbe notare che attaccare degli obbiettivi tutto sommato “civili” come dei mercantili fosse quantomeno poco onorevole. La sua obiezione sarebbe più che valida e per questo lo scrivente vuole chiarire, in chiusura del presente testo, un particolare fondamentale: nei suoi affondamenti di navigli mercantili e di navi militari la Graf Spee non fece mai nessuna vittima. Questo perché la forza di fuoco veniva utilizzata esclusivamente per immobilizzare i mercantili che solo una volta completamente svuotati venivano abbattuti. Inoltre i marinai inglesi, civili o lavoranti su navi da guerra, venivano immediatamente soccorsi, trattati con la massima cura e quindi accompagnati nel primo porto disponibile. Langsdorff si attenne sempre in maniera assolutamente rigida al diritto internazione e si preoccupò personalmente della sorte dei marinai presi in salvo. Espresso questo, è curioso notare come gli ufficiali tedeschi avessero il pieno rispetto degli equipaggi delle navi nemiche, rispetto che gli imponeva di preservare la loro vita, mentre gli inglesi per distruggere una nave utilizzarono una menzogna che utilizzava come punto di leva proprio la minaccia dell’uccisione di tutto l’equipaggio della nave tedesca.
Pochi anni dopo, gli stessi che utilizzarono questi vili mezzucci (ed altri più violenti, come le bombe al fosforo contro i centri civili) processeranno per crimini di guerra una nazione i cui ufficiali soccorrevano i caduti degli stati nemici. Ironia della Storia, direbbe il filosofo Hegel.

Pasquale Piraino


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