giovedì 28 luglio 2016

Sommergibile U-Boot

Agli inizi del secondo conflitto mondiale la Germania, la nazione che sarebbe stata destinata a dominare gli scenari di guerra per molto tempo e in seguito a resistere coraggiosamente contro il suo assedio ordito dall’ignobile cricca di oltre 50 stati del mondo, era dotata di una forza militare che, dal punto di vista quantitativo, era nettamente minore a quella dei suoi avversari. Questo perché ciò che gli storici oggi dimenticano di ricordare è che Adolf Hitler, il cancelliere tedesco, fu tra i politici che più di tutti s’impegnò per un vero disarmo mondiale e che, fino a quando non fu provocato oltre la misura e difendendo gli interessi del suo popolo, si impegnò nel rispettare le leggi internazionali in materia di riarmo.
U-Boot U 36
U-Boot U 36

Quanto scritto viene provato, ad esempio, dal censimento delle forze marine tedesche. E’ noto, infatti, che l’Inghilterra aveva riconosciuto alla Germania il permesso di ricostituire delle forze di difesa marittime a patto che il numero di elementi costituenti la sua flotta operativa non superasse il 35% di quella inglese e che le sue forze sottomarine non fossero superiori al 45%. Tale condizione fu totalmente rispettata dalla Germania tanto che, allo scoppio della guerra, essa aveva soli 23 sottomarini, laddove l’Inghilterra ne possedeva 69 e la Francia, giusto per citare un altro stato, 86. In poche parole, dei tre grandi stati che furono inizialmente protagonisti del conflitto, la Germania fu quella che affrontò il nemico col minor numero di sommergibili. Questa semplice evidenza prova lapalissianamente quindi come Adolf Hitler non si fosse occupato di un riarmo “massiccio” delle sue forze marziali e di quanto fosse stato incline a non rompere l’armonia mondiale degli stati, accettando finanche imposizioni che, di fatto, erano utili solo nel porre la Germania in una condizione di debolezza. Queste evidenze, oggi ignobilmente taciute, fanno capire come in fin dei conti non fosse negli interessi del Cancelliere del Reich iniziare una guerra e di come egli fosse sincero quando, il 23 luglio del 1940 (quindi in un momento nel quale egli era un sicuro vincitore), disse al suo amico August Kubizek: “Questa guerra rallenterà per molti anni il nostro lavoro di ricostruzione nazionale. E’ una tragedia, io non sono divenuto il Cancelliere del grande Reich Tedesco solo per affrontare una guerra.” (da Adolf Hitler, il mio amico di gioventù, Thule Italia Editrice).
Volkisher Beobachter-2 ottobre 1940. Il giornale riporta in prima-pagina i conseguimenti degli U Boot.
Volkisher Beobachter-2 ottobre 1940. Il giornale riporta in prima-pagina i conseguimenti degli U Boot.

Qui si è volutamente scritto di quantità e non di qualità, relativamente allo stato militare tedesco: questo perché, seppur inferiori di numero, le forze tedesche erano qualitativamente superiori a quelle di qualsiasi altro stato, per addestramento fisico quanto morale. I soldati tedeschi, ben equipaggiati, addestrati e consci di combattere per dei giusti valori, seppur inizialmente inferiori di numero riuscirono ad uscire sempre trionfanti dagli scontri. L’altissima preparazione degli equipaggi e l’ottima messa a punto dei mezzi rappresentarono la vera forza della Germania anche nel campo della guerra sottomarina, prova ne sia che già il 17 settembre 1939, a due settimane di distanza dall’inizio del conflitto, l’U-Boot 29 avesse silurato ed affondato la portaerei britannica “Courageous” e più tardi, il 13 ottobre, l’U-Boot 47 affondava la corazzata “Royal Oak”, in seguito ad un’incursione tanto rischiosa quanto audace presso la munitissima base nelle isole Orcadi della marina britannica: momenti eroici di una guerra che, in quel tempo in cui ancora non vi erano le bombe al fosforo o i fuochi degli atomi, ricordava quasi l’Iliade cantata dagli aedi dell’antica Grecia.
Naturalmente, l’estrema facilità con la quale i tedeschi erano riusciti a portare a segno i loro colpi non mancò d’impensierire l’ammiragliato inglese, che capì come non solo il primo postulato che essi si erano prefissi, ovvero il blocco totale della Germania, non fosse conseguibile, ma che addirittura loro stessi, nonostante il maggior numero di mezzi posseduti, rischiassero seriamente di ritrovarsi chiusi nel proprio mare.
La Germania, infatti, aveva preso in contropiede gli inglesi: proprio per evitare il suo blocco nell’ultima decade dell’agosto del 1939, quando ormai era chiaro che gli inglesi desideravano, a tutti i costi, trascinarla in una guerra che essa non voleva (rispondendo ad ogni richiesta d’incontro con minacce più o meno velate), aveva dislocato diciassette sommergibili oceanici nell’Atlantico, tenendone altri sei costieri pronti ad intervenire disseminando mine lungo le coste inglesi. Il lungimirante organizzatore di questa strategia era stato Karl Dönitz, il comandante della flotta sottomarina tedesca. A Dönitz tale comando venne affidato nel 1935, quando in seguito al citato accordo anglo-tedesco furono indicate alla Germania le condizioni sotto le quali essa poteva procedere al rafforzamento dei propri mezzi marini. Karl Dönitz, un vero precursore dei tempi e militare di grandissimo spessore, sin da allora fu un convinto sostenitore delle enormi possibilità offensive offerte dall’arma subacquea, tanto da far immediatamente presente ai suoi superiori che sarebbe bastata una flotta formata da circa trecento sottomarini per conseguire in brevissimo tempo il dominio dei mari, tenendone operativo solo un centinaio e lasciando gli altri duecento come mezzi di scorta. Tuttavia, come già scritto, la condizione dettata dagli inglesi poneva alla Germania un limite superiore ben inferiore alla cifra indicata e la volontà ferrea, da parte del Terzo Reich, di rispettarlo fece in modo che la strategia di Dönitz non fosse mai pienamente realizzata. La carenza numerica fu quindi compensata dall’estrema perizia degli equipaggi e dall’ottima tecnica dei mezzi.
L'equipaggio dell'U576
L’equipaggio dell’U576

Nel 1940, quando dopo la caduta della Francia si potè usufruire di basi nell’Atlantico, Dönitz potè mettere in pratica la strategia da egli ideata ovvero la tattica d’attacco detta dei “branchi di lupo”. Questo tipo d’offensiva prevedeva il preliminare sparpagliamento di vari gruppi d’unità (i branchi) in una vasta aera di mare, formando in questo modo delle zone di pattugliamento. Appena uno dei sommergibili individuava un convoglio di navi nemiche si metteva immediatamente al suo inseguimento e nello stesso tempo lanciava l’allarme alle alte unità, che convergevano immediatamente sulla rotta del convoglio sotto la guida del suo inseguitore. Il lettore può quindi immaginare come l’azione fosse simile a quella di un branco di lupi che batte la zona di caccia: non appena un lupo identificava la preda e si metteva al suo inseguimento, gli altri richiamati da lui si mettevano sulle sue tracce, così da accerchiarla ed attaccarla. Il branco di sottomarini quindi, una volta affiancato il convoglio, aspettava la notte per eseguire l’attacco vero e proprio che avveniva in due fasi: la prima prevedeva l’utilizzo di siluri, quindi era prevista l’emersione in superficie e l’utilizzo dell’artiglieria di bordo. Eseguite queste manovre, il branco s’immergeva prima che il nemico avesse il tempo di organizzare una controffensiva, quindi continuava la tattica d’inseguimento e d’attacchi notturni, cedendo la “preda” quando questa usciva dai confini della propria zona di pattuglia ad un altro gruppo di sommergibili (che tra l’altro, essendo il suo equipaggio più “fresco” e riposato, poteva compiere l’azione con una messa in pratica migliore). Questi continui inseguimenti ed attacchi in notturna conducevano allo sfinimento dei navigli nemici, che quindi potevano arrendersi o combattere sino al loro affondamento.
Questa tattica, che imitava alla perfezione un processo naturale messo in atto da predatori tanto comuni sul suolo tedesco, si rivelò tanto semplice quanto vincente e permise alla marina tedesca di conseguire risultati eccezionali. Tra la tarda estate del 1940 (in cui fu resa possibile una sua completa attuazione) e la fine del 1941 il tonnellaggio di navigli affondati fu pari a 2.200.000 tonnellate, mentre nel 1942 la cifra superò i 6.000.000. Risultati a dir poco eccezionali non appena si ricordi il bassissimo numero di sommergibili posseduti dalla Germania, che non raggiungeva neanche il mezzo centinaio.
Come più volte sottolineato nel corso di questa scheda, tali risultati furono ottenuto grazie all’estrema perizia degli equipaggi ed agli ottimi mezzi posseduti: questi erano i sommergibili U-Boot (abbreviazione di Unterseeboot, letteralmente “battello sottomarino”) classe VII, che Dönitz reputava essere ottimi ai fini della guerra nell’Atlantico. Tra questi, il tipo C fu quello che ottenne i migliori risultati. Caratterizzato da un’ottima manovrabilità e da una rapidissima velocità d’immersione, dislocava 781 tonnellate in superficie e 885 in immersione; lungo 67 m e largo 6, grazie ai 2 motori Diesel da 2400 kW in superficie viaggiava ad una velocità pari a 17 nodi mentre in immersione, a causa dell’utilizzo di motori elettrici, la sua velocità era pari a 8 nodi; l’armamento era costituito da un 1 SK C/35 da 88 mm, 1 mitragliera antiaerea da 37 mm 2 da 20 mm, cinque tubi lanciasiluri da 553 mm armati con 14 siluri e 4 mine. L’equipaggio tra ufficiali e marinai era di 44 uomini.
U-Boot VII-C U52, autoaffondanto a Kiel per non cadere in mani alleate
U-Boot VII-C U52, autoaffondanto a Kiel per non cadere in mani alleate

Nel 1942, quando la Germania si trovò a dovere fronteggiare una guerra sempre più ampia condotta da un numero sempre maggiore di nemici, dovette affrontare reazioni sempre più intense: la sua risposta fu la messa a punto di interventi migliorativi dei propri mezzi subacquei, atti a spostare il cannone lanciasiluri, ad aumentare il numero di mine trasportate, a migliorare le caratteristiche idrodinamiche dello scafo o a modificare l’equipaggiamento antiaereo, dato il pressante attacco subito da parte degli aerosiluranti. L’andamento della guerra diveniva però, mese dopo mese, globalmente sfavorevole e con l’andare del tempo divenne sempre più difficile per i sommergibili tedeschi attuare la loro brillante tattica d’assalto, che venne infine resa del tutto inoffensiva grazie alle contromisure prese dagli alleati. Forse la Germania sarebbe divenuta nuovamente competitiva, nei riguardi della guerra subacquea, se fosse stata in grado di porre sul campo un mezzo capace di passare inosservato agli aerei, ai radar e a tutti gli altri ecogoniometri, magari potendo sfruttare profondità di navigazione molto più basse rispetto a quelle usuali. Il Terzo Reich però era in piena agonia ormai, il suo popolo stremato e le sue industrie ormai al limite del collasso. Nonostante la tragedia che si stava consumando, un nuovo sottomarino in grado di immergersi a profondità inaudite ed invisibile ai radar, il “Walter”, venne infine prodotto come prototipo in poche unità. L’ora era ormai tarda e quell’immenso sforzo, dono ultimo dei migliori tecnici al mondo al loro popolo, fu del tutto inutile: il Terzo Reich era ormai caduto.
Il 9 maggio 1945 la guerra era finita e Karl Dönitz, che aveva iniziato la sua carriera come sommergibilista nel primo conflitto mondiale, per espressa volontà di Adolf Hitler divenne Presidente del Reich. Egli, in buona fede, fece di tutto per convincere i soldati tedeschi a consegnarsi agli americani, perché temeva che essi finissero preda dei campi di concentramento russi. Purtroppo, gli americani e gli inglesi non si dimostrarono migliori dei loro alleati sovietici e milioni di tedeschi, per il semplice fatto di avere ubbidito a degli ordini, furono inviati in campo di sterminio (ufficialmente denominati come di “rieducazione”) dove trovarono ad attenderli una morte a dir poco terribile. Sempre in vista di salvare quanti più uomini fosse possibile, Dönitz ordinò a tutti i mezzi marini al largo di arrendersi: alcuni di loro, rigidi come il migliore acciaio, in un gesto di suprema fedeltà decisero di affondarsi insieme ai loro mezzi; altri rientrarono nei porti, dove ammainarono solennemente la bandiera con lo Svastica.

Nessun commento:

Posta un commento