sabato 9 aprile 2016

ALFREDO ROCCO



Alfredo Rocco… il più grande giurista del secolo… un napoletano… al servizio della costruzione giuridico-ideologica dello Stato Nazionale Fascista…
Alfredo Rocco (Napoli, 9 settembre 1875 - Roma, 28 agosto 1935) figlio di un ingegnere…
La sua famiglia fu definita da Indro Montanelli "un allevamento di cavalli di razza"…
Tutti i suoi quattro figli emersero, infatti, nel secolo scorso sul piano nazionale come grandi giuristi… certamente tra i più grandi del novecento.
Oltre ad Alfredo… Arturo (che fu professore di Diritto e procedura penale alle Università di Sassari, Napoli e Roma, e fondatore della scuola moderna di tecnicismo giuridico) Ugo (che fu professore ordinario di diritto processuale civile a Napoli) e Ferdinando (che fu Presidente del Consiglio di Stato dal 1947).
Alfredo Rocco si laureò nel 1896 con Ulisse Manara a Genova.
Conseguita la libera docenza in diritto commerciale a Parma nel 1899, insegnò ad Urbino dal 1899 al 1902, quando, da professore straordinario, prese servizio a Macerata; nel 1905 si trasferì a Parma, dove sostituì Giuseppe Chiovenda nell’insegnamento di Procedura civile e dove conseguì l’ordinariato (1906).
Spostatosi a Palermo nel 1908, insegnò Procedura civile e ordinamento giudiziario fino al 1910, quando, vinto il concorso a Padova, riprese l’insegnamento di Diritto commerciale che tenne fino al 1925.
Fu deputato del PNF… poi… dapprima presidente della Camera (1924-25) quindi nel 1925 fu nominato Ministro della Giustizia e degli Affari di culto.
Insegnò all’Università di Roma legislazione economica e del lavoro fino al 1930, quando succedette a Cesare Vivante nella cattedra di diritto commerciale che tenne fino alla morte avvenuta a Roma il 28 agosto 1935.
Alfredo Rocco… giovanissimo aderisce alle teorie del socialismo… per poi passare a posizioni radicali…
Nel maggio-giugno 1907, durante il III Congresso nazionale del Partito radicale svoltosi a Bologna, a cui partecipò come delegato dell'Associazione radicale di Perugia, la prima manifestazione pubblica alla quale prese parte, tenne una relazione in cui primo fra tutti… individuava nelle classi medie… quelle sacrificate dalle ideologie del secolo… quella socialista e quella conservatrice…
“Tra i capitalisti e gli operai vi è una grande categoria di persone le quali si trovano prese tra due grandi partiti - il partito conservatore e il partito socialista - e sono perciò sacrificate. Orbene di questa grande zona grigia noi siamo i rappresentanti più genuini… L'elevazione delle classi medie e della piccola borghesia è urgente ed essenziale perché esse, andando al potere, siano in grado di dare al Governo del paese quella rettitudine, moralità e sincerità d'intenti che noi desideriamo”…
Rocco identificò come esponenti di questo ceto, in favore dei quali intervenire, gli impiegati statali che definì… “una grande forza e un grande elemento di moralità in un paese come il nostro, in cui la vita parlamentare è così guasta e malsana, in un ambiente in cui i partiti sono quasi scomparsi e tutta l'attività del Parlamento è sottoposta e asservita alla potenza parlamentare di un uomo”.
Mirava a concedere loro aumenti salariali per aumentare il loro prestigio e la loro fedeltà allo Stato, ma non ammetteva che questi si potessero opporre allo Stato tra mite ostruzionismo e lo sciopero… e propugnò l'applicazione di uno statuto giuridico in favore degli stessi. Presentò anche una mozione mirante a trasformare il movimento in un'organizzazione politica che rappresentasse soprattutto le istanze del ceto medio.
In seguito aderì prima al movimento nazionalista e, quindi al fascismo, che delle sue idee era lo sbocco naturale…
E del fascismo Alfredo Rocco divenne uno tra i più importanti ideologi…
Nell’ambito giuridico ideologico particolare importanza per Alfredo Rocco aveva il concetto di razza… e quello di difesa della Nazione…
Rocco riteneva necessario… “restaurare le ragioni della razza italiana contro gli eccessi dell'individualismo”… e preservare la nazione sotto il profilo razziale…
“La difesa della Nazione, considerata come entità perpetua ed immanente nei secoli, contro il disgregamento a cui conduce l'individualismo estremo, politico ed economico, deve essere l’obiettivo prioritario dello Stato”…
La difesa della razza era, dunque, nella visione ideologica di Alfredo Rocco una priorità che peraltro traeva la sua fondatezza dal mazionalismo… “Il nazionalismo pensa che le razze in cui l'interesse della specie è sistematicamente sacrificato all'interesse degli individui, sono destinate a perire. E non vuole che la razza italiana perisca”…
Per Rocco la Nazione era fondamentalmente la… “collettività di tutti gli individui che, attraverso le successive generazioni, vivono stabilmente su un determinato territorio, e per la comunanza dell'origine etnica, della lingua, delle tradizioni e degli interessi, hanno acquisito la coscienza della loro appartenenza ad un'unica collettività, avente fini propri e compiti propri da adempiere nell'evoluzione della civiltà moderna”…
Per Alfredo Rocco l'appartenenza alla stessa aveva una origine necessaria, e si collocava ad un fatto indipendente dalla volontà individuale… “La nazionalità è un fatto spirituale, non un fenomeno fisico. Non appartiene alla nazione chi è nato e vive nel territorio nazionale, ma chi si sente ad essa spiritualmente legato”…
L'8 marzo 1914 Rocco fondò a Padova a Palazzo Maldura, la prima federazione regionale nazionalista comprendente i gruppi di Venezia, Padova, Vicenza, Brescia, Verona, Mantova e Ferrara.
Nell'aprile 1914 sulla “Rivista delle società commerciali” venne pubblicato il suo saggio “Economia liberale, economia socialista ed economia nazionale”… in cui criticamente assimila liberalismo e socialismo perché entrambi pervasi da una concezione utilitaristica ed individualistica, in quanto entrambi miravano al soddisfacimento dei bisogni economici, materiali, degli individui contro il popolo comunitariamente considerato.
Rocco sostenne, infatti, durante la sua relazione al congresso nazionalista che…
“Il nazionalismo proclama altamente la propria incompatibilità con l'individualismo economico, e la completa falsità di tutti i principi su cui questo si basa. Il primo e fondamentale atteggiamento dell'economia nazionale deve essere quello di violenta, assoluta, irreconciliabile opposizione all'economia individualistica, liberale e socialista. Quest'ultima si asside su tutti i princìpi antagonistici del movimento nazionalista: l'individualismo, il materialismo, l'internazionalismo.
È falso il principio che l'individuo sia il fine ultimo di tutta l'attività sociale, che la società e lo Stato siano fatti per l'individuo, che la società non sia anzi qualche cosa di diverso dagli individui, ma la somma degli individui in ciascun momento viventi.
Non meno falso è l'altro principio dell'economia individualistica, che la società, in ogni individuo vive, è la società di tutti gli uomini, l'umanità. Non meno falso è l'altro principio della economia individualistica, che le società, in cui ogni individuo vive, è la società di tutti gli uomini, l'umanità. Nel mondo moderno, la società in cui l'uomo vive, è la società nazionale, la nazione. La società stanziata sopra un territorio, saldamente organizzata sotto un supremo potere, è uno Stato: e quando si organizza in tal modo, una nazione o parte di una nazione, si ha lo Stato nazionale. L'individuo vive dunque nella nazione, di cui è un elemento infinitesimale e transeunte e delle cui finalità deve considerarsi organo e strumento”…
Rocco poi dichiarò… “Ma la società, in cui l'uomo vive, non è l'umanità. L'umanità anzi non è neppure una società nel senso proprio della parola. Non esiste una società, in generale non esiste un organismo, che non abbia finalità proprie da conseguire; e la società di tutti gli uomini non può avere finalità proprie, fini cioè che non si risolvano nei fini individuali, perché non esiste alcuno scopo, che sia all'infuori degli individui, e per conseguire il quale occorra lo sforzo perpetuo e combinato di tutto il genere umano. [...] Se poi si considera che il fine specifico per cui le società si formano e vivono nei secoli è la lotta armata contro le altre società, ci persuaderemo ancor meglio che la umanità non è una società, mentre non sapremmo contro quali avversari (almeno fino a tanto che non ci saremo messi in comunicazione con gli abitanti del pianeta Marte!) il genere umano dovrebbe combattere”…
Al Congresso nazionalista di Milano svoltosi dal 16 al 18 maggio 1914 Rocco redasse, assieme a Filippo Carli (1876-1938), la relazione su… “I principi fondamentali del nazionalismo economico” (la parte teorica è opera di Rocco, già presentata in un articolo apparso in aprile sulla “Rivista della società commerciale”, quella esemplificativa di Carli).
Solo invece presentò relazioni su relazioni sul problema doganale nella quale si legge… “La protezione data a molte industrie, che in Italia si trovano in condizioni di naturale inferiorità, è uno sforzo reso necessario dalla maggiore povertà del nostro territorio, e senza il quale noi dovremmo rassegnarci a una diminuzione di produzione e di benessere... L'Italia è un paese uscito, or sono pochi decenni, da uno stato di prostrazione durata secoli”…
Infine presentò una terza relazione sulla politica e l'azione sociale, in questa lui sostiene… “Il primo postulato del nazionalismo è che l'elevamento delle classi lavoratrici deve ricercarsi non più in una diversa distribuzione della ricchezza interna, ma con l’aumento globale della ricchezza nazionale, mediante la conquista di nuovi territori e l'aumento della produzione interna”…
“In altri termini: alla formula socialista, socialmente disgregatrice, e quindi eminentemente antisociale e antinazionale, deve sostituirsi la formula nazionalista della lotta per la distribuzione internazionale della ricchezza e dello sforzo per l'aumento della produzione interna”…
Su queste relazioni si consumò una seconda frattura all'interno del movimento nazionalista, sulla definizione della politica economica e del rapporto tra Stato ed individuo.
Quello stesso anno Rocco pubblicò “Che cosa è il nazionalismo e che cosa vogliono i nazionalisti” sotto il patrocinio dell'ANI.
Il 9 maggio 1914 fondò a Padova il periodico “Il Dovere nazionale”… l'“Organo settimanale dei Nazionalisti del Veneto” (giornale a cui collaborarono anche i nazionalisti Coppola e Corradini) e di cui assunse la direzione il veneziano Gino Damerini (1881-1967).
Rocco fu amministratore del giornale, ma partecipò sempre attivamente alla sua vita, come testimoniano le lettere che scambiò con il direttore. Dalle pagine di questo giornale fece propaganda a favore del suo movimento (il 24 giugno ottenne anche l'elezione a consigliere comunale a Padova), occupandosi di varie tematiche, in particolare di stampo economico.
In questo giornale portò avanti… “anche in dissenso con altri nazionalisti” una campagna mirante “allo svincolamento a suo avviso in corso dei cattolici italiani dai contingenti pregiudizi antistatali di derivazione risorgimentale”, questo perché i cattolica “accanto ai conservatori e ai liberali, appaiano forze nazionalmente strategiche nella lotta antigiolittiana, antidemocratica e antisocialista”…
Quello stesso anno, il 1914, in seguito allo scoppio del conflitto, si schierò contro la neutralità italiana, guidando i suoi studenti, a lui vicini anche politicamente, in contro manifestazioni a favore dell'esercito durante la settimana rossa del giugno 1914, ritenendo la guerra strumento utile a trasformare il paese, e pubblicando sul giornale da lui fondato a Padova un articolo intitolato… “Mentre l'Italia s'adagia nel torpore della neutralità benevola”… nel quale scrisse… “Già la guerra che altrove si combatte avrà alcuni benefici effetti per la riorganizzazione dello Stato e la disciplina nazionale. Ma la rigenerazione morale dell'Italia non può venire che da una “nostra” partecipazione alla grande guerra. La quale stringerà insieme, di fronte al pericolo, tutte le forze vive della nazione, creerà la disciplina nazionale, rafforzerà l'autorità dello Stato, farà tacere tutti gli interessi particolari, taglierà la strada, per venti anni, ad ogni possibilità di sfruttamento dello Stato da parte dei suoi impiegati e degli operai politicanti passati dalla finanza pubblica e liquiderà definitivamente i mestieranti che creano la loro posizione politica facendo gli intermediari del ricatto ai danni dello Stato”
Tra il 1917 e il 1918 partecipò come volontario al conflitto, ricoprendo la funzione di ufficiale di artiglieria nella I Armata ed ottenendo una croce al merito di guerra.
Nello sviluppo della sua dottrina politica il conflitto ricoprì un ruolo di particolare importanza, fu con la guerra che secondo lui gli italiani divennero masse, un corpo organico e compatto, è il conflitto che ha “forgiato l'anima degli italiani”…
Nel 1918 fondò, insieme al nazionalista Francesco Coppola (1878-1957) la rivista “Politica”, il cui primo numero venne pubblicato il 15 dicembre 1918 e vi venne presentato il "Manifesto"; in cui lo Stato fu identificato come “forma necessaria e storica della vita sociale”.
Vi viene anche presentata la sua visione della politica estera italiana, apertamente espansionista…
“Tutto chiama l'Italia all'adempimento della sua missione imperiale; la tradizione di Roma, di Venezia, di Genova; il genio politico della stirpe, che l'ha fatta sempre maestra nell'arte di governare i popoli; la posizione geografica, che mentre la ricongiunge per terra all'Europa continentale, le consente di dominare, dal centro, tutto il bacino del Mediterraneo, dove torna oggi a pulsare il cuori di tre continenti. Qui è il dovere, qui è la missione dell'Italia. Come dimostra la storia, tutte le volte che in questa penisola fatale è ritornata la vita, e si è costituita una unità etnica e politica, una potenza forte e organizzata, la ferrea necessità delle cose l'ha trascinata oltre i confini, verso quel mare dei tre continenti e verso le sponde che esso bagna, a cui la chiama una vocazione naturale e storica superiore ad ogni forza e ad ogni volontà contrastante”.
Da questo giornale continuò la sua battaglia politica, aderente alle posizione di D'Annunzio sulla “vittoria mutilata” e propugnando la sua idea era di fondare uno stato nuovo, per rinnovare anche la nazione.
Questo stato, a differenza di quello liberale, non sarebbe più stato un arbitro o un soggetto passivo rispetto all'attività dei sindacati, ma uno stato corporativo in cui i fasci dei datori di lavoro e dei lavoratori, ora uniti, sarebbero divenuti organi statali, utili quindi a svolgere un'azione nazionale e non più quella di rappresentanti di meri interessi di parte.
Nel 1919 partecipò al convegno nazionalista svoltosi a Roma il 16-17 marzo, qui sviluppò le sue tesi in materia economica e di organizzazione dei lavoratori, sostenne che la guerra aveva prodotto una concentrazione industriale e a un rinvigorimento delle organizzazioni operaie, ora più forti della loro controparte, le associazioni dei produttori. Per superare questo stato di cose sostenne che “il sindacato possa costituire la base di una organizzazione anche politica il giorno in cui [...] abbia perso il suo carattere antistatale e rivoluzionario. Si è detto che ciò non accadrà, ma ciò accadrà fatalmente perché affidare ai sindacati delle funzioni politiche significa riconoscerli giuridicamente e ciò vuol dire subordinare i sindacati allo Stato [...] Il principio corporativo non deve intendersi in senso ristretto come sinonimo di sindacalismo operaio. L'organizzazione sindacale, nel nostro concetto... deve comprendere anche gli imprenditori, anche i capi, i tecnici dell'industria”.
Gli industriali “bisogna che siano più coscienti dei loro doveri, ma anche dei loro diritti e facciano intendere all'opinione pubblica che le ragioni della loro prosperità si identificano con gli interessi della nazione”.
Ed infine “lo Stato liberale è incompetente ad occuparsene [delle funzioni economiche] finché non saranno creati gli organi che possano effettivamente intervenire in modo competente. Quando avremo creati i grandi sindacati di produzione che saranno anche organi degli interessi statali, potremo pretendere che lo Stato si ingerisca con mezzi ed organi adatti nella vita economica della nazione, ma oggi dobbiamo impedire che aumenti l'ingerenza soffocante dello Stato liberale disorganizzato e incompetente, e volere che esso si tenga nei limiti in cui è stato organizzato e per cui è competente”…
Queste sue tesi influenzarono notevolmente il programma politico dei nazionalisti, altra prova della sua rilevanza fra le fila del movimento è il fatto che furono lui e Maurizio Maraviglia (1878-1955) a redigere “Il nazionalismo e i problemi del lavoro e della scuola”… programma approvato dalla Giunta esecutiva dell'ANI il 14 aprile 1919.
A riprova del suo prestigio e dell'approvazione della sua linea politica, nel 1920, venne chiamato a tenere il discorso inaugurale per l'anno accademico 1920-21 dell'Università patavina, intervento dedicato a “La crisi dello Stato e i Sindacati”.
Quello stesso anno pubblicò un altro testo di analisi della situazione sociopolitica intitolato “Crisi dello Stato e sindacati”, testo nel quale affermava… “Lo Stato è in crisi […] va giorno per giorno dissolvendosi di una moltitudine di aggregati minori, partiti, associazioni, leghe, sindacati che lo vincolano, lo paralizzano, lo soffocano; lo Stato perde con moto accelerato, uno per uno, gli attributi della sovranità”, perché questa crisi venisse superata lui indicava la via del rafforzamento dell'autorità dello Stato, “solo da un rinvigorimento dell'autorità dello Stato, supremo tutore degli interessi di tutti, la situazione di tutti potrà uscire migliorata. Basta che alcuni uomini di governo energici, appoggiati dall'opinione pubblica, osino rompere il cerchio in cui lo Stato viene soffocato”… nonostante questo però non sostiene la soppressione delle organizzazioni sindacali, queste ritiene vadano riconosciute, scrive infatti… “Non è male che ci siano i sindacati. È male che essi costituiscano uno Stato sopra allo Stato”… i sindacati dovevano quindi esistere ma all'interno dello Stato.
Dal 1919 al 1922 diresse “L'Idea nazionale”.
Egli guardò quindi con interesse a Benito Mussolini e al nuovo fenomeno fascista, individuando in esso la possibilità di restaurare e di riorganizzare lo Stato, cosa da lui propugnata.
Si schierò anche dal 1921, dal suo giornale, in favore della fusione tra il movimento nazionalista e il fascismo, progetto portato a termine nel febbraio 1923 (partecipò poi allo sviluppo teorico del fascismo, elaborando ed esponendo le sue tesi in una conferenza intitolata “La dottrina politica del Fascismo” tenuta a Perugia il 30 agosto 1925 durante la quale proclamò “il distacco netto dal fascismo quale apparve alla vigilia della Marcia di Roma, e quale fu nei primi tempo del governo”, improntate dichiarazione alla luce del discorso mussoliniana di gennaio).
Qui affermava che… “Il fascismo è azione e sentimento, e tale deve rimanere” e poi… “il fascismo non fa questione di mezzi […] Il fascismo fa questione di fini, e pertanto anche quando adopera gli stesso mezzi, […] agisce con spirito diverso e con diversi risultati […] Per il fascismo la società è fine e l'individuo è mezzo, e tutta la vita della società consiste nell'assumere l'individuo come strumento dei fini sociali”. Tutto questo comportava anche la formazione di una nuova politica che “superasse la filosofia della Rivoluzione francese”.
Per gli aspetti economici affermava… “Il fascismo non accetta la libertà economica come dogma assoluto […] considera lo sviluppo economico, soprattutto per ciò che concerne la produzione della ricchezza, come un interesse eminentemente sociale”.
Viceversa per Alfredo Rocco il socialismo era il prodotto della decadenza, cioè del liberalismo, era solo… “l'ulteriore svolgimento dello stesso concetto fondamentale”. Nel 1927 tornò su questi temi nel suo scritto intitolato “La trasformazione dello Stato, dallo Stato liberale allo Stato fascista” sostenendo che… “Lo Stato Fascista” è dotato della “sua morale, la sua religione, la sua missione politica nel mondo, la sua funzione di giustizia sociale, infine il suo compito economico” e poi “Solo attraverso lo Stato […] può il cittadino trovare le vie del proprio benessere e delle proprie fortune”.
Nel 1919-20, in un periodo di grave crisi anche internazionale, appoggiò l'azione a Fiume di D'Annunzio, si recò anche nella città per due volte, e caldeggiò dal suo giornale la possibilità di instaurare una dittatura.
Nel 1921 venne eletto deputato (XXVI legislatura) per il collegio di Roma nella lista dei Blocchi nazionali, ma continuò a svolgere attività politica anche dal giornale.
Su “L'Idea nazionale” pubblicò nel luglio 1922 un articolo in cui analizzava la situazione di crisi che stava affrontando il paese e in cui indicò come principali elementi del disagio economico e psicologico, il costo della burocrazia, la perequazione degli stipendi attuata nel giugno 1921, la nominatività dei titoli, il possibile aumento della complementare sul reddito e l'introduzione di altre imposizioni fiscali.
Dopo la marcia su Roma del 28 ottobre 1922 venne nominato nel governo formato da Mussolini Sottosegretario di Stato al Ministero del Tesoro (31 ottobre - 31 dicembre 1922) poi divenne Sottosegretario di Stato al Ministero delle Finanze (1 gennaio - 8 marzo 1923) e infine Sottosegretario di Stato per l'assistenza militare e le pensioni di guerra (8 marzo - 1 settembre 1923).
In quest'ultima veste presentò la nuova legge sulle pensioni di guerra, poi approvata il 12 luglio, norma che basava l'ammontare della pensione sul grado ricoperto nell’esercito e che introduceva il consolidamento dell’assegno temporaneo previsto per il caro-viveri.
Nel 1924 venne rieletto alla Camera dei deputati (XXVII legislatura) ed ancora nel 1929 (XXVIII legislatura) con il nuovo sistema elettorale con una lista unica.
Durante la XXVII legislatura, il 27 maggio, divenne Presidente della Camera, eletto con 338 voti su 469 votanti (con 127 schede bianche).
Il 30 maggio presiedette alla seduta nella quale la Camera dovette votare sulla proposta della Giunta delle elezioni relativa alla convalida dell'elezione dei deputati. In questa occasione il socialista Giacomo Matteotti (1885-1924) pronunciò il suo ultimo discorso nel quale chiese “il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni”.
La proposta venne respinta con 285 voti contrari, 57 favorevoli e 42 astenuti.
Nella seduta della Camera del 13 giugno, tre giorni dopo la scomparsa di Matteotti, Mussolini intervenne e promise che sarebbero state condotte adeguate indagini e che i colpevoli sarebbero stati puniti, sulla stessa linea intervenne anche Rocco, il quale reclamò “inesorabile giustizia, che sia monito severo ai facinorosi, e che ristabilisca l'impero non solo dell'ordine giuridico, ma anche dell'ordine morale, violato oggi, per il fatto inaudito che ci riempie di commozione e di orrore”.
Dopo il governo ottenne il voto favorevole all'esercizio provvisorio del bilancio quindi i lavori della Camera vennero sospesi dal suo presidente, Rocco.
Altro evento degno di particolare nota, avvenuto sotto la presidenza di Rocco, fu il discorso tenuto da Mussolini con il quale, il 3 gennaio 1925, si assunse “la responsabilità politica, morale, storica di tutto” ciò che era accaduto.
Il 5 gennaio 1925 assunse l'incarico di Ministro della Giustizia e degli Affari di culto lasciando così la carica di Presidente della Camera.
La sua attività di governo iniziò con l'adozione delle cosiddette "leggi fascistissime" del 1925-26 che rappresentarono il consolidamento del regime…
Rocco stesso scrisse… “La rivoluzione ci fu. Ci fu, cioè, un mutamento di regime, quindi non solo di metodo di governo, ma di mentalità, di spirito politico, di concezione dello Stato”.
All'attività nell'esecutivo affiancò quella di docente universitario, presso l'Università per Stranieri d Perugia, ente creato dal Regime, tenendovi dei corsi e divenendo anche nell'autunno del 1926 Vice Presidente del consiglio d’amministrazione dell’Istituto nazionale fascista di cultura, al posto di Giovanni Gentile.
La politica legislativa che tutto doveva permeare di se in una etica morale di stampo gentiliano era coerente con il suo rifiuto dello Stato organismo giuridico, essendo per lui invece lo Stato un organismo etico che avrebbe dovuto… “farsi tutore della morale pubblica e rivendicare questa morale; deve curare anche l'animo, oltre che il corpo dei cittadini. […] lo Stato deve intervenire a reprimere la menzogna, la corruzione, tutte le forze di deviazione e di degenerazione della morale pubblica e privata”…
In questa sua veste presentò alla Camera il 26 maggio 1925 la relazione sul disegno di legge (legge 31 gennaio 1926 n.100) che attribuiva all'esecutivo il potere di emanare norme giuridiche.
Il 18 novembre 1925, presentò la legge sulle attribuzioni e prerogative del capo del governo (legge 24 dicembre 1925 n.2263) manifestando la rottura che questa norma implicava rispetto alla prassi precedente, affermò che con il fascismo era stata restaurata l'unità del governo, ora “più organico e più pratico” rispetto alla prassi costituzionale del periodo liberale, ora il governo “espressione di un solo partito, predominante per forze e per volontà” aveva ottenuto “unità d'indirizzo, e quindi forza nella decisione e nell'azione”.
Essendo il Presidente del Consiglio capo del partito dominante, questo gli aveva conferito “autorità indiscussa e tale da farne il vero capo del governo”…
Il 27 febbraio 1928 presentò il disegno di legge sulla riforma della rappresentanza politica, la norma che portò alla formazione di una camera formata da 400 membri eletti con una lista unica nazionale.
Quello stesso anno, il 6 novembre, presentò anche il disegno di legge per la costituzionalizzazione del Gran Consiglio del Fascismo.
Si occupò attivamente dell'operato della magistratura e del modo con il quale venivano applicate le norme da lui stesso patrocinate.
Il 13 settembre 1928 palesò la sua insoddisfazione per il modo in cui la magistratura operava contro le manifestazioni dell'opposizione… “spesso reati di contenuto sovversivo - grida sediziose, canti sovversivi, vilipendio alle istituzioni, offese agli organi rappresentativi del regime - vengono dall’autorità giudiziaria puniti in misura eccessivamente mite e data la natura di tali reati, non possano ritenersi ammissibili criteri di indulgenza, che verrebbero ad eludere […] le ragioni stesse della repressione”.
In quanto Ministro della Giustizia e degli Affari di culto si occupò anche dei rapporti con la Chiesa Cattolica e della elaborazione delle norme che dovevano regolare i rapporto dello Stato con le comunità religiose presenti nel paese. Fu Rocco, nei primi mesi del 1925, commentando i lavori della commissione per la riforma delle norme italiane in materia ecclesiastica, operante da febbraio a dicembre, a comunicare, con l'accordo di Mussolini, al gesuita Pietro Tacchi Venturi (1861-1956), rappresentante informale del Vaticano per le trattative con lo Stato italiano, che lui si rammaricava per il lavoro fatto dalla commissione “non poteva riuscire perfetto” perché condotto senza la collaborazione della Santa Sede, era invece suo desiderio quello di “procedere alla riforma della legislazione ecclesiastica con trattati bilaterali, quando la nota funestissima pregiudiziale non avesse impedito di mettersi volonterosi per la diretta via”.
Su questo tema Mussolini tornò il 4 maggio 1926 in una lettera inviata a Rocco nella quale scrisse… “La Santa Sede reputa che una sistemazione soddisfacente dei rapporti tra la Chiesa Cattolica e lo Stato in Italia non possa conseguirsi, se non per via di accordo bilaterale, e che un accordo di tale fatta presuppone risoluto, d'intesa tra le sue potestà, il problema della sistemazione giuridica della Santa Sede. […] Il regime fascista, superando il questo, come in ogni altro campo, le pregiudiziali del liberalismo, ha ripudiato così il principio dell'agnosticismo religioso dello Stato, come quello di una separazione tra Chiesa e Stato, altrettanto assurda quanto la separazione tra spirito e materia. […] È logico pertanto che il Governo Fascista giudichi con piena serenità le attuali manifestazioni della Santa Sede, e le reputi degne della più attenta considerazione”.
Coerentemente con questa strategia, nel 1929 vennero sottoscritti i Patti Lateranensi (Rocco stesso partecipò alle ultime otto riunioni per il perfezionamento di questi accordi) e due anni dopo venne approvata la normativa che doveva regolare la Comunità ebraica (norma elaborata da una commissione da lui nominata nel 1928 ed approvata nel 1930) la prima normativa a livello nazionale su questo argomento.
Durante la sua permanenza al ministero vennero approvate varie norme che trasformarono lo Stato, tra queste quelle probabilmente più rilevanti sono quella sulle attribuzioni e prerogative del Capo del Governo, Primo ministro segretario di Stato (legge 24 dicembre 1925, n.2263) la legge sulla facoltà per l'esecutivo di emanare norme giuridiche (legge 31 gennaio 1926, n.100), il nuovo Testo Unico delle norme di Pubblica sicurezza (legge 6 novembre 1926 n.1848) e la legge 25 novembre 1926, n.2008, recante provvedimenti in difesa dello Stato, con la quale viene reintrodotta in Italia la pena di morte, abolita nel 1889, ed istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato (TSDS).
Altri suoi interventi si ebbero nel campo della disciplina dei rapporti collettivi di lavoro, prima con l'accordo di Palazzo Vidoni, di cui lui era estensore, sottoscritto il 2 ottobre del 1925 e con il quale la Confederazione nazionale delle Corporazioni sindacali e la Confindustria si riconoscono la reciproca esclusività nella rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro, poi con la legge 3 aprile 1926 n.56337 ("sulla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro") che costituisce uno dei fondamenti dello Stato corporativo (tesi da lui propugnata con forza) che introduceva il ricorso obbligatorio alla magistratura del lavoro per controversie tra datori di lavoro e lavoratori, quest'obbligo nella versione iniziale era previsto solo per il settore agricolo, ma in seguito ad un intervento di Edmondo Rossoni (1884-1965) il capo dei sindacati fascisti, appoggiato poi da Rocco stesso e infine da Mussolini.
Rocco presentò alla Camera il 18 novembre 1925 la proposta di legge, nel suo discorso affermò… “Lo Stato fascista che noi vogliamo realizzare e stiamo realizzando è lo Stato veramente sovrano, che domina tutte le forze esistenti nel Paese e tutte indirizza ai fini storici ed immanenti della vita nazionale. Orbene è naturale che lo Stato fascista non si disinteressi, come lo Stato liberale, del più grande problema che tormenti il mondo contemporaneo, e che da un secolo è la causa di tutte le difficoltà e di tutti i discorsi dello Stato moderno. […] Orbene lo Stato non è lo Stato, cioè non è sovrano, se non riesce come già fece coll'autodifesa individuale, a vietare anche l'autodifesa di categoria e di classe e a porsi come giudice nei conflitti tra le classi. […] Le condizioni sociali e politiche dell'Italia conferiscono al nostro Paese la possibilità […] di metter fine alla disordinata autodifesa di classe, che affligge tutto il mondo, e di sostituirvi la giustizia dello Stato. […] un'organizzazione sindacale di spirito schiettamente nazionale, fortemente costituita e perfettamente disciplinata […]”
Nel 1927 intervenne anche sulle riforme del settore scolastico, schierandosi in favore della riforma della scuola e scrivendo… “Dalla scuola agnostica, priva di contenuto morale, senza identità, pura fornitrice di nozioni, che lo Stato liberale democratico aveva creato, uscì la scuola educatrice, non solo dell'intelletto ma dell'animo, con un suo contenuto religioso e nazionale, fornitrice dell'Italiano nuovo, degno della nuova storia d'Italia, capace di comprenderla e di realizzarla”.
La legge 9 dicembre 1928, n.2693, recante l'ordinamento e le attribuzioni del Gran Consiglio del fascismo, che istituzionalizza tale “organo supremo, che coordina e integra tutte le attività del regime sorto dalla rivoluzione del mese di ottobre 1922”.
Collegata alla legge n.563 vi è anche la successiva dichiarazione di principi in materiale sociale e lavorativa adottata dal Gran Consiglio il 21 aprile 1927, chiamata Carta del lavoro e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 100 il 30 aprile, nella redazione della quale venne a sua volta coinvolto quando le cinque confederazioni dei datori di lavoro presentarono le loro preoccupazioni e le loro proposte sulla stessa al segretario del PNF, nettamente contrarie alle prime bozze e alle tesi appoggiate da Rossoni.
Venne quindi coinvolto Mussolini, a cui li documenti vennero rimessi il 9 aprile da Giuseppe Bottai (1895-1959) che poi li passò a Rocco, che assieme a Bottai, procedette ad una nuova stesura del documento; nella fase conclusiva del dibattito mise mano direttamente Mussolini che si occupò dell'elaborazione della versione finale, nella quale venivano accolte molte delle richieste imprenditoriali.
Dopo la legge delega 24 dicembre 1925 n.2260, l'impegno di Rocco si rivolse prevalentemente alla riforma generale dei codici. Tutta questa sua attività gli valse, ad opera di Mussolini, la definizione di “legislatore della rivoluzione fascista”.
Continuò la sua attività nel settore culturale, divenendo Socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei l'11 ottobre 1926 e poi Socio nazionale il 12 dicembre 1929.
Nel 1926 nominò una commissione ministeriale, presieduta da Giovanni Appiani (1865-1944) per la stesura di un nuovo progetto di codice penale (il governo aveva ottenuto l'apposita delega con la legge del 24 dicembre 1925) la cui versione definitiva venne pubblicata con Regio Decreto 19 ottobre 1930, n.1398. Nel 1929 egli presentò anche un progetto di codice di procedura penale alla cui redazione partecipò anche Vincenzo Manzini (1872-1957).
I due codici, conosciuti come "codici Rocco", approvati il 19 ottobre del 1930 entrarono in vigore il 1 luglio 1931 e sopravvissero al crollo del fascismo…
Il codice di procedura penale, profondamente modificato a partire dal 1955, restò in vigore fino al 1990… le modifiche apportate da un branco di inetti giuristi democratici sono state devastanti…
Il codice penale, profondamente modificato, è ancora in vigente.
Il nuovo codice penale se per un verso “formalmente” reintrodusse la pena di morte, soppressa dal codice penale Zanardelli del 1889… andò a prevedere varie misure utili per “salvaguardare l'integrità della stirpe e la natalità italiana” in linea con il progetto del regime di aumentare le nascite… per cui venivano sanzionate le limitazioni alle nascite… la diffusione di idee neomalthusiane e l'incentivo a pratiche contro la procreazione.
Il che significava nell’ottica di Alfredo Rocco… il più grande rispetto per la Vita…
Sempre nel 1931, con il R.D. n.787 venne approvato il Regolamento per gli Istituti di prevenzione e di pena “che aggravava i rigori delle detenzioni e la natura 'afflittiva' delle pene, restringendo ulteriormente le già ridotte garanzie di rispetto delle fondamentali esigenze della persona privata della libertà”.
Nel 1929, il 1 maggio, fu lui a insediare la prima Commissione per la stampa, prevista dalla nuova normativa appena approvata, che istituiva l'Ordine dei Giornalisti.
Rocco partecipò in prima persona anche alle nuove istituzioni create dal fascismo, divenne membro del Gran Consiglio del fascismo e Vicepresidente dell'Istituto di cultura nazionale fascista.
Rimase ministro fino al luglio 1932 quando venne dimesso ricevendo il Premio Mussolini dall'Accademia d'Italia per le scienze morali e storiche.
Dal novembre 1932 al gennaio 1934, presiedette la Commissione per l'esame dei bilanci e dei rendiconti consuntivi della Camera.
Il 2 marzo del 1934 venne nominato senatore, nel Senato divenne membro della Commissione parlamentare incaricata di dare il proprio parere sui progetti dei nuovi codici civile, di procedura civile, di commercio e per la marina mercantile e della Commissione per la verifica dei titoli dei nuovi senatori.
Morì l'anno successivo, il 28 agosto 1935, a Roma.
Post Mortem venne eretto, in memoria di Rocco, un mausoleo nel cimitero del Verano a Roma, opera iniziata nel 1938 e completata nel 1940 su progetto dell'architetto Vittorio Morpurgo (1890-1966) ed ora demolita, nel quale le sue spoglie vennero traslate il 28 agosto del 1940.

Tratto da:
https://www.facebook.com/fascismoimmensoerosso/photos/a.478309392371554.1073741827.478276162374877/528821023987057/?type=3&comment_id=528915700644256&notif_t=photo_comment_tagged&notif_id=1460208639043208

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