lunedì 25 maggio 2015

DEMOCRAZIA DIRETTA E STATO SOCIALE


Un binomio indissolubile

di Gianfredo Ruggiero

Fin dalla sua comparsa sulla terra l’uomo si è caratterizzato come essere sociale, propenso ad unirsi per condividere e sviluppare con altri i comuni interessi e per meglio tutelare e difendere le proprie conquiste lavorative e sociali.
Escludendo le società collettivistiche dove tutto è messo in comune e l’individualità annullata, possiamo affermare che le associazioni o microcomunità - da quella base rappresentata dalla famiglia unita da vincoli di amore e di sangue a quelle in ambito lavorativo come i sindacati e le associazioni di categoria - rappresentano le cellule del tessuto connettivo di una moderna, pluralista e ordinata società.

Questa premessa è necessaria per comprendere lo spirito e le finalità della Democrazia Diretta che si colloca all’interno di un ampio e articolato processo teso al superamento del modello liberal-capitalista e al ridimensionamento del ruolo dei partiti ricondotti nell’alveo istituzionale.

Dimentichiamoci, per il momento, dell’attuale sistema e pensiamo ad un qualunque lavoratore, operaio, impiegato o professionista, inserito in un sistema a Democrazia Diretta.
Questi è chiamato ad eleggere, su base territoriale, secondo il principio delle primarie e senza il filtro dei partiti, il rappresentante della categoria di appartenenza.

Il nostro lavoratore sarà motivato ad andare a votare e lo farà con la massima attenzione e competenza affinché gli interessi della sua categoria, e di conseguenza i suoi, siano perseguiti.

Lo stesso vale per le altre espressioni significative della società: medici e insegnanti, sindacati e industriali, uomini di scienza e di cultura, casalinghe, sportivi, pensionati, immigrati… ogni realtà importante del nostro Paese avrà il suo rappresentante in Parlamento che, di fatto, sarà lo specchio fedele della società civile.

I parlamentari risponderanno direttamente agli elettori da cui hanno ricevuto il mandato e non avranno bisogno, come avviene ora, di crearsi le clientele per assicurarsi la rielezione.

Sarà sufficiente lavorare bene, nell’interesse della categoria di appartenenza e di quello supremo della Nazione.

Non ci saranno più le tangenti ai partiti e le mazzette ai politici.

Il Parlamento sarà composto da esponenti qualificati e da persone competenti.

Non avremo più il tuttologo, il politico che un giorno fa il Ministro della Sanità e il giorno dopo il Ministro dei trasporti, bensì un medico a capo della Sanità, un ingegnere al dicastero dei Trasporti e un magistrato al Ministero della Giustizia.

Tecnici prestati non alla politica, bensì alla Nazione.

 Al vertice dello Stato vedremo, anch’esso eletto direttamente dal Popolo, un Presidente della Repubblica con funzioni di Primo Ministro svolgere il delicato compito di governo della Nazione e di garante della pace sociale, in grado di intervenire con autorevolezza e senso dello Stato quando interessi di categoria o di parte, anche se legittimi, siano in contrasto con quello generale.

I principi guida saranno l’interesse nazionale e l’autosufficienza, soprattutto in campo alimentare ed energetico (basta mortificare la nostra agricoltura per importare gli agrumi dalla Spagna, multare i nostri allevatori per importare il latte dalla Francia, abbandonare le centrali idroelettriche per importare la corrente dalla Svizzera…).

A livello locale ci saranno le liste civiche, aperte a tutti e che si confronteranno sulla base di programmi concreti sfrondati da demagogie e interessi di partito.

Con l’avvento della Democrazia Diretta i partiti continueranno ad esistere, ma saranno ricondotti nel ruolo essenziale d’indirizzo e di garanti delle libertà, senza ingerenze nella società civile e sconfinamenti nella gestione della cosa pubblica.

Usufruiranno di finanziamenti statali, ma saranno tenuti alla compilazione della denuncia dei redditi sottoposta al vaglio della Guardia di Finanza.

Sarà inoltre introdotta l’incompatibilità tra una qualunque carica di governo o istituzionale e cariche di partito: chi decide di servire la Patria lo deve fare senza alcun condizionamento o interesse di parte.

Il Parlamento sarà, come ora, costituito da due rami, ma con composizione e compiti diversi: la Camera dei Deputati, espressione della società civile, si occuperà delle questioni sociali e il Senato della Repubblica, espressione della politica, avrà compiti di indirizzo e di politica estera.

Le leggi dovranno passare al vaglio di entrambe le Camere per essere approvate dal Capo dello Stato, previa verifica da parte della Corte Costituzionale.

Di provenienza politica saranno il Presidente della Repubblica e i presidenti delle Provincie (le Regioni saranno soppresse) nel cui Consiglio Direttivo siederanno, con pari potere e funzioni, i politici, le rappresentanze sindacali interne e i delegati delle associazioni più rappresentative degli utenti.

Insieme, in un clima di concordia, concorreranno al miglioramento dei servizi e al contenimento della spesa.

La concertazione tra le parti sociali, che oggi avviene all’esterno delle Istituzione con la saltuaria e pavida intermediazione del Governo, domani avverrà direttamente in Parlamento dove il confronto coinvolgerà non solo le parti in causa, ma anche le altre realtà a cui oggi è negata voce.

Non avranno più senso gli scioperi (il diritto sarà comunque garantito) e cesseranno i ricatti tipo Fiat: finanziamenti statali in cambio della promessa del mantenimento dei posti di lavoro.

La nuova Costituzione si armonizzerà in un rinnovato Stato Sociale con il ripristino di tutte le conquiste sociali oggi sacrificate sull’altare del libero mercato e della globalizzazione economica e si completerà con la Socializzazione delle Imprese (partecipazione degli operai alla gestione e agli utili delle grandi aziende) e con il diritto alla proprietà della prima casa attraverso l’Istituto del Mutuo Sociale finanziato e gestito direttamente dalle Provincie senza alcuna finalità di lucro.

La sovranità monetaria sarà ristabilita con il ritorno allo Stato della Banca d’Italia, ora in mani private, e conseguente superamento del “signoraggio bancario” causa primaria dell’enorme e inestinguibile debito pubblico.

Il ridimensionamento del potere bancario, il superamento della dipendenza economica dai mercati internazionali e dei vincoli europei saranno i primi obiettivi del nuovo governo nazionale, come pure la chiusura di tutte le basi NATO e americane presenti sul nostro territorio, fermo restando gli accordi di alleanza che dovranno essere ridefiniti a partire dalla nostra partecipazioni alle guerre “umanitarie”.

I settori strategici (energia, sicurezza, sanità, istruzione e trasporti) e i servizi pubblici locali saranno sottratti alle logiche del mercato e del profitto per essere gestiti direttamente dallo Stato, con uomini dello Stato, scelti dallo Stato (e non dai partiti), competenti, motivati e retribuiti in funzione del ruolo svolto.

Da questa riorganizzazione anche il nostro disastrato ambiente ne trarrà giovamento (ad esempio sarà introdotto l’obbligo per le nuove costruzioni dei pannelli fotovoltaici il cui costo, calmierato dallo Stato, sarà totalmente deducibile).

L’evasione fiscale, altra piaga sociale, sarà combattuta riducendo le aliquote e permettendo anche ai privati di detrarre le spese non voluttuarie.

Sono certo che queste proposte faranno saltare sulla sedia (o meglio... sulla poltrona) i politici di mestiere e i tanti che in questo sistema ci sguazzano.

Lotteranno con i denti e con le unghie per mantenere i loro privilegi e le accuse di attentato alla democrazia e di ritorno al Fascismo si sprecheranno, come pure i tentativi di bollare le nostre idee come demagogiche e irrealizzabili.

In effetti, come avrete compreso, non si tratta di semplici riforme, bensì di una rivoluzione, prima culturale e di pensiero e poi politica.

La spinta deve venire dal basso, da un serrato e approfondito dibattito e i promotori non possono che essere i circoli culturali, le associazioni di qualunque tipo e persone estranee ai partiti.

Le rivoluzioni nascono dal malcontento popolare, ma rimangono sterili o sfociano nel terrorismo se alla loro testa non si pone una élite costituita da uomini puri che sappiano trovare, forte del consenso popolare, le giuste strategie.

Questa è la strada da perseguire.

Senza ricorrere alla violenza o farsi tentare dalle scorciatoie militaristiche: non le vogliamo e non ne abbiamo bisogno perché… la nostra forza è nelle idee.

Gianfredo Ruggiero, presidente del Circolo Culturale Excalibur - Varese

Articolo tratto dal libro di Gianfredo Ruggiero “La Forza delle Idee”
254 pagine formato A4. Euro 12 comprese spese di spedizioni. Inviare richiesta a: circolo.excalibur@libero.it

https://excaliburitalia.wordpress.com/2012/04/08/democrazia-diretta/

Nessun commento:

Posta un commento