martedì 15 luglio 2014

Il denaro non può essere documento/strumento contabile


Di Daniele Pace*

Negli ultimi giorni sono state avanzate delle proposte che vorrebbero il denaro come strumento / documento contabile, atto a valorizzare il lavoro e da utilizzare per il pagamento di stipendi e materiali, per gli scambi commerciali e il pagamento dei servizi.
Questa proposta di considerare il denaro come strumento/documento contabile non solo non può essere accettata, ma è sbagliata nelle sue basi, oltre che non coincidente con la definizione stessa di strumento contabile, e il denaro va considerato sempre come una fattispecie giuridica di valore astratto, creata dalla mente e dall'induzione socio-giuridica e non dalla contabilità.
La proposta nasce probabilmente dalla considerazione di molti che vede il denaro come “sterco del demonio”, un'invenzione malvagia che va assolutamente devalorizzata se non eliminata dalla società, e una sua definizione come strumento contabile porterebbe alla soluzione definitiva. In realtà è questo denaro privato delle banche a possedere queste caratteristiche, ma non certo la moneta nella sua vera natura e funzione, quella descritta da Aristotele, seppur in modo parziale e poi riconcepita in modo definitivo da Auriti. Nella sua vera natura e funzione la moneta è uno concetto utilissimo e proprio il suo valore, astratto e sociale, a dargli questa utilità. Il problema è casomai la sua comprensione e creazione, che non può avvenire certo attraverso la contabilità.
Infatti la contabilità, già nell'etimologia stessa della parola, non ha nulla a che vedere con il valore del denaro, in quanto già nel suo significato, contare appunto, è un tener di conto dei valori monetari, e questo non può coincidere con i valori stessi. I valori monetari possono essere contati grazie alla contabilità, ma non certo creati, come fa oggi la banca producendo il denaro dal nulla.
Una creazione contabile del valore, seppur intesa al servizio della società, creerebbe problemi di attribuzione della proprietà ancorché di natura giuridica e filosofica non trascurabili, occultando di nuovo quella che è la natura e funzione della moneta e la sua stessa creazione, nel valore, come strumento sociale. La moneta è l'unita di misura e il mezzo di scambio, che non nasce da un calcolo ragionieristico, ma da un processo ben definito individuato dagli studi di Auriti !
La contabilità non ha potere d'acquisto... è solo un tener di conto (le misure e i poteri d'acquisto) .... è la stessa differenza che passa tra la calcolatrice e i numeri !
Tanto che il denaro (il mezzo e l'unita' di misura) può esistere senza contabilità ma non viceversa ... con la contabilità non ci si mangia ... con il denaro si possono acquistare cibi da contabilizzare poi per chi vuole tenere conto dei movimenti monetari e di merci.
Ma la contabilità non corrisponde ne alla moneta, ne tanto meno alle merci, di cui è solo la registrazione dei movimenti, la dinamica dei valori, e non certo il loro valore, né tanto meno questo può nascere dall'algebra della ragionieristica.
La movimentazione delle merci e la prestazione lavorativa, contabilizzate nei bilanci, non possono dar vita al valore del mezzo monetario, ne tanto meno alla sua circolazione, ma servono solo ad una registrazione dei loro effetti (scambio di beni e servizi) in seno alla società. Fu lo stesso errore di Marx e Ricardo ... la moneta non può essere legata alla merce che ha valore soggettivo e d'uso, infatti è cristallizzato fino all'acquisto. La merce non può creare il valore monetario, indipendente da essa e al limite scambiabile con la merce nell'assioma valore del bene contro valore monetario. In questo errore si alimenta il conflitto tra lavoratore e produttore nella sottrazione del plusvalore, e la visione di moneta come strumento contabile, nell'oscurare il reale processo di creazione e induzione monetaria, rischi di favorire il perpetrarsi di questo conflitto anche nel caso si volesse teorizzare una contabilità “creativa”.
Con Auriti si è fatto un gran passo in avanti perché l'indotto giuridico (e quindi a nascita del valore monetario) non ha nessun legame col plusvalore e il denaro può essere creato liberamente e in abbondante quantità certificandone il valore alla società composta dai cittadini, con una proprietà libera ma mobile, di portatore in portatore. Questo significa che il capitale oggi non va più inseguito, ma può essere tranquillamente inventato dal nulla slegandolo da lavoro e produzione nella sua creazione... tornando alla forma D-M-D si torna indietro di 150 anni.
Nella foga di trovare soluzioni a questa crisi si sta confondendo il meccanismo di emissione con la nascita del valore e il mezzo di scambio con la contabilità che non è il bene che si contabilizza, ma l'aritmetica dei suoi movimenti / trasferimenti.
In pratica si sta confondendo il simbolo con il valore… che è l'errore del monetarismo classico per il quale la banca oggi emettendo il simbolo si appropria del valore.... come simbolo si può scegliere quello che si vuole e trasferirci il valore, ma questo e' distinto sin dall'origine ed ha una proprietà che non può essere spaziale (materiale).
La moneta nasce dalla mente, non dallo scambio ... quella è la seconda fase, quella strumentale, che non potrebbe esserci senza la prima, la nascita del valore ... e solo con la prima possiamo dire che la moneta è di proprietà del cittadino e può essere usata come strumento sociale ... mentre nella circolazione vi è la coincidenza tra astrazione e uso sociale del valore astratto.
Inoltre è la stessa definizione ragionieristica (esatta) di strumento (o documento) contabile ha non poter coincidere con quella di denaro. Uno strumento contabile è per definizione lo strumento con cui si usa tener di conto, ovvero è il registro utilizzato per tener di conto per un gruppo di valori. Lo strumento contabile è infatti la partita doppia, o semplice, è la somma algebrica dei valori e delle merci e non può coincidere (essere la stessa cosa) con i valori perché ne è la registrazione dei movimenti/trasferimenti (di denaro). È come dire che un saldo fra me e te di due pere equivale alle due pere reali... il saldo non lo mangio (e una pura registrazione), le pere si (sono il valore), esistono, ed esistono indipendentemente se sono contabilizzate o meno. Uno strumento contabile è il libro mastro, il bilancio, il registro IVA … tutti registri di movimento/trasferimento di valori preesistenti, qualunque essi siano.
Non si capisce perché si voglia insistere su una definizione che appartiene alla ragionieristica e non al monetarismo. Il valore esiste senza contabilità, la contabilità non esiste senza valore.
Il denaro non può essere strumento (documento) contabile ma la relazione di tempo previsionale, astratta e psichica, a cui viene attribuito il valore (il potere d'acquisto). La stessa registrazione contabile dei movimenti di valore non può creare il valore che viene invece creato precedentemente e quindi registrato contabilmente. Ma è il valore a creare lo scambio, non la registrazione !
Sarebbe come dire che se contabilizzo 2 pere automaticamente ho 2 pere, mentre in realtà ho solo registrato un bene reale che deve essere prodotto autonomamente a seconda del tipo di bene. Ugualmente la creazione del denaro è precedente alla sua contabilizzazione, e questa viene utilizzata solo per l'utilità di tener di conto i valori, non perché essenziale nella creazione ... che è astratta e nasce da altri meccanismi, quelli descritti da Auriti e ormai svelati con l'era del Fiat Money.
Anche la contabilità dei beni, in caso di un loro scambio tra individui/aziende senza trasferimento di denaro, resta una semplice registrazione del baratto e non può essere denaro...e nemmeno di denaro si può parlare, essendo questo un valore ben definito. In contabilità questo riferimento può essere avanzato solo in base alla misurazione del valore da sommare algebricamente e non al valore della misura, nato da un accordo sociale ben diverso e non teorizzabile con la ragionieristica.
Vi è quindi uno sbaglio concettuale e di terminologia nel volere attribuire al denaro un'eguaglianza allo strumento contabile, campo della ragionieristica e non certo del monetarismo.
Questa eguaglianza non fa altro che protrarre i malintesi (voluti) creati dall'economia nello studio della moneta, riportandola nell'ambito puramente economico e con una definizione che nemmeno è coincidente con il potere d'acquisto ma addirittura con una sua registrazione.

Quando si parla di strumento contabile inoltre si evidenziano strumenti ragionieristici già esistenti e nati con scopi ben definiti (tener di conto) diversi dallo strumento sociale quale è il denaro nato per uno scopo preciso (lo scambio e la misurazione delle merci)
Credo che vi sia la necessità invece, se vogliamo riformare il sistema monetario, di separare bene le definizioni della materia monetarista da quelle della materia economica, di cui la ragionieristica fa invece parte. L'inganno del denaro è stato infatti perpetrato a danno dei popoli analizzando la moneta come fattispecie economica, inglobando il monetarismo all'economia delle banche, mentre noi abbiamo bisogno di fondare la nuova materia monetaria, quella della fattispecie giuridica e sociale della moneta.


*Daniele Pace, autore de “La Moneta dell'Utopia”


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