giovedì 14 giugno 2012

UN ALTRO MIRACOLO MA SEMPRE NELL’ITALIA DEI MIRACOLI LA RACCOLTA DEL DOLLARO



di Filippo Giannini

   Un lettore, il signor Roberto Quaglia, mi ha inviato della documentazione che attesta un altro miracolo, e di cui non conoscevo nulla, avvenuto nell’Italia dei miracoli (neanche a dirlo), nell’epoca del male assoluto.
    Nell’intento di presentare gli attestati, sono costretto ad alcune premesse.
    Quante volte ho sfidato i mezzi di (dis)informazione ad abbandonare, per almeno una volta sola, le ridicoli menzogne su Mussolini e sul fascismo. Mai una risposta, sicché abbiamo dovuto sopportare le illazioni che: Mussolini era un omosessuale (inneggiava alla maschia gioventù); danneggiò l’ambiente perché aveva prosciugato le paludi; aveva il pene freddo tanto che lo doveva racchiudere in speciali mutande confezionate con pelo di coniglio per riscaldarlo, e tante altre baggianate simili a queste. Nei miei interventi concludevo che questa casta di super-malandrini mai avrebbe accettato alcun confronto fra l’attuale  regime di ladri e il precedente. Indovinate chi sarebbe uscito sconfitto?
   E andiamo avanti.
   Appena nominato Presidente del Consiglio, Mussolini si trovò caricato, fra le altre mille e mille incombenze, anche di una situazione finanziaria nazionale esplosiva. Oltre al pesantissimo indebitamento verso le banche americane e inglesi, finanziatrici del nostro sforzo bellico, esisteva la pericolosa esposizione della Banca d’Italia che aveva sovvenzionato al di la di ogni limite, l’indebitamento della Banca di Roma, per evitare che si innescasse un generale processo fallimentare, non solo del sistema bancario italiano, ma anche di quello industriale.
   E ancora, sotto la pressione della crisi derivante dal rientro dei militari dal fronte di guerra, il governo pre-fascista fece forsennato ricorso alla stampa inflazionistica di carta moneta, facendo così salire, su limiti preoccupanti, la circolazione complessiva bancaria. Infatti dai poco più di 14.000 milioni di lire del 1918 si precipitò ai 20.000 milioni di lire del 1920. E ancora: il prezzo in lire del dollaro americano passò da 6,34 del 31/12/1918 a 13,07 di fine 1919; e quello della sterlina da 30,37 a 50,08 nello stesso periodo.
   All’inflazione monetaria si aggiunse la dilatazione del debito pubblico che nei tre esercizi finanziari 1918-1919, 1919-1920 e 1920-1921 salì da 48 a 86 milioni e mezzo di lire (fonte Gaetano Rasi – L’Economia Italiana tra le Due Guerre).
   Ricordiamo che Mussolini salì al potere a fine 1922 e immediatamente si organizzò per inventare il miracolo italiano. Affidò uno dei compiti ad Alberto De Stefani che diresse sia le Finanze che il Tesoro. L’ottimo Ministro con una serie di intelligenti manovre finanziarie riuscì a presentare, a fine 1925, il bilancio del secondo periodo post-bellico, positivo cosa rara dall’Unità d’Italia; la produzione agraria aveva raggiunto livelli pre-bellici, l’industria era in netto progresso ed era stato incrementato il commercio con l’estero. Con questa prima operazione Mussolini poteva così presentare al mondo l’Italia dei miracoli.
    Ma il Paese aveva bisogno di operare con l’estero per il suo fabbisogno di materie prime. Per fare ciò, oltre alla necessità di stabilizzare la sua moneta, doveva regolare la questione ancora aperta – come per la maggior parte delle altre Nazioni alleate – dei debiti di guerra contratti, come già detto, con gli Stati Uniti e con la Gran Bretagna. Il Conte Volpi di Misurata, subentrato nelle Finanze a De Stefani, riuscì a regolare con tagli e lunghe rateazioni le partite dei conti di guerra. Sennonché, proseguendo l’espansione italiana, la speculazione internazionale si accanì contro la lira. Ma questo è un altro discorso, torniamo, quindi, alla documentazione che mi ha inviato il sgnor Roberto Quaglia.
   Onde parare l’azione della speculazione internazionale, a novembre 1925, Mussolini inviò il Ministro delle Finanze Giuseppe Volpi di Misurata a New York, sia per risolvere il debito di guerra contratto con gli Stati Uniti, che per rinforzare la lira, in quanto, come vedremo, era in programma una battaglia a sostegno della moneta italiana. In data 20/11/1925  La Stampa riportava in prima pagina la seguente notizia: “New York, 19 mattino – Oggi ci è giunta per telegramma del presidente del Consiglio, on. Mussolini, la notizia che il ministro delle Finanze conte Volpi ha firmato un contratto con la Banca C.P. Morgan & C. per un prestito allo Stato Italiano di 100 milioni di dollari della durata di 25 anni (…)”.
Così, il prestito per l’Italia, offerto quella stessa mattina, venerdì alle ore 10, suddiviso da 923 banche e banchieri associati alla C.P.Morgan &Co., fu larghissimamente coperto in due ore; dopo di che la sottoscrizione venne chiusa a mezzogiorno preciso.
Tanta è la fiducia che riscuote il Governo italiano negli Stati Uniti  che mai fu concesso un prestito (con tasso del 7%, ed effettivo del 7,48%) di uguale misura a qualsiasi altro Governo europeo; solo all’Inghilterra e alla Francia, nel 1924 fu riconosciuto un prestito di tale entità, ma a condizioni leggermente meno favorevoli di quelle fatte all’Italia. Successivamente con l’accordo di Londra del 27 gennaio 1926 venne regolato anche il debito con il Regno Unito.
La questione dei debiti esteri finì per risolversi in una partita di giro: l’Italia rinunziò, di fatto, alle riparazioni tedesche in favore dei creditori di guerra. Inoltre questa operazione preluderebbe al ritorno dell’Italia all’oro.
Ora facciamo un piccolo salto in avanti: il Duce nel dicembre 1927, decretata la stabilizzazione della Lira, dichiarandone la convertibilità in oro, stabiliva la parità oro della Lira.
O lettore, perché spalanchi gli occhi? Al governo non c’era un Amato, o un Berlusconi o un Monti, c’era il “figlio del fabbro”.
La battaglia della Lira – così era stata chiamata – fu vinta e questo segnò la fine del periglioso periodo dell’inflazione, e fu consolidato in modo definitivo il credito dell’Italia (fascista) di fronte all’estero.
Così, il corso del dollaro dalla media annuale di 25,93 del 1926 scese nel 1927 a 19.60.
   Ma torniamo al prestito con la Morgan di New York. Una nuova premessa è necessaria. Quando discuto di storia o di politica, il mio interlocutore mi pone spesso la domanda. “Ma allora, secondo te Mussolini non ha mai fatto un errore?”.
Generalmente rispondo: “Di errori, come tutti gli uomini ne ha commessi, ma il più grave – e che mi danneggia direttamente è avermi fatto credere che nascere italiano fosse un dono divino. Invece…”.
Poi, riflettendo meglio debbo correggere la mia condanna: il popolo italiano ha molte carenze, ma solo lui è in grado di compiere le imprese più impossibili per altri popoli; è indispensabile, però, che sia guidato da un Grande Uomo!
   Infatti, ora vediamo come si presentò al mondo questo nuovo miracolo, innestato nella già esistente Italia dei miracoli.
   Sempre su La Stampa del 22/11/1925 (cioè a soli due giorni dalla notizia del prestito) possiamo leggere: “(Titolo): IL DOLLARO: La sottoscrizione del dollaro procede in tutta Italia con magnifico slancio. L’onore dell’iniziativa – com’è noto – spetta a Genova, dove la “Loggia dei carboni fossili”, appoggiata dalla “Associazione La Compagna”, lanciò l’idea di trovare cinque milioni di italiani che sottoscrivessero un dollaro ciascuno (ricordiamo che il valore del dollaro, allora, era di circa 25 lire)”.
Dai Lavoratori di Genova partì la richiesta al Duce per indire la “Giornata del dollaro” e il Duce accolse e propagandò la proposta raccomandando la necessità di versare il contributo in Lire italiane, per non favorire, con l’eccessiva richiesta di valuta americana, al rialzo del suo valore e quindi al peggioramento dei cambi. L’idea dilagò in un lampo da nord a sud: si pensi che la Cooperativa facchini di Sanpierdarena e dei Minatori di Mileto sottoscrissero 250.000 lire, cifra enorme per quel periodo.
Si mobilitano Giunte, ditte private, deputati, senatori, associazioni combattentistiche, mutilati di guerra e ogni altra categoria. Si prenda ad esempio una scuola nella quale la maestra ha sollecitato gli alunni a portare la loro offerta; una maestra ha scritto nel suo registro. “Solo due alunne erano un po’ restie e alle mie domande mi risposero che i babbi avevano già fatto il soldato e avevano già troppo sofferto. Io le persuasi con buone parole, con esempi e anch’esse mi portarono 55 centesimi ciascuna e così ebbi la bella soddisfazione di essere stata una delle prime a mandare in Direzione l’importo totale di Lire 50 con la mia offerta”.
   Nella gara del dollaro Torino si sta facendo onore, marciando con lo stesso passo di Milano. Compilare un elenco dei versamenti è impossibile, nessuno avrebbe mai immaginato che gli italiani avrebbero risposto con tanto entusiasmo: la ditta Borsalino invia un importo in Lire italiane pari a mille dollari; il clero assicura il suo incondizionato appoggio, Gabriele D’Annunzio invia dieci dollari-oro, e a suo nome altre 500 Lire; Antonino Nocera, da Gela, invia il suo contributo con la somma di 100mila lire, equivalente ad alcuni centinaia di milioni di oggi.
   Per concludere: la sottoscrizione si chiuse in due mesi in quanto, non solo era stata raggiunta la quota necessaria per non gravare lo Stato italiano di un debito, ma addirittura si superò l’importo dei cento milioni di dollari.
   Il valore di questa operazione non fu l’aver raggiunto quanto i lavoratori di Genova avevano proposto, ma data la vastità e l’entusiasmo popolare che aveva caratterizzato quei due mesi, tutto ciò aveva posto in evidenza la crescente popolarità del governo Mussolini.
La strada era aperta per tanti, ma tanti altri miracoli, come il controllo statale sull’economia, la riduzione della circolazione monetaria e quella del debito pubblico, la legge di stabilizzazione della Lira, la così detta quota 90, la battaglia del grano e mille e mille altre operazioni che solo un Governo laureato in miracoli poteva ambire di portare a termine.
   Era il momento del popolo che era Stato, dello Stato che era Nazione: una grande Nazione! Una Nazione invidiata da tutto il mondo!
    Si impone, a questo punto, rammentare quanto avvenne nell’aprile 1945: dopo cinque anni di guerra disastrosa, Antonio Pantano (“Ezra Pound”, pag.11), con queste parole, così ricorda quel super-miracolo: “La Repubblica Sociale Italiana fece trovare agli Alleati invasori d’Italia, un non immaginabile bilancio statale attivo per 20,9 miliardi di lire. Attivo mai più raggiunto in positività nella storia da alcuno Stato europeo, mentre la RSI, grazie alla rettitudine imposta nella guerra devastante, lasciò rara floridezza nei depositi bancari, ed efficienza insuperata nella gestione della cosa pubblica”.
 Esattamente come oggi! Bah!. Ma forse qualcun comincerà a capire perché, a distanza di tanti decenni, questi malandrini si ostinano a discreditare, con tanta determinazione e continuità, il Male Assoluto.
Che TU sia benedetto!!!
      


1 commento:

  1. Premetto di leggere sempre con vivo interesse ciò che scrive Filippo Giannini, che risulta sempre assai documentato, anche se, a mio avviso, molto fazioso. Quello che scrive è vero, ma bisogna stabilire - e qui mi riferisco al proprietario del Blog - da che parte stare. O con le Banche o con il popolo. La battaglia della lira - scrive Giannini - fu vinta... ma a che prezzo? Chi pagò il conto salato della vittoria? Lo pagò il popolo italiano. Appare assai curioso che, se da una parte si auspichi il ripudio del debito adesso, prima ( durante il fascismo) si elogi di averlo onorato... Ed è quanto mai inopportuno il richiamo al padre dell'antiusura quando invece ci si sia serviti di personaggi quanto meno ambigui, come il noto "grimaldello della massoneria" come Volpi di misurata. Quindi, adesso, dopo i post sulla amicizia fra ebrei e fascisti, la posizione di Giannini è assai chiara.

    Ps. Quale la tua?

    RispondiElimina