di Filippo Giannini
Un
lettore, il signor Roberto Quaglia, mi ha inviato della documentazione che
attesta un altro miracolo, e di cui
non conoscevo nulla, avvenuto nell’Italia
dei miracoli (neanche a dirlo), nell’epoca del male assoluto.
Nell’intento di presentare gli attestati, sono
costretto ad alcune premesse.
Quante volte ho sfidato i mezzi di
(dis)informazione ad abbandonare, per almeno una volta sola, le ridicoli
menzogne su Mussolini e sul fascismo. Mai una risposta, sicché abbiamo dovuto
sopportare le illazioni che: Mussolini era
un omosessuale (inneggiava alla
maschia gioventù); danneggiò l’ambiente perché aveva prosciugato le paludi; aveva
il pene freddo tanto che lo doveva racchiudere in speciali mutande confezionate
con pelo di coniglio per riscaldarlo, e tante altre baggianate simili a
queste. Nei miei interventi concludevo che questa casta di super-malandrini mai avrebbe accettato alcun confronto fra
l’attuale regime di ladri e il precedente.
Indovinate chi sarebbe uscito sconfitto?
E andiamo avanti.
Appena nominato Presidente del Consiglio,
Mussolini si trovò caricato, fra le altre mille e mille incombenze, anche di
una situazione finanziaria nazionale esplosiva. Oltre al pesantissimo
indebitamento verso le banche americane e inglesi, finanziatrici del nostro
sforzo bellico, esisteva la pericolosa esposizione della Banca d’Italia che
aveva sovvenzionato al di la di ogni limite, l’indebitamento della Banca di
Roma, per evitare che si innescasse un generale processo fallimentare, non solo
del sistema bancario italiano, ma anche di quello industriale.
E ancora, sotto la pressione della crisi
derivante dal rientro dei militari dal fronte di guerra, il governo
pre-fascista fece forsennato ricorso alla stampa inflazionistica di carta
moneta, facendo così salire, su limiti preoccupanti, la circolazione
complessiva bancaria. Infatti dai poco più di 14.000 milioni di lire del 1918
si precipitò ai 20.000 milioni di lire del 1920. E ancora: il prezzo in lire del
dollaro americano passò da 6,34 del 31/12/1918 a 13,07 di fine 1919; e quello
della sterlina da 30,37 a 50,08 nello stesso periodo.
All’inflazione monetaria si aggiunse la
dilatazione del debito pubblico che nei tre esercizi finanziari 1918-1919,
1919-1920 e 1920-1921 salì da 48 a 86 milioni e mezzo di lire (fonte Gaetano
Rasi – L’Economia Italiana tra le Due
Guerre).
Ricordiamo che Mussolini salì al potere a
fine 1922 e immediatamente si organizzò per inventare
il miracolo italiano. Affidò uno dei compiti ad Alberto De Stefani che
diresse sia le Finanze che il Tesoro. L’ottimo Ministro con una serie di
intelligenti manovre finanziarie riuscì a presentare, a fine 1925, il bilancio
del secondo periodo post-bellico, positivo cosa rara dall’Unità d’Italia; la
produzione agraria aveva raggiunto livelli pre-bellici, l’industria era in
netto progresso ed era stato incrementato il commercio con l’estero. Con questa
prima operazione Mussolini poteva così presentare al mondo l’Italia dei miracoli.
Ma il Paese aveva bisogno di operare con
l’estero per il suo fabbisogno di materie prime. Per fare ciò, oltre alla
necessità di stabilizzare la sua moneta, doveva regolare la questione ancora
aperta – come per la maggior parte delle altre Nazioni alleate – dei debiti di
guerra contratti, come già detto, con gli Stati Uniti e con la Gran Bretagna.
Il Conte Volpi di Misurata, subentrato nelle Finanze a De Stefani, riuscì a
regolare con tagli e lunghe rateazioni le partite dei conti di guerra.
Sennonché, proseguendo l’espansione italiana, la speculazione internazionale si
accanì contro la lira. Ma questo è un altro discorso, torniamo, quindi, alla
documentazione che mi ha inviato il sgnor Roberto Quaglia.
Onde parare l’azione della speculazione
internazionale, a novembre 1925, Mussolini inviò il Ministro delle Finanze
Giuseppe Volpi di Misurata a New York, sia per risolvere il debito di guerra
contratto con gli Stati Uniti, che per rinforzare la lira, in quanto, come
vedremo, era in programma una battaglia a sostegno della moneta italiana. In
data 20/11/1925 La Stampa
riportava in prima pagina la seguente notizia: “New York, 19 mattino – Oggi ci è giunta per telegramma del presidente
del Consiglio, on. Mussolini, la notizia che il ministro delle Finanze conte
Volpi ha firmato un contratto con la Banca C.P. Morgan & C. per un prestito allo
Stato Italiano di 100 milioni di dollari della durata di 25 anni (…)”.
Così,
il prestito per l’Italia, offerto quella stessa mattina, venerdì alle ore 10,
suddiviso da 923 banche e banchieri associati alla C.P.Morgan &Co., fu larghissimamente coperto in due ore; dopo
di che la sottoscrizione venne chiusa a mezzogiorno preciso.
Tanta
è la fiducia che riscuote il Governo italiano negli Stati Uniti che mai fu concesso un prestito (con tasso
del 7%, ed effettivo del 7,48%) di uguale misura a qualsiasi altro Governo
europeo; solo all’Inghilterra e alla Francia, nel 1924 fu riconosciuto un
prestito di tale entità, ma a condizioni leggermente meno favorevoli di quelle
fatte all’Italia. Successivamente con l’accordo di Londra del 27 gennaio 1926
venne regolato anche il debito con il Regno Unito.
La
questione dei debiti esteri finì per risolversi in una partita di giro:
l’Italia rinunziò, di fatto, alle riparazioni tedesche in favore dei creditori
di guerra. Inoltre questa operazione preluderebbe al ritorno dell’Italia
all’oro.
Ora
facciamo un piccolo salto in avanti:
il Duce nel dicembre 1927, decretata la stabilizzazione della Lira, dichiarandone
la convertibilità in oro, stabiliva la parità oro della Lira.
O lettore, perché spalanchi gli occhi?
Al governo non c’era un Amato, o un Berlusconi o un Monti, c’era il “figlio del
fabbro”.
La
battaglia della Lira – così era stata
chiamata – fu vinta e questo segnò la fine del periglioso periodo
dell’inflazione, e fu consolidato in modo definitivo il credito dell’Italia
(fascista) di fronte all’estero.
Così,
il corso del dollaro dalla media annuale di 25,93 del 1926 scese nel 1927 a 19.60.
Ma torniamo al prestito con la Morgan di New York. Una nuova premessa è
necessaria. Quando discuto di storia o di politica, il mio interlocutore mi
pone spesso la domanda. “Ma allora,
secondo te Mussolini non ha mai fatto un errore?”.
Generalmente
rispondo: “Di errori, come tutti gli
uomini ne ha commessi, ma il più grave – e che mi danneggia direttamente è
avermi fatto credere che nascere italiano fosse un dono divino. Invece…”.
Poi,
riflettendo meglio debbo correggere la
mia condanna: il popolo italiano ha molte carenze, ma solo lui è in grado
di compiere le imprese più impossibili per altri popoli; è indispensabile,
però, che sia guidato da un Grande Uomo!
Infatti, ora vediamo come si presentò al
mondo questo nuovo miracolo,
innestato nella già esistente Italia dei
miracoli.
Sempre su La Stampa
del 22/11/1925 (cioè a soli due giorni dalla notizia del prestito) possiamo
leggere: “(Titolo): IL DOLLARO: La
sottoscrizione del dollaro procede in tutta Italia con magnifico slancio.
L’onore dell’iniziativa – com’è noto – spetta a Genova, dove la “Loggia dei
carboni fossili”, appoggiata dalla “Associazione La Compagna”, lanciò l’idea
di trovare cinque milioni di italiani che sottoscrivessero un dollaro ciascuno
(ricordiamo che il valore del dollaro, allora, era di circa 25 lire)”.
Dai
Lavoratori di Genova partì la richiesta al Duce per indire la “Giornata del dollaro” e il Duce accolse
e propagandò la proposta raccomandando la necessità di versare il contributo in
Lire italiane, per non favorire, con l’eccessiva richiesta di valuta americana,
al rialzo del suo valore e quindi al peggioramento dei cambi. L’idea dilagò in
un lampo da nord a sud: si pensi che la Cooperativa facchini di Sanpierdarena e dei Minatori di
Mileto sottoscrissero 250.000 lire, cifra enorme per quel periodo.
Si
mobilitano Giunte, ditte private, deputati, senatori, associazioni
combattentistiche, mutilati di guerra e ogni altra categoria. Si prenda ad
esempio una scuola nella quale la maestra ha sollecitato gli alunni a portare
la loro offerta; una maestra ha scritto nel suo registro. “Solo due alunne erano un po’ restie e alle mie domande mi risposero che
i babbi avevano già fatto il soldato e avevano già troppo sofferto. Io le
persuasi con buone parole, con esempi e anch’esse mi portarono 55 centesimi
ciascuna e così ebbi la bella soddisfazione di essere stata una delle prime a
mandare in Direzione l’importo totale di Lire 50 con la mia offerta”.
Nella gara
del dollaro Torino si sta facendo onore, marciando con lo stesso passo di
Milano. Compilare un elenco dei versamenti è impossibile, nessuno avrebbe mai
immaginato che gli italiani avrebbero risposto con tanto entusiasmo: la ditta Borsalino invia un importo in Lire
italiane pari a mille dollari; il clero assicura il suo incondizionato
appoggio, Gabriele D’Annunzio invia dieci dollari-oro, e a suo nome altre 500
Lire; Antonino Nocera, da Gela, invia il suo contributo con la somma di 100mila
lire, equivalente ad alcuni centinaia di milioni di oggi.
Per concludere: la sottoscrizione si chiuse
in due mesi in quanto, non solo era stata raggiunta la quota necessaria per non
gravare lo Stato italiano di un debito, ma addirittura si superò l’importo dei
cento milioni di dollari.
Il valore di questa operazione non fu l’aver
raggiunto quanto i lavoratori di Genova avevano proposto, ma data la vastità e
l’entusiasmo popolare che aveva caratterizzato quei due mesi, tutto ciò aveva
posto in evidenza la crescente popolarità del governo Mussolini.
La
strada era aperta per tanti, ma tanti altri miracoli, come il controllo statale
sull’economia, la riduzione della circolazione monetaria e quella del debito
pubblico, la legge di stabilizzazione della Lira, la così detta quota 90, la battaglia del grano e mille e mille altre operazioni che solo un
Governo laureato in miracoli poteva
ambire di portare a termine.
Era il momento del popolo che era Stato, dello
Stato che era Nazione: una grande Nazione! Una Nazione invidiata da tutto il
mondo!
Si impone, a questo punto, rammentare
quanto avvenne nell’aprile 1945: dopo cinque anni di guerra disastrosa, Antonio
Pantano (“Ezra Pound”, pag.11), con
queste parole, così ricorda quel
super-miracolo: “La Repubblica Sociale Italiana fece trovare agli Alleati invasori
d’Italia, un non immaginabile bilancio statale attivo per 20,9 miliardi
di lire. Attivo mai più raggiunto in positività nella storia da alcuno Stato
europeo, mentre la RSI,
grazie alla rettitudine imposta nella guerra devastante, lasciò rara floridezza
nei depositi bancari, ed efficienza insuperata nella gestione della cosa
pubblica”.
Esattamente come oggi! Bah!. Ma forse qualcun comincerà a capire perché,
a distanza di tanti decenni, questi malandrini
si ostinano a discreditare, con tanta determinazione e continuità, il Male Assoluto.
Che
TU sia benedetto!!!
Premetto di leggere sempre con vivo interesse ciò che scrive Filippo Giannini, che risulta sempre assai documentato, anche se, a mio avviso, molto fazioso. Quello che scrive è vero, ma bisogna stabilire - e qui mi riferisco al proprietario del Blog - da che parte stare. O con le Banche o con il popolo. La battaglia della lira - scrive Giannini - fu vinta... ma a che prezzo? Chi pagò il conto salato della vittoria? Lo pagò il popolo italiano. Appare assai curioso che, se da una parte si auspichi il ripudio del debito adesso, prima ( durante il fascismo) si elogi di averlo onorato... Ed è quanto mai inopportuno il richiamo al padre dell'antiusura quando invece ci si sia serviti di personaggi quanto meno ambigui, come il noto "grimaldello della massoneria" come Volpi di misurata. Quindi, adesso, dopo i post sulla amicizia fra ebrei e fascisti, la posizione di Giannini è assai chiara.
RispondiEliminaPs. Quale la tua?