venerdì 4 maggio 2012

Dalla battaglia del Volturno all’incontro-scontro di Teano

 Giornate intense quelle dell’ottobre 1860 che la storiografia risorgimentale ha colorato di epico.

di: Fernando Riccardi

 Il mese di ottobre del 1860 fu sicuramente decisivo per le sorti del travagliato processo che portò all’unificazione della penisola italica. Giorni densi di eventi che la storiografia risorgimentale ha colorato di epico. Ma procediamo con ordine seguendo un criterio cronologico. Il primo ottobre del 1860, sulle sponde del Volturno, si registrò il maggiore scontro in campo aperto dell’intera campagna meridionale tra le truppe garibaldine e ciò che restava dell’esercito napoletano.
Quella di Calatafimi, in Sicilia, del 15 maggio precedente, quella passata alla storia per la famosa frase di Garibaldi “qui o si fa l’Italia o si muore” fu in effetti una battaglia che si concluse con il vergognoso disimpegno del generale napoletano Landi che, vecchio, imbelle e corrotto fece ritirare le sue truppe proprio quando aveva la vittoria in pugno. Sul Volturno, invece, si combattè con grande veemenza su entrambi i fronti. E le truppe napoletane guidate dal generale Ritucci seppero dimostrare tutto il loro valore mettendo in difficoltà l’esercito garibaldino che sperava di sbrigare la partita senza incontrare troppi ostacoli. Ma le clamorose indecisioni dello stato maggiore borbonico da un lato e l’arrivo in prima linea di regolari reparti di truppa dell’esercito piemontese dall’altro, fecero sì che la partita, usando una terminologia calcistica, si concludesse in pareggio. E se i garibaldini non riuscirono a superare il Volturno, i napoletani, che speravano di rompere le linee nemiche e di procedere alla riconquista di Napoli, dovettero rassegnarsi ad una tattica di solo contenimento. Il primo ottobre del 1860, dunque, sul Volturno si ebbe una battaglia senza vinti né vincitori.
Anche se va detto che il tempo giocava chiaramente a favore del generale e, soprattutto, del re sabaudo ormai giunto con il suo poderoso esercito nel meridione.
Ma andiamo avanti rapidamente per giungere al 21 ottobre, il giorno del plebiscito, altra tappa decisiva sulla strada che condusse all’unità. Abilmente architettate dagli agenti segreti del conte di Cavour, le consultazioni decretarono la volontà delle genti del sud di volersi unire in matrimonio indissolubile con il Piemonte e di porsi sotto la guida di sua maestà Vittorio Emanuele II di Savoia, il “re galantuomo”.
Quello che non aveva disdegnato di mettersi personalmente alla testa del suo esercito per impadronirsi “manu militari” di un pezzo d’Italia.
Nonostante i solenni inni di giubilo per i risultati schiaccianti del plebiscito, la rivolta popolare che scoppiò qualche mese dopo, quella che viene bollata come “brigantaggio” e che andò avanti per dieci lunghi anni, perché il sud d’Italia non si riconova affatto nell’unità piemontese. Non a caso, Massimo D’Azeglio, uno dei più ferventi sostenitori dell’unità italiana, così ebbe a dire in Parlamento: “A Napoli noi abbiamo cacciato il sovrano per stabilire un governo fondato sul consenso universale. Ma ci vogliono, e sembra che ciò non basti per contenere il Regno, sessanta battaglioni... Ma, si dirà: e il suffragio universale? Io non so nulla di suffragio; ma so che al di qua del Tronto non sono necessari battaglioni e che al di là sono necessari. Dunque vi fu qualche errore... Bisogna sapere dai napoletani, un’altra volte per tutte, se ci vogliono, sì o no”.
Più chiaro di così... Ma veniamo, infine, al fatidico 26 ottobre, il giorno dell’incontro di Teano, il giorno dell’abbraccio tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II di Savoia, quell’abbraccio che consacrò l’unità d’Italia e che una foltissima schiera di pittori ha immortalato in chilometri e chilometri di tele e dipinti.
Evento considerato l’emblema più puro dell’epopea risorgimentale. Ma anche qui va fatto un minimo di chiarezza. Il luogo dell’incontro non fu Teano ma la piccola contrada di Taverna Catena, oggi appartenente al comune di Vairano Patenora. Comunque, a Teano o giù di lì, non vi fu l’incontro tra Garibaldi e il re sabaudo ma un vero e proprio scontro all’arma bianca, con tanto di temporale, fulmini e saette. Lì, infatti, si concluse la “spedizione dei Mille”. Ma si concluse in maniera molto diversa dalle originarie aspettative. Garibaldi infatti, risalito lo Stivale, avrebbe voluto continuare la sua corsa fino a Roma per impadronirsi della città eterna e mettere fine al potere temporale della Chiesa. Cosa che la monarchia sarda, legata a filo doppio alla Francia, non poteva assolutamente permettersi. Ecco perché mentre Garibaldi si inoltrava nel cuore della Terra di Lavoro, il re di Sardegna scendeva con il suo esercito verso Napoli. Ma non per abbracciare ed ossequiare il generale dei Mille quanto per stoppare bruscamente la sua avanzata verso Roma. L’incontro di Taverna Catena, in effetti, si protrasse per una ventina di minuti circa in una atmosfera di tensione, di reciproca freddezza e di palese antipatia. Garibaldi, alla fine, dovette chinare la testa e cedere il comando delle operazioni al re sabaudo.
Ormai la sua missione era bloccata. Qualche giorno dopo, era il 9 novembre, da Napoli il generale delle camicie rosse si imbarcò per raggiungere l’esilio di Caprera.
Altro che incontro trionfale, altro che abbraccio affettuoso e fraterno tra “padri della patria”. Poco ci mancò che i due, in quella occasione, si sfidassero a singolar tenzone. Per cui a questo punto è d’uopo trarre le conclusioni. E mi piace farlo prendendo in prestito le parole di uno di dei protagonisti di quello “storico” evento. Dopo Teano, infatti, il re sabaudo così scrisse a Cavour: “Come avrete visto ho liquidato rapidamente la sgradevolissima faccenda Garibaldi sebbene, statene certo, questo personaggio non è affatto docile né così onesto come lo si dipinge e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto come prova l’affare di Capua e il male immenso che è stato commesso qui, ad esempio l’infame furto di tutto il denaro dell’erario, è da attribuirsi interamente a lui che s’è circondato di canaglia, ne ha seguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una situazione spaventosa”.
Parole che non necessitano di commenti. Eppure l’incontro di Teano continua ad essere festeggiato in pompa magna con due comuni che si accapigliano per rivendicarne la paternità. Chissà, da lassù, come sarà felice e contento il Peppino nazionale il quale ben sa come le cose sono andate realmente...

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