giovedì 17 maggio 2012

Considerazioni. Il fascismo e la guerra civile spagnola


di: Franco Morini

L’intervento fascista in Spagna più che motivazioni ideologiche si fondava su dinamiche geopolitiche. La politica mediterranea mussoliniana non intendeva infatti concedere alcuna base nel Mediterraneo all’Urss. In ciò era d’accordo pure l’Inghilterra che sotto sotto, anche per i suoi interessi economici in Spagna - per non parlare di Gibilterra - non vedeva affatto di buon occhio una Spagna più o meno legata all’Urss e che all’Urss avesse dato le chiavi d’accesso al Mediterraneo.
Il pensiero mussoliniano, più ancora della ideologia fascista - sempre che si possa parlare di un fascismo ideologico - non è mai stato troppo lontano dal leninismo, specie quando si voglia intendere la rivoluzione bolscevica non tanto di matrice marxista, ma se mai soreliana tanto è vero che la rivoluzione d’ottobre, mai è stata definita tout-court marxista ma marxista-leninista, e questo giusto per dare un contentino a Marx. Anche così si spiega il fatto che l’Italia fascista sia stata la prima nazione a riconoscere il governo leninista nel 1923. Ma torniamo alla Spagna.
Già Berto Ricci si era espresso a favore dei sindacalisti rivoluzionari spagnoli nella loro lotta rivoluzionaria contro il clericalismo monarchico erede diretto dell’Inquisizione spagnola.
Del resto i contendenti non erano fascisti da una parte e comunisti dall’altra, ma falangisti, sindacalisti rivoluzionari più o meno alleati agli anarchici e comunisti stalinisti. E se la lotta tra fascisti e repubblicani fu aspra, non meno aspra fu lo scontro fra anarcosindacalisti e stalinisti. E a questo punto mi piace ricordare il mio concittadino Guido Picelli, ex socialista, poi comunista anomalo tant’è che il suo passaggio al gruppo parlamentare comunista gli venne rifiutato più volte fino a quando gli originalissimi comunisti parmesi dell’epoca non si ribellarono, minacciando di creare un partito autonomo con a capo Picelli e solo per questo Picelli venne poi accettato nel PCdI. Andato volontario in Spagna, Picelli venne regolarmente ucciso dagli stalinisti. Già in un mio vecchio libro degli anni ‘80 (“Parma in camicia nera”) avevo indicato in Picelli un capopopolo (o ras locale) intimamente, e direi anche biologicamente, fascista, in quanto solo particolari circostanze locali lo avevano posto dall’altra parte. Questa mia considerazione fu quella che più fece imbestialire i sedicenti comunisti locali e ciò perché avevo colpito nel segno. Morto Josè Antonio, è subentrata la casta militare, borghese e clericale che ha impresso una svolta reazionaria al falangismo non meno di quanto abbia fatto la casta militare, borghese e clericale con il fascismo italiano. E poi, anche il vecchio comunismo italiano, andiamoci piano a criticarlo. Tra i suoi fondatori Bombacci volle seguire Mussolini fino alla fine, Bordiga ha lasciato detto che la peggiore eredità del fascismo è l’antifascismo e Gramsci infine , liberato dal carcere e fatto curare da Mussolini, rifiutò il pressante invito di Stalin di stabilirsi in Urss, preferendo rimanere in uno stato fascista piuttosto che stalinista e per questo pare che qualcuno l’abbia fatto fuori.
Tanto di cappello se paragonati oggi ai sedicenti fascisti del msi-an, destre sociali varie e movimenti limitrofi, i quali se è vero che non hanno combattuto apertamente il fascismo, hanno fatto anche di peggio, facendo in modo che se ne perdesse il senso e le radici.

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