
di Lino Patruno
A Ricomincio da Sud. Ci sono almeno tre
ragioni per cui se l’Italia vuol crescere può farlo solo a Sud. Prima lo
si capisce meglio è. Come meglio è se la si smette quanto prima di
considerare il Sud un danno e non una salvezza per tutti. Prima ragione.
Non ci vogliono trattati di economia per capire una banalità. Resteremo
nell’incubo di questa crisi se si continua ad andare avanti con un
sistema (gli intellettuali dicono “modello di sviluppo”) per cui il Nord
deve fare da locomotiva e il Sud, se va bene, seguirlo come bagaglio
appresso. Il risultato è una crescita dello zero virgola qualcosa, anzi
ora andiamo indietro. E’ come se avessi una Porsche e la facessi andare
come una Panda. Non solo è uno spreco, ma prima o poi imballi il motore.

Ma oggi solo la Cina è Cina. E poi il
Nord è al limite, saturo, sfiatato, non può crescere più di tanto: devi
avere anche lo spazio per altri capannoni. Se dai a un riccone altri
cento euro, non ti ringrazierà neanche, se li dai a un poveraccio gli
hai cambiato la giornata. Riesce a lavorare al Sud un venti per cento in
meno rispetto al Nord: se potessero spaccherebbero le pietre. Si
dovrebbero cambiare le condizioni, investire al Sud quei soldi destinati
al Sud ma invece utilizzati per tante altre cose, dalle multe dei
vaccari bergamaschi ai traghetti del lago Maggiore. E i treni, al Sud,
si dovrebbe darglieli non toglierglieli.
Seconda ragione (per cui bisognerebbe
ricominciare da Sud). La conferma viene proprio in questi giorni dalla
Banca d’Italia, non da qualche irriducibile terrone mezzo piagnone mezzo
cialtrone. Nel Paese che i signorini dalle mani sporche della Lega Nord
vogliono tagliare in due, se non ci fosse il Sud che acquista non ci
sarebbe il Nord che vende. Altro che secessione, altro che ce ne andiamo
per conto nostro: dove vanno?

Questi conticini li aveva già fatti da
tempo Paolo Savona, economista, ex ministro, banchiere. Ma chi volete
che gli desse retta visto
che smentiva un pregiudizio sul Sud? Piagnone anche lui. Così si scopre
anche (Luca Bianchi direttore della Svimez) che un quarto della
ricchezza annuale della Lombardia proviene dalle vendite al Sud. Ma
invece che di Sud creditore si continua a parlare di Sud debitore. E
invece che, magari, di “Sacco” del Sud, si continua a parlare di “Sacco”
del Nord. Si è meridionali anche nei sacchi. Senza dimenticare la
ciliegina che, nonostante tutto, la spesa dello Stato è maggiore al Nord
che sta meglio rispetto al Sud che sta peggio.

Ma c’è la terza ragione (per cui
bisognerebbe ricominciare da Sud). Buona parte dell’attuale crisi del
Nord è dovuta al fatto che è in crisi anche il Sud che compra meno. E
che se dalla crisi si esce solo col rilancio dei consumi (e quindi della
produzione, del lavoro ecc. ecc.), o il Sud si muove o la barca
affonda. Il Nord dipende dal Sud, una bestemmia. E’ sbagliato allora non
solo il sopraddetto “modello di sviluppo” della locomotiva, ma anche
quello conseguente del Nord che vende e del Sud che acquista. Pensiamo a
cosa avverrebbe se tutti i Nicola Cassano e le Carmela Palumbo del Sud
decidessero un giorno il CompraSud, acquistare solo prodotti meridionali
(e ce ne sono): il panico.
Conclusione: nessun Paese può reggersi su
un Nord e su un Sud come in Italia. Nessun Paese almeno che voglia
restare fra i primi dieci al mondo. Né si può tenere inutilizzato mezzo
motore senza perdere velocità, anzi bruciando la testata. E con
l’aggiunta che un altro “modello di sviluppo” (rieccolo) converrebbe
anche al Nord perché la crescita del Sud lo farebbe sfiatare meno.
Tranne che -non si voglia lasciare tutto così perché fa comodo: la
chiamiamo sottomissione?

http://www.ondadelsud.it/?p=7800
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