di Domenico De Simone
La storia della moneta cartacea comincia con l'avventura di John Law, uno scozzese contemporaneo di William Paterson il fondatore della Banca d'Inghilterra. John Law sbarcò in Francia nel 1716, accompagnato dalla fama di essere un uomo baciato dalla fortuna. Era un abilissimo giocatore di carte, ed era inseguito da una accusa di omicidio per aver avuto troppa fortuna in un duello. Forse in entrambe le attività barava, ma era così abile che nessuno poté provarlo. Conobbe Filippo d'Orléans, allora reggente di Luigi XV, intorno ad un tavolo da gioco e questi fu colpito dal genio finanziario dello scozzese. Questa è la storia del sodalizio che ne nacque.
La Corte francese spendeva troppo. Le entrate tributarie, nonostante le aliquote elevatissime, rendevano si e no la metà delle spese della corte di Francia e le casse erano perennemente affamate di denaro. L'idea di John Law era semplice: emettere denaro sulle proprietà terriere nazionali. Aveva cercato di venderla a scozzesi, olandesi e italiani, ma nessuno l'aveva preso sul serio. Filippo, invece, aveva un gran bisogno di denaro e lo stette a sentire. Un regio editto del 2 maggio 1716 lo autorizzò a creare una banca con un capitale di sei milioni di livres e ad emettere banconote che servirono principalmente per prestare denaro all'affamata corte del Re di Francia. Questa prima emissione era interamente coperta dall'oro depositato presso la banca e i biglietti erano convertibili al prezzo dell'oro alla data dell'emissione dei biglietti. Come era facile immaginare, i biglietti andarono a ruba: la corte francese praticava regolarmente l'antica e imperiale abitudine di ridurre la quantità di metallo prezioso nelle monete mantenendo invariato il nominale. Quanto meno la banca di Law garantiva una certa stabilità nel cambio.
La banca di Law, forte del prestigio così ottenuto, continuò a emettere biglietti per finanziare attività economiche, senza tuttavia curarsi più di tanto della copertura. Ma sull'onda della fiducia popolare, la gente continuava ad accorrere agli sportelli della banca che nel frattempo, in pochi mesi, aveva aperto filiali in tutta la Francia.
Anche se la copertura non era integrale, se Law si fosse fermato qui sarebbe stato ricordato per il suo contributo alla storia delle banche moderne. Però la corte premeva con le sue necessità e l'ambizione di Law era di certo maggiore di questo modesto risultato. E allora rispolverò la sua vecchia idea di mettere in circolazione la terra facendone la base per successive emissioni di cartamoneta. Costituì la Compagnia del Mississipi, con lo scopo di sfruttare i ricchissimi gacimenti d'oro che si fossero nascosti nel territorio della Louisiana.
All'inizio del 1719 la Compagnia del Mississipi, che divenne poi la Compagnia delle Indie, ottenne l'esclusiva del commercio con l'India, con la Cina e i mari del sud, oltre al diritto di coniare moneta e l'appalto delle tasse. Insomma, John Law era divenuto potentissimo e poteva fare ciò che voleva. Nel frattempo la Banque Royale continuava a far crescere i suoi prestiti: Nella primavera del 1719 aveva fuori 100 milioni di livres, divenuti 300 milioni nell'estate e 800 milioni nell'autunno. Le prime aste dei certificati della Compagnia del Mississipi furono un gran successo: tutti li volevano e i prezzi di scambio crescevano a vista d'occhio. Qualcuno acquistando le prime emissioni a poche migliaia di livres divenne milionario vendendole nell'autunno del 1789. Naturalmente i soldi ricavati non andarono affatto allo sfruttamento delle paludi del Mississipi, ma finirono nelle fauci dell'insaziabile corte di Filippo, grazie ad un vantaggioso accordo per cui alla Compagnia restavano solo i soldi per gli interessi sul prestito per le proprie attività minerarie. Insomma si era creata una bolla speculativa vera e propria. John Law prestava le banconote alla Corte che le usava per i prpri pagamenti a gente che comprava altre azioni della compagnia sulle quali Law emetteva altre banconote che prestava alla corte e così via.
Il 5 gennaio del 1720 John Law era all'apice della sua potenza e venne insignito del titolo, alquanto originale, di Duca di Arkansas e più prosaicamente dell'incarico di Controllore Generale di Francia. Era l'inizio della fine. Il Principe di Conti, a quanto pare offeso dal fatto di non aver potuto acquistare dei certificati al prezzo da lui indicato, pretese la restituzione dell'oro versato in cambio di un carro di banconote. La Banca pagò ma, come sempre accade per le cattive notizie, la notizia si diffuse in tutta la Francia ed altri depositari si presentarono agli sportelli per esigere la conversione delle banconote in oro. Si trattava di fermare l'emorragia, e Law ebbe un'idea geniale: fece ingaggiare nel bassifondi di Parigi un migliaio di mendicanti che, muniti di pale, picconi e insegne della Compagnia, furono fatti sfilare per le strade di Parigi, come se fossero minatori ingaggiati per andare a prendere l'oro della Louisiana. La pantomima durò finché i minatori non giunsero a Marsiglia, dove avrebbero dovuto imbarcarsi per l'America. Lì si sciolsero e a piccoli gruppi, dopo aver venduto pale e picconi, tornarono alla solita vita di Parigi.
Non appena si sparse la notizia che i minatori non erano partiti, fu il panico. Nonostante Law avesse fatto emettere un decreto che vietava i privati il possesso di oro e persino di gioielli, la calca alla Banca Royale cresceva, fino al punto che, in un giorno di Luglio ci furono quindici morti schiacciate nella ressa. La gente non voleva i titoli e le banconote, ma l'oro.
John Law fu costretto a fuggire e si rifugiò a Venezia, dove visse ancora qualche anno in dignitosa povertà. In Francia, qualcuno si arricchì molto, ma la maggior parte ritornò in uno stato di povertà peggiore di prima. E per la monarchia francese fu l'inizio della fine.
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