Filippo Giannini
06.06.2011 - So di rischiare grosso trattando certi argomenti, ma come tutti i Giannini sono un assertore della Giustizia e se un uomo giusto viene martirizzato e infamato per decenni, il mio animo insorge.
Leggo su un quotidiano in data 3 giugno 2011: < NESSUNA INTENZIONE DI RICONOSCERE I REDUCI DI SALO'. C'è stato sconcerto e perplessità e anche rabbia all'interno della Comunità ebraica romana per la notizia diffusa ieri, di un progetto di legge in discussione nella Commissione Difesa della Camera che avrebbe – secondo alcuni – consentito anche ai reduci della Repubblica Sociale di Salò (e ridaje: la Repubblica di Salò non è mai esistita, se non nella mente degli ignoranti o dei provocatori! Esisteva la Repubblica Sociale Italiana, Ndr) di ricevere contributi statali>. Questo è solo un estratto che il Presidente della Comunità ebraica romana affida alle agenzie di stampa.
Chi scrive queste note (ripeto rischiando) non ha combattuto con le Forze della Rsi, ma ugualmente indossava la Camicia nera perché Balilla, però ha vissuto per lungo tempo a contatto con loro, quindi può tranquillamente affermare che il signor Pacifici può tranquillizzarsi: non un solo ex combattente della Rsi, desidera alcun riconoscimento da questa Italy made in USA. Essi partirono volontari, indossarono una divisa (ripeto: DIVISA) per contrastare l'invasione voluta, concepita e messa in atto da quel Paese, che come affermò Bernhard Shaw: < Gli Stati Uniti sono l'unico Paese occidentale ad esser passato da uno stato di barbarie ad uno di decadenza senza essersi fermato in quello della civiltà>. Se poi consideriamo che questo rilievo venne sollevato dallo scrittore irlandese nel 1937, quanta strada nella barbarie è stata percorsa dal quel Paese preso come massima espressione della Democrazia?
MA TORNIAMO AL SIGNOR PACIFICI
Per costruire il mostro (e i mostri) si è montata un'accusa che riteniamo la più infamante e la più menzognera: l'essere stato Mussolini un vessatore e il responsabile della consegna degli ebrei ai tedeschi. I detrattori, per rendere l'accusa più plausibile hanno coniato il sostantivo “nazifascista”: termine dispregiativo tendente ad accomunare in un'unica responsabilità fascismo e nazismo per le atrocità commesse da quest'ultimo, sempre che queste non siano frutto di una enorme montatura, come molti studiosi sostengono.
Le diversità dottrinali fra fascismo e nazionalsocialismo sono evidenziate da diversi studiosi e, tra questi, citiamo Renzo De Felice ( “Intervista sul Fascismo” , pag. 88):
Trattare l'argomento “fascismo – ebrei” è stato (e lo è ancora) un cozzare contro un muro eretto dall'antifascismo internazionale: muro costruito e cementato da falsità che con la Storia non hanno nulla a che vedere. Cerchiamo allora un varco che possa dissipare le nebbie artatamente montate e avvicinarci a qualche sprazzo di verità.
Un attento studioso dell' ”Olocausto ebraico” (specifichiamo “ebraico”, perché di “Olocausti” se ne dovrebbero ricordare ben altri, dei quali i “nazifascisti” o non furono responsabili o, addirittura, furono le vittime), Mondekay Poldiel scrive:
Per dimostrare quanto fosse lontana dal pensiero mussoliniano la “questione ebraica” è da ricordare che nel 1934, in occasione dell'incontro con Weizmann (ebreo), Mussolini concesse tremila visti a tecnici e scienziati ebrei che desideravano stabilirsi in Italia. Nel 1939 (attenzione alla data) vennero aperte le aziende di addestramento agricolo, le “haksharoth” (tecniche poi trasferite in Israele) che entrarono in funzione ad Airuno (Como), Alano (Belluno), Orciano e Cevoli (Pisa). Sempre in quegli anni nei locali della Capitaneria di Porto la scuola marinara di Civitavecchia ospitava una cinquantina di allievi che poi diverranno i futuri ufficiali della marina da guerra israeliana.
Tutto ciò – e tanto altro ancora – può essere un esempio sufficiente per illustrare il criterio delle applicazioni delle “Leggi Razziali” in Italia.
Quanto sin qui scritto è solo l'inizio della lunga storia che riguarda i rapporti fra il fascismo e gli ebrei. La documentazione più completa è contenuta nel mio libro che riguarda, appunto, questa questione. Ma desidero porre alcune domande ai detrattori, ai dispensatori di ingiurie maramaldesche, scagliate un po' per ignoranza e molto per un bieco, ignobile, servile tornaconto, contro un Uomo che tutto il mondo ci invidiava:
1. Perché non spiegare alle scolaresche e ai telespettatori cos'era la DELASEM? da chi fu autorizzata? che funzioni svolgeva? e, soprattutto, in quali anni operò?
2. Perché gli ebrei tedeschi, austriaci e quelli che vivevano nei Paesi occupati dalle truppe germaniche si rifugiavano nell'Italia fascista? E pur, sapendo bene che nell'Italia fascista vigevano le leggi razziali?
3. Perché quegli stessi ebrei non chiedevano asilo ai “Paesi democratici” o, meglio ancora, al “paradiso sovietico” ?
4. Perché non ricordare quanto hanno scritto su questo argomento storici ebrei come Mondekay Poldiel, Rosa Paini, George L. Mosse, Menachem Shelah, Emil Ludwig? E questo è solo un frammento di quanto c'è da raccontare e da scrivere.
5. Perché non parlare di personalità ebraiche come Ludwig Gumplowicz, Cesare Goldman, Duilio Sinigaglia, Aldo Finzi, Dante Almasi, Guido Jung, Margherita Salfatti e mille altri ancora?
6. Perché non ricordare gli ordini che dette Mussolini al generale Robotti dopo la visita di Ribbentrop?
7. Perché non far presente quando e in quale occasione i tedeschi misero le mani su tanti infelici sino a quel giorno al sicuro dietro lo “scudo protettore” italiano?
8. Quindi, e di conseguenza, sarebbe fuori luogo asserire che gli ebrei furono consegnati alle camere a gas (sempre che siano esistite realmente) dal primo governo antifascista?
9. Perché ci si sofferma sempre e solo a trattare l' Olocausto commesso dai nazifascisti (sic!) e mai su quello commesso dai sovietici che causarono cinque milioni di morti? (Vedi Arkady Vaksberg “Stalin against Jews” ).
E allora: maestri e genitori, per contrastare, almeno parzialmente questi vili attacchi, cercate la verità e parlatene con i vostri scolari, i vostri studenti, i vostri figli.
“Quell'Uomo” non merita davvero quanto questo infido sistema politico, per sopravvivere a se stesso, commette per infangarne la memoria.
Ritengo che il mio intervento per contestare la posizione del signor Pacifici sia incompleto, quindi proverò a svilupparlo.
Se andiamo a consultare il testo dello storico ebreo Léon Poliakov Il nazismo e lo sterminio degli ebrei, pag. 219, 220, leggiamo: < Ovunque penetrassero le truppe italiane, uno schermo protettore si levava di fronte agli ebrei (…). Un aperto conflitto si determinò tra Roma e Berlino a proposito del problema ebraico (…). E significativo il fatto che i tedeschi non sollevarono mai il problema degli ebrei in Italia (…). Appena giunte sui luoghi di loro giurisdizione, le autorità italiane annullavano le disposizioni decretate contro gli ebrei (…)>. George L. Mosse era un altro storico, anch'egli ebreo docente dell'Università ebraica a Gerusalemme, il quale nel suo libro Il Razzismo in Europa, a pag. 245 ha scritto: < Il principale alleato della Germania, l'Italia fascista, sabotò la politica ebraica nazista nei territori sotto il suo controllo (…). Come abbiamo già detto, era stato Mussolini stesso a enunciare il principio discriminare non perseguire. Tuttavia l'esercito italiano si spinse anche più in là, indubbiamente con il tacito consenso di Mussolini (…)> .
Lessi tempo fa che
Qualcun altro ha scritto:
Avvicinandomi al termine dell'articolo cito la
Accenti lamentosi di bimbi, grida isteriche di donne, voci rauche di uomini resi folli dalla paura e dal tormento. Inferno dantesco lasciato indovinare dalle pareti dei vagoni, sorde e mute. “Cavalli 8 - Uomini 40” . In tutte le lingue del mondo, su tutti i vagoni merce. E su quelli, centinaia di infelici a braccicare nello sterco e nel buio. L'odore della carne ammassata e sudante faceva torcer la testa e stimolava i conati del vomito.
Ho visto una volta un autocarro di pecore traversare una via della mia città. Erano ingabbiate e in ordine e avevano il loro strame; compiansi quelle bestie. E quelli erano uomini. Di quell'umana specie di cui, da secoli si proclama la dignità e la libertà. Ed altri uomini li avevano rinchiusi lì dentro. Gli uni si chiamavano serbi, gli altri croati, e nessuno più uomo.
Lo sgomento e lo sdegno erano nei nostri cuori. Avevamo vent'anni e andavamo a combattere perché fosse resa giustizia al popolo italiano. Stavamo attoniti dinanzi al vagone. Qualcuno di quei disgraziati ci scorse, lesse nei nostri occhi, riconobbe la nostra uniforme e la pietà che non aveva dai fratelli, la chiese a noi, ai nemici. Una voce lamentosa, disse in un rantolo: “Bono taliano, VODE”.
Gli italiani hanno dipinta sul volto la loro bontà o dabbenaggine. Tutto il mondo, quando non ci opprime o deruba, quando ha bisogno di noi, dice “Bono taliano”.
Quella voce aveva un accento di bestia. Quella parola acqua incendiò il vagone, e subito, lungo tutto il convoglio, fu un solo tremendo coro, una allucinate richiesta: “Vodé, vodè”, “acqua, acqua”. Non bevevano, in luglio da tre giorni.
“Bono taliano, vodé, vodé”.
E questi “boni” , stupidi italiani, che son sempre tali con gli altri e mai con se stessi, questi “boni taliani” che eravamo noi sedici, venimmo alle mani con la scorta, la sopraffacemmo e demmo a quei Cristi sulla Croce, quasi tutti ebrei, non aceto, ma acqua.
Lavorammo come invasati un'ora e più. Li vedemmo bere e bere. Vedemmo i figli strappare l'acqua da sotto la bocca dei padri, vedemmo una mamma che serbava un pò d'acqua nel portasapone per il suo bambino. Demmo acqua e poi acqua, coi secchi e con le boracce. Loro si attaccavano al collo avidi, ed era più la perduta che la bevuta. Continuammo finché fu necessario, portando acqua, bestemmiando la nostra pietà e la crudeltà degli ustasha, finché tutti ebbero bevuto, finché vedemmo i loro occhi, a poco a poco, farsi chiari, tornare umani, le loro facce distendersi. Qualcuno vomitava e vomitava acqua.
Mentre il nostro treno si avvicinava, uno di noi, il romano Donati, che più degli altri aveva lavorato e imprecato, prese, prima di allontanarsi, la sua razione di viveri a secco e la gettò su di un vagone. Tutti facemmo così, e rimanemmo digiuni, mentre sui vagoni si contendevano a morsi e a pugni, le nostre gallette.
Povero Donati, chi ti ammazzò, un anno dopo, se non gli stessi, o i figli o i fratelli degli stessi, cui tu avevi dato la tua galletta?
Ti uccisero… “Porco taliano”.
Dal Diario di Mario Sorrentino
Volontario G.N.R. nella R.S.I.
E se la testimonianza di Mario Sorrentino non fosse sufficiente riporto un rapporto ufficiale inviato da Kappler al generale delle SS in Italia, ecco il testo: < In considerazione dell'assoluta sfiducia nei confronti della polizia italiana, qualora impiegata in una azione del genere (azione nel ghetto di Roma, ndr), non si è ritenuto opportuno invitarla a partecipare> . Di conseguenza quanto hanno scritto alcuni storici circa la partecipazione della polizia o di elementi italiani alla caccia all'ebreo è completamente privo di riscontro storico. Se poi qualche elemento avesse partecipato a queste operazioni, affiancando i tedeschi, rimane un caso assolutamente isolato.
Se Mussolini era un Giusto , perché tanta acredine? Proviamo a capire leggendo quanto ha scritto Zeev Sternhell, ebreo, professore di Scienze Politiche presso l'Università di Gerusalemme, nel suo libro “La Terza Via Fascista” , fra le altre considerazioni possiamo leggere. < Il Fascismo fu una dottrina politica, un fenomeno globale, culturale, che riuscì a trovare soluzioni originali ad alcune grandi questioni, che dominarono i primi anni del secolo> . L'Autore continua: < Le ragioni dell'attrazione esercitata dal Fascismo su eminenti uomini della cultura europea, molti dei quali trovarono in esso la soluzione dei problemi relativi al destino della civiltà occidentale> . Quello che stava proponendo il Fascismo era una rivoluzione economica globale, una rivoluzione che avrebbe posto in crisi (come stava avvenendo) i possessori delle chiavi delle casseforti mondiali. Forse il signor Pacifici non è d'accordo, ma noi riteniamo che questa sia la chiave di lettura per cui il Duce del fascismo debba essere demonizzato per l'eternità, perché quelle proposte potrebbero ancora oggi essere la soluzione dei tanti problemi che assillano l'umanità.
Claude Ferrare era uno scrittore francese, eletto all'Accademia francese a marzo 1935 e morto nel 1957. Il suo giudizio sul Duce del fascismo è assolutamente positivo, ma anche piuttosto amaro su quello degli italiani:
Concordo pienamente con il giudizio dell'intellettuale francese. Mussolini aveva proposto un nuovo sistema di vita e non tutti furono in grado di recepire il suo messaggio. E difficile essere Fascista , non tutti hanno la capacità di esserlo.
Termino invitando il signor Pacifici a controllare tutti i documenti in mio possesso, confermando, come ho ripetutamente scritto, che sono disposto a rivedere la mia posizione, ma solo dietro comprovati altri documenti, e non basandosi solo ed esclusivamente sul politicamente corretto.
Immagino, al termine di questo lavoro, che sarà pronto un mandato di cattura emesso nei miei confronti. Assicuro, che in questa occasione, se varcherò quella soglia griderò: < Evviva la democrazia, viva la libertà> .
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