domenica 26 giugno 2011

Germania nazional-socialilista - Alcune osservazioni dopo 50 anni


Alcune osservazioni dopo 50 anni (1) di Rudolf Jordan (2)
(Traduzione dal tedesco e commento di Ronald Klett)
Tratto da The Journal of Historical Review, volume 5, no. 1, pagine 77-83. www.ihr.orgTraduzione italiana di F. R.,
In Germania, e dappertutto nel mondo democratico, il problema più pressante che domina la politica odierna è l’aumento della disoccupazione e la sua causa, la mancanza di posti di lavoro sufficienti per la totalità della forza-lavoro.

Dopo il lungo periodo post-bellico di crescita economica tedesca, noto come Wirtschaftswunder (3), che vide circa 4 milioni e ottocentomila lavoratori stranieri affluire nel paese, la situazione attuale è di quasi 2 milioni di lavoratori tedeschi che cercano lavoro e non riescono a trovarlo (4). La loro disperazione riecheggia oggi gli eventi che impressionarono profondamente la Germania e l’Europa –in realtà, il mondo intero- mezzo secolo fa, quando echeggiarono le parole “Hitler ante portas” al tempo in cui la Germania era sull’orlo del collasso. Qual’era allora la situazione? Il Presidente del Reich, Hindemburg, nominò Adolf Hitler Cancelliere il 30 gennaio 1933. Nel suo successivo discorso alla Nazione tedesca, Hitler sottolineò che due erano i problemi più seri, fra tutti quelli che opprimevano la società. E la loro soluzione richiedeva la totale attenzione ed energia della Nazione stessa. Usando parole estremamente chiare Hitler annunciò che si trattava della disoccupazione e della situazione critica dei contadini. Ambedue sorgevano come spettri dalle rovine della repubblica di Weimar. Nazionalisti e socialisti erano chiamati ad agire. Fino a che punto era grave la situazione in Germania? Fra il 1929 ed il 1932 la media ufficiale annua di disoccupati era cresciuta dalla cifra di 1 milione e ottocentomila a quella sbalorditiva di 6 milioni e centomila, su un totale di 18 milioni di lavoratori, il che equivale ad una percentuale di disoccupazione del 34%. La cifra di oltre 6 milioni venne raggiunta nel febbraio del 1932, mese che vide le lunghe file dei disoccupati in attesa davanti agli uffici di collocamento. Belino, capitale del Reich, aveva allora una popolazione di 4 milioni e duecentomila abitanti, dei quali 650.000 disoccupati (circa l’11% dei disoccupati di tutta la Germania, sebbene la città avesse meno del 7% della popolazione totale della paese). Queste cifre, benché dolorose, minimizzano la reale sofferenza, in quanto i lavoratori agricoli e i domestici non venivano inclusi nelle statistiche ufficiali sulla disoccupazione. A queste cifre dovevano essere aggiunti altri 3 milioni di lavoratori che, al dicembre del 1933, lavoravano ad orario e salario ridotti. Circa un terzo della forza-lavoro complessiva nel 1932 non aveva quindi un ruolo attivo nell’economia nazionale. Il reddito dei lavoratori attivi crollò dai 5 miliardi e 700 milioni di dollari del 1929 ai 2 miliardi e 620 milioni del 1932 (5). Le statistiche delle tasse sui redditi ci dicono che su circa 31 milioni di tedeschi che percepivano un reddito, il 69,2% guadagnava meno di 286 dollari l’anno; il 22,7% percepiva fra i 286 ed i 714 dollari e soltanto l’8,1 % superava la soglia dei 714 dollari annui. Su un totale di 18 milioni di lavoratori, erano circa 12 milioni ad averne effettivamente uno. Degli oltre 6 milioni di disoccupati, oltre un terzo era escluso da qualsiasi sussidio di disoccupazione o aiuto straordinario. Ai beneficiari dell’assistenza veniva concessa la cifra media mensile di 13,09 dollari. La conseguenza fu che lo stato nel 1932 distribuì circa il 16% dei salari e degli stipendi totali, cioè il 9% del reddito complessivo della popolazione tedesca. La tabella successiva mostra chiaramente il successo senza precedenti della lotta Nazionalsocialista alla disoccupazione, paragonandolo alla situazione statunitense dello stesso periodo.
Anno
Data
Disoccupati in Germania (milioni)
Disoccupati negli Stati Uniti (percentuale annua) (6)
1932
23.6 %
1933
31 gennaio
6.019 (33%)
1933
30 giugno
4.856 (27%)
24.9%
1933
31 dicembre
4.059 (23%)
1934
30 gennaio
3.773 (21%)
21.7%
1934
31 giugno
2.880 (16%)
20.1%
1935
31 gennaio
2.927 (16%)
1935
30 giugno
1.710 (9.5%)
1936
16.9%
1937
14.3%
1938
2.8%
9%
1939
17.2&
1940
0.7%
14.6%

All’inizio del 1938 (prima dell’unione con l’Austria), i disoccupati in Germania ammontavano a sole 507.000 unità, ovvero il 2,8%, una cifra che il New Deal rooselveltiano non eguaglierà che nel febbraio del 1943, ben 14 mesi dopo che gli Stati Uniti erano entrati ufficialmente in guerra. Dopo la II Guerra mondiale lo straordinario successo socialista della Germania venne sminuito usando fantasiose menzogne. Si raccontò alla gente che il successo degli anni ’30 era dovuto esclusivamente al riarmo, che apparentemente sarebbe iniziato subito dopo che Hitler aveva assunto l’incarico di Cancelliere. Ma se realizziamo quando effettivamente iniziò il vero riarmo e la ricostruzione delle forze armate, comprendiamo da soli che la tabella precedente ci racconta una storia assai diversa. Quando fu introdotta la coscrizione obbligatoria, alla fine del 1935, oltre 4 milioni di disoccupati avevano già ricominciato a vivere. Alla fine del 1938 il Ministro del Lavoro (7) segnalò che si stavano cercando oltre 1 milione di lavoratori per nuovi impieghi. Non esisteva più alcuna disoccupazione: il problema da allora sarebbe stato quello della scarsità di lavoratori. L’originale successo dell’attacco tedesco alla disoccupazione non fu dovuto a qualche “decisione solitaria” uscita dalle più alte cerchie del Governo, bensì ad un sodalizio ideale, dotato di “spirito di gruppo”, che comprendeva lo Stato, l’industria, il Partito, e gli stessi lavoratori. I dirigenti politici si riunirono con gli specialisti economici di settore per mettere in pratica ciò che questi ultimi avevano raccomandato alla luce delle proprie esperienze. Per sconfiggere 8 la crisi e creare lavoro, lo Stato investì in questo periodo, cioè fino al 1935, la cifra supplementare di 1 miliardo e 330 milioni di dollari. La creazione di posti di lavoro s’imperniava su questa regola risolutiva: “Prima di tutto, a ciascuno un lavoro, poi a ciascuno il proprio lavoro”. (Com’è diverso questo comportamento dall’etica del benessere odierna!). Il pieno significato dell’impresa compiuta dal 1933 al 1935 può essere compreso del tutto solo se lo si considera alla luce della situazione politica all’estero, segnata dalla prima dichiarazione di guerra contro la Germania, che il Daily Express di Londra del 24 marzo 1933 annunciava in prima pagina col titolo “Judea Declares War on Germany”. (9) Cosa significasse davvero quel titolo per la nuova Germania (10) viene chiarito nel testo dell’articolo:
“L’intero mondo israelita serra i ranghi per dichiarare una guerra economica e finanziaria alla Germania…Quattordici milioni di ebrei, in ogni angolo del mondo, si sono uniti come un sol uomo per dichiarare guerra ai persecutori tedeschi dei propri correligionari…la Germania dovrà pagare un prezzo molto alto. Il Reich affronterà un boicottaggio totale nel commercio, nella finanza e nell’industria”.

L’articolo del 24 marzo 1933 citato da Rudolf Jordan
(Il sottotitolo rincara la dose: “Ebrei di tutti il mondo si uniscono all’azione”)
Infatti ciò che la Germania si guadagnò –nonostante la dichiarazione di guerra- fu l’ammirato riconoscimento estero (di Churchill in Inghilterra, per esempio), e all’interno di uno dei principali teorici economici tedeschi, la cui adesione al partito che governa attualmente la Germania Ovest (11) aggiunge una legittimità democratica, che è d’obbligo, alle sue opinioni. Nel 1935, mentre studiava all’Università di Heidelberg, scrisse la propria tesi dottorato (premiata con la summa cum laude), dal titolo Creazione del Lavoro e Ordine finanziario. Lo citiamo:
“La battaglia organizzata della Germania contro la disoccupazione ha elevato ed allargato il concetto di creazione di posti di lavoro dal suo significato letterale di intervento di tipo assistenziale (12) a qualcosa che va oltre la mera stimolazione dell’economia e che richiede una collaborazione da tutte le forze della vita economica…Dopo gli inizi stabiliti dalla legge del giugno del 1931 e del luglio del 1932, e dopo la rivoluzione Nazionalsocialista, lo sforzo si è sviluppato in un ampio servizio e in una impresa educativa dell’intera Nazione: il risultato supremo di questa impresa è stato l’attrarre coscienziosamente in essa i lavoratori”.
Chi ha voglia di contraddire l’ex-ministro federale dell’economia con Helmut Schmidt, cioè il professor Karl Schiller (13), membro del partito socialdemocratico? Già, è proprio lui l’autore della competente valutazione sopra riportata. Quelli di noi che fecero ciò che dovevano allora (14), pienamente consapevoli di realizzare una rivoluzione nazionalista e socialista vedono in queste parole del 1935 del socialdemocratico d’oggi una sonora conferma delle proprie intenzioni.
Commento
di Ronald Klett
Perché la Germania Nazionalsocialista ottenne un successo così spettacolare nel ristabilire la piena occupazione, mentre le maggiori democrazie –gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, e la Francia- dovettero usare una guerra per porre fine alle proprie miserie economiche? (15) Stranamente –ma forse non è poi così strano- questa domanda viene posta di rado. Rudolf Jordan ci ha appena fornito una parte della risposta, e lo stesso ha fatto il professor Schiller. Lo stesso Führer ha risposto alla domanda. Parlando ad un gruppo di ospiti, la sera del 12 novembre del 1941, dichiarò: “Questo è il segreto del mio Piano Quadriennale (16): ho condotto (1) il popolo ad una economia autarchica! Non ho risolto il problema (18) con l’industria bellica”(19). L’opinione alla moda, in America come in Germania, è che i Nazionalsocialisti ottennero il pieno impiego dei lavoratori trasformando la Germania in una sorta di fortezza. Lo storico inglese A.J.P. Taylor espone questo tipico punto di vista: “Il pieno impiego che la Germania nazionalsocialista raggiunse, primo paese in Europa, dipese in larga parte dalla produzione degli armamenti;…” (20). Ma la frase successiva modifica quest’affermazione: “…ma avrebbe potuto essere raggiunto altrettanto facilmente (e fino a un certo punto lo fu) da altre forme di lavori pubblici, dalle strade ai grandi edifici”. La frase seguente diluisce ancora di più la prima dichiarazione: “Il segreto Nazionalsocialista non fu la produzione bellica; fu la libertà dai principi ortodossi dell’economia”. Taylor batte (21) su questo punto del tutto inutilmente, perché 29 pagine prima aveva cortesemente (sebbene forse inconsapevolmente) ammesso (22): “Ancora nel 1939 l’esercito tedesco non era attrezzato per una guerra prolungata; e nel 1940 le sue forze terrestri erano inferiori a quelle francesi in tutto, eccetto il comando”(23). Se “il pieno impiego [tedesco] dipese in larga parte dalla produzione degli armamenti”, la Germania non avrebbe dovuto essere “attrezzata per una guerra prolungata” già nel 1939? Con una tale “produzione degli armamenti” come poteva essere l’esercito tedesco, ancora nel 1940, “inferiore a quello francese in tutto, eccetto il comando”? Le statistiche reali, citate dallo storico dell’economia John Kenneth Galbraith, rispondono a queste due domande: “Ancora nel maggio del 1940 l’industria bellica [tedesca] rappresentava meno del 15% della produzione industriale totale [e questo otto mesi dopo l’inizio della guerra!]; la percentuale raggiunse il 19% nel 1941, il 26% nel 1942, il 38% nel 1943 ed infine il 50% nel 1944(24). La risposta alla domanda di fondo, posta nel primo paragrafo di questo Commento, si compone di tre parti:
1) il disavanzo keynesiano della spesa pubblica (25) (l’opinione di Jordan e di Galbraith);
2) i lavoratori inseriti nel processo economico fino a divenirne entusiasti sostenitori (secondo il professor Schiller);
3) l’autarchia, resa possibile dalle azioni precedenti (risposta del Führer). Nonostante quanto scrive A.J.P. Taylor, l’industria bellica fu un fattore senza importanza nel raggiungimento del pieno impiego tedesco.
Ma Taylor avrebbe potuto rivolgere il proprio rilievo, in maniera inequivocabile, proprio alle democrazie sia durante che dopo la II Guerra mondiale. Nel capitolo conclusivo del secondo volume de Il Declino dell’Occidente, Oswald Spengler, col suo stile inimitabilmente affascinante e con la consueta perspicacia, valuta così la frenetica attività commerciale privata che esige l’economia moderna per rimanere in piedi (26):
“L’antichissima lotta fra economia di produzione ed economia di conquista prende ora le proporzioni di una lotta gigantesca e silenziosa di spiriti sconvolgentesi sul suolo delle città cosmopolite. E’ la lotta disperata del pensiero tecnico, il quale difende la sua libertà contro il pensiero in funzione di danaro. La dittatura del danaro si consolida e si avvicina ad un apice naturale – ciò sta accadendo oggi nella civilizzazione faustiana come già è accaduto in ogni altra civilizzazione. Ed ora interviene qualcosa che può esser compreso solo da chi ha penetrato il significato essenziale del danaro faustiano. Se il danaro faustiano fosse qualcosa di tangibile, di concreto, la sua esistenza sarebbe eterna; ma poiché esso è una forma del pensiero, esso scomparirà non appena il mondo dell’economia sarà stato pensato a fondo: scomparirà per l’esaurirsi della materia che gli fa da substrato. Quel pensiero è già penetrato nella vita della campagna mobilitando il suolo; esso ha trasformato in senso affaristico ogni specie di mestiere; oggi esso penetra vittoriosamente nell’industria per mettere le mani sullo stesso lavoro produttivo dell’imprenditore, dell’ingegnere e dell’operaio. La macchina col suo seguito umano, la macchina, questa vera sovrana del secolo, è in procinto di soggiacere ad una più forte potenza. Ma questa sarà l’ultima delle vittorie che il danaro può riportare; dopo, comincerà l’ultima lotta, la lotta con la quale la civilizzazione conseguirà la sua forma conclusiva: la lotta fra danaro e sangue”(27).
Spengler scriveva immediatamente dopo la I Guerra mondiale, 65 anni fa, (28) quando le attività economiche erano ancora lontane dalla malattia (29) odierna. Le sue parole coinvolgenti ci rammentano che ogni malattia ha fine. C’è un momento critico, nascosto, nel quale un nuovo incremento di energie umane, l’intraprendenza, la lungimiranza, l’inventiva, il coraggio, la risolutezza, la perspicacia, la fatica, l’ottimismo e la speculazione –ingredienti essenziali per sostenere il commercio ai livelli auspicati o innalzarlo a vette ancora più elevate- perdono misteriosamente la propria consueta potenza o addirittura scompaiono del tutto. In quel frangente inizia la terribile discesa: un’avventura il cui inizio non può essere in un futuro molto lontano. Compito di un futuro, grande, movimento storico dovrà essere quello di far tornare le nazioni o i gruppi di nazioni del mondo –e non solo la Germania- ai rispettivi ruoli e quindi all’autarchia, come il Führer saggiamente voleva per il popolo tedesco. Presto o tardi, nel futuro, le nostre economie, oggi interdipendenti e suscettibili di parossismi da brivido ogni qualvolta sopraggiunge una seria tempesta economica dall’estero, saranno considerate una superstizione quale sono sempre state: il mito del ventesimo secolo della Fontana della Gioventù (30). Nei primi anni ’30 questa fontana si è prosciugata in Germania. Ora si sta esaurendo in tutto il mondo. L’esempio tedesco per risolvere questo problema, e soppiantare il metodo (31), non sarà dimenticato.
Le note del traduttore italiano sono precedute dalla sigla NdT. Le altre sono del traduttore dal tedesco. Le foto sono a cura del traduttore italiano

Note
1 Nella versione tedesca l’articolo è apparso col titolo Das Gespenst der Arbeitslosigkeit: Wie es vor 50 Jahren verjagt wurde, sul trimestrale Deutschland in Geschichte und Gegenwart, Volume 30, Numero 3 (1982), pubblicato dalla Grabert Verlag di Tubinga. www.grabert-verlag.de2 NdT. Rudolf Jordan, nato il 21 giugno 1902 a Grossenlüder in Assia. Iscritto alla NSDAP dal 1925. Dal 1933 SAGruppenführer, dal 1937 SA-Obergruppenführer. Dal 1931 al 1937 Gauleiter del Gau Halle-Merseburg, dal 1937 all’8 maggio 1945 Gauleiter del Gau Magdeburg-Anhalt. Membro del Reichstag. Dal 1944 Gauvolkssturmführer des Gaues Magdeburg-Anhalt (Capo del Volkssturm del Gau). Prigioniero del russi fino al 13 ottobre 1955. Muore nel 1988.
3 NdT. Miracolo economico.
4 NdT. L’articolo è del 1982. La situazione attuale, dopo l’acquisto della Germania Est da parte delle banche della Germania Ovest, è assai peggiore.
5 Il cambio è stato calcolato secondo il tasso ufficiale di 1 Reichsmark = 23,8 centesimi di dollaro statunitense.
6 Fonte: U.S. Department of Labour.
7 NdT. Franz Seldte nacque a Magdeburgo il 29 giugno 1882, si laureò in chimica a Braunschweig. Croce di Ferro di I e II Classe nella I Guerra mondiale, nella quale perse il braccio sinistro. Nel dicembre del 1918 fondò lo Stahlhelm. Dal 1933 Seldte guidò la progressiva confluenza dello Stahlhelm nella NSDAP e nella SA. Fu Ministro del Lavoro ininterrottamente dal 1934 al 1945. Arrestato nel 1945 morì nell'ospedale americano di Furth il 1° aprile 1947, prima dell'inizio del processo
a suo carico.
8 NdT. Letteralmente: “domare”.
9 NdT. “La Giudea dichiara guerra alla Germania”.
10 NdT. Letteralmente: “per il nuovo inizio della Germania”.
11 I Socialdemocratici dell’SPD, fino alla fine dell’82.
12 NdT. Letteralmente: “di lavoro assistito”.
13 NdT. Karl Schiller, nato a Breslau il 24 aprile 1911, fu uno dei più celebrati economisti tedeschi del dopoguerra. Schiller fu Bundeswirtschaftsminister (Ministro Federale degli Affari Economici) durante la Grande Coalizione del 1966- 1969, lavorando a stretto contatto con Franz Josef Strauss, Finanzminister (Ministro delle Finanze) e per lungo tempo leader della CSU. In una successiva coalizione SPD-FDP (1969-1972), con Helmut Schmidt, tenne contemporaneamente i due Ministeri dell’Economia e delle Finanze, cosa che gli valse l’appellativo di Superminister. E’ da notare che il suo metodo, in economia, venne definito Alleanza per il Lavoro e che fu caratterizzato da stabilità dei prezzi, alti stipendi e salari, crescita economica e lotta alla disoccupazione. Forse qualcosa di buono gli era rimasto….
14 NdT. Letteralmente: “che fecero il proprio lavoro in quei giorni”.
15 Per le democrazie la II Guerra mondiale fu, dal punto di vista economico, un toccasana mirabilmente efficace. L’economista statunitense John Kenneth Gaibraith è piacevolmente franco sull’argomento: “In effetti la Grande Depressione [americana] non finì mai. Fu solo spazzata via dalla II Guerra mondiale”. J. K. Gaibraith Money: Whence It Come, Where It Went (Boston, Houghton Mifflin, 1975), pagina 234.
16 NdT. Il Führer pose alla guida del Piano Quadriennale Hermann Göring, il 18 ottobre del 1936. A causa della guerra alcuni degli obiettivi del Piano furono procrastinati e portati comunque a termine fra il 1941 ed il 1944.
17 NdT. Letteralmente: “intessuto il popolo”.
18 NdT. Della disoccupazione.
19 Adolf Hitler, Monologe im Fuehrerhouptquortier 1941-1944: Die Aufzeichnungen Heinrich Heims herausgegeben von Werner Jochmonn (Hamburg, Albrecht Knaus Verlag, 1980), pagina 137. Il Piano Quadriennale a cui si riferisce Hitler è ilsecondo, annunciato nel 1936, che inaugurò una economia estesamente autarchica. Il Führer, ben consciodell’atteggiamento sempre più minaccioso dei paesi vicini, diede istruzioni a Göring perché l’economia tedesca e le forzearmate fossero pronte per la guerra nel 1940. Quest’ultime istruzioni non furono eseguite.
20 A.J.P. Taylor, The Origins of the Second World War (New York, Atheneum, 1962), pagina 104.
21 NdT. L’autore usa il verbo americano “belabor” che significa “tartassare, bombardare di [domande]”.
22 NdT. L’autore usa un’espressione gergale americana intraducibile. Si è preferito ometterla.
23 A.J.P. Taylor, The Origins of the Second World War, citato, pagina 75.
24 Werner Maser, Nuremberg: A Nation on Trial (New York, Scribners, 1979), pagina 138. Le ulteriori, abbondanti, statistiche sulla produzione bellica, citate da Maser in questo paragrafo sommergono il lettore rendendo più chiaro ciò che, comunque, è già ovvio. Per gettare uno sguardo realistico sulla pretesa preparazione tedesca per la guerra già nel 1939, e per una completa confutazione di tale affermazione, si possono consultare le testimonianze, rese al Tribunale di Norimberga, dal generale Karl Bodenschatz, dal feldmaresciallo Erhard Milch, e dal Generaloberst Alfred Jodl che si trovano alle pagine 127-130 e 136-139 del libro di Maser. Un esame ancora più dettagliato ed istruttivo sulla effettiva preparazione bellica della Germania nel 1939, confrontata con quella delle nazioni nemiche, è nel capitolo The German Standard of Armament in the Year 1939, nel libro di Udo Walendy, Truth for Germany: The Guilt Question of the Second World War (Viotho/Weser, Verlag für Volkstum und Zeitgeschichtsforschung, 1981), alle pagine 256-290. Sebbene Galbraith suggerisca, erroneamente, che le spese militari ebbero un ruolo più rilevante di quello realmente avuto, i suoi commenti sull’economia Nazionalsocialista prima e durante la guerra sono interessanti per il loro indiscutibile buon senso; vedi Money: Whence It Come, Where It Went (Boston, Houghton Mifflin, 1975) alle pagine 225-226 e The Affluent Society (New York, Houghton Mifflin, 1958), alle pagine 162-163.
25 NdT. Chi desideri approfondire le teorie keynesiane può consultare: http://www.studiamo.it/dispense/cors...aggregata.html
26 NdT. Letteralmente: “per galleggiare/rimanere a galla”.
27 NdT. Oswald Spengler, Il Tramonto dell’Occidente, Longanesi & C., 1981, pagine 1395-1396.
28 NdT. Il Tramonto dell’Occidente è del 1918. Oggi sono trascorsi 87 anni.
29 NdT. Letteralmente: “dalla febbre”.
30 NdT. La fontana abbeverandosi alla quale si ottiene l’eterna giovinezza.
31 NdT. Delle economie interdipendenti.
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Sul piano politico‑razziale, noi affermiamo che, nell'apocalisse di Berlino, la forma politica nazionalsocialista scolpirà la connotazione razziale di una figura nuova, il soldato politico nichilista, il quale proietterà la sua disincarnata immagine oltre l'epilogo del secondo millennio.

"Le frontiere sono sempre state tracciate col sangue e le nazioni sono sempre state delimitate dalle tombe." Rakto Mladic



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