martedì 8 dicembre 2009

Corporativismo


Il corporativismo è una dottrina sociale, economica, politica che si propone di realizzare, nel rispetto della libertà di tutti, una società organica, senza classi, programmata e partecipativa, gerarchica ed autenticamente democratica, secondo i criteri di competenza e responsabilità.

E’ una dottrina perenne e vivente: come tale non sopporta definizione conchiuse e definitive, che risulterebbero astratte ed aprioristiche. Nella fermezza dei suoi principii, il corporativismo viene continuamente svolgendosi sul piano speculativo e su quello della prassi, in un costante adattamento alle esigenze storiche della società.

E’ una dottrina universale, ma non propone un modello unico, valido per ogni luogo e per ogni tempo, essendo suo fine di servire l’uomo e la società per quel che sono naturalmente, e non di piegare innaturalmente uomo e società ad un archetipo.Si distinguono un corporativismo moderno ed un corporativismo antico.

Nel corporativismo moderno sono confluite due interpretazioni e due esigenze: quelle cattoliche e quelle fasciste, le quali hanno dato vita ad una feconda sintesi.
La prima corrente (quella cattolica) poneva l’accento sulla realizzazione della personalità individuale dell’individuo e dei corpi sociali, sottovalutando il momento statuale; la seconda corrente (quella fascista) accentuava invece l’interesse della comunità nazionale, contenendo il momento individuale.
Nell’incapacità di confutarne i principii e le proposte, gli avversari – si ispirino essi a ideologie liberiste atomistiche o collettiviste organicistiche – hanno imposto con la guerra delle parole l’equazione corporativo = settoriale ed egoistico. E’ vero esattamente il contrario: corporativismo o è sinonimo di solidarietà e di apertura – in seno alle categorie; tra le categorie; tra queste e l’insieme della società – o non è corporativismo.Il corporativismo, proprio perché dottrina organica, rifugge da ogni impostazione coercitiva – sia per affermarsi sia per realizzare i propri fini – e si fonda invece sul consenso.

Il corporativismo non solo è compatibile con il pluralismo, ma anzi lo esalta, valorizzando i singoli impulsi, senza che essi degenerino nell’antagonismo e nella frammentazione.I due cardini del corporativismo moderno sono la partecipazione e la programmazione.

Si tratta di partecipazione responsabile nell’impresa di produzione, nel sistema economico, nello Stato; si tratta di programmazione impegnativa e non impositiva.
La partecipazione corporativa nell’impresa rende tutti i soggetti comproprietari, trasformando il lavoratore da subordinato salariato ad associato. Il lavoro, non più oggetto della utilizzazione passiva o dello sfruttamento da parte del capitale, diventa esso stesso creatore del capitale e corresponsabile dell’impresa di produzione.
Il lavoro, da oggetto diventa protagonista.
La partecipazione nell’impresa si realizza mediante la partecipazione agli utili e alle decisioni (alla quale non osta la necessaria subordinazione funzionale nel ciclo produttivo).

La partecipazione corporativa nel sistema economico si realizza attraverso la rappresentanza eletta di categoria.

La partecipazione corporativa nello Stato si realizza attraverso la rappresentanza politica (partiti) e dei corpi sociali (famiglia, istituzioni culturali e religiose, categorie produttive, imprese, enti locali).

La partecipazione corporativa si ispira alla responsabilità e alla competenza e mira a realizzare pienamente l’uomo nella sua integrità e, così realizzato, a farlo partecipare a tutti i momenti formativi delle decisioni che lo coinvolgono. E’ democrazia politica e sociale; non solo di numeri, ma anche di persone e dei corpi sociali.

La programmazione corporativa, proprio perché alla sua determinazione ed alla sua attuazione partecipano organicamente cittadini, categorie, imprese, ecc. è impegnativa, quindi efficace; non è inutile come la programmazione “indicativa” dei sistemi liberistici e non è impositiva, coercitiva, livellatrice come quella dei sistemi collettivistici.

Con il corporativismo, citando Ugo Spirito, “lo Stato per realizzarsi nella sua integrità non ha bisogno di livellare, disindividualizzare, annientare l’individuo e vivere della sua distruzione: al contrario esso si potenzia col potenziamento dell’individuo, della sua libertà, della sua proprietà, della sua iniziativa, della sua peculiare posizione nei rapporti con gli altri individui”.

E tutto ciò è possibile, in quanto l’individuo non è più un mondo particolare e la sua libertà non si chiama più arbitrio, ma è individuo sociale che nella prosperità dell’organismo statale vede il proprio fine. L’individualismo del liberismo e lo statalismo del socialismo sono superati perché sono trasvalutati i termini di individuo e Stato che avevano condotto ai due assurdi opposti”.
Tratto da: “Il MSI-DN dalla a alla zeta”.

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