Nel 1734 il Sud andò a Carlo III di Borbone che, avendo in dote 28 milioni di ducati, pensò bene ricomporre lo Stato attraverso la cultura. Nacque così il ’700 napoletano.
La scuola fu l’ istituzione realizzata per imporsi e per rinnovare il
sapere della gente.Ogni città, ogni villaggio doveva essere provvisto di
scuole pubbliche.
Ogni provincia doveva avere una scuola per uomini ed una per donne, ove
potessero apprendere le scienze primarie e le belle arti e, per i
nobili, esercizi di colta società.
Nella capitale fiorì l’Università con le diverse specializzazioni,
università che era considerata come l’atto finale e sublime della
pubblica istruzione.
Nel 1806 molte leggi furono emanate nel Regno delle Due Sicilie : si
ebbe l’apertura di scuole speciali come l’Accademia delle Belle Arti, la
scuola delle Arti e mestieri, l’Accademia Reale militare, la
Politecnica, l’Accademia Navale, quella dei Sordomuti, una delle arti da
disegno, un convitto di chirurgia e medicina, uno di musica.
I seminari furono conservati e potevano svolgere regolarmente e mirabilmente la loro funzione sociale.
Nacque allora anche la Società Reale, cioè un’accademia di storia ed
antichità che si giovò di doni e privilegi e, così pure, quella detta
d’incoraggiamento e pontaniana.
L’istruzione pubblica permise a tutti di imparare l’arte del leggere e
dello scrivere, consentendo ai figli dei contadini l’accesso agli uffici
pubblici, la carriera nell’esercito e soprattutto la presa di coscienza
delle libertà individuali e dell’indipendenza di cui godeva il Regno
delle Due Sicilie.
I Borbone profusero non poche energie per sviluppare l’istruzione
pubblica che prima del 1806 era commessa a 33 scuole normali, ai
seminari delle Diocesi Vescovili, ai corpi religiosi e all’Università
degli Studi di Napoli.
Ad Avellino vi era un collegio che conferiva i Gradi accademici per la giurisprudenza, la teologia e la medicina.
A Salerno si davano i gradi in medicina; gradi che fecero del dottorato salernitano una scuola rinomata in tutto il mondo.
Dopo il 1810 in tutti i comuni si istituirono scuole primarie gratuite a
spese dei municipi; molte ne furono istituite nei capoluoghi di
provincia.
Ferdinando II volle incrementare la cultura ed il sapere nel suo Regno
introducendo altre 16 cattedre nell’Università della capitale, l’Orto
Botanico, il Collegio Veterinario; istituì quattro Licei a Salerno,
Catanzaro, Bari e l’Aquila.
Le spese per l’istruzione pubblica ammontavano a circa un milione di ducati all’anno.
I regolamenti per le scuole primarie furono approvati il 21 dicembre 1819.
Le ministeriali del 12 giugno 1821 e 7 agosto 1821 stabilirono il modo
come dovessero scegliersi i maestri nelle scuole primarie. Con decreto
del 13 agosto 1850 il Re nominò i Vescovi ispettori di tutte le scuole
del Regno, pubbliche e private.
A Napoli esistevano 14 istituti d’istruzione media superiore con 1.343
alunni; due istituti di nobili fanciulle con 303 educande; 32
Conservatori di musica frequentati da 2.134 studenti.
Dopo il 1861 il Piemonte, scientificamente, chiuse tutte le scuole che erano sovvenzionate con denaro pubblico.
L’operazione doveva servire a due cose: rendere il Sud schiavo e
colonizzato e trasferire i soldi, tutti quelli possibili, al Nord.
Il Piemonte, indebitato di un miliardo di lire con le banche
londinesi(Rothschild), aveva bisogno di liquidità costante, anche per
portare a temine l’opera di pulizia etnica nel Mezzogiorno d’Italia.
Prima ad essere attaccata fu l’istruzione pubblica, poi vennero svuotati
tutti i forzieri delle banche e quelli dei comuni. Mai, nel Sud, la
barbaria fu più feroce ed infame.
Il Villardi, che era stato mandato nella capitale a smantellare l′apparato scolastico napoletano, così ricorda:
“ Pareva che si volesse levar tutto a Napoli. Oggi per esempio, noi
abbiamo sciolto l’Accademia delle Belle Arti, mentre si pagano tutti i
professori; per l’istruzione secondaria, in una città di cinquecentomila
anime, non abbiamo che un liceo di sessanta alunni e questo con un
ministro intelligente e pieno di volontà… “.
Ecco, il Regno delle Due Sicilie era finito nelle mani degli eredi di
Vittorio Emanuele I, della dinastia più reazionaria d’Europa; quella
cioè che, abolendo il Codice Napoleonico, ristabilì l’antica
legislazione complicata e senza unità, i privilegi fiscali e l’antica
legislazione penale con la fustigazione e, cosa più terribile, proibì i
culti ai cattolici perseguitando anche mortalmente ebrei e valdesi e,
cosa ancora più abominevole, ridiede tutta l’istruzione nelle mani delle
scuole religiose a pagamento, abolendo quelle pubbliche istituite da
Napoleone.
Allo stesso modo represse con ferocia i tentativi dei genovesi di riacquistare l’antica dignità e libertà*.
(*Tra il 1 e il 10 aprile del 1849, il generale sabaudo Alfonso La
Marmora ordinò ai suoi 30.000 bersaglieri il bombardamento di Genova che
era insorta contro la tirannìa piemontese.)
I bersaglieri misero a sacco la città depredando beni e cose, violentando donne e bambini.
Uccisero circa 600 Genovesi. Vittorio Emanuele II alla fine di
quell’azione si congratulò con La Marmora definendo i cittadini di
Genova “vile ed inetta razza di canaglie”.
Chi non poteva pagarsi l’istruzione, secondo le leggi dei Savoia, doveva
rimanere analfabeta e la classe contadina, chiamata dai montanari
piemontesi classe infima da erudire con le fucilazioni e le torture. In
pochi mesi il governo piemontese distrusse secoli di cultura, di
tradizioni, di storia, secoli di libertà e dignità.
Alla guida dei licei del Regno fu mandata gente illetterata, con il solo
scopo di smantellare l’istruzione pubblica e rendere il popolo
ignorante e servo. In poco tempo i piemontesi, sotto la gragnuola di
ispettori, vice ispettori, delegati, bidelli, funzionari ed impiegati,
quasi tutti venuti dal Piemonte, i quali non conoscevano nemmeno la
lingua italiana, “‘nfrancesati” come erano, massacrarono e dissolsero la
scuola primaria e secondaria.
Gli scagnozzi e gli scherani di Vittorio Emanuele II, re dei
galantuomini e della borghesia cisalpina, i servi del governo della
destra storica, ebbero l’ordine di chiudere l’Accademia Napoletana delle
Scienze e di Archeologia, famosissima in tutto il mondo, mentre
L’Istituto delle Belle Arti fu abolito per decreto.
Mai i Borboni avevano dissacrato la cultura, né la religione, né la
dignità dei contadini e degli operai. La scuola superiore era affidata
ad uomini di grande reputazione morale e professionalmente preparati. Ai
sovrani napoletani poco importava, se politicamente fossero di idee
repubblicane, liberali o legittimiste; sapevano che la matematica o la
fisica non potevano essere politicizzate in una scuola seria. Uomini del
calibro di Galluppi, Lanza, Flauti, De Luca, Bernardo Quaranta
reggevano le cattedre universitarie.
Macedonio Melloni, cacciato da Parma per le sue idee liberali, fu
accolto dai Borboni affinché portasse la sua esperienza nella scuola del
Regno. Il Melloni era raccomandato presso il Governo Borbonico da
Francesco Arago, ardentissimo e passionale repubblicano, ma ai Borboni
interessava soprattutto “far funzionare le libere istituzioni nel modo
migliore possibile”. Il ministro della P.I. BACCELLI nel 1894 nel fare
il programma sulla nuova "Riforma della Scuola così si esprimeva nel suo
preambolo:"...bisogna insegnare solo leggere e scrivere, bisogna
istruire il popolo quanto basta, insegnare la storia con una sana
impostazione nazionalistica, e ridurre tutte le scienze sotto
una.........unica materia di "nozioni varie", senza nessuna precisa
indicazione programmatica o di testi, lasciando spazio all'iniziativa
del maestro e rivalutando il più nobile e antico insegnamento, quello
dell' educazione domestica; e mettere da parte infine l'antidogmatismo,
l'educazione al dubbio e alla critica, insomma far solo leggere e
scrivere. Non devono pensare, altrimenti sono guai!». Gli studenti
vengono "allevati" affinché diventino docili e remissivi lavoratori al
servizio dello Stato o, nel caso di una ristretta minoranza, la nuova e
fedele classe dirigente del paese.
https://www.facebook.com/153576318139606/posts/lunit%C3%A0-ditalia-ha-chiuso-le-scuole-nel-sud-per-15-anniper-poi-scrivere-nei-libri/165601743603730/
TRATTO DA:
https://ilgiornaledellasera.blogspot.com/2019/02/dopo-lunita-ditalia-il-piemonte-chiuse.html?fbclid=IwAR3tljRGDDlmL7FWav_0uD4EkHmVa2vGP8G_YPAyfjzz1D1MJ8zHc7Nql9A
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