sabato 24 novembre 2018

COME E DOVE E’ NATA LA VITA



 Per gli appassionati di biologia ed evoluzione


di Maurizio Barozzi


Il problema e il quesito di come e dove sia nata la Vita, in termini scientifici è al momento irrisolto: di fatto non ne sappiamo niente.
Ipotizzare che la vita sia giunta sulla terra attraverso gli infiniti spazi dell’universo e tramite meteoriti, o con un po’ di fantasia, immaginare sia stata portata dagli alieni, sposta nello spazio il problema, ma non lo risolve. Resta sempre da chiedersi come e dove sia nata.
Il Creazionismo non ci può supportare sul piano scientifico, perché non è una scienza; può enunciare dei presupposti “intuitivi” come quelli del “progetto intelligente” ovvero l’osservazione che essendo la vita così spaventosamente complessa, incredibilmente perfetta, non potrebbe che essere il prodotto di una opera Divina, ma anche questa, scientificamente non sarebbe una risposta visto che tale realizzazione e questo Dio, non sono osservabili e provabili, neppure per via indiretta (come nel caso dei fisici, per esempio, che non possono vedere direttamente le particelle subatomiche, ma ne verificano l'esistenza guardando le tracce rivelatrici che lasciano nelle camere a nebbia).   
Più concreta sarebbe forse la Sapienza antica con le sue nascoste verità trascendentali racchiuse nei miti, nei simboli, nelle allegorie negli insegnamenti esoterici per iniziati.
Con la Sapienza antica si esce dalla Fede e si entra in una dimensione spirituale, anche “operativa”, che mostra molti riferimenti nei riti e nelle antiche pratiche magiche, nelle discipline e insegnamenti circa l’anima, sottili energie e “corpi astrali” che risiedono a monte o in parallelo del corpo biologico e di cui troviamo esempi in antiche pratiche come lo Yoga.
Ma anche qui non sono fenomeni da osservare con i normali strumenti di scienza, ne riproducibili a piacere in laboratorio e quindi siamo sempre fuori dal campo scientifico, senza contare che non stiamo parlando a degli “iniziati”, ma ai dei comuni mortali.
Avremmo altrimenti potuto ponderare che la vita sulla terra, come del resto tutto l’Universo, sono una manifestazione di una realtà metafisica che trascende la materia stessa, ma non potremmo, come del resto non lo possono neppure le religioni, descrivere e provare come sia avvenuta la presenza della vita tra la materia inerte, con quali meccanismi si è generata, laddove, nel nostro Universo tutto procede secondo leggi fisiche e chimiche, che non possiamo bypassare invocando il “miracolo”.
Premettendo che la  VITA è tutto, senza la vita non esisterebbe nulla, lo stesso Universo sarebbe un nulla, un incommensurabile e spaventoso ammasso di materia ed energia vagante nel nulla, che nessuno potrebbe immaginare, osservare, studiare, apprezzare, stupirsi, bearsi o temere, perché non ci sarebbe l’uomo a considerarlo, osservarlo, studiarlo e neppure l’animale ad “avvertirlo” sia pure  approssimativamente, niente il nulla, nel nulla, privo di alcun significato, premettendo questo, con la Scienza, quindi, ci resta solo il concetto che la vita deve essersi generata da qualche parte seguendo percorsi, al momento imperscrutabili,  fisici e chimici, poi biologici.
Accantonata comunque la fede o la bacchetta magica di un Dio per la realizzazione della vita, come del resto per tutto l’Universo, vediamo che ipotesi scientifiche restano da vagliare, ipotesi che oltretutto, escludendo ovviamente il “miracolo”, nella realtà specificatamente fisica e chimica del nostro Universo, per divenire Teoria (qualcosa di più di una ipotesi e qualcosa meno di un legge),  dovranno in qualche modo, anche indirettamente, essere osservabili, misurabili e  sperimentabili.
La prima ipotesi che gli studiosi hanno avanzato è quella della abiogenesi.
Ricordiamo comunque che se anche si riuscisse a capire come sia nata la vita, la sua genesi, dovremmo poi sempre capire come sia stato possibile che da una cellula vivente, procariota, unicellulare, si è passati alle cellule eucariote pluricellulari, ed infine ai metazoi, creature viventi, piante e animali, complessi, variamente strutturati che hanno fatto la loro apparizione nelle Ere geologiche a partire da circa 3,8 miliardi di anni fa, in cui abbiamo riscontro delle prime microsocopiche e primitive forme di vita, fino ai giorni nostri.
In questo campo, il meccanismo trasformista darwiniano e neodarwiniano non convincono affatto, e quindi occorre trovare altre strade per via scientifica.
Qui è bene precisare, però, che occorre distinguere tra evoluzione biologica e teoria dell'evoluzione o evoluzionismo (o anche darwinismo).
L’evoluzione può definire, genericamente, il processo e le diverse espressioni nel patrimonio genetico di una popolazione, verificatesi nel tempo, mentre con  il termine evoluzionismo, inteso da Darwin (di fatto una serie di congetture non corroborate scientificamente), si intende che tutti gli organismi viventi si succedono, derivando per mutazioni, da altri precedenti.
Il paradigma darwiniano o neodarwiniano, preso come teoria di una macro evoluzione graduale dei viventi, da un forma all’altra basata sul caso, l’adattamento e la selezione naturale, non cambia e non è credibile.
E’ oltretutto molto dubbio che l’ipotesi evoluzionista darwiniana possa definirsi “scientifica” perchè, affinché una ipotesi possa definirsi “scientifica”, i dati e i fatti che presenta, di norma,  dovrebbero essere osservabili, verificabili e, almeno in linea di principio, riproducibili in laboratorio, secondo criteri rigorosi, (per dirne una, non è possibile ideare un esperimento che possa confutare che i nuovi caratteri si siano formati a causa di mutazioni casuali), visto che la maggior parte dei fatti in discussione, risale al passato e sfugge pertanto alla indagine scientifica.
Si ribatte che, tuttavia questi fatti,  spesso possono essere dedotti dai loro effetti presunti, seppur a volte opinabili (i fossili ad esempio non testimoniano affatto graduali mutazioni strutturali e decisive dei viventi).
Siamo comunque in presenza di una “teoria”, tra l’altro contestata, che poteva ritenersi valida fino a quando altre osservazioni non la ponevano in dubbio o addirittura non  la confutano.
«…secondo il filosofo Karl Popper, una teoria per essere considerata scientifica deve indicare un criterio di falsificabilità, cioè indicare un fatto che se verificato renda confutata la teoria.
La teoria dell’evoluzione (da non confondere con il darwinismo) un criterio di falsificabilità ce l’ha, è quello formulato da J. B. S. Haldane: “trovare un coniglio nel cambriano”, la teoria neodarwiniana (che è una spiegazione di quel fatto che è l’evoluzione) al contrario non ha un criterio di falsificabilità.
Ma soprattutto, non può averlo perché è una teoria basata sulle mutazioni casuali, in nessun modo è possibile dimostrare o smentire in modo sperimentale che una qualsiasi cosa avvenuta nel passato sia accaduta per caso o con un determinato processo non casuale.
La teoria neodarwiniana è valida scientificamente per casi di microevoluzione, ma oltre a non essere stata verificata sperimentalmente per la macroevoluzione, essa non è confutabile nella genesi casuale dei nuovi caratteri, quindi non risponde ai requisiti minimi per essere considerata una teoria scientifica[Dott. Enzo Pennetta, biologo].
   In ogni caso è bene precisare, che occorre distinguere tra evoluzione biologica e teoria darwinista dell'evoluzione.
L’EVOLUZIONE può definire, genericamente, il processo e le diverse espressioni nel patrimonio genetico di una popolazione, verificatesi nel tempo, mentre con  il termine EVOLUZIONISMO, inteso da Darwin (di fatto una serie di congetture non corroborate scientificamente), si intende che tutti gli organismi viventi si succedono, derivando per trasformazione, da altri precedenti.
Occorre quindi anche distinguere tra MICRO EVOLUZIONE ovvero certi cambiamenti sensibili riscontrati in specie rimaste isolate rispetto alle altre o in particolari condizioni ambientali o sottoposte a manipolazioni genetiche (esperimenti) e altro, che sono un fatto comprovato, ma sempre all’interno della stessa specie!  a volte già insite nel loro Dna e sviluppatesi per le condizioni ambientali, che al massimo possono creare una sottospecie o una specie quasi simile che non si incrocia più con la precedente (e quindi per la catalogazione tassonomica è una specie diversa), ecc. (ad esempio ii batteri manipolati e “modificati, restano batteri, i moscerini sempre moscerini, gli uccelli sempre uccelli).
E MACRO EVOLUZIONE  che nessuno invece ha mai potuto osservare ovvero la trasformazione, per esempio,  di un rettile in un uccello, in pratica il passaggio da una Classe ad un'altra come, in generale, ipotizza l’evoluzionismo, per cui i pesci diventano anfibi, poi questi rettili, da questi vengono i dinosauri, poi gli uccelli, poi i mammiferi, ecc., cioè una macro evoluzione, un fenomeno che, oltre che assurdo, resta non provato.

“Evolutivamente” si impone così l’esempio di un gatto, che  fino ad un X momento prima non c’era, non esisteva, e poi invece ci appare: chi lo ha generato se non esisteva prima un'altra coppia di gatti? Un po’ come l’uovo e la gallina.
L’evoluzionismo spiega, con il “trasformismo”, il passaggio da una forma di vita all’altra, gradualmente, grazie ad un lungo lasso di tempo e in virtù del Caso (comprendendo anche mutazioni genetiche), dell’Adattamento e della Selezione naturale (per la gallina dell’esempio, sarebbe prima nato l’uovo, ma generato da un animale diverso e precedente alla gallina), ma come abbiamo detto questo meccanismo non convince e non è provato, soprattutto dai fossili che, in tal caso, dovrebbero reperirsi in grandi quantità quali animali antichi in via di trasformazione, ed invece mancano del tutto e i pochi indicati non sono affatto tali. Un problema che affliggeva anche Darwin e a cui non sapeva dare una spiegazione, sottolineando però che poneva in grave dubbio la sua teoria.
Non a caso varie assurdità, non corrispondenze scientifiche e proprio il problema della mancanza di fossili quali “anelli di congiunzione” di organismi che si sono gradualmente trasformati in altri affatto diversi, ha costretto il darwinismo, a subire aggiustamenti, integrazioni e correzioni: Moderna teoria sintetica dell’evoluzione o neodarwinismo degli anni ’40, che lo integrò con  l'ereditarietà di Gregor Mendel alla luce della moderna genetica, poi con le osservazioni paleontologiche di Gould & Eldredge dei primi anni ’70, e i loro equilibri punteggiati (a giustificare la discontinuità dei reperti fossili), fino al 2008 e il meeting di Altenberg, che ha reso necessaria la proposta circa una nuova sintesi neodarwinista, una Sintesi Estesa dell’evoluzione:Evolution Extended Synthesis” (EES), quindi un Darwin 3.0, integrandolo con la biologia evoluzionistica moderna (geni che definiscono la composizione molecolare di qualsiasi organismo e il trasferire geni da una specie all’altra), che ha trovato riscontri in laboratorio, ma sempre e solo con la micro evoluzione
Il paradigma darwiniano però, preso come teoria di una macro evoluzione graduale o meno dei viventi, da un forma all’altra basata sul caso, l’adattamento e la selezione naturale, non cambia e, come detto, non è credibile.

Premesso tutto questo, e sottolineato che, in ogni caso l’evoluzionismo finisce sempre con l’ipotizzare un “antenato comune” da cui si sono generati e diversificati tutti gli altri viventi, chiaramente o implicitamente si va sempre a finire alla Vita che si sarebbe generata dalla materia inerte (abiogenesi) veniamo appunto al problema di come si sia generata la vita.
L’evoluzionismo, come accenato sostiene l’abiogenesi, tramite una serie di combinazioni casuali e fortuite e avendo a disposizione  milioni e milioni di anni per fare bingo.
Si sono fatti anche esperimenti (Miller 1953 e altri) riproducendo le ipotetiche condizioni proibitive della terra, poco dopo il suo formarsi indicato a 4.600 milioni di anni addietro, ma nonostante qualche “aiutino” tecnico,  sono tutti falliti, nel senso che tranne la realizzazione di qualche aminoacido, materia pur sempre non vivente, non si è mai potuti andare.
Per creare la vita, in effetti, occorre realizzare le proteine, che ne sono i mattoni. Ora si da il caso che per creare una proteina ci sono a disposizione 20 aminoacidi, che mescolandosi in successioni altamente precise, particolari e diverse, possono formare duemila-quattrocento milioni di miliardi di proteine! di cui solo una minima parte viene  utilizzata in natura.
Gli evoluzionisti affermano che gli aminoacidi, si sono generati per caso da vari materiali inorganici, sotto la spinta di forti  energie, in una specie di “brodo primordiale” quale vi era nei mari surriscaldati  della terra ai suoi inizi, pregni di acque sature di metano, ammoniaca ed idrogeno, scariche elettriche, radiazioni solari, ecc.. E fin qui, chissà, forse potrebbe anche essere possibile, sebbene gli esperimenti da laboratorio in realta presumono di ricreare certe condizioni ancestrali e comunque si avvalgono di piccoli accorgimenti e “aiuti” che in natura non ci sono.
Sempre per caso, avrebbe però poi dovuto accadere che gli aminoacidi infilassero la sequenza giusta per creare una proteina e così via per le altre. Da questa molecola di proteina sarebbe nata una cellula di vita primordiale, procariota (primitiva, senza nucleo), unicellulare, che poi evolvendosi è divenuta eucariota,  pluri cellulare, ecc. ecc.
E qui siamo alla follia.                                                                                       
Ogni scienziato sano di mente sa bene che  la sequenza degli aminoacidi per creare una proteina proviene da una “programmazione intelligente” contenuta nel DNA ed è a monte, cioè viene prima, della stessa proteina, ma ancor più lo scienziato sa bene che la probabilità che un aminoacido infili la giusta sequenza e formi una proteina complessa, ovvero che una molecola di essa si sia potuta formare per caso, è una possibilità contro 10 alla centosessantunesima (10 seguito da 160 zeri), possibilità considerata avendo a disposizione, per i tentativi, un arco temporale di 10 alla duecentoquarantatreesima di anni (10 seguito da 242 zeri), una cifra spaventosa, che supera addirittura i secondi calcolati da quando venne creato l’universo fino ad oggi!
E la statistica matematica dice che quando certi limiti di probabilità vengono così superati, è comunque una condizione assolutamente impossibile a realizzarsi.
E’ come se si mettesse una scimmia a battere tasti su una macchina da scrivere, ininterrottamente, per miliardi di anni e si possa supporre che, “per caso”, finisca per comporre la Divina commedia. Ma attenzione, non è finita: una volta creata la proteina occorre anche creare la relativa cellula vivente.
Da ridere poi al solo pensare che, in definitiva il Caso, per  i suoi tentativi, aveva a disposizioni i solo miseri 800 / 1.000 milioni di anni, essendo la terra nata 4.600 milioni di anni fa, ma la vita è apparsa in forme microscopiche e unicellulari, tra i 3.800 e i 3.500 milioni di anni fa! come ci dicono accertati e studiati ritrovamenti nelle rocce sedimentarie più antiche (per esempio quelle in Isua Groellandia), risalenti a quelle datazioni, subito dopo il raffreddamento del nostro pianeta, ove si rinvengono corpi microscopici, sferoidali, a bastoncello o filamentosi,  di materia organica unicellulare, da attribuire generalmente a batteri o alghe azzurre.
Gli evoluzionisti di fronte a questa schiacciante prova contraria hanno biascicato un paio di obiezioni inconsistenti.
La prima che forse, una volta che un aminoacido ha imboccato per caso una sequenza giusta, le successive si sono aggregate non solo per caso, ma anche sotto la spinta, non rara in chimica, che i componenti possono avere verso certe aggregazioni. Ma qui si necessita di infilare una precisa combinazione ed un preciso fine, non aggregazioni comunque determinatesi e se ci affidiamo comunque al caso, siamo fuori strada..
La seconda obiezione è che, trovata casualmente una prima combinazione utile, questa resta da parte, mentre si generano altri infiniti tentativi e si andrà poi ad aggregare, nel lungo tempo, anche grazie alla selezione naturale, quando trova un'altra combinazione utile, e così via.
Ammesso che questo sia possibile, resta il problema che, senza riproduzione non c’è “selezione naturale”, quindi quello che non serve dovrebbe automaticamente perdersi, per non parlare del fatto che le forze della natura (compresi i raggi ultra violetti del sole, non protetti dallo strato di ozono che ancora non c’era: bastavano le profondità marine come schermo?), ammesso che si realizzava questo miracolo, lo avrebbero subito dopo distrutto.
Ma allora come nasce la vita?
        Abbiamo appena spiegato come una apparizione della vita dalla materia, tramite il caso e la selezione naturale sia un evento praticamente impossibile, tuttavia, dobbiamo pur prendere atto che sulla Terra di 4.600 milioni di anni fa, dalla “non vita”, in poco più di mezzo miliardo di anni, si è passati alla vita e quindi questa, in qualche modo si è pur determinata.
Come detto, se invece questo fenomeno si fosse realizzato da qualche parte nello spazio e quindi giunto poi sulla terra, magari attraverso le meteoriti (fino ad oggi però nelle meteoriti sono stati trovati solo elementi per sostanze organiche, non tracce di vita), dove è esploso in tutte le sue possibilità avendo trovato condiizioni ambientali favorevoli le cose non cambiano.
Scartato o ridimensionato fortemente il Caso per tentativi e probabilità, almeno in via del tutto teorica, non possiamo escludere una “auto organizzazione” e “aggregazione” della materia (uscendo dai termini scientifici si potrebbe anche supporre che tale eventualità era “già compresa” nella manifestazione trascendentale sul piano fisico e materiale, che ne avrebbe fornito le premesse materiali per la sua attuazione. E cosi facciamo contenti anche i Creazionisti).
Tra le varie ipotesi che si sono fatte in ambito scientifico diamo una certa possibilità, del tutto teorica e ipotetica, alle osservazioni fatte da Fabio Vomiero, dottore in Scienze Biologiche, su Critica Scientifica, nell’articolo: “Origine della vita: introduzione al problema scientifico”, credibilità limitata e condizionata dal fatto, che pur sempre di ipotesi si tratta, non si arriva comunque alla cellula vivente vera e propria, ma alle sue eventuali premesse,  e che gli esperimenti da laboratorio, citati a supporto, non sono proprio uguali alle condizioni, oltretutto presunte, della terra appena formatasi. Qui forniamo alcuni stralci della ipotesi presa in considerazione da Fabio Vomiero.
      «…Come sia stato fisicamente possibile passare in tempi geologicamente plausibili dal famoso “brodo primordiale” a qualcosa di più simile a ciò che chiamiamo vita,… com’è noto, esiste ancora un acceso dibattito, non privo di venature ideologiche. Ma se allo stato dell’arte sembra ancora quantomeno difficile riuscire a stabilire uno scenario che possa essere in qualche modo considerato un modello standard, plausibile sì, ma anche esauriente sotto il profilo del “come”, in dettaglio, possa essersi sviluppata la vita dalla materia inanimata, le molte conoscenze teoriche e una consistente mole di dati sperimentali ci autorizzano comunque, con un certo grado di fiducia, ad affermare che tutto ciò possa essere stato in qualche modo evolutivamente possibile, chimicamente fattibile e storicamente probabile (…)
…Negli ultimi decenni; non si va più alla ricerca della fortunata combinazione di eventi altamente improbabili e retti soltanto dal puro caso (alla Monod), ma si cercano piuttosto effetti e processi comunque in qualche modo guidati dalle leggi della chimica e della fisica, in cui la contingenza, concetto che assume un significato molto più sottile e raffinato del caso, come in ogni processo evolutivo, riveste sempre un ruolo determinante.
In sostanza, poichè le prime testimonianze di cellule viventi derivanti da stromatoliti fossili australiane, risalgono con una certa sicurezza almeno a 3,5 miliardi di anni fa (Schopf 2017), forse oltre, e presumendo che l’intenso bombardamento meteoritico, che non avrebbe consentito una sufficiente stabilità ambientale, sia terminato all’incirca 4 miliardi di anni fa, tutto deve essere accaduto in questo intervallo di tempo, grazie al verificarsi di condizioni ambientali contingenti favorevoli. Dove? Probabilmente nei pressi dei camini dei bacini idrotermali in cui i gradienti ionici naturali e di temperatura forniscono l’energia necessaria, mentre la presenza di cavità porose favorisce nello stesso tempo l’instaurarsi di periodici cicli wet-dry che permettono l’accumulo e l’interazione tra le molecole (Martin 2014).
Che cosa poi sia effettivamente successo nessuno ancora lo sa, ma i dati sperimentali di sintesi prebiotica, da Oparin-Miller-Urey in poi, hanno chiaramente mostrato come, in presenza di una fonte di energia e di determinate condizioni ambientali, sia effettivamente possibile la formazione spontanea di numerosi precursori organici complessi della vita, dagli amminoacidi ai nucleosidi, dal pirrolo al glicerolo (costituente dei lipidi delle membrane cellulari) da alcuni metaboliti del ciclo di Krebs ai glucidi; il ribosio, per esempio, si ottiene dalla polimerizzazione con ciclizzazione della formaldeide.
Molte di queste sostanze organiche sono peraltro state individuate anche nel cuore di meteoriti, rafforzando così l’ipotesi che la sintesi organica prebiotica si possa verificare anche al di fuori del pianeta Terra. In altri tipi di esperimenti si è visto anche che alcuni di questi aggregati organici, tendono spontaneamente ad adsorbirsi su superfici inorganiche, che in qualche caso possono avere funzioni catalitiche, nonchè a polimerizzare, come succede per esempio agli aminoacidi che formano i proteinoidi o ai segmenti molto piccoli di acido nucleico che si auto-organizzano in molecole più grandi.
Che poi i bioamminoacidi chirali che conosciamo siano tutti di forma enantiomerica L e i biozuccheri (ribosio e desossiribosio) tutti di forma enantiomerica D, quando invece nella chimica organica si formano sempre in forma racemica, non deve costituire un problema insuperabile. E’ una proprietà asimmetrica della vita, probabilmente selezionata e fissata in qualche modo, casuale o guidato, in un qualche momento, comunque precoce, del suo percorso evolutivo. In fondo l’asimmetria caratterizza da sempre ogni tipo di evoluzione, a partire da quella cosmica quando le fluttuazioni casuali della distribuzione di materia (anisotropia) hanno dato origine alla formazione di stelle e galassie, o quando la materia stessa ha in qualche modo prevalso sull’antimateria evitando così il suo completo annichilimento. Se poi, dal privilegiamento di un certo tipo di chimismo si passa al privilegiamento di alcune reazioni piuttosto di altre, si può parlare di inizi del metabolismo. Un recente studio apparso su “Nature Ecology and Evolution” (Keller 2017), mostra per esempio che in determinate condizioni e in presenza di radicali solfato, una catena di reazioni chimiche può replicare una sorta di proto-ciclo di Krebs anche senza molti degli enzimi in seguito divenuti essenziali.
Su “PNAS” invece (Petrov 2016), viene presentato un modello su come possa essersi evoluto un ribosoma biologicamente attivo per la fondamentale attività di sintesi proteica. Modelli che simulano esempi di un proto-metabolismo che probabilmente ebbe la possibilità di complessificarsi gradualmente una volta compartimentato all’interno di una struttura protetta da una proto-membrana plasmatica, la quale, essendo formata principalmente da fosfolipidi, tende anch’essa a formare spontaneamente in ambiente acquoso delle strutture a doppio strato che possono richiudersi in vescicole (…).
   …In ogni caso, questa tipologia di dati, non può che suggerire l’ipotesi plausibile che la vita possa essersi formata proprio per emergenza da una serie di processi graduali e guidati principalmente dalle caratteristiche chimiche e termodinamiche dell’ambiente e di alcune macromolecole fondamentali, endogene e/o esogene, che man mano si stavano formando e accumulando, autoselezionandosi e autoriproducendosi (…).
Ecco, in definitiva e per concludere, possiamo dire che sulle origini della vita ne sappiamo poco e niente, e possiamo andare solo per ipotesi, a tentoni.
In pratica ci troviamo nella tragica situazione evidenziata dal biologo evoluzionista e filosofo francese Jacque Monod che ebbe la franchezza di dire: “E’ del tutto cretino affermare che una cellula viva abbia potuto nascere per caso. Però non vedo altra alternativa”.  



PER GENTILE CONCESSIONE DI
di Maurizio Barozzi





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