Per gli appassionati di biologia ed evoluzione
di
Maurizio Barozzi
Il
problema e il quesito di come e dove sia nata la Vita, in termini scientifici è
al momento irrisolto: di fatto non ne sappiamo niente.
Ipotizzare
che la vita sia giunta sulla terra attraverso gli infiniti spazi dell’universo
e tramite meteoriti, o con un po’ di fantasia, immaginare sia stata portata
dagli alieni, sposta nello spazio il problema, ma non lo risolve. Resta sempre
da chiedersi come e dove sia nata.
Il Creazionismo
non ci può supportare sul piano scientifico, perché non è una scienza; può
enunciare dei presupposti “intuitivi” come quelli del “progetto intelligente”
ovvero l’osservazione che essendo la vita così spaventosamente complessa,
incredibilmente perfetta, non potrebbe che essere il prodotto di una opera
Divina, ma anche questa, scientificamente non sarebbe una risposta visto che tale
realizzazione e questo Dio, non sono osservabili e provabili, neppure per via
indiretta (come nel caso dei fisici, per esempio, che non possono vedere
direttamente le particelle subatomiche, ma ne verificano l'esistenza guardando
le tracce rivelatrici che lasciano nelle camere a nebbia).
Più
concreta sarebbe forse la Sapienza antica
con le sue nascoste verità trascendentali racchiuse nei miti, nei simboli,
nelle allegorie negli insegnamenti esoterici per iniziati.
Con la
Sapienza antica si esce dalla Fede e si entra in una dimensione spirituale,
anche “operativa”, che mostra molti riferimenti nei riti e nelle antiche
pratiche magiche, nelle discipline e insegnamenti circa l’anima, sottili
energie e “corpi astrali” che risiedono a monte o in parallelo del corpo
biologico e di cui troviamo esempi in antiche pratiche come lo Yoga.
Ma
anche qui non sono fenomeni da osservare con i normali strumenti di scienza, ne
riproducibili a piacere in laboratorio e quindi siamo sempre fuori dal campo
scientifico, senza contare che non stiamo parlando a degli “iniziati”, ma ai dei
comuni mortali.
Avremmo
altrimenti potuto ponderare che la vita sulla terra, come del resto tutto l’Universo,
sono una manifestazione di una realtà metafisica che trascende la materia
stessa, ma non potremmo, come del resto non lo possono neppure le religioni,
descrivere e provare come sia avvenuta la presenza della vita tra la materia inerte,
con quali meccanismi si è generata, laddove, nel nostro Universo tutto procede
secondo leggi fisiche e chimiche, che non possiamo bypassare invocando il
“miracolo”.
Premettendo
che la VITA è tutto, senza la vita non
esisterebbe nulla, lo stesso Universo sarebbe un nulla, un incommensurabile e
spaventoso ammasso di materia ed energia vagante nel nulla, che nessuno
potrebbe immaginare, osservare, studiare, apprezzare, stupirsi, bearsi o temere,
perché non ci sarebbe l’uomo a considerarlo, osservarlo, studiarlo e neppure
l’animale ad “avvertirlo” sia pure approssimativamente, niente il nulla, nel
nulla, privo di alcun significato, premettendo questo, con la Scienza, quindi,
ci resta solo il concetto che la vita deve essersi generata da qualche parte
seguendo percorsi, al momento imperscrutabili, fisici e chimici, poi biologici.
Accantonata
comunque la fede o la bacchetta magica di un Dio per la realizzazione della
vita, come del resto per tutto l’Universo, vediamo che ipotesi scientifiche restano
da vagliare, ipotesi che oltretutto, escludendo ovviamente il “miracolo”, nella
realtà specificatamente fisica e chimica del nostro Universo, per divenire
Teoria (qualcosa di più di una ipotesi e qualcosa meno di un legge), dovranno in qualche modo, anche
indirettamente, essere osservabili, misurabili e sperimentabili.
La
prima ipotesi che gli studiosi hanno avanzato è quella della abiogenesi.
Ricordiamo
comunque che se anche si riuscisse a capire come sia nata la vita, la sua
genesi, dovremmo poi sempre capire come sia stato possibile che da una cellula
vivente, procariota, unicellulare, si è passati alle cellule eucariote
pluricellulari, ed infine ai metazoi, creature viventi, piante e animali,
complessi, variamente strutturati che hanno fatto la loro apparizione nelle Ere
geologiche a partire da circa 3,8 miliardi di anni fa, in cui abbiamo riscontro
delle prime microsocopiche e primitive forme di vita, fino ai giorni nostri.
In
questo campo, il meccanismo trasformista darwiniano e neodarwiniano non
convincono affatto, e quindi occorre trovare altre strade per via scientifica.
Qui è bene
precisare, però, che occorre distinguere tra evoluzione biologica e
teoria dell'evoluzione o evoluzionismo (o anche darwinismo).
L’evoluzione può definire, genericamente, il processo e le diverse
espressioni nel patrimonio genetico di una popolazione, verificatesi nel tempo,
mentre con il termine evoluzionismo, inteso da Darwin (di
fatto una serie di congetture non corroborate scientificamente), si intende che
tutti gli organismi viventi si succedono, derivando per mutazioni, da altri
precedenti.
Il paradigma
darwiniano o neodarwiniano, preso come teoria
di una macro evoluzione graduale dei
viventi, da un forma all’altra basata sul
caso, l’adattamento e la selezione naturale, non cambia e non è credibile.
E’
oltretutto molto dubbio che l’ipotesi evoluzionista darwiniana possa definirsi
“scientifica” perchè, affinché una ipotesi
possa definirsi “scientifica”, i dati e i fatti che presenta, di norma, dovrebbero essere osservabili, verificabili
e, almeno in linea di principio, riproducibili in laboratorio, secondo criteri
rigorosi, (per dirne una, non è possibile ideare un esperimento che possa
confutare che i nuovi caratteri si siano formati a causa di mutazioni
casuali), visto che la maggior parte dei fatti in discussione, risale al
passato e sfugge pertanto alla indagine scientifica.
Si ribatte
che, tuttavia questi fatti, spesso
possono essere dedotti dai loro effetti presunti, seppur a volte opinabili (i
fossili ad esempio non testimoniano affatto graduali mutazioni strutturali e
decisive dei viventi).
Siamo
comunque in presenza di una “teoria”,
tra l’altro contestata, che poteva ritenersi valida fino a quando altre
osservazioni non la ponevano in dubbio o addirittura non la confutano.
«…secondo il filosofo
Karl Popper, una teoria per essere considerata scientifica deve
indicare un criterio di falsificabilità, cioè indicare un fatto che
se verificato renda confutata la teoria.
La teoria
dell’evoluzione (da non confondere con il
darwinismo) un criterio di
falsificabilità ce l’ha, è quello formulato da J. B. S. Haldane: “trovare un
coniglio nel cambriano”, la teoria neodarwiniana (che è una spiegazione di quel
fatto che è l’evoluzione) al contrario non ha un criterio di falsificabilità.
Ma soprattutto, non può averlo
perché è una teoria basata sulle mutazioni casuali, in nessun modo è
possibile dimostrare o smentire in modo sperimentale che una qualsiasi
cosa avvenuta nel passato sia accaduta per caso o con un determinato processo
non casuale.
La teoria neodarwiniana è valida
scientificamente per casi di microevoluzione, ma oltre a non essere stata verificata sperimentalmente per la
macroevoluzione, essa non è confutabile nella genesi casuale dei nuovi
caratteri, quindi non risponde ai requisiti
minimi per essere considerata una teoria scientifica… [Dott. Enzo Pennetta, biologo].
In ogni caso
è bene precisare, che occorre distinguere tra evoluzione biologica e teoria darwinista
dell'evoluzione.
L’EVOLUZIONE può definire, genericamente, il processo e le diverse
espressioni nel patrimonio genetico di una popolazione, verificatesi nel tempo,
mentre con il termine EVOLUZIONISMO, inteso da Darwin (di
fatto una serie di congetture non corroborate scientificamente), si intende che
tutti gli organismi viventi si succedono, derivando per trasformazione, da
altri precedenti.
Occorre
quindi anche distinguere tra MICRO
EVOLUZIONE ovvero certi cambiamenti sensibili riscontrati in specie rimaste
isolate rispetto alle altre o in particolari condizioni ambientali o sottoposte
a manipolazioni genetiche (esperimenti) e altro, che sono un fatto comprovato, ma sempre all’interno della stessa specie! a volte già insite nel loro Dna e
sviluppatesi per le condizioni ambientali, che al massimo possono creare una
sottospecie o una specie quasi simile che non si incrocia più con la precedente
(e quindi per la catalogazione tassonomica è una specie diversa), ecc. (ad
esempio ii batteri manipolati e “modificati, restano batteri, i moscerini
sempre moscerini, gli uccelli sempre uccelli).
E MACRO EVOLUZIONE che nessuno invece ha mai potuto osservare
ovvero la trasformazione, per esempio,
di un rettile in un uccello, in pratica il passaggio da una Classe ad
un'altra come, in generale, ipotizza l’evoluzionismo, per cui i pesci diventano
anfibi, poi questi rettili, da questi vengono i dinosauri, poi gli uccelli, poi
i mammiferi, ecc., cioè una macro evoluzione, un fenomeno che,
oltre che assurdo, resta non provato.
“Evolutivamente”
si impone così l’esempio di un gatto, che
fino ad un X momento prima non c’era, non esisteva, e poi invece ci
appare: chi lo ha generato se non esisteva prima un'altra coppia di gatti? Un
po’ come l’uovo e la gallina.
L’evoluzionismo spiega, con il
“trasformismo”, il passaggio da una forma di vita all’altra, gradualmente,
grazie ad un lungo lasso di tempo e in virtù del Caso (comprendendo anche mutazioni genetiche), dell’Adattamento e
della Selezione naturale (per la
gallina dell’esempio, sarebbe prima nato l’uovo, ma generato da un animale
diverso e precedente alla gallina), ma come abbiamo detto questo meccanismo non
convince e non è provato, soprattutto dai fossili che, in tal caso, dovrebbero
reperirsi in grandi quantità quali animali antichi in via di trasformazione, ed
invece mancano del tutto e i pochi indicati non sono affatto tali. Un problema
che affliggeva anche Darwin e a cui non sapeva dare una spiegazione,
sottolineando però che poneva in grave dubbio la sua teoria.
Non a caso
varie assurdità, non corrispondenze scientifiche e proprio il problema della
mancanza di fossili quali “anelli di congiunzione” di organismi che si sono
gradualmente trasformati in altri affatto diversi, ha costretto il darwinismo, a
subire aggiustamenti, integrazioni e correzioni: Moderna teoria
sintetica dell’evoluzione o neodarwinismo degli
anni ’40, che lo integrò con l'ereditarietà
di Gregor Mendel alla luce della moderna genetica, poi con le
osservazioni paleontologiche di Gould & Eldredge dei primi anni ’70, e i
loro equilibri
punteggiati (a giustificare la discontinuità dei reperti fossili), fino
al 2008 e il meeting di Altenberg, che ha reso necessaria la proposta circa una
nuova sintesi neodarwinista, una Sintesi Estesa dell’evoluzione: “Evolution Extended Synthesis” (EES), quindi un Darwin 3.0, integrandolo
con la biologia evoluzionistica moderna (geni che definiscono la composizione
molecolare di qualsiasi organismo e il trasferire geni da una specie
all’altra), che ha trovato riscontri in laboratorio, ma sempre e solo con la micro evoluzione.
Il paradigma darwiniano però, preso come teoria di una macro evoluzione graduale o meno dei viventi, da un forma all’altra
basata sul caso, l’adattamento e la
selezione naturale, non cambia e, come detto, non è credibile.
Premesso
tutto questo, e sottolineato che, in ogni caso l’evoluzionismo finisce sempre
con l’ipotizzare un “antenato comune” da cui si sono generati e diversificati
tutti gli altri viventi, chiaramente o implicitamente si va sempre a finire
alla Vita che si sarebbe generata dalla materia inerte (abiogenesi) veniamo
appunto al problema di come si sia generata la vita.
L’evoluzionismo,
come accenato sostiene l’abiogenesi,
tramite una serie di combinazioni casuali e fortuite e avendo a
disposizione milioni e milioni di anni
per fare bingo.
Si sono
fatti anche esperimenti (Miller 1953 e altri) riproducendo le ipotetiche condizioni
proibitive della terra, poco dopo il suo formarsi indicato a 4.600 milioni di
anni addietro, ma nonostante qualche “aiutino” tecnico, sono tutti falliti, nel senso che tranne la
realizzazione di qualche aminoacido, materia pur sempre non vivente, non si è
mai potuti andare.
Per creare
la vita, in effetti, occorre realizzare le proteine, che ne sono i mattoni. Ora
si da il caso che per creare una proteina ci sono a disposizione 20 aminoacidi,
che
mescolandosi in successioni altamente precise, particolari e diverse, possono
formare duemila-quattrocento milioni di miliardi di proteine! di cui solo una
minima parte viene utilizzata in natura.
Gli
evoluzionisti affermano che gli aminoacidi, si sono generati per caso da vari
materiali inorganici, sotto la spinta di forti
energie, in una specie di “brodo primordiale” quale vi era nei mari
surriscaldati della terra ai suoi inizi,
pregni di acque sature di metano, ammoniaca ed idrogeno, scariche elettriche,
radiazioni solari, ecc.. E fin qui, chissà, forse potrebbe anche essere
possibile, sebbene gli esperimenti da laboratorio in realta presumono di ricreare certe condizioni
ancestrali e comunque si avvalgono di piccoli accorgimenti e “aiuti” che in
natura non ci sono.
Sempre
per caso,
avrebbe però poi dovuto accadere che gli aminoacidi infilassero la sequenza
giusta per creare una proteina e così via per le altre. Da questa molecola di
proteina sarebbe nata una cellula di vita primordiale, procariota (primitiva,
senza nucleo), unicellulare, che poi evolvendosi è divenuta eucariota, pluri cellulare, ecc. ecc.
E
qui siamo alla follia.
Ogni
scienziato sano di mente sa bene che la
sequenza degli aminoacidi per creare una proteina proviene da una
“programmazione intelligente” contenuta nel DNA ed è a monte, cioè viene prima,
della stessa proteina, ma ancor più lo scienziato sa bene che la probabilità che un aminoacido infili la
giusta sequenza e formi una proteina complessa, ovvero che una molecola di essa
si sia potuta formare per caso, è una possibilità contro 10 alla
centosessantunesima (10 seguito da 160 zeri), possibilità considerata avendo a
disposizione, per i tentativi, un arco temporale di 10 alla
duecentoquarantatreesima di anni (10 seguito da 242 zeri), una cifra
spaventosa, che supera addirittura i secondi calcolati da quando venne creato
l’universo fino ad oggi!
E la statistica matematica dice che quando certi
limiti di probabilità vengono così superati, è comunque una condizione
assolutamente impossibile a realizzarsi.
E’ come se si mettesse una scimmia a battere tasti su
una macchina da scrivere, ininterrottamente, per miliardi di anni e si possa
supporre che, “per caso”, finisca per comporre la Divina commedia. Ma
attenzione, non è finita: una volta creata la proteina occorre anche creare la
relativa cellula vivente.
Da ridere poi al solo pensare che, in definitiva il
Caso, per i suoi tentativi, aveva a
disposizioni i solo miseri 800 / 1.000 milioni di anni, essendo la terra nata
4.600 milioni di anni fa, ma la vita è apparsa in forme microscopiche e
unicellulari, tra i 3.800 e i 3.500 milioni di anni fa! come ci dicono
accertati e studiati ritrovamenti nelle rocce sedimentarie più antiche (per
esempio quelle in Isua Groellandia), risalenti a quelle datazioni, subito dopo
il raffreddamento del nostro pianeta, ove si rinvengono corpi microscopici,
sferoidali, a bastoncello o filamentosi,
di materia organica unicellulare, da attribuire generalmente a batteri o
alghe azzurre.
Gli evoluzionisti di fronte a questa schiacciante
prova contraria hanno biascicato un paio di obiezioni inconsistenti.
La prima che forse, una volta che un aminoacido ha
imboccato per caso una sequenza giusta, le successive si sono aggregate non
solo per caso, ma anche sotto la spinta, non rara in chimica, che i componenti
possono avere verso certe aggregazioni. Ma qui si necessita di infilare una
precisa combinazione ed un preciso fine, non aggregazioni comunque
determinatesi e se ci affidiamo comunque al caso, siamo fuori strada..
La seconda obiezione è che, trovata casualmente
una prima combinazione utile, questa resta da parte, mentre si generano altri
infiniti tentativi e si andrà poi ad aggregare, nel lungo tempo, anche grazie
alla selezione naturale, quando trova un'altra combinazione utile, e così via.
Ammesso
che questo sia possibile, resta il problema che, senza riproduzione non c’è “selezione
naturale”, quindi quello che non serve dovrebbe automaticamente perdersi, per
non parlare del fatto che le forze della natura (compresi i raggi ultra
violetti del sole, non protetti dallo strato di ozono che ancora non c’era:
bastavano le profondità marine come schermo?), ammesso che si realizzava questo
miracolo, lo avrebbero subito dopo distrutto.
Ma
allora come nasce la vita?
Abbiamo appena spiegato come una apparizione della vita dalla materia,
tramite il caso e la selezione naturale
sia un evento praticamente impossibile, tuttavia, dobbiamo pur prendere atto
che sulla Terra di 4.600 milioni di anni fa, dalla “non vita”, in poco più di
mezzo miliardo di anni, si è passati alla vita e quindi questa, in qualche modo
si è pur determinata.
Come detto, se invece questo fenomeno
si fosse realizzato da qualche parte nello spazio e quindi giunto poi sulla
terra, magari attraverso le meteoriti (fino ad oggi però nelle meteoriti sono
stati trovati solo elementi per sostanze organiche, non tracce di vita), dove è
esploso in tutte le sue possibilità avendo trovato condiizioni ambientali
favorevoli le cose non cambiano.
Scartato o ridimensionato fortemente
il Caso
per tentativi e probabilità, almeno in via del tutto teorica, non
possiamo escludere una “auto organizzazione” e “aggregazione” della materia (uscendo
dai termini scientifici si potrebbe anche supporre che tale eventualità era
“già compresa” nella manifestazione trascendentale sul piano fisico e
materiale, che ne avrebbe fornito le premesse materiali per la sua attuazione.
E cosi facciamo contenti anche i Creazionisti).
Tra le varie ipotesi che si sono fatte in
ambito scientifico diamo una certa possibilità, del tutto teorica e ipotetica,
alle osservazioni fatte da Fabio Vomiero, dottore in Scienze Biologiche, su
Critica Scientifica, nell’articolo: “Origine della vita: introduzione al problema
scientifico”, credibilità limitata e condizionata dal fatto, che pur
sempre di ipotesi si tratta, non si arriva comunque alla cellula vivente vera e
propria, ma alle sue eventuali premesse,
e che gli esperimenti da laboratorio, citati a supporto, non sono
proprio uguali alle condizioni, oltretutto presunte, della terra appena
formatasi. Qui forniamo alcuni stralci della ipotesi presa in considerazione da
Fabio Vomiero.
«…Come sia
stato fisicamente possibile passare in
tempi geologicamente plausibili dal famoso “brodo primordiale” a qualcosa di
più simile a ciò che chiamiamo vita,… com’è noto, esiste ancora un acceso
dibattito, non privo di venature ideologiche. Ma se allo stato dell’arte sembra
ancora quantomeno difficile riuscire a stabilire uno scenario che possa essere
in qualche modo considerato un modello standard, plausibile sì, ma anche
esauriente sotto il profilo del “come”, in dettaglio, possa essersi sviluppata
la vita dalla materia inanimata, le molte conoscenze teoriche e una consistente
mole di dati sperimentali ci autorizzano comunque, con un certo grado di
fiducia, ad affermare che tutto ciò possa essere stato in qualche modo evolutivamente
possibile, chimicamente fattibile e storicamente probabile (…)
…Negli
ultimi decenni; non si va più alla ricerca della fortunata combinazione di
eventi altamente improbabili e retti soltanto dal puro caso (alla Monod), ma si
cercano piuttosto effetti e processi comunque in qualche modo guidati dalle
leggi della chimica e della fisica, in cui la contingenza, concetto che assume
un significato molto più sottile e raffinato del caso, come in ogni processo
evolutivo, riveste sempre un ruolo determinante.
In
sostanza, poichè le prime testimonianze di cellule viventi derivanti da
stromatoliti fossili australiane, risalgono con una certa sicurezza almeno a
3,5 miliardi di anni fa (Schopf 2017), forse oltre, e presumendo che l’intenso
bombardamento meteoritico, che non avrebbe consentito una sufficiente stabilità
ambientale, sia terminato all’incirca 4 miliardi di anni fa, tutto deve essere
accaduto in questo intervallo di tempo, grazie al verificarsi di condizioni
ambientali contingenti favorevoli. Dove? Probabilmente nei pressi dei camini
dei bacini idrotermali in cui i gradienti ionici naturali e di temperatura
forniscono l’energia necessaria, mentre la presenza di cavità porose favorisce
nello stesso tempo l’instaurarsi di periodici cicli wet-dry che permettono
l’accumulo e l’interazione tra le molecole (Martin 2014).
Che cosa poi sia effettivamente successo nessuno ancora
lo sa, ma i dati
sperimentali di sintesi prebiotica, da Oparin-Miller-Urey in poi, hanno
chiaramente mostrato come, in presenza di una fonte di energia e di determinate
condizioni ambientali, sia effettivamente possibile la formazione spontanea di
numerosi precursori organici complessi della vita, dagli amminoacidi ai
nucleosidi, dal pirrolo al glicerolo (costituente dei lipidi delle membrane
cellulari) da alcuni metaboliti del ciclo di Krebs ai glucidi; il ribosio, per
esempio, si ottiene dalla polimerizzazione con ciclizzazione della formaldeide.
Molte
di queste sostanze organiche sono peraltro state individuate anche nel cuore di
meteoriti, rafforzando così l’ipotesi che la sintesi organica prebiotica si
possa verificare anche al di fuori del pianeta Terra. In altri tipi di
esperimenti si è visto anche che alcuni di questi aggregati organici, tendono
spontaneamente ad adsorbirsi su superfici inorganiche, che in qualche caso
possono avere funzioni catalitiche, nonchè a polimerizzare, come succede per
esempio agli aminoacidi che formano i proteinoidi o ai segmenti molto piccoli
di acido nucleico che si auto-organizzano in molecole più grandi.
Che poi i
bioamminoacidi chirali che conosciamo siano tutti di forma enantiomerica L e i biozuccheri (ribosio e desossiribosio) tutti di
forma enantiomerica D, quando invece nella chimica organica si formano sempre
in forma racemica, non deve costituire un problema insuperabile. E’ una
proprietà asimmetrica della vita, probabilmente selezionata e fissata in
qualche modo, casuale o guidato, in un qualche momento, comunque precoce, del
suo percorso evolutivo. In fondo l’asimmetria caratterizza da sempre ogni tipo
di evoluzione, a partire da quella cosmica quando le fluttuazioni casuali della
distribuzione di materia (anisotropia) hanno dato origine alla formazione di
stelle e galassie, o quando la materia stessa ha in qualche modo prevalso
sull’antimateria evitando così il suo completo annichilimento. Se poi, dal
privilegiamento di un certo tipo di chimismo si passa al privilegiamento di
alcune reazioni piuttosto di altre, si può parlare di inizi del metabolismo. Un
recente studio apparso su “Nature Ecology and Evolution” (Keller 2017), mostra
per esempio che in determinate condizioni e in presenza di radicali solfato,
una catena di reazioni chimiche può replicare una sorta di proto-ciclo di Krebs
anche senza molti degli enzimi in seguito divenuti essenziali.
Su “PNAS”
invece (Petrov 2016), viene presentato un modello su come possa essersi evoluto un ribosoma biologicamente
attivo per la fondamentale attività di sintesi proteica. Modelli che simulano
esempi di un proto-metabolismo che probabilmente ebbe la possibilità di
complessificarsi gradualmente una volta compartimentato all’interno di una
struttura protetta da una proto-membrana plasmatica, la quale, essendo formata
principalmente da fosfolipidi, tende anch’essa a formare spontaneamente in
ambiente acquoso delle strutture a doppio strato che possono richiudersi in
vescicole (…).
…In ogni caso, questa tipologia di dati, non
può che suggerire l’ipotesi plausibile che la vita possa essersi formata
proprio per emergenza da una serie di processi graduali e guidati
principalmente dalle caratteristiche chimiche e termodinamiche dell’ambiente e
di alcune macromolecole fondamentali, endogene e/o esogene, che man mano si
stavano formando e accumulando, autoselezionandosi e autoriproducendosi (…).
Ecco, in definitiva e per concludere,
possiamo dire che sulle origini della vita ne sappiamo poco e niente, e
possiamo andare solo per ipotesi, a tentoni.
In
pratica ci troviamo nella tragica situazione evidenziata dal biologo
evoluzionista e filosofo francese Jacque Monod che ebbe la franchezza di dire: “E’
del tutto cretino affermare che una cellula viva abbia potuto nascere per caso.
Però non vedo altra alternativa”.
PER GENTILE CONCESSIONE DI
di Maurizio Barozzi
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