mercoledì 17 ottobre 2018

La SOCIALIZZAZIONE dell'economia della RSI



Antonio Pocobello

E' la più rivoluzionaria, la più geniale, la più popolare delle riforme del Fascismo, fortemente voluta da Benito Mussolini e divenuta possibile in Repubblica Sociale Italiana quando le circostanze lo avevano liberato dai laccioli dei Savoia, del capitalismo e della Chiesa Cattolica; quasi il testamento spirituale e politico del Duce che dimostra ancora una volta, seppure ce ne fosse bisogno, che il Fascismo aveva ed ha le sue radici etiche e politiche nella vocazione socialista alla giustizia sociale ed alla emancipazione delle fasce più deboli della popolazione, ma al di fuori della sterile e riduttiva interpretazione Marxista della lotta tra le classi, in un nuovo ed originale contesto di collaborazione e di realizzazione di sinergie dirette e gestite dallo Stato Fascista, arbitro imparziale, ma inappellabile in quanto Stato Etico che rappresenta gli interessi di tutti i Cittadini del Popolo - Nazione, come singoli e come comunità. 
Tutto nello Stato, Nulla fuori dallo Stato, Nulla contro lo Stato!
 
Già durante tutto il periodo precedente del regime, molti Fascisti rimproveravano a Mussolini sì, il dissenso esisteva, né per ciò si era fucilati, "picconati" come successe a Trozky o
internati come nella "demoproletaria" Russia, né rinchiusi in manicomio come avvenne al poeta Ezra Pound nella democratica America..) di essersi allontanato dal progetto sociale del lavoro enunciato nel programma Fascista del 1919 e di non avere dato sufficiente forza operativa alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni che avevano appunto il compito di realizzare una politica sociale sulla base di quel programma, ma che non avevano avuto effettivamente una pari rappresentatività, né numerica, né di "peso specifico" tra i rappresentanti dei lavoratori e quelli della proprietà.

Il 24 Settembre 1943, in un dispaccio all'ambasciatore Tedesco, Mussolini dichiarava che: "..la costituzione della Repubblica Italiana avrebbe avuto un carattere nettamente socialista, stabilendo una larga socializzazione delle aziende industriali e l'autogoverno degli operai.." (dal libro di Deakin sulla Repubblica Sociale Italiana.)

D'altra parte questi concetti erano già largamente presenti, oltre che 
nel programma Fascista del 1919, anche nei principi del Diritto Corporativo che tendeva a porre l'Uomo al centro della società come valore primario in antitesi alla concezione capitalista che vede l'Uomo in funzione del denaro e del profitto ed a quella Marxista che lo vede annullato nello Stato-Partito e che organizza un "Capitalismo di Stato" altrettanto negativo ed innaturale del Capitalismo Liberale!.

Principi come il ridimensionamento dello strapotere del padronato, la partecipazione dei lavoratori agli utili ed alla gestione dell'impresa, il diritto alla proprietà specialmente della casa in funzione sociale, la promozione della proprietà privata come limite alle grandi concentrazioni capitalistiche ed il principio della ridistribuzione della ricchezza attraverso prelievi fiscali che si trasformano in iniziative dello "Stato sociale", sono ben presenti nella concezione dello Stato Corporativo e se la loro attuazione è graduale nelle loro fasi più rivoluzionarie, ciò è dovuto essenzialmente a due fatti: Il primo è indubbiamente la resistenza della borghesia, della Chiesa Cattolica e di alcune minoritarie frange Fasciste che tali erano più in chiave anti comunista che non per adesione al programma del 1919, il secondo è dovuto al fatto che trasformazioni così radicali e rivoluzionarie non possono essere fatte senza una preparazione graduale, pena l'insuccesso.
Va comunque considerato che le più importanti e le più necessarie riforme in tal senso furono fatte già nei primi due, tre anni di governo, mentre tutto il periodo successivo fu una marcia di avvicinamento costellata di continue riforme di natura sociale come testimoniato dall'elenco delle Leggi sociali sin qui esposto.

Ora, liberi dai freni della monarchia, della borghesia e della Chiesa, si ripresentava l'opportunità ed il processo fu avviato soprattutto per merito dell'opera di Angelo Tarchi, commissario dell'IMI e del Consorzio di Credito per le opere pubbliche e poi ministro dell'economia Corporativa.

La Socializzazione è, concettualmente e politicamente, un ritorno alle origini del programma Fascista del 1919, la realizzazione concreta della concezione dell'organizzazione di uno Stato nel quale il lavoro, la capacità d'impresa ed il capitale non sono più forze antitetiche con finalità e scopi diversi, ma diventano i fattori paritetici di una collaborazione sinergica dalla quale tutti, Stato compreso, traggono beneficio.

Con la Socializzazione delle Imprese si portarono i rappresentanti dei lavoratori nei Consigli d'Amministrazione delle Aziende, in numero pari a quello dei soci di capitale e con poteri effettivi di gestione e di decisione, cosa mai avvenuta né prima né dopo, né mai sognata..!
Nelle imprese non costituite in forma di società di capitali ed in quelle individuali, i Consigli di gestione avevano poteri meno accentuati e collaboravano con il "Capo dell'Impresa", ma in compenso, la Legge rendeva il Capo dell'Impresa ".. personalmente responsabile di fronte allo Stato dell'andamento della Produzione.." e prevedeva che esso potesse essere rimosso e sostituito "..quando la sua attività non risponda alle esigenze dei piani di produzione.."

La Legge attuativa della Socializzazione fu varata con due decreti, uno del 12 Febbraio 1944 ed uno del 12 Ottobre 1944, nonostante la iniziale forte opposizione della Germania che temeva una diminuzione della produzione bellica e la fronda dei gruppi capitalistici Italiani che già finanziavano in segreto la resistenza.
I criteri sulla ripartizione degli utili aziendali, stabiliti dalla Legge e decisi dai Consigli di Gestione aziendale erano i seguenti:

1. Quelli destinati alla remunerazione del capitale, in misura non superiore ad un massimo fissato annualmente dal Comitato dei ministri per la tutela del risparmio e l'esercizio del credito.
2. Quelli destinati ai lavoratori dell'impresa determinati in rapporto all'entità delle retribuzioni percepite nel corso dell'anno, in misura non superiore al 30% delle retribuzioni nette.
3. Le eccedenze ai criteri di suddivisione sopra elencati, erano destinate ad una Cassa di compensazione gestita dall'Istituto di Gestione e Finanziamento a scopi di natura sociale e produttiva.
 
I lavoratori con la partecipazione alla gestione ed agli utili dell'impresa in cui operavano, erano diventati, da oggetto passivo del lavoro a soggetto protagonista con una dignità mai prima raggiunta ed un senso della responsabilità che non poteva che giovare sia alla proprietà che ai lavoratori dipendenti.

Era la quadratura del cerchio, la pietra filosofale delle problematiche sociali, la soluzione ottimale di tutte quelle questioni che avevano tormentato il mondo della produzione sin dalla nascita dell'era industriale.

Ogni conflittualità si stempera nell'interesse comune, ogni contrasto si risolve nella mediazione che nasce dall'avere un comune obiettivo, ogni problema organizzativo, produttivo o strutturale si risolve più facilmente nel quadro di forze ed intelligenze che operano in sinergia trainando nella stessa direzione.
Né la proprietà, né le maestranze hanno il benché minimo interesse a danneggiare in alcun modo l'azienda che è un bene di tutti e remunera, in proporzione, economicamente e moralmente tutti quanti.
 
Nemmeno l'antifascismo Clericomarxista della "Costituente" resistenziale ha avuto il coraggio di annullare tutta e subito la riforma della Socializzazione tanto che nella Costituzione Repubblicana, all'articolo 46 
"..Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro ed in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, alla gestione delle aziende.. ";

si propone, in modo in realtà molto blando, una forma di "cogestione" aziendale senza che per altro nessuno dei Partiti, dai Liberali, alla DC al PCI od a Rifondazione Comunista e nessuno dei Governi, abbia mai proposto, in cinquantasette anni di Legislature, di trasformare tale articolo in Legge attuativa dello Stato…!!!

I "Consigli di Gestione", emanazione indiretta della Socializzazione, furono operanti sino al Dicembre 1945 quando la C.G.I.L. si accordò con la Confindustria per smantellarli in cambio della scala mobile.
 
Risultato: oggi i lavoratori non hanno più né i "Consigli di Gestione", né la scala mobile..!!

Alla fine del 1944, e tenendo presente che la situazione bellica dava potere alla Repubblica Sociale Italiana solamente in alta Italia, la Legge sulla Socializzazione era già stata applicata in 76 Imprese con un numero complessivo di 150.000 dipendenti.
Agli inizi del 1945, era stata avviata nelle più grandi imprese industriali come la FIAT.


AGGIUNTO DA "SOCIALE"

LA SOCIALIZZAZIONE DOPO IL 25 APRILE 1945








1 commento:

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