Gian Paolo Pucciarelli
"Segreto Novecento"
Edizioni Capire (2014)
Un libro non solo importantissimo, ma una ricerca determinante per
decodificare la nostra storia recente. Un opera unica di grande
valore, di cui abbiamo avuto spesso qualche accenno nei video
YouTube di G. P. Pucciarelli e G. Vitali.
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Dalla
presentazione dell’autore:
Mi sono
ripromesso di raccogliere in questo libro alcune osservazioni riguardanti le
fasi di sviluppo della società occidentale, nel periodo compreso tra i primi
anni del Ventesimo Secolo e il secondo dopoguerra. Prima fra tutte, quella
che mi ha permesso di rilevare il persistente contrasto fra il presunto
trionfo del liberalismo democratico e le "regole" dell’economia di mercato.
Ho
cercato di non ancorarmi al criterio riduttivo, adottato da Eric Hobsbawm
nel suo "Il Secolo Breve", pretendendo un excursus analitico che va oltre i
limiti temporali, precisati dallo storico inglese: il 1914 e il 1991, e
segnala tre date altrettanto fondamentali: il 1910, l’anno in cui a Jeckill
Island è ideato e perfezionato il piano di attuazione del "Federal Reserve
System"; il 1913, alla fine del quale il Congresso degli Stati Uniti vota a
favore del Vreeland-Aldrich act e il Presidente Thomas Woodrow Wilson lo
approva; e il 1905, l’anno del primo tentativo rivoluzionario bolscevico,
sostenuto dalla Casta Finanziaria di Wall Street, che poco prima ha
finanziato generosamente il Giappone, affinchè la sconfitta della Russia
nella guerra russo-giapponese del 1904-1905, agevoli l’instaurazione del
governo comunista nella terra dello Zar.
Le svolte
cruciali del "Novecento" avvengono, sì nel 1914, l’anno in cui il "Potere"
che domina a Washington decide di far deflagrare una guerra totale che dovrà
diffondere ovunque il sistema usurocratico per assumere il controllo
dell’economia mondiale e sottoporre al proprio arbitrio la politica
monetaria di ogni nazione; ma la fase determinante del piano finanziario
messo in atto a Wall Street si colloca nel 1919, allorché la conferenza di
pace di Parigi stabilisce lo schema geopolitico più congeniale
all’affermazione su scala planetaria del sistema economico liberista
angloamericano, che trova i suoi efficaci strumenti nella Federal Reserve
Bank di New York e nella City Londinese.
È il 1917
tuttavia, l’anno in cui si registrano il successo della rivoluzione
bolscevica e la prestazione della garanzia britannica per la costituzione
dello Stato ebraico in Palestina. Il termine "Usurocrazia", coniato da Ezra
Pound, indica il sistema che trova tuttora concreta applicazione nella
gestione monetaria, affidata a banche private, per la creazione della
cosiddetta "moneta-debito". Questo sistema, operante dal dicembre del 1913
negli Stati Uniti è presto dilagato in tutto il mondo occidentale, grazie
alla connivenza con una leadership politica, che obbliga lo Stato a emettere
certificati di credito del Tesoro, ogniqualvolta la Banca Centrale decide di
emettere un equivalente ammontare di moneta, e a consentirne la negoziazione
sui mercati finanziari internazionali (Wall Street in particolare)
nell’esclusivo interesse dei Grandi Investitori (Banche e Gruppi finanziari)
dando luogo a fenomeni come la privatizzazione dei profitti e la
socializzazione delle perdite. L’inesausto propulsore di questo sistema è il
debito pubblico,che non è affatto "scritturale", come sostengono i cultori
della teoria monetaria moderna, ma concreto e, spesso insostenibile.
Come
opporsi a questo sistema della Casta Finanziaria Usuraia? La risposta non è
semplice, visti i precedenti. Ci provò Benito Mussolini, nella seconda metà
degli Anni Venti, presentando la Carta del Lavoro e le linee essenziali
dello Stato Corporativo, ispirato ai principi della Carta del Carnaro,
enunciati da D’Annunzio e De Ambris nel 1920, dopo l’impresa di Fiume.
Ci provò
Adolf Hitler nel 1933 e nel 1939, varando la legge che nazionalizzava il
capitale della Banca Centrale tedesca.
Entrambi
i tentativi ebbero scarsa fortuna, come è noto.
Il
liberalismo fa grandi promesse in politica, anche se spesso tollera le
dittature compiacenti, mentre riesce sempre più difficile dimostrare se un
logoro rivestimento democratico sia ancora sufficiente a nascondere l’ormai
secolare tirannia che, in nome della libertà, si esercita nel campo
economico.
Liberazione fu il pretesto per scatenare una guerra totale, il cui vero fine
era: eliminare due indisciplinati Capi di Stato che non vollero
adeguarsi al "sistema".
G. P. P.
Il libro può essere
richiesto direttamente all'Autore:
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Gian Paolo Pucciarelli:
"Segreto Novecento", un testo fondamentale
Se consideriamo la Storia da una prospettiva "metastorica" non possiamo che
rilevare come i conflitti , le guerre, siano una costante immutabile
dell'archetipo umano: ci sono sempre stati e ci saranno sempre, perché
accompagnano l'uomo e tanto più le Nazioni nella loro esistenza. In questo
senso, cercare le cause e i motivi, diciamo "materiali", che hanno scatenato
i conflitti e le carneficine, potrebbe diventare un impresa superflua, ma
tuttavia necessaria se si vuol capire, non solo come sono andati certi
fatti, ma soprattutto cosa ci si potrebbe aspettare per il futuro.
Ed allora dal piano metastorico bisogna scendere su un piano più profano,
quello che muove la natura umana dietro lo stretto interesse materiale. Sono
questi due aspetti inscindibili, spirituale e materiale, civiltà e rapporti
economici, che hanno sempre accompagnato la vita dei popoli.
Roma ingaggia con Cartagine una lotta senza quartiere, fino al definitivo
annientamento di uno dei due contendenti. E non può essere diversamente,
perché è uno scontro di civiltà, di "razze", laddove due concezioni della
vita e del mondo, sono tra loro antitetiche e non possono coesistere: una
delle due deve soccombere.
Ma a contendersi il campo sono pur sempre "uomini" e quindi non indifferenti
sono anche gli aspetti materiali, i traffici commerciali, l'egemonia
mercantile che ciascuno vuole detenere ed imporre all'altro. Civiltà,
spirito e materia, aspetti complementari come complementare è la vita nel
cosmo. Questo a dimostrazione di come sia profondamente errata in partenza,
o comunque carente, la presunzione degli storici marxisti, che leggono e
interpretano la Storia solo attraverso le trasformazioni economiche dei
mezzi di produzione e degli aspetti commerciali.
Comunque sia, scendendo sul piano "materiale", troviamo che le cause che
portano ad un conflitto, in particolare ai conflitti che coinvolgono più
Nazioni, sono molteplici e tutte ruotano nella atavica gestione del potere.
Con l'evolversi dei tempi, specialmente dopo la rivoluzione industriale, i
motivi dello scatenamento dei confitti si sono sempre più condensati nei
fattori economici, laddove difendere o accaparrarsi le materie prime e gli
indispensabili spazi geografici, sono divenuti ancor più determinanti,
rispetto al passato, per la vita delle Nazioni stesse.
Ma accanto allo sviluppo economico, dei mezzi industriali e di trasporto,
ecc., e in parte anche a causa di questo, mano a mano che la "spada" e il
"trono" perdevano prestigio e potere a vantaggio dell'influenza e della
importanza del denaro e del suo possesso, accadeva che gli aspetti
finanziari, sempre più controllati da un ristretto pool di "grandi
famiglie", di fatto cosmopolite, nel senso che la loro residenza geografica
mutava a secondo del mutare del centro dei traffici commerciali e
finanziari, assumevano un ruolo determinate.
La Banca e il suo ruolo trans e over nazionale, le sue immense possibilità
di finanziare gli Stati e i governanti, la sua egemonia sulla emissione
monetaria da parte delle banche centrali, il suo controllo, se non la
proprietà, dei mezzi di informazione, in grado di influenzare l'opinione
pubblica e quindi ricattare o controllare i "politici", ha finito per
diventare il vero arbitro delle situazioni storiche e l'agente primario che
muove, che finisce per dettare, o comunque influenzare, la politica degli
Stati.
E il potere, sempre più influente, esercitato da questo pool di Grandi
Famiglie dell'Alta finanza, i banksters, veri e propri gangsters, che hanno
sempre avuto al loro vertice l'impero finanziario dei Rothschild, non è solo
un fattore finanziario, economico e sociale, ma si concretizza in una
volontà di potenza, incredibilmente perpetuatasi per secoli: lo dimostrano
le strategie di dominio mondiale, le prospettive della costituzione di una
Repubblica Universale globalizzata a cui queste Famiglie tendono. E non solo
loro.
Per una non casuale coincidenza, tre "Forze", tra loro non estranee anzi
sodali e non casualmente di natura cosmopolita, ognuna nel suo ambito,
tendono a questo dominio mondiale. Tre ataviche Forze, quali la Massoneria,
l'ebraismo internazionale (con il suo strumento di punta: il Word Jewish
Congress) ed appunto i Banksters. Ma stiamo andando troppo avanti, fuori
tema.
Di fronte a questa realtà oggettiva ed evidente della Storia umana, si
resta, invece, esterrefatti nel constatare come emeriti professori di
Storia, attenti ricercatori, soprattutto di estrazione marxista, non hanno
riscontrato, come era d'uopo riscontrare, che è proprio la Banca,ovvero
tutto il circuito dell'Alta finanza, quella che, da quasi tre secoli, dietro
le quinte muove le fila degli avvenimenti storici. L'Alta finanza, infatti,
inanellando successo dietro successo alle sue strategie, accumulando
ricchezze e potere, è andata ad assumere un ruolo sempre più preponderante a
partire dalla rivoluzione americana in avanti e soprattutto nei due ultimi
secoli, un ruolo preponderante di pari passo con la crescente importanza che
hanno assunto i beni materiali, i mezzi tecnici dell'industria, quelli
militari e quelli di comunicazione e trasporto, ed ovviamente il denaro per
acquisirli.
Certo i cambiamenti dei mezzi di produzione, l'accentrarsi dei capitali
privati, la nascita delle multinazionali,tutti fenomeni già studiati e
previsti da Marx, hanno avuto il loro importante ruolo nelle vicende
storiche degli ultimi secoli, condizionando il dominio dei mercati, la
ricerca di nuovi spazi commerciali, determinando contrasti, ma accanto a
questi fenomeni economici, in silenzio, dietro queste forme di capitalismo
"classico", è l'Alta finanza, che muove le fila del processo storico, che
finanzia, ricatta, distrugge,acquista, prende possesso di ciò che lei
stessa, la finanza, ovviamente non ha creato: l'Impresa, che al massimo ha
solo finanziato.
E mentre il capitalismo, l'imprenditore, ha bisogno della banca che gli
finanzi la ricerca e l'avvio industriale, la finanza non ha bisogno di
nulla, è un qualcosa che sta lì,trasversalmente e sopra tutto, la cui
residenza geografica è relativa, e tutto finisce per fagocitare.
Gli bastano poche pedine per manovrare in suo favore: la possibilità di
finanziare, quindi di "comprare", corrompere, ricattare e imporre decisioni
e la possibilità di influenzare l'opinione pubblica, dominando
l'informazione, nascondendosi dietro le quinte.
E così, come avviene verso la fine dell'800, la gente comune, gli stessi
politicanti che fanno le Leggi, vedono nelle lotte e nelle grandi campagne
contro i monopoli, i cartelli quello che i grandi giornali di proprietà,
diretta o indiretta, dell'Alta finanza, gli fanno credere: sacrosante lotte
in difesa del potere di acquisto dei beni, contro l'accentramento e il
dominio dei mercati e a sostegno di giuste rivendicazioni salariali. Ma
nessuno si accorge che quelle lotte, quelle Leggi, a prescindere delle loro
giuste motivazioni, sono fatte apposta per mettere in crisi il mondo della
imprenditoria, il sia pur rapace capitalismo privato, che ha appunto creato
le imprese e messo in piedi le fabbriche. I banksters che soffiano sul fuoco
e finanziano trasversalmente le lotte, non sono di certo interessati al bene
comune e ai diritti dei lavoratori, ma solo a mettere in crisi il
capitalismo privato, per controllarlo finanziariamente, se non per
fagocitarlo.
E così va a finire, come oggi giorno siamo andati a finire: al capitalista
privato, all'imprenditore che aveva creato la sua azienda e in qualche modo
era legato allo stesso mondo del lavoro che pur, da buon pescecane,
sfruttava, si è passati ad una invisibile proprietà finanziaria, fatta di
numeri, azioni e cedole per la quale i lavoratori sono solo numeri. Insomma
dalla padella nella brace: lo sfruttamento, le ingiustizie non si sono
eliminate, anzi si sono moltiplicate e ogni speranza di riscatto e soluzione
è stata liquidata.
Quello che avviene per le Imprese, più o meno avviene per gli Stati, dove
attraverso i finanziamenti, chiamati "aiuti" e il controllo delle emissioni
monetarie, le nazioni hanno finito per diventare carne di porco per le
strategie finanziarie. E che strategie! Perché per di espandere il potere
della finanza, per realizzare i progetti mondialisti e di dominio
planetario, queste strategie finanziarie hanno determinato, senza alcuno
scrupolo, sanguinose rivoluzioni e immani tragedie belliche.
Come accennavamo perà, gli storici sono restii, se non alieni, a considerare
questi aspetti storici che si svolono per lo più dietro le quinte, ma di
certo non sono del tutto segreti: essi preferiscono spendere libri su libri,
per ricostruire i rapporti diplomatici, i contrasti politici internazionali,
le reciproche interferenze economiche che portano ad uno stato bellico,
insomma per loro, in sostanza, la seconda guerra mondiale scoppia per
Danzica e per certe volontà dittatoriali e guerrafondaie.
Ma negli ultimi anni le cose stanno cambiando, sempre più autori storici
hanno recuperato e ricostruito fattti ed eventi che erano sfuggiti o non
erano stati presi in considerazione o meglio ancora, erano stati occultati.
Tra questi ricercatori storici, alquanto carenti nel nostro paese, si
inserisce Gian Paolo Pucciarelli con un opera che, per la sua organicità e
completezza, possiamo dire unica nel suo genere.
Il libro di Gian Paolo Pucciarelli: "Segreto Novecento" Ed. Capire Roma
2014, infatti, ricostruendo tutte le segrete vicende che si sono svolte
dietro le quinte della storia del novecento, rappresenta un testo
fondamentale, soprattutto per la carenza di analoghe ricerche nel nostro
paese (l'autore infatti ha dovuto soprattutto tradurre opere straniere),
atte a comprendere la storia contemporanea. Una Storia che non è, non può
essere, lineare: buoni e cattivi da una parte e dall'altra, dittatori e
rivoluzionari, idealisti e approfittatori, perché l'intervento, dietro le
quinte, del potere finanziario che disegna le sue strategie e detta i tempi
e i modi che sfociano in guerre e rivoluzioni, mischia le carte, sconvolge
le apparenze, fa si che niente sia più realmente bianco, rosso o nero.
L'autore ci svela e ci mostra come i Banksters, oramai costituitisi in
capitale monopolistico, già alle soglie del secolo scorso, avendo il loro
interessi per lo più incentrati nell'area geografica anglo americana,
sull'asse City di Londra e Wall Street di New York, muovono le loro pedine
per boicottare, distruggere ogni altra realtà geopolitica che possa nuocere
al loro potere.
Nell'era moderna, i termini del contendere e dell'operare, ovviamente, si
concentrano nel possesso o nel controllo delle materie prime, tra cui spicca
il petrolio che, scoperto nella metà dell'ottocento, sta sempre più
soppiantando le altre energie indispensabili alla produzione e ai
trasporti.Il possesso delle aree petrolifere diviene quindi prioritario e
indispensabile, portando in breve tempo, dopo una fase concorrenziale, ad un
accordo di spartizione globale delle aree mediorientali, dove le ricerche
indicano la presenza di enormi giacimenti, tra la Standard Oil di Rockfeller
e la APOC britannica.
Per difendere ed estendere questa ingerenza, l'Alta finanza che da
prestatrice di denaro, di acquisizione in acquisizione, si è trasformata in
capitale monopolistico finanziario, non ha alcun scrupolo a scatenare guerre
immani, rivoluzioni, tragedie di interi popoli, se questo gli consente la
liquidazione di Stati, realtà geopolitiche ed economiche che potrebbero
essergli di intralcio o fargli concorrenza.
L'esempio più eclatante, ci mostra l'autore, è quello della Russia degli
Zar, un società ancora arretrata, ma il cui territorio, pregno di materie
prime e di petrolio, potrebbe consentirgli un imponente sviluppo economico,
tale da elevarla a pericolosa concorrente dei trust, del capitale
monopolista anglo americano in mano ai bansters, soli dominatori dei mercati
a cui impongono merci e prezzi e quindi deve essere spazzata via.
La stessa prospettiva della rivoluzione bolscevica, che di fatto, sposterà
le necessità geopolitiche ed economiche della Russia comunista, in senso non
concorrente a quello del grande capitale monopolistico, è per l'Alta finanza
utile alle sue strategie di dominio euro asiatico ed anchea farne una testa
di ponte per una futura distruzione della Germania e per il controllo del
continente europeo (non a caso, come indica l'autore, nell'economia
sovietica, la destinazione maggioritaria e prioritaria del bilancio dello
Stato, erano finalizzate proprio al settore degli armamenti).
Ed ecco allora che si attivano, dalle banche americane, tutti i canali di
finanziamento verso Lenin, Trotskij e i bolscevichi, i cui sconvolgimenti
socio politici, sono vantaggiosi per queste strategie.
L'autore poi espone i veri interessi che sono dietro la Grande Guerra;la
scomoda e concorrenziale posizione della Germania del Kaiser, per il
capitale monopolistico anglo americano, soprattutto nel settore del petrolio
mediorientale; gli infami stravolgimenti dettati a Versailles da statisti e
diplomazie controllate dalla massoneria e dalla finanza.
In questo gran daffare, in questi traffici, prima e dopo la guerra mondiale,
viene creata la Federal Reserve (1910-1913) che non solo prende in mano
tutta la finanza statunitense, ma crea un sistema, il Federal Bank System,
che verrà imposto a tutte le banca centrali del pianeta. Non indifferenti
sono poi la creazione di quegli organismi ed Istituti, come il
Council on Foreign
Relationsche, affiancandosi al Royal Institute of
International Affairs britannico, che completa l'asse anglo americano
sui due oceani, agendo trasversalmente e al di sopra degli Stati,dettano le
politiche nazionali, preparano e selezionano le personalità, i politici e i
tecnici, che dovranno "guidare" le singole nazioni. A questi Istituti si
aggiungeranno, con la seconda guerra, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario
Internazionale, a completare il controllo planetario da parte dell'Alta
finanza.
Non indifferente è poi il progetto, che si rende fattibile con la
distruzione dell'Impero Ottomano, e l'intervento americano in guerra del
'17, della creazione dello Stato di Israele con la finalità di avere un
presidio a difesa delle aree mediorientali pregne di petrolio.
La liquidazione degli Zar e degli Imperi Centrali, avviene dietro una grande
carneficina, rivoluzionaria (rivoluzione bolscevica) e bellica (Prima guerra
mondiale, sapientemente gestita e finanziata dalle nascenti "powerèlites":
capitalismo finanziario monipolista e massoneria, che dopo aver finanziato
gli opposti arsenali militari delle nazioni e delle dinastie (i cui beni,
come quelli dello Zar, sono affidati in pegno alle banche dei Rothschild a
Londra), li avviano verso la inevitabile deflagrazione bellica a cui quegli
arsenali erano finalizzati.
L'autore poi ci mostrerà il volto di queste powerèlites, descrivendone i
loro uomini, l'articolazione della banche dei Rothschild con le loro
succursali in mezzo mondo, i suoi fiduciari e i gruppi finanziari
petroliferi.
Sono le Powerèlites,dietro le indicazioni delle stesse organizzazioni
ebraiche che esaspereranno l'antisemitismo in Germania, come già avevano
fatto ai tempi dei sanguinosi pogrom in Russia, al fine di spingere i
numerosi ebrei tedeschi ad emigrare in Palestina per dare corpo e sostegno
al nascente stato ebraico. Il terrore sparso in Russi, agli inizi del secolo
scorso, doveva invece essere necessario per spingere numerosi ebrei ad
emigrare in America a patto che, qui giunti ed immediatamente sistemati,
avessero sostenuto il candidato democratico Wilson, marionetta in mano alla
finanza, per farlo eleggere.
In questa prospettiva, lobby ebraiche e lobby finanziarie, non sono aliene
perfino a sostenere finanziariamente Hitler e il NDSP, sostegno a cuisono
anche interessati alcuni grandi monopoli del petrolio (Standard Oil del New
Jersey), dell'industria (Ford) e della chimica (IG Farben), laddove il
business non guarda in faccia nessuno. Ecco, ancora una volta, messo in luce
l'oscuro lato degli avvenimenti storici che non sono mai perfettamente
chiari e lineari come possono apparire in superficie.
Di estremo interesse la ricostruzione dell'autore sulla grande speculazione
borsistica del '29; lo strangolamento della Germania di Weimar e i piani di
ricostruzione sostenuti dalla interessata finanza americana, tutto
rientrante in un ben preciso progetto di dominio finanziario; l'avvento al
potere negli USA dell'uomo di Wall Street: Roosevelt;i successivi tentativi
tedeschi della Germania nazionalsocialista per arginare le intermediazioni
bancarie e imporre il sistema degli scambi internazionali con il baratto
(materie prime in cambio di prodotti finiti e tecnologicamente di pregio);
l'attacco tedesco alla Russia del 1941 che oggi ben sappiamo è stato un
disperato anticipo di un analogo attacco sovietico, da tempo predisposto e
in fase avanzatissima, che venne preceduto di un paio di settimane. Stalin
conosceva benissimo i piani di attacco tedeschi, anzi, dal Giappone la spia
Sorge gli aveva fatto avere persino i tempi di questo attacco, ma il pur
diffidente georgiano, in parte deviato dallo "strano" viaggio di Hess in
Inghilterra che poteva ragionevolmente far sospettare un accodo
antisovietico tra tedeschi e inglesi e il non risolvibile problema di non
poter attaccare subito i tedeschi prima di aver completato lo schieramento
offensivo, né di punto in bianco, poter riportare le forze armate sovietiche
su posizioni difensive, costrinsero Stalin a tergiversare, a far finta di
nulla, sperando di avere almeno un paio di settimane di tempo, prima di
essere attaccato e poter così precedere i tedeschi come da tempo aveva
predisposto.
Per completare l'opera l'autore ci svela il Corporate banking e il
suo piano di dominio mondiale, spaziando su una infinità di argomenti e di
nascoste trame, non esclusi i perversi meccanismi del famigerato "debito
pubblico", regalino del Federal System Bank, imposto alle Nazioni..
Ma si badi bene: nonostante il sottotitolo del libro di Pucciarelli: "L'inconfessabile
storia del Potere dal XX Secolo al Terzo millennio", le tesi dell'autore
non sono complottiste, non avanzano ipotesi più o meno astruse o viceversa
ragionevoli ma "oscure", perché l'autore espone i fatti, li mette in
relazione, quindi fa osservare le conseguenze che ne sono derivate e cita, a
dimostrazione, tutte le necessarie documentazioni.
L'opera di Pucciarelli merita comunque una precisazione, perché se proprio
dobbiamo avanzare un critica, possiamo rilevarla nel fatto che l'autore,
oltre a mostrarci le sue ricerche, analisi e deduzioni, avrebbe anche dovuto
spendere qualche parola in per inquadrare il tutto in una necessaria visione
della Storia, per non prestare il fianco a facili equivoci laddove, per
esempio, pur non essendo questa l'intenzione dell'autore, leggendo così la
Storia, potrebbe anche apparire come se Hitler e Mussolini non furono
nient'altro che pedine dell'Alta finanza, quando le cose non stanno
propriamente così.
Certamente l'autore riporta anche il fatto che, per esempio, i banksters,
dopo aver favorito l'ascesa di Hitler al potere per i loro scopi ed avergli
anche consentito lo sviluppo della Germania, a patto che rimanesse
dipendente dal petrolio, che non aveva, contrariamente ai loro desideri, in
Germania si venne a determina una gravissima anomalia nel funzionamento dei
meccanismi finanziari che consentivano alla èlite dei banchieri
internazionali di controllare l'intera economia mondiale. Hitler, infatti,
volle instaurare un certo quadro economico e monetario che smontava
l'accumulo interno del debito pubblico, mirava a ridurre ed azzerare la
presenza del capitale privato nella banca centrale tedesca ed anzi mostrava
la volontà di volerla nazionalizzare, come poi in effetti avvenne nel giugno
del 1939. Se a questo si aggiunge il già citato sistema del "baratto", con
il conseguente taglio delle intermediazioni bancarie negli scambi
internazionali, si comprende come la Germania nazionalsocialista era
divenuto un pericolo assoluto per i banksters. E lo stesso, sia pure on
metodi meno drastici, stava avvenendo nell'Italia fascista. La guerra
mondiale, per spazzare via questo "pericolo" di incalcolabile portata, era
oramai inevitabile.
Tutto questo, l'autore, en passant, lo espone e lo ricorda qua e là, ma
sarebbe forse stato necessario che lo indicasse in un apposito capitolo che
riconduceva tutta la sua opera ad una visione organica della Storia.
Prendiamo un altro esempio, quello su quanto riportato dall'autore circa i
finanziamenti inglesi che vennero elargiti a Mussolini, dalla prima guerra
mondiale, quale agitatore poltico e direttore del Popolo d'Italia, fino ai
primi anni venti quale Ducedel fascismo e capo del governo. Più o meno è la
tessa circostanza che si può riscontrare per il NSDAP di Adolf Hitler,
quando l'autore ci mostra come a questi due fenomeni politici e al successo
dei loro leader, non erano anche estranei gli interessi e l'opera delle
powerèlite finaziarie.
Detto così, senza un appropriato commento, potrebbe sembrare che il fascismo
e il nazionalsocialismo siano state due creature delle strategie mondialiste
dell'Alta finanza, proprio come in buona parte lo fu la rivoluzione
bolscevica del 1917, quando poi, come già accennato, l'evolversi delle
situazioni storiche ci mostrano che mentre il bolscevismo e lo stalinismo,
furono effettivamente funzionali, prima, durante e dopo la loro esistenza,
ai progetti dei banksters, viceversa il fascismo, e il nazionalsocialismo,
con la edificazione di una loro forma di Stato nazional-popolare, dove
prevalevano gli aspetti etici e politici, rispetto a quelli economici e
finanziari, sono stati i due soli veri e grandi oppositori del mondo
finanziario e forse le uniche due forse che, concretamente, cercarono di
scardinare il Federal Bank System e le consuetudini usurocratiche e
commerciali del sistema bancario internazionale, tendendo anche a sostituire
l'importanza dell'ora con quella della "forza lavoro". Insomma
nazionalsocialismo e fascismo batterono le campane a morte per il potere
dell'Alta finanza. La seconda guerra mondiale né è la prova storica.
Purtuttavia, ha ragione l'autore, questi "aiuti", questi finanziamenti, a
Hitler e Mussolini ci sono pur stati e quindi occorre anche spiegarli e
inquadrarli in un contesto storico.
Si da il caso, infatti, che quando nella storia, nelle cronache quotidiane
di vita, si presentano movimenti o personalità di un certo spessore, che
intraprendono un determinato percorso politico, o accendono iniziative più o
meno rivoluzionarie, subito ci sono gli immancabili "poteri forti" che
cercano di sostenere per utilizzare, sfruttare e incanalare nei propri fini
queste nuove situazioni.
È questa una Legge storica inevitabile, una costante che scaturisce dal
fatto che il "nuovo", intanto non nasce mai a caso ed inoltre va ad
innestarsi, ad incidere, sul preesistente. E nel quadro preesistente c'è
sempre un potere o un insieme di poteri che dominano su tutto e hanno
interesse a utilizzare per i propri scopiuomini, idee e forze che presentano
un certo interesse, al fine di difendere e incrementare il loro potere..
La realtà della natura umana mostra che chi ha le leve di potere che
contano, cerca sempre di piegare ai suoi fini le novità storiche, se non
addirittura a crearle in"laboratorio".
L'Alta Finanza, quel capitale monopolistico a carattere finanziario che
tanto bene Pucciarelli ci ha descritto, non fa eccezione, anzi è
l'espressione massima di un "controllo dietro le quinte", essendo una realtà
di potere che agisce con discrezione, utilizzando per lo più l'arma del
denaro a cui gli esseri umani sono sensibili e che, a partire dalla seconda
meta dell'800, fino a tutt'oggi, è quella che impera, che conta, che detiene
il controllo della geopolitica internazionale.
Anzi l'Alta finanza, a differenza di altre forme di potere di un tempo,
siano esse il Trono o l'Altare, per sua natura, è consona finanziare sempre
i due lati del contendere, siano essi partiti in lotta con il potere
costituito, o Stati in guerra tra loro. Sostenere, finanziare, corrompere, a
prescindere di cosa rappresenta chi si sta sostenendo, è un metodo
infallibile che consente a chi è sopra gli scontri e le diatribe, di
guadagnarci sempre e di controllarne, in qualche modo, gli sviluppi. Tranne
il fatto che, qualche volta, come nel caso di Hitler e Mussolini, azzardano
troppo e sbagliano i conti.
Ma torniamo a Mussolini e al fascismo. È perfettamente vero quanto riporta
l'autore: i britannici finanziarono Mussolini nei primi anni della sua
avventura politica e continuarono a farlo anche dopo nei suoi primi anni di
capo del governo.
Gli inglesi, infatti, già dal 1914, dalla nascita del Popolo d'Italia, non
potevano non sostenere una iniziativa politica, portata avanti da un uomo di
indubbie capacità, che mirava all'interventismo, essendo i britannici
oltremodo interessati all'entrata in guerra dell'Italia al loro fianco. Ma
non si trattava solo di strategie pro belliche, di carattere "diplomatico";
nel grande disegno che doveva portare alla conflagrazione mondiale, c'erano
anche gli accennati interessi delle "powerèlites" finanziarie, e della
massoneria.
Non a caso i finanziamenti a Mussolini passarono attraverso le massoniche
mani di quel Filippo Naldi, gran faccendiere e già direttore del Resto del
Carlino. En passant facciamo rilevare come il Naldi, andato in disgrazia
dopo il delitto Matteotti, fuoriuscito all'estero, lo ritroviamo nel 1943
nel governo badogliano sotto l'egida degli Alleati a dimostrazione di come
Fascismo, massoneria e Alta Finanza, nonostante certi connubi del
passato,erano tra loro nemici irriducibili.
Successivamente i finanziamenti si consolidarono, attorno al 1917 quando si
temeva, dopo Caporetto, il crollo del fronte interno nel nostro paese. Chi
meglio di Mussolini poteva, in quel delicato e tragico frangente, sostenere
l'impegno bellico della nazione e contrastare le correnti disfattiste?E
sembra infatti che dovette intervenire anche l'MI5 britannico,
l'Intelligence, per elargire finanziamenti a Mussolini e alla sua attività
giornalistica.
A guerra conclusa poi, un certo sostegno a Mussolini e il fascismo rientrava
invece in una strategia dei britannici, in "prospettiva" e di più ampio
respiro. Intanto gli inglesi erano interessati, per motivi opposti a quelli
che invece non li vedevano troppo ostili in Russia al bolscevismo, a che
venisse contrastato in Italia, il velleitario tentativo bolscevico del
1919-'20. In un secondo momento poi, sempre ai britannici, faceva comodo che
in Italia si consolidasse un regime forte, autoritario, in grado di dominare
la situazione interna e assurgere così ad un indiretto compito di
"guardiano" del mediterraneo, un mare che gli inglesi, per ragioni
geopolitiche, consideravano di loro assoluta necessità e possesso,
soprattutto da quando, nella seconda metà del secolo precedente, era stato
aperto il canale di Suez.
Come si vede quindi, le strategie britanniche e l'attività politica di
Mussolini, il regime autoritario che si andava ad instaurare nel nostro
paese, si venivano a trovare su uno stesso piano di interessi e questo non
poteva che portare ad un "incontro", al fatto che gli inglesi puntassero
proprio su Mussoliniper la gestione del potere in Italia (la Legge storica
da noi precedentemente richiamata). Gli apprezzamenti verso il regime
fascista, espressi da Churchill, il suo viaggio in Italia e l'ospitalità che
ebbero alcuni sui articoli sul Popolo d'Italia di Mussolini, non furono di
certo causali.
Ma sbagliarono i loro conti: Mussolini infatti, prese,come è ovvio, là dove
poteva prendere, come fanno tutti i rivoluzionari, consapevoli che le
iniziative politiche, i giornali e ancor più le rivoluzioni si fanno anche
con la disponibilità dei mezzi economici, ma andò dritto per la sua strada.
Il fatto è che gli intenti, le prospettive politiche di Mussolini per il
nostro paese non erano quelle che pensavano gli inglesi,anzi erano
diametralmente opposte, perché opposti e irriducibili erano gli interessi
geopolitici in campo tra le due nazioni.
Le collusioni quindi, tra il fascismo e gli inglesi ebbero il loro punto di
massimo sviluppo quando Mussolini, giudicando preminente la realizzazione
dell'Impero con lo spazio in Africa orientale, si accordò sottobanco con i
britannici affinchè gli lasciassero il "passi" in Africa ed in cambio
rinunciò ai nostri interessi petroliferi che il neonato Agip avrebbe potuto
sviluppare in Irak. Da quel momento in poi, però, le due strade andarono
verso obiettivi separati, salvo il fatto che Mussolini essendo alle prese
con una geopolitica peninsulare e insulare, senza avere i mezzi economici e
militari per sostenerla, si dovette sempre barcamenare per mantenere in
Europa un balance of power, uno stato di equilibrio in cui non prevalessero
nettamente né i britannici, né la nascente potenza germanica, e neppure che
questi due colossi si mettessero d'accordo tra di loro, su prospettive di
dominio globali.
Era quello l'unico modo e da Stresa, fino a Monaco, Mussolini lo perseguì
caparbiamente, per consentire al nostro paese di sopravvivere, vaso di
coccio tra vasi di ferro, e al contempo crescere. La irriducibile volontà
delle grandi democrazie, che avevano in prospettiva obiettivi mondialisti,
di scatenare a tutti i costi un conflittomondiale, lo travolse
inesorabilmente.
In quel contesto storico il posto dell'Italia, l'unico ruolo che gli restava
disponibile, era quello che la destinava comunque ad essere una junior
partner, e questo poteva avvenire solo con la Germania perché le
divergenze geopolitiche con i britannici erano nette e insanabili.
Mussolini, che aveva sempre messo al primo posto gli interessi nazionali,
non potè che incamminarsi su quella pericolosa e purtroppo perdente strada.
Ecco, abbiamo voluto integrare noi, con queste poche note, il quadro
complessivo dell'epoca, descritta da Pucciarelli, la quale letta
integralmente pur sotto intende la stessa cosa, per far meglio osservare che
non può di certo parlarsi di Mussolini come una "creatura" della politica
britannica, perché le cose non stanno in questo modo e la realtà storica è
sempre molto più complessa di quanto appaia in superficie.
Maurizio Barozzi
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