Testi tratti da: Reynald Secher, Il Genocidio vandeano, ed. Effedieffe, Milano 1988.
«Per tutto
il 1793 vi sono distruzioni e massacri, ma in generale avvengono
durante i combattimenti. L’esercito di Magonza non è senza colpa; si fa
precedere all’uscita da Nantes da carriaggi di zolfo e annienta diversi
villaggi. Westennann non perde occasione per bruciare e per massacrare e
il suo soprannome di “macellaio di Vandea” è anteriore alla battaglia
di Savenay. Si possono menzionare diversi massacri, come quello di
Noirmoutier, dal 3 al 6 gennaio, quando Haxo ha dato la sua parola che
avrebbe lasciato la vita a tutti coloro che si fossero arresi. Non
bisogna dimenticare l’incendio di Machecoul da parte degli uomini
dell’aiutante generale Guillaume, il 17 o 18 dicembre 1793, a causa
dell'”indisciplina della truppa”; la distruzione di
Saint-Christophe-du-Ligneron il 7 gennaio e dei dintorni di Légé l’l I
dello stesso mese. I rappresentanti Choudieu e Bellegarde confessano, in
una lettera alla Convenzione del 15 ottobre, che l’esercito della
Repubblica era ovunque preceduto dal terrore: “Il ferro e il fuoco sono
le sole armi di cui facciamo uso”.
Il
progetto di distruzione totale infatti fu applicato soltanto con la
proposta del piano di Turreau, nuovo generale in capo dell’armata
dell’Ovest. Fin dal suo arrivo in Vandea, all’indomani di Savenay,
scrive al Comitato di Salute Pubblica perché venga deliberato il piano
che conta di seguire e per sollecitare un documento che lo copra: “Vi
chiedo un’espressa autorizzazione o un decreto per bruciare tutte le
città, villaggi e frazioni della Vandea che non sono ormai più
nell’alveo della Rivoluzione e che forniscono senza posa nuovo alimento
al fanatismo e alla monarchia”.
Nessuna
risposta. Lo stesso Carrier, messo al corrente, si rifiuta di dargli la
copertura con un ordine; il nuovo generale in capo aveva fatto una
domanda simile il 28 dicembre. Non solo, i Rappresentanti in missione,
Louis Turreau e Bourbotte, desiderando evitare ogni responsabilità e
ogni compromissione, si fanno richiamare a Saumur con il pretesto di una
malattia “derivante dalle fatiche della loro troppo lunga missione”.
Il
generale Turreau ritorna tuttavia alla carica il 17 gennaio: “La mia
intenzione è proprio di incendiare tutto, preservando solo i punti atti a
stabilire gli acquartieramenti necessari all’annientamento dei ribelli,
ma questa importante risoluzione deve essere prescritta da voi. Io sono
solo un agente passivo. Dovete pavimenti pronunciarvi in anticipo sulla
sorte delle donne e dei bambini. Se bisogna passarli tutti a fil di
spada, io non posso adottare una simile misura senza un ordine che metta
al riparo la mia responsabilità”.
Lo stesso
giorno, dopo aver scritto di suo pugno in testa alla sua carta da
lettere il motto: “Libertà, Fraternità, Eguaglianza o la Morte”, Turreau
manda le seguenti istruzioni ai suoi luogotenenti: “Tutti i briganti
che saranno trovati armi alla mano, o rei di averle prese, saranno
passati a filo di baionetta. Si agirà allo stesso modo con le donne, le
ragazze e i bambini. Neppure le persone semplicemente sospette dovranno
essere risparmiate. Tutti i villaggi, i borghi, le macchie e tutto
quanto può essere bruciato sarà dato alle fiamme”.
Ciononostante,
inquieto per il silenzio di Parigi, indirizza una nuova supplica al
Comitato di Salute Pubblica: “La passeggiata militare che medito sarà
finita il 4 o il 5 febbraio. Lo ripeto, considero indispensabile
bruciare città, villaggi e poderi, altrimenti non potrò rispondere
dell’annientamento di quest’orda di briganti, che sembrano trovare ogni
giorno nuove risorse”.
Da Cholet, nel Maine-et-Loire, il 31 gennaio, aveva informato “dello stato di perplessità in cui lo si lascia”.
Soltanto
l’8 febbraio 1794 il Comitato fa pervenire a Turreau il suo assenso
tramite Carnot: “Ti lamenti, cittadino generale, di non aver ricevuto
dal Comitato un’approvazione formale alle tue misure. Esse gli sembrano
buone e pure, ma, lontano dal teatro delle operazioni, attende i
risultati per pronunciarsi: stermina i briganti fino all’ultimo, ecco il
tuo dovere”.
L’11
febbraio Turreau accusa ricevuta: “Ho ricevuto con piacere
l’approvazione che avete dato alle misure che ho preso” , e il 15
febbraio confida al rappresentante Bourbotte: “Tu sai che, senza alcuna
autorizzazione, ho preso e messo in esecuzione le più rigorose misure
per porre fine a questa orribile guerra. Il Comitato di Salute Pubblica
ha certo voluto darmi la sua sanzione, ma io ero tranquillo, mi
appoggiavo, mi sia permesso dirlo, sulla purezza delle mie intenzioni”.
Quello
stesso giorno, il Comitato di Salute Pubblica scrive al Rappresentante
Dembarère: “Uccidete i briganti invece di bruciare le fattorie, fate
punire i fuggitivi e i vigliacchi e distruggete totalmente questa
orribile Vandea. Concorda con il generale Turreau i mezzi più sicuri per
sterminare tutto di questa razza di briganti.
Dalla
lettura di questo dichiarazione si può vedere fino a che punto la
responsabilità sia interamente del Comitato di Salute Pubblica.
Il 17
gennaio, il generale Grignon, capo della prima colonna, arringa i suoi
soldati in questi termini: “Compagni, entriamo nel paese insorto. Vi dò
l’ordine di dare alle fiamme tutto quanto sarà suscettibile di essere
bruciato e di passare a filo di baionetta qualsiasi abitante
incontrerete sul vostro passaggio. So che può esserci qualche patriota
in questo paese; è lo stesso, dobbiamo sacrificare tutto”.
Il 19
gennaio Cordelier redige, a uso dei suoi comandanti di corpo, istruzioni
relative all’esecuzione degli ordini dati da Turreau. Il generale deve
“occuparsi personalmente” della riva destra della Loira. “Sarà comandato
giornalmente e a turno un picchetto di cinquanta uomini con i suoi
ufficiali e sottufficiali, che sarà destinato a scortare i pionieri a
fare il loro dovere. L’ufficiale comandante di questo picchetto prenderà
tutti i giorni gli ordini dal generale prima della partenza e sarà
responsabile difronte a lui della loro esecuzione. A questo scopo, agirà
militarmente nei confronti di quei pionieri che mostreranno di non
eseguire ciò che comanderà e li passerà a filo di baionetta”.
“Tutti i
briganti che saranno trovati con le armi in pugno o indiziati di averle
prese per rivoltarsi contro la loro patria, saranno passati a filo di
baionetta. Si agirà nello stesso modo con le fanciulle, le donne e i
bambini. Neppure le persone solamente sospette dovranno essere
risparmiate, ma nessuna esecuzione potrà essere fatta senza che il
generale l’abbia preliminarmente ordinata.
“Tutti i
villaggi, i poderi, i boschi, le macchie e in genere tutto quanto può
essere bruciato sarà dato alle fiamme, ma dopo che si saranno portate
via dai luoghi, ove sarà possibile, tutte le derrate che vi saranno; ma,
lo si ripete, queste esecuzioni potranno essere effettuate solo quando
il generale lo avrà ordinato. Il generale designerà quegli oggetti che
devono essere risparmiati”.
Garantiti
da questo programma, i repubblicani di stanza in Vandea si scindono in
due armate: la prima si dispone da Saint Maixent a Les Ponts-de-Cé e il
generale Turreau, da Cholet, ne prende il comando; la seconda va da Les
Sables a Paimboeuf ed è affidata a Haxo (213) . Tutta la Vandea Militare
si trova così accerchiata. Queste due armate contano ciascuna sei
divisioni: Dufour a Montaigu, Amey a Mortagne, Huché a Lugon, Grignon a
Argenton-le-Cháteau, Cordelier a Le Loroux; Beaufranchet, Grammont,
Dalliac, Commaire, Charlery, Caffin, Chalbos sono scaglionati dall’est
all’ovest del dipartimento della Vandea. Ciascuna di queste divisioni
comprende due colonne suddivise in dodici corpi che devono avanzare
l’uno verso l’altro da est o da nord-est, da ovest o da sud-ovest. In
realtà la seconda armata è formata di sole otto colonne, ciascuna di
circa 800 uomini, non sdoppiate e rinforzate di reclute.
Il paese
insorto deve essere traversato in sei giorni. Anche la via da seguire è
precisata dettagliatamente, come pure la località da raggiungere. La
partenza è fissata per il 21 gennaio, giorno anniversario
dell’esecuzione del re, l’arrivo per il 27. Di conseguenza, bisogna
marciare “ora di giorno, ora di notte” .
E
difficile fare un racconto globale di “questa passeggiata militare”.
Alcuni passaggi dei rapporti giornalieri indirizzati dai comandanti di
divisione al loro generale in capo non richiedono commenti .
Da
Maulévrier, Caffin scrive il 25 gennaio 1794 a Turreau: “Per il bene
della Repubblica, Echaubrognes non esiste più: non ne resta una sola
casa. Niente è sfuggito alla vendetta nazionale. Nel momento in cui ti
scrivo, ho fatto fucilare quattordici donne che mi sono state denunciate
“.
Lo stesso
giorno un altro comandante di colonna, Grignon, che opera un po’ più
lontano, nelle Deux-Sèvres, commenta da Cerizay: “Continuo sempre a far
portar via le derrate, a bruciare e a uccidere tutti quelli che hanno
preso le armi contro di noi. Tutto va bene, ne uccidiamo più di cento al
giorno. Dimenticavo di dirti che mi hanno arrestato una decina di
fanatici … andranno al quartier generale”.
Il 26
gennaio, da Maulévrier, Caffin prosegue: “Un distaccamento di
centocinquanta uomini rimasto a La Tessouale ha fatto evacuare e
incendiare tutte le fattorie sulla strada di Saint Laurent. Prima di
stasera mi aspetto più di duecento fra buoi e vacche. Tutto il bestiame è
sparso nei campi. Ieri ho fatto bruciare tutti i mulini che ho visto.
Oggi posso far bruciare, senza correre. rischi, i tre quarti della città
di Maulévrier”.
Il 27
gennaio, da Jallais, Cordelier insiste: “Avevo ordinato di passare afil
di baionetta tutti gli scellerati che si sarebbero potuti incontrare e
bruciare le fattorie e le frazioni nei dintorni di Jallais; i miei
ordini sono stati puntualmente eseguiti e, in questo momento, quaranta
fattorie rischiarano la campagna “.
Il 31
gennaio, da Maulévrier, Caffin interviene ancora: “Ti informo che tutto
il villaggio di Yzernay è stato incendiato ieri senza avervi trovato né
uomo né donna. Restavano quattro mulini a vento che mando a incendiare
stamattina, perché non voglio lasciarne nemmeno uno. Ho fatto bruciare
questa mattina tutte le case che restavano a Maulévrier, senza
eccettuarne nessuna, salvo la chiesa dove vi sono ancora molti beni che
sarebbe opportuno mandare a cercare in seguito. Il borgo di Toútlemonde è
stato incendiato l’altro ieri”.
Il I’
febbraio, a Saint-Laurent, sempre Caffin: “A mezzogiorno ti scrivo
ancora da Saint-Laurent. Poiché voglio assolutamente recarmi a La Verrie
questa sera, temo di non poter incendiare tutto come desidererei. Ho
fatto condurre a Cholet trentadue donne che erano nel convento. Ho
trovato ancora una ventina d’uomini, che ho fatto fucilare prima di
partire. Se ne trovo altri sulla mia strada, subiranno la stessa sorte
“.
Il 3
febbraio, a La Verrie, Caffin termina: “Ti informo che andrò domani
mattina, con la mia colonna, a bruciare quel borgo (La Gaubretière), a
uccidere senza alcun riguardo quanti vi incontrerò, essendo il covo di
tutti i briganti. Tutto sarà passato a ferro e a fuoco”.
Turreau
non rimane indietro, come spiega nei suoi resoconti indirizzati al
Comitato di Salute Pubblica e al ministero della Guerra.
Il 22 gennaio: “Le nostre truppe immolano ai mani dei nostri fratelli i resti sparsi di questa esecrabile armata”.
Il 24
gennaio: “Le mie colonne hanno già fatto meraviglie; non un ribelle è
scampato alle loro ricerche. Se le mie intenzioni sono ben assecondate,
non esisteranno più nella Vandea, entro quindici giorni, né case, né
viveri, né armi, né abitanti. Bisogna che tutti i boschi, tutti gli
alberi di alto fusto che esistono in Vandea siano abbattuti “.
Il 31
gennaio: “Esse (le colonne) hanno passato a filo di baionetta tutti i
ribelli sparsi che attendevano solo un nuovo segnale di ribellione. Si
sono incendiate fattorie, villaggi, borghi. Non si può concepire
l’enormità di granaglie e di foraggi che si è trovata nelle fattorie e
nascosta nei boschi.
“Ho dato
gli ordini più precisi perché tutto sia portato via da questo maledetto
paese e portato nei magazzini della Repubblica. E partito questa mattina
per Saumur un convoglio di quasi due leghe di lunghezza”.
Gli
ufficiali subalterni, spesso disgustati, testimoniamo anche loro: “Amey –
scrive l’ufficiale di polizia Gannet in un rapporto -fa accendere i
forni e quando sono ben caldi, vi getta le donne e i bambini. Gli
abbiamo fatto delle rimostranze; ci ha risposto che proprio così la
Repubblica voleva far cuocere il suo pane. Inizialmente si sono
condannate a questo genere di morte le donne briganti e non abbiamo
detto molto; ma oggi le grida di queste miserabili hanno tanto divertito
i soldati e Turreau che hanno voluto continuare questi piaceri.
Mancando le femmine dei monarchici, si rivolgono alle spose dei veri
patrioti. A nostra conoscenza, già ventitré hanno subito questo orribile
supplizio ed erano colpevoli soltanto di adorare la nazione [ ].
Abbiamo voluto interporre la nostra autorità e i soldati ci hanno
minacciato della stessa sorte”.
Il
presidente del distretto, il 25 gennaio, se ne stupisce: “I tuoi soldati
sedicenti repubblicani si abbandonano alla dissolutezza, allo sperpero e
a tutti gli orrori di cui neppure i cannibali sono capaci”.
Il
capitano Dupuy, del battaglione della Libertà, invia a sua sorella, il
17 e il 26 nevoso – gennaio 1794 -, due lettere molto esplicite: “I
nostri soldati percorrono per sentieri spaventosi i tristi deserti della
Vandea. Dovunque passiamo, portiamo le fiamme e la morte. L’età, il
sesso, niente è rispettato. Ieri, uno dei nostri distaccamenti bruciò un
villaggio. Un volontario uccise di sua mano tre donne. È atroce ma la
salvezza della Repubblica lo esige imperiosamente. Che guerra! Non
abbiamo visto un solo individuo senza fucilarlo. Dappertutto la terra è
ricoperta di cadaveri; dappertutto le fiamme hanno portato la loro
distruzione “.
“I delitti
non si sono limitati al saccheggio – aggiunge Lequinio -. Lo stupro e
la più sfrenata barbarie si sono ripresentati in ogni luogo. Si sono
visti militari repubblicani violentare donne ribelli su pietre
ammucchiate al bordo delle strade principali e fucilarle e pugnalarle
uscendo dalle loro braccia; si sono visti altri portare lattanti sulla
punta della baionetta o della picca che aveva trafitto con lo stesso
colpo madre e figlio”.
“Ho visto
bruciare vivi uomini e donne – scrive il chirurgo Thomas -. Ho visto
centocinquanta soldati maltrattare e violentare donne, ragazzine di
quattordici e quindici anni, massacrarle subito dopo e lanciare di
baionetta in baionetta teneri bambini rimasti a fianco delle loro madri
stese a terra”.»
Il tutto per la creazione di soldi...
RispondiEliminaIl tutto in nome di Satana. Ieri come oggi questi mostri sono satanisti.
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