domenica 14 agosto 2016

Mussolini e il concetto dello Stato nelle riflessioni di Biggini

La storia attraverso i documenti

Mussolini e il concetto dello Stato nelle riflessioni di Biggini

"Alla base del futuro ordine europeo e mondiale, c'è la Sua concezione dello Stato, c'è la Rivoluzione fascista: rivoluzione nell'ordine dello spirito come in quello del diritto, nell'ordine economico come in quello sociale"
Siamo ancora con Carlo Alberto Biggini, il quale collega lo scritto esaminato nei giorni scorsi risalente al 25 giugno 1922 relativo alla concezione dello Stato e lo mette a confronto con "gli altri innumerevoli che ciascuno di noi può ritrovare con una attenta ed intelligente lettura dei suoi scritti e discorsi". 
Biggini parla naturalmente di Mussolini, e sottolinea quindi come attraverso questo esame del pensiero mussoliniano attraverso il tempo "si avrà di fronte la personalità morale intellettuale politica di Benito Mussolini in tutta la sua mirabile profetica coerenza, in tutta la grandezza del Suo genio". 
E giunge così al "grande disegno" del Duce: "dal Covo all'Impero". 

Ecco cosa ci dice Biggini: "La crisi dello Stato italiano apre alla sua mente (e in questo senso la crisi 1919-1922 fu veramente benefica) il grande tormentoso problema di una Italia che doveva ritornare Impero, di una Roma che doveva nuovamente esercitare nel mondo la sua funzione di universalità politica. La più alta delle sue idealità, la più profonda e drammatica delle sue passioni: idealità e passione che hanno fatto a lui trovare la forza e la saggezza necessarie per interpretare, orientare e dominare il corso della storia di questo titanico secolo, che porterà il Suo nome". 

Pensate un po': il secolo di Mussolini... sarebbe dovuta andare così, già. 

Poteva mai immaginare, Biggini, che pure fu una mente illuminata, quale ingratitudine questo popolo, oggi, avrebbe palesato? Certamente no. 
No, non perché Biggini non fosse capace di comprendere, semplicemente no perché quella storia non meritava e non merita la damnatio memoriae. 

Ed è persino troppo facile addurre le prove di quanto si dice su queste colonne, e basta leggerle ogni giorno per comprenderlo. 
"Alla base dell'Impero, alla base del futuro ordine europeo e mondiale, c'è la Sua concezione dello Stato, c'è la Rivoluzione fascista: rivoluzione nell'ordine dello spirito come in quello del diritto, nell'ordine economico come in quello sociale".

Ma questa Rivoluzione, sottolinea Biggini, non è fine a se stessa:  
"Pochi movimenti politici - dice - possono essere designati, nella storia, con la suggestiva parola di 'rivoluzione' come il movimento fascista. E difatti una rivoluzione non è tanto un moto violento di popolo che, mediante la forza, conquista il potere, ma bensì un movimento politico-sociale, un processo storico che riesce a dar vita ad un nuovo ordinamento della società e dello Stato. Ossia la rivoluzione-mezzo per trasformare lo spirito del popolo e per instaurare un nuovo ordine: la rivoluzione non fine a se stessa, ma mezzo per realizzare la nuova concezione politica attraverso un lavoro lungo e duro". 

Insomma il Fascismo fu una rivoluzione, dice Biggini. 
Lo fu davvero, esso rivoluzionò lo spirito degli Italiani, per dirla con Biggini risvegliò nel popolo 
"il sentimento del dovere, della lotta, del sacrificio, l'abitudine alla disciplina, il senso dell'obbedienza, l'idea della subordinazione dell'individuo allo Stato, della solidarietà, della collaborazione". 
E se guardiamo a questo tempo, in cui tutto questo non c'è più, l'amarezza è davvero tanta. 
Oggi se si parla di disciplina, di ordine, di "subordinazione" qualcuno potrebbe insorgere, perché si tende a esaltare fino alle estreme conseguenze il concetto di libertà, fino a confonderlo con quello di anarchia. 
E guardate che parlare di libertà non è cosa semplice. 
In troppi si riempiono la bocca di concetti come libertà e solidarietà, senza avere piena coscienza della severità che questi due termini essenziali per la vita dell'essere umano portano con sé. 
La libertà è qualcosa di estremamente complesso, è "difficile", la libertà. 
Se ne fa uso e abuso, troppo spesso, riducendo questo concetto alla "possibilità di fare ciò che si vuole". 
Ma no, signori, questa non è "libertà": questo è svilire il concetto di libertà, questo è relegare il concetto di libertà, costringerlo entro confini che ad esso non appartengono. 
Libertà è ben altro: libertà è rispetto, libertà è pensiero e azione che si concretizzano per un bene più alto, che è quello dello Stato, della Nazione, della comunità alla quale si appartiene. 
Libertà è consapevolezza, libertà è cultura, è sapere, è conoscere. 

Senza conoscenza, senza consapevolezza non può esservi libertà. 

Possedere i valori, questo è libertà. 

Altrimenti si è amebe, altrimenti si ignora, e chi ignora non è libero: è schiavo della peggiore schiavitù, che è quella culturale e di pensiero.

emoriconi@ilgiornaleditalia.org

Emma Moriconi


Nessun commento:

Posta un commento