Un viaggio nei documenti racconta di omicidi a sangue freddo, di atti criminosi e di ruberie.
Mussolini tentò di frenare
in ogni modo le rappresaglie, mettendo nelle 'Federazioni-chiave'
uomini moderati: vennero tutti assassinati dai comunisti
Non si capisce
il perché di certo ostruzionismo nei confronti della verità storica.
Insomma, a quasi un secolo dalle vicende della guerra civile bisogna
necessariamente essere lucidi e analizzare i fatti per come sono, non è
più il tempo della demagogia, a chi serve più? Gli Italiani sono stanchi
di sopportare atteggiamenti demagogici che hanno caratterizzato
svariati decenni della nostra storia, atteggiamenti venati ancora oggi
da un veleno che sembra incomprensibile data la distanza temporale che
ci separa da quegli eventi. Siamo abituati a raccontare la storia
attraverso documenti e testimonianze, lo facciamo ogni giorno e senza
mai mancare di rispetto ad alcuno. Perché di lutti ce ne furono, e
molti, da ogni parte della barricata: erano tutti Italiani, e tutti
hanno il nostro rispetto. Proprio per questo rispetto occorre dire
sempre la verità, e la bilancia in questo ambito è stata sempre
"sbilanciata". Qualche mattoncino in più, dunque, sul piatto della
verità va messo, ed ecco qui di seguito alcune informazioni provenienti
dal carteggio della RSI, conservato presso l'Archivio Centrale dello
Stato di Roma, visionabile da tutti. Basta avere un po' di buona volontà
e andarsele a cercare, le informazioni: giacciono lì, in attesa. Il
documento che segue risale al 1944 e dice: "Elementi della GNR, avuta
notizia che nei pressi di Nonantola (Modena) un gruppo di banditi aveva
aggredito e ucciso un ufficiale delle SS germaniche, si portarono
tempestivamente sul posto. Avvistati i banditi autori del delitto, i
legionari mossero all'attacco, riuscendo - dopo breve conflitto - a
catturarne tre. Alle ore 15 dello stesso giorno i tre prigionieri furono
passati per le armi. Altri nove elementi colpevoli di attività
sovversiva ed antinazionale vennero arrestati". Si spara, insomma, da
una parte e dall'altra. Ma di quando sparavano i Fascisti si sa tutto,
di quando invece erano i partigiani a sparare si sa ben poco: "in
località Pondo del comune di Galeata (Forlì), numerosi banditi armati
penetrarono in una casa colonica donde asportarono 20 forme di
formaggio. Nell'allontanarsi incontratisi con due militari germanici li
uccisero a colpi d'arma da fuoco". Vengono distrutte le linee
telefoniche, il disordine diventa sempre più grande e diffuso. "Nella
località Lepiane di Sassuolo (Modena), numerosi banditi nascosti lungo
la strada uccisero a colpi di mitraglia tre militari tedeschi di
passaggio a bordo di un autocarro". L'insofferenza verso i Tedeschi è
sempre più palpabile. Il problema delle rappresaglie Mussolini tentò di
gestirlo mettendo a capo delle "Federazioni chiave" uomini fidati e
pacifici, sui quali sapeva di poter contare per contenere le reazioni
del Fascisti più bellicosi. I partigiani, però, li assassinarono tutti e
quattro. Parliamo del periodo che Pisanò definì "di incubazione della
guerra civile" e che vide cadere sotto i colpi partigiani persone di
spiccato livello morale come Arturo Capanni (che Mussolini aveva voluto a
capo della Federazione di Forlì), che venne assassinato dai gappisti il
10 febbraio 1944; di Igino Ghisellini, Federale di Ferrara, assassinato
il 13 novembre 1943; di Aldo Resega, Federale di Milano, ucciso il 17
dicembre 1943; di Eugenio Facchini, Federale di Bologna, ammazzato il 25
gennaio del 1944. Persone moderate, che Mussolini aveva scelto proprio
per "impedire che gli elementi più giovani e turbolenti [...] si
abbandonassero nuovamente ad azioni estremiste". Da rilevare, come
abbiamo già sottolineato in passato, che tutti e quattro vennero
assassinati alle spalle e che tutti e quattro giravano disarmati. Ma
proseguiamo con il nostro documento. A San Colombano Certenoli (Genova)
"elementi ribelli uccidevano nell'abitato un capitano degli alpini della
divisione Monterosa", dice ancora. Un altro documento del Ministero
dell'Interno - Gabinetto del Ministro - 9 luglio 1944 - XXII, intitolato
"Notiziario sull'attività dei ribelli" si legge: "Imperia - il giorno 5
corrente, in Imperia una ventina di partigiani prelevavano il
brigadiere della GNR Bertoli Umberto che veniva condotto in ignota
destinazione. Mantova - nella notte del 7 corrente, alle ore 2, una
banda di partigiani di circa 25 uomini montata su camion si presentava
in località Coste Rigona di S. Giacomo delle Segnate ove è accantonato
un distaccamento della Polizia Ferroviaria di Ancona composto da 13
militi e dalle rispettive famiglie. Un gruppo di ribelli penetrava
dall'ingresso principale e un altro contemporaneamente dalla parte
posteriore dell'edificio e immobilizzato il piantone sorprendevano i
militari nel sonno obbligandoli ad allinearsi al muro della stanza ove
riposavano e indi barbaramente mitragliati. Rimanevano uccisi 8 militi e
altri sei feriti fra cui un figlio di un milite. Compiuto tale misfatto
sulla strada del ritorno la banda anzidetta si imbatteva in territorio
modenese in due fascisti di S. Benedetto Po e li uccideva a colpi di
mitra. Genova - il giorno 8 c.m. alle ore 7 circa a Genova-Voltri lo
squadrista Olivieri Antonio operaio alle dipendenze dell'Organizzazione
Todt mentre percorreva via Boerio, veniva fatto segno a ripetuti colpi
di rivoltella che lo uccidevano. Si ritiene che il delitto abbia moventi
politici essendo l'Olivieri squadrista e iscritto al PFR. Emilia -
Bologna: il 28 u.s. in una via della città due sconosciuti in bicicletta
hanno disarmato due colonnelli dell'Esercito Italiano. Pure nello
stesso giorno due sconosciuti in bicicletta hanno aggredito, ferito e
disarmato un milite della GNR".
Un promemoria rinvenuto nel carteggio della RSI riferisce come erano strutturate le organizzazioni
La situazione nelle provincie di Slovenia, Croazia e Dalmazia
"C'è un elemento morale in questa lotta che non è stato valutato nella sua reale ed enorme portata; l'odio politico"
Un documento proveniente invece
dall'Archivio di Stato di Forlì e datato 15 febbraio 1943 - XXI, si
legge. "La guerra attualmente in corso nelle provincie annesse di
Slovenia - Croazia - Dalmazia con tendenza ad allargarsi anche nei
territori nazionali a sfondo allogeno entro i vecchi confini, va
considerata come una guerra di speciali caratteristiche per la quale
ben poco o nulla valgono i noti canoni che governano quali leggi
fondamentali la condotta delle operazioni belliche in genere. Ci
troviamo di fronte ad un nemico che non ha artiglieria, né aviazione,
né carri armati, e nemmeno una minima traccia di attrezzatura logistica
degna di tal nome, né una compagine organica tale da potersi definire un
esercito. Vive alla macchia, frazionatissimo con scarsi collegamenti,
sufficientemente armato, molto male in arnese, pessimamente
vettovagliato [...] sovente incrinato da interni dissidi e da ricorrenti
epidemie di sconforto. Tutta la sua tattica si limita ad azioni di
agguato sulle nostre vie di comunicazione, e di disturbo a colonne e
piccoli presidi. [...] Fatto il colpo o adempiuto al compito si rintana
nel bosco o addirittura si allontana dalla località a piccoli gruppi
quando dente addensarsi la minaccia di una nostra pesante reazione. Non
si impegna che a colpo sicuro contando soprattutto sugli effetti della
sorpresa e sulla impenetrabilità del bosco che lo nasconde. D'altra
parte è un nemico in cui l'odio di razza e di parte imprime una
aggressività temeraria e una ferocia belluina". Il documento prosegue su
questi toni, e rileva come sia difficoltoso contrapporre a questo tipo
di organizzazione, un ostacolo. Questo fatto dipende dalla "congenita
mentalità dell'apparato militare il quale è portato per schiavitù
imposta dai macchinosi mezzi che dispone e della pesante bardatura
scolastica che lo opprime, a ridurre tutte le operazioni belliche al
comune denominatore della guerra classica in cui debbano giocoforza
intervenire ed agire tutta l'attrezzatura di prammatica, come tutti i
fattori e tutti i dettami della tattica, della organica e della
logistica di maniera". Ciò che occorre, secondo questo promemoria, sono
"reparti appositamente addestrati al sistema confinario che è la
specializzazione tipica per provate capacità professionali e valori
spirituali, da contrapporre a questo nemico in questo terreno. Infatti -
aggiunge - c'è un elemento morale in questa lotta che non è stato
valutato nella sua reale ed enorme portata. L'odio politico, il quale se
sprona il nostro avversario a combattere con accanimento la divisa
dell'esercito fascista, esso è spinto a combattere con parossistico
furore quando il suo antagonista veste la Camicia Nera. Fra soldati e
partigiani v'è spesso perdonanza, ma la lotta fra camicie nere e
partigiani è sempre all'ultimo sangue, senza quartiere, implacabile come
una lotta primigenia nella quale per naturale istinto si affinano e
potenziano fino all'estremo tutti i sensi, le forze e le innate arti del
combattimento".
emoriconi@ilgiornaleditalia.org
Emma Moriconi
http://www.ilgiornaleditalia.org/news/la-nostra-storia/874047/Crimini-partigiani--quello-che-non.html
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