l "Teorema Alessiani", un'indagine troppo a lungo trascurata
                        
                    La dinamica raccontata non può essere quella vera: ecco le prove scientifiche che dimostrano decenni di menzogne
"Mettiamoci nei 
panni del Medico Settore: se avesse denunciato l'effettivo orario delle 
7,30 (alias 6,30), la seppure iniziale risoluzione della mandibola 
avrebbe condotto ad un calcolo retrogrado di 48 ore di rigor più, quanto
 meno, un'altra ora per il rilasciamento: totale 49. Il decesso (già lo 
dissi) si riconduce alle 6,30 (5,30 ora legale); ecco perché sorvola sul
 trattar dell'ora della morte anche nella monografia illustrata 
dell'agosto '45. Resta tuttavia una carenza non veniale per un 
medico-legale il non esprimersi sull'ora del decesso quantunque 
presuntiva; volerne giustificare l'omissione diventa tentativo non 
onesto di facilissima identificazione intenzionale".
È ancora uno stralcio dal "Teorema 
Alessiani" che chiarisce come è tecnicamente, scientificamente 
impossibile far risalire la morte del Duce al pomeriggio del 28 aprile 
1945. E poi c'è la malafede, perché non viene formulata dal medico che 
effettuò l'autopsia alcuna ipotesi sull'ora presunta della morte, il che
 non può e non deve succedere. E poi: se di esecuzione capitale si 
trattasse, noi avremmo sul corpo i fori dei proiettili in linea più o 
meno retta sul torace, con colui che spara posizionato di fronte a colui
 che viene ucciso. Il tramite dei proiettili attraverso il corpo avrebbe
 una direzione più o meno lineare. E invece i proiettili fanno invero 
strani movimenti. Naturalmente in questo caso parliamo di quelli esplosi
 contro di lui quando Mussolini era in vita, esulano dunque da questo 
esame quelli esplosi contro il suo corpo già morto, a piazzale Loreto 
per esempio, quando vennero esplosi colpi persino sui cadaveri. 
Cerchiamo di superare l'orrore che questa scena suscita, ci dobbiamo 
sforzare di essere lucidi e di non farci prendere dall'emotività, che 
pure sarebbe comprensibile. Ragioniamo dunque solo in termini 
scientifici. Vediamo. I colpi in questione sono nove. Il lettore stia 
bene attento a come si trovano posizionati sul corpo del Duce. Un colpo 
ha il foro di entrata sul fianco destro, "fuoriesce - dice Alessiani - 
dalla parte supero-esterna del gluteo omolaterale, in modo tangenziale 
assumendo su sagoma umana verticale, un angolo di 45 gradi".
Un altro colpo possiamo vederlo sul 
margine esterno dell'avambraccio destro, angolazione minima. Il terzo è 
all'altezza della clavicola destra, sopra, nella parte carnosa che si 
trova proprio sopra la clavicola: "180 gradi - precisa Alessiani - su 
sagoma eretta". Un quarto foro lo troviamo sotto il mento, parte destra:
 la sua direttrice è dal basso verso l'alto; il proiettile non uscì, 
dunque non vi è foro di uscita rimanendo la pallottola all'interno del 
cranio: "Novanta gradi perfetti su sagoma eretta", precisa Alessiani.
Il quinto colpo è in entrata sul margine
 destro dello sterno, all'altezza del secondo spazio intercostale, con 
percorso obliquo e foro di uscita sul dorso, "45 gradi sul piano 
intra-toracico". È questo il proiettile che ruppe l'aorta. Ancora, 
all'altezza della spalla sinistra si possono notare quattro colpi d'arma
 da fuoco piuttosto ravvicinati: Alessiani ne riproduce, sui suoi 
disegni, una distanza più regolare di quanto appaia in realtà sulle 
foto. Questa imprecisione tuttavia non diminuisce di un millimetro la 
valenza dell'esame che il medico ne fornisce. Alessiani dice che il 
disegno che ne risulta ricorda "un quattro di quadri coricato", i realtà
 i quattro fori non sono a distanza così precisa tra loro, in ogni caso 
parliamo di quattro fori di entrata ai quali corrispondono i quattro di 
uscita sul dorso abbastanza in linea.
Nove fori, nove colpi inferti in vita. 
Posizionati in maniera disparata l'uno dall'altro salvo per i quattro 
alla clavicola. Un'esecuzione prevede una dinamica del tutto diversa da 
quella prospettata dall'esame qui riferito. Alessiani parla di 
"polispazialità per angolazioni che testimoniano una chiarissima 
polispazialità per angolazioni da inclinazioni diverse per armi sparanti
 come se il bersaglio fosse estremamente mobile in tempi successivi 
brevissimi".
E poi c'è quel colpo sotto il mento. Se 
il bersaglio fosse in piedi di fronte a chi spara, se fossimo di fronte a
 una "esecuzione", come potrebbe andare, un proiettile, a colpire la 
parte sottostante del mento? Vediamo ancora Alessiani: "Il colpo sotto 
il mento, in piena verticalità di tramite, esclude il bersaglio 
all'impiedi, quello al fianco, che simula addirittura un colpo sparato 
dall'alto, una orizzontalità dell'arma. La soluzione è quella di una 
colluttazione con tentativo di disarmo del soccombente, iniziale".
Il medico si dilunga poi in tecnicismi 
che, per quanto utili, è impossibile dettagliare qui. Diremo dunque, 
sintetizzando, che ricostruisce una dinamica di colluttazione, di 
contrasto, che - come abbiamo sommariamente visto fin qui - ben 
spiegherebbe i fori di cui abbiamo parlato. Di certo è del tutto da 
escludere, in ogni caso, la possibilità di una "esecuzione" così come ce
 l'hanno propinata per decenni.
I proiettili inoltre, lo abbiamo 
accennato in una precedente puntata di questo speciale, non sono tutti 
appartenenti alla stessa arma. I quattro colpi alla clavicola vennero 
sparati da una mitraglietta, al contrario degli altri esplosi invece da 
una pistola. Dice Alessiani che essi "sono senz'altro di raffica a 
bruciapelo" e aggiunge: "è caratteristica delle mitragliette la 
distanzialità dei loro effetti già nel modesto allontanarsi del 
bersaglio. Potrebbero essere stati esplosi da persona intervenuta a dar 
manforte allo sparatore di pistla e che per non colpirlo ha indirizzato 
la raffica sulla spalla sinistra del soccombente, unica regione di 
questi, ancora scoperta durante la colluttazione oppure per altre 
contingenze che fanno presupporre nella fattispecie la presenza e 
l'intervento di una quarta persona (C. Petacci), ragione volontaria o 
involontaria  deviante l'arma in eccentricità". È chiaro che - e lo dice
 lo stesso Alessiani - quanto a ciò che accadde e alle esatte modalità 
della colluttazione, siamo nel campo delle possibilità/probabilità. Ma 
sulle vicende sopra esposte si è nell'ambito dell'analisi scientifica, e
 non si può sostenere il contrario di ciò che dicono le prove.
Contraddizioni e bugie, esami condotti male e resoconti superficiali: per rendere ancora più difficile la ricerca della verità
E anche le foto dell'epoca raccontano un'altra storia
Gli
 abiti intatti, il mancato esame della salma prima della preparazione 
sul tavolo settorio: troppe stranezze aleggiano su quel giorno di aprile
"Fermarsi solo sull'apprezzamento della 
polispazialità dei colpi d'arma da fuoco inferti al Mussolini e dunque 
non conformi a una esecuzione capitale è ingiusto verso di me e 
quest'opera; andiamo dunque ad indagare altre componenti dimostrative; 
le più importanti". Al fine di rendere più precisamente possibile al 
lettore i contenuti della sua indagine, Alessiani riferisce anche 
elementi utili circa la polvere da sparo, facendo anche le opportune 
distinzioni del caso tra vari tipi di polveri. Qui dobbiamo accelerare, 
però, e dunque siamo costretti, almeno per ora, a sorvolare anche su 
quanto riferisce Alessiani riguardo a Claretta Petacci, sul corpo della 
quale come sappiamo non venne effettuato alcun esame nell'aprile del 
1945. Ne parleremo nella prossima puntata. Stringendo, Alessiani 
ripercorre le vicende dei corpi basandosi sulle foto successive alla 
morte, dunque quelle di piazzale Loreto e poi dell'obitorio, rilevando -
 come abbiamo avuto modo di dire - che gli abiti di Mussolini sono 
intatti, non presentano fori, e che dunque probabilmente è stato 
rivestito dopo la morte. Il lettore ricorderà la faccenda dello stivale 
rotto, probabilmente calzato a forza con il rigor già in corso. Ne 
parlammo anche quando trattammo l'eloquente lavoro di indagine di 
Giorgio Pisanò, nell'aprile del 2014. Così come abbiamo già riferito 
circa il "tatuaggio" prodotto dalla polvere da sparo sul corpo in caso 
di esplosione ravvicinata. A questo proposito, Alessiani nel prosieguo 
del suo lavoro spiega con precisione e in maniera estremamente tecnica 
il comportamento dell'alone escoriativo emorragico, dell'ustione, del 
tatuaggio, dell'affumicatura e così via, cosa non riproponibile qui non 
avendo a disposizione lo spazio di un manuale di medicina legale. 
Possiamo però riferire come ancora una volta il medico torna su un tema 
essenziale, denunciando che "non esiste la descrizione dello status del 
cadavere quale ispezione pre-autoptica, che avrebbe dovuto descrivere 
anche i vestimenti nelle loro alterazioni tissutali". Ne abbiamo già 
parlato, una faccenda gravissima.
Nella prossima puntata di questo 
speciale tenteremo di chiudere - almeno per il momento, ma questa storia
 è talmente brutta e complicata che difficilmente si riuscirà mai a 
metterci la parola fine - questo speciale sul lavoro di Aldo Alessiani e
 andremo a vedere anche le deduzioni del medico sulla vicenda della 
Petacci. Poi esamineremo altri documenti, renderemo ancora altre 
testimonianze, faremo altre considerazioni. La verità esatta di come 
andarono le cose in quel giorno del 28 aprile del 1945 forse non sapremo
 mai, troppe le contraddizioni, spesso forse orchestrate proprio per 
confondere le acque e rendere sempre più difficile la ricerca della 
verità.  Ma almeno sapremo come di sicuro non può essere andata.
emoriconi@ilgiornaleditalia.org
Emma Moriconi
tratto da: http://www.ilgiornaleditalia.org/news/la-nostra-storia/875378/I-fori-di-proiettile-e-quello.html
tratto da: http://www.ilgiornaleditalia.org/news/la-nostra-storia/875378/I-fori-di-proiettile-e-quello.html
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