sabato 7 maggio 2016

Anna Maria il “piccolo fiore” di Mussolini



Anna Maria Mussolini

‘La gambina le cede e va in terra. Cade spesso. Ieri davanti a me è caduta così, le va sotto la gamba, quasi non avesse più forza…’
La vita breve e difficile dell’ultima figlia del Duce, colpita da poliomelite alla tenera età di sette anni
‘Questa mattina ha fatto un gran pianto. Si è tanto inquietata povera piccola, perché non voleva andare a scuola con la sottanina corta fin qui. E anche il grembiulino le si è fatto corto, perché è cresciuta. È venuta nella mia stanza, era talmente inquieta che non ha aperto bocca … è di una tale sensibilità che non bisogna addolorarla … no, ancora non sta bene, corre perché si dimentica e poi tac, la gambina le cede e va in terra. Cade spesso. Ieri davanti a me è caduta così, le va sotto la gamba, quasi non avesse  più forza. Si rialza da sé, sai, non parla, non dice nulla, ma si avvilisce. Fa una faccina, povera cara…’.
Con queste parole Benito Mussolini racconta a Claretta Petacci le sue preoccupazioni per la figlia Anna Maria, la piccolina di casa.
Anna Maria Mussolini nasce il 3 settembre 1929 a Villa Carpena (Forlì), è la quinta ed ultima figlia di Benito e Rachele. La sua venuta al mondo, salutata da migliaia di telegrammi di felicitazioni giunti da tutta Italia, è l’occasione per riunire definitivamente la famiglia, fino ad allora divisa tra Milano e Roma: la dimora scelta è Villa Torlonia, in una zona tranquilla della capitale, tra le cui mura scorre l’infanzia della piccola con i genitori ed i fratelli più grandi (Edda, Bruno, Vittorio, Romano).
Anna Maria non è una bambina come le altre: assiste a visite di personaggi illustri (dal Gandhi a Walt Disney), effettua il suo primo volo su un velivolo guidato dal padre, si diverte con gli animali esotici ospitati nel giardino della villa. Per il resto, però, la sua è un’infanzia piuttosto normale, regolata dall’indole da massaia romagnola di Donna Rachele, vera padrona del focolare domestico. Pranzi e cene nei quali è vietato avanzare qualcosa, favole prima di coricarsi, le estati e le vacanze trascorse puntualmente a Riccione si susseguono anno dopo anno. Fino al giugno del 1936, quando la sua vita viene segnata per sempre: Anna Maria si ammala di poliomielite e sfugge per miracolo alla morte a soli sette anni: il suo spirito è forte ma il suo fisico è gracile.
Per la famiglia Mussolini sono giorni di angoscia: il Duce, benché alle prese la crisi internazionale conseguente alla guerra d’Etiopia, abbandona tutti gli affari di governo e accorre al suo capezzale. Il dittatore è furibondo e impotente («Io che ho dato all’Italia l’Impero non possa fare nulla per mia figlia!»), frastornato e addolorato: scoppia a piangere davanti ai giornalisti della stampa estera quando riceve in dono una bambola per la piccola inferma. Alla fine la bimba si salva, ma rimane per sempre segnata nel fisico. A Rachele pare di cogliere un presagio: suggerisce a Benito di ritirarsi, di concludere lì la sua avventura politica («Abbiamo avuto fin troppa fortuna») per dedicarsi alla famiglia. Il marito, provato «per il suo piccolo fiore scampato alla morte», vacilla, ma alla fine non le dà retta.
La ricostruzione degli anni seguenti, affrontati da Anna Maria con estrema dignità nonostante la menomazione fisica, è agevolata dal ritrovamento di diversi suoi temi scolastici scritti tra l’aprile del 1937 ed il maggio del 1940. Testi nei quali emerge in modo genuino il mondo della bambina: casa Mussolini, Villa Torlonia, gli amici più cari, il legame profondo con la madre e il padre, visto come tale ma anche come condottiero leggendario («Amo il Duce perché ha fatto tanto per la nostra Patria e perché è mio padre»). Frammenti e pensieri che si trasformano in riflessioni tipicamente adolescenziali nelle pagine di diario, al pari inedite, redatte dal gennaio al maggio del 1942.
Anna Maria annota puntigliosamente le sue giornate: la scuola, i compiti, le sedute fisioterapiche, le lezioni di tedesco, i giochi e gli sport praticati nonostante i problemi fisici, le partite a tennis con un padre competitivo nel privato quanto in politica («Papà mi ha vinto 6-0. Porca paletta, sempre così!»). E ancora le domeniche allo stadio, i film proiettati ogni sera nel salone cinematografico di Villa Torlonia (ma fino alle 10, perché poi anche la famiglia Mussolini rispetta l’oscuramento) e le infatuazioni tipiche di quell’età, soprattutto per l’attore Massimo Girotti.
Anna Maria è graziosa, ha un sorriso luminoso e spontaneo che colpisce: la somiglianza con la mamma Rachele è impressionante. Le due figlie di Benito e Rachele sono enormemente diverse l’una dall’altra, non solo fisicamente: Edda, la primogenita, ha i tratti somatici del padre, il suo cipiglio, il suo carattere un po’ spigoloso, la sua forza fisica. Anna Maria è debole fisicamente, sebbene molto forte in termini morali e spirituali, e ha il viso dai tratti morbidi di Rachele.
‘Telefonava dieci volte in un’ora – dice di Mussolini Mino Caudana nel suo ‘Il figlio del fabbro’ – e non appena gli avanzava un ritaglio di tempo si faceva condurre a casa. Se qualcuno lo importunava in quei momenti, s’infuriava. ‘Nemmeno al capezzale di mia figlia  mi lasciate in pace’, disse un giorno a Galeazzo Ciano. Un’altra volta che, per un colpo di vento, s’era spalancata la finestra della camera di Anna Maria, Benito Mussolini prese ad urlare:
“Chiudete! Chiudete! Il vento vuol portarsi via la mia bambina!”.
Un’infanzia dura, quella che vive Anna Maria, costretta ad indossare un busto per tenersi in piedi e camminare. Oggi quel supporto che l’aveva tenuta diritta per tutta la vita è nella sua stanza a villa Carpena, nei pressi di Forlì, la residenza estiva della famiglia Mussolini, il luogo dove Anna Maria era venuta alla luce in una giornata di settembre del 1929. Quando il padre viene arrestato, all’indomani del 25 luglio, viene confinata alla Rocca delle Caminate insieme alla madre Rachele e al fratello Romano. L’esilio, per una madre e i suoi due figli: Anna Maria ha 15 anni, Romano 17.
È l’ultima parentesi di serenità, poi tutto precipita. Dopo l’8 settembre, nella residenza gardesana di Gargnano, se non altro Anna Maria ha modo di stare più tempo col padre, sempre affettuoso con lei. Ma la fine si avvicina. Il Duce raccomanda la sua figlia prediletta, alla moglie, nell’ultima lettera (26 aprile 1945) scritta prima di essere giustiziato a Dongo. Rachele, dopo aver appreso della morte di Benito Mussolini, tenta di riparare in Svizzera con Anna Maria e Romano, ma il 30 aprile vengono respinti a Chiasso e catturati dai partigiani ma salvati dagli Alleati, che si prendono cura di lei e dei due figli più piccoli riuscendo a recuperare il busto, vitale per Anna Maria, perduto nella fuga. All’arresto, le ragioni del quale risultano sconosciute ed incomprensibili, spiegabili solo con un odio cieco e senza fine, seguirà il confino ad Ischia per ben tre anni, però, dove trascorreranno il confino sull’isola in condizioni di estrema povertà.
Rientrata a Roma, Anna Maria tenta di rifarsi un’esistenza lasciandosi alle spalle l’ingombrante passato. I dolori ed i disagi di un’infanzia segnata dalla malattia e da grandi dolori non avranno il sopravvento su di lei: crescerà e diventerà  una buona conduttrice di Radio Rai, utilizzando uno pseudonimo. I problemi di salute non l’abbandonano mai (nel 1953 viene sottoposta ad un delicato intervento alla spina dorsale), ma nel 1960, a Cortina d’Ampezzo, conosce l’uomo della sua vita, Giuseppe Negri, presentatore di spettacoli (in arte Nando Pucci). Il gossip su di loro impazza: l’ultima figlia del Duce si sposa nel giugno seguente a Ravenna e nel 1961 nasce Silvia, seguita due anni più tardi dalla secondogenita Edda.
Anna Maria è finalmente felice. Trova anche lavoro in radio, alla Rai: conduce interviste a personaggi famosi sulla musica leggera, di cui è grande conoscitrice. Il suo programma, “Rotocalco musicale”, è un successo, ma quando un giornale filocomunista scopre chi sia in realtà Anna Maria Negri viene licenziata. Poi il tragico destino che compie la sua parabola: nell’aprile del 1968 la figlia Edda prende la varicella e la trasmette alla madre, già operata per un tumore al seno due anni prima. Il cancro si ripresenta, la varicella le provoca un’endocardite. Muore all’alba del 25 aprile, una data simbolo tra i tanti avvenimenti della storia d’Italia che avevano visto protagonista la sua famiglia.
Di Anna Maria traccia un profilo Lorenzo Baratter in “Anna Maria Mussolini. L’ultima figlia del Duce”, edizioni Mursia, che ne racconta la malattia, la residenza di Villa Torlonia a Roma, le estati al mare a Riccione, l’esperienza di Salò, la tentata fuga, il confino, il tentativo di ricominciare.
La nascita di Anna Maria,  dice Baratter nel volume, fornisce a Benito l’occasione per riunire la famiglia: ‘Mio marito – dice Rachele – era stanco di vivere lontano da noi e desiderava avere accanto a sé i suoi figli, per svagarsi con loro nelle soste concessegli dalle sue occupazioni. Perciò decise di cercare a Roma un’abitazione comoda e vasta, adatta alla nostra numerosa famiglia. Non appena si diffuse nella captale la notizia che al Duce occorreva una casa, l’aristocrazia romana fece a gara per offrirgliene una’ (continua) …
Morirà il 25 aprile 1968: la numerologia è una cosa strana, ci sono date che ritornano, che sembrano segnate sul calendario invisibile del destino.

http://portaledelfascismo.altervista.org/anna-maria-piccolo-fiore-mussolini/
 

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