L'incidente del Laconia fu l'affondamento del mercantile armato RMS Laconia, avvenuto la notte del 12 settembre 1942 al largo delle coste dell'Africa occidentale, nei pressi dell'isola di Ascensione, ad opera del U-Boot tedesco U-156 comandato dal capitano di vascello Werner Hartenstein.
Il Laconia era un transatlantico, varato nel 1921, appartenente alla flotta della Cunard Line, di 19.695 tonnellate, convertito dagli inglesi in mercantile armato per il trasporto delle truppe. Nel luglio del 1942 soldati italiani fatti prigionieri dagli inglesi, a seguito della battaglia di El Alamein, vennero inoltrati a Port Tewfik a bordo di zattere ed imbarcati sull'unica nave disponibile in quel momento, il transatlantico Laconia, che fu adibito al trasporto in Inghilterra dei soldati, degli ufficiali e del personale militare, insieme alle loro famiglie. Sulla nave erano imbarcati 463 ufficiali e uomini di equipaggio, 286 militari inglesi in qualità di passeggeri, 1.800 prigionieri di guerra italiani, 103 guardie polacche e 80 tra donne e bambini
Dopo aver letteralmente stipato i circa 1.800 prigionieri nelle stive che potevano contenerne solo la metà, la nave fece tappa in diversi porti quali Aden, Mombasa, Durban e Città del Capo, dove sembra sia stata cambiata la destinazione, ossia dalla Gran Bretagna alle coste degli Stati Uniti, spiegando di conseguenza il motivo dell'azzardato allontanamento dalle coste africane per spingersi in pieno Oceano Atlantico.
La notte del 12 settembre, il transatlantico, navigando a luci spente e zigzagando come di routine per evitare gli attacchi dei sommergibili nemici che pattugliavano tutti i settori dell'Atlantico, si trovava nei pressi dell'isola di Ascensione quando venne silurato dall'U-156, affondando in circa due ore.
Una volta emerso, l'U-Boot tedesco si avvicinò ai naufraghi per fare prigionieri gli ufficiali più alti in grado, ma l'equipaggio si accorse che tra i naufraghi vi erano numerosi soldati italiani; immediatamente la notizia venne trasmessa al Befehlshaber der U-Boote (BdU) e l'ammiraglio Karl Dönitz diede ordine di salvare i naufraghi, allertando contemporaneamente alcune unità che incrociavano nelle medesime acque, tra le quali l'U-506, comandato dal capitano di vascello Erich Würdemann, e l'U-507, comandato dal capitano di corvetta Harro Schacht, affinché facessero rotta verso il luogo dell'affondamento; egli inoltre trasmise la richiesta di aiuto a BETASOM, la base sottomarina della Regia Marina di stanza a Bordeaux, ed il contrammiraglio Romolo Polacchini acconsentì, inviando uno dei sommergibili italiani, il Comandante Cappellini, comandato dal tenente di vascello Marco Revedin, per coadiuvare i tedeschi nelle operazioni di salvataggio.
Dai primi racconti dei naufraghi italiani emerse subito una realtà inquietante: il giornale di bordo del comandante Hartenstein riportava: «00 h 7722 – SO. 3. 4. Visibilità media, mare calmo, cielo molto nuvoloso; secondo le informazioni degli italiani, gli inglesi, dopo esser stati silurati, hanno chiuso le stive dove si trovavano i prigionieri ed hanno respinto con armi coloro che tentavano di
raggiungere le lance di salvataggio…», e, con il passare delle ore, la tragicità degli eventi può essere percepita dalle azioni che il comandante Hartenstein intraprese: dapprima egli inviò un messaggio al BdU chiedendo la "neutralizzazione diplomatica" del luogo dell'affondamento; in seguito lanciò un'invocazione d'aiuto in lingua inglese sulle frequenze radio utilizzate dalla Royal Navy; gli inglesi ignorarono però questo messaggio temendo un'imboscata.
Il 15 settembre arrivarono sul luogo nel naufragio i due U-boot precedentemente allertati, seguiti il giorno successivo dal Comandante Cappellini, e le operazioni di raccolta proseguirono: l'U-506 raccolse 132 naufraghi italiani, l'U-507 153 superstiti inglesi, italiani e polacchi, ed il sommergibile italiano raccolse un numero imprecisato di naufraghi italiani ed inglesi. Il giorno 16 comparve sulle unità impegnate nei soccorsi un bombardiere americano Liberator: una bandiera con la croce rossa fu stesa sul ponte e fu inviato un messaggio in codice Morse all'aereo Alleato, che lo informava della presenza a bordo di naufraghi inglesi ma non vi fu risposta ed un ufficiale della Royal Air Force chiese al tenente Hartenstein di inviare lui un messaggio, a dimostrazone della veridicità dell'informazione, ma anche in questo caso non vi fu risposta ed il bombardiere si allontanò, ma il comandante tedesco ordinò prudentemente ad uno dei marinai di recarsi a poppa, pronto a recidere le funi di rimorchio delle zattere, nel caso in cui il sommergibile avesse dovuto immergersi.
Alle ore 12.32 l'aereo Alleato fu di nuovo sopra all'U-156 e sganciò una prima bomba che cadde a circa 200 metri dal bersaglio ed immediatamente la fune di rimorchio fu tagliata e venne ordinato ai naufraghi in quel momento in coperta di gettarsi in mare, mentre altre quattro bombe vennero lanciate sul sommergibile, di cui una produsse lievi danni prima che l'U-Boot riuscisse ad immergersi; dopo l'accaduto anche all'U-506 ed all'U-507 venne trasmesso l'ordine di tenersi pronti ad abbandonare i naufraghi in caso di attacco aereo, ma le due unità tedesche, il 17 settembre, incrociarono due navi francesi, l'Annamite ed il Gloire, che poterono raccogliere i superstiti, mentre, il 18 settembre, il Comandante Cappellini raggiunse il cargo francese Dumont d'Urville, trasbordando tutti i naufraghi ad eccezione di due ufficiali inglesi tenuti prigionieri; al termine delle operazioni di salvataggio, si contarono tra i 1.600 ed i 1.700 morti.
A seguito di questa vicenda l'ammiraglio Dönitz emanò il Triton null, un ordine che ribadiva ed irrigidiva il precedente ordine permanente n. 154, in base al quale gli U-boot non dovevano prestare soccorso ai naufraghi delle navi affondate, nonostante tale comportamento costituisse una violazione dell'art. 22 sugli Accordi Navali di Londra del 1935 e 1936. Ancor oggi l'episodio rimane oggetto di disputa tra nazioni: gli Alleati lo definirono "incidente del Laconia", mentre le forze dell'Asse la "tragedia del Laconia".
Tra il 16 e il 17 agosto, cinque sommergibili tedeschi lasciarono le loro basi francesi dell'Atlantico, e una volta in alto mare, fecero rotta verso sud, nel quadro della «Operazione Eisbär» (orso bianco), un’azione ideata dall'ammiraglio Dönitz volta a colpire il traffico mercantile alleato nell’area del Capo di Buona Speranza.
I sommergibili scelti erano: U-68 (cap.corv. Merten), U-504 (cap.corv. Poske), U-172 (ten.vasc. Emmermann), U-156 (ten.vasc. Hartenstein) e il sommergibile da rifornimento U-459 (ten.vasc. Wilamowitz-Möllendorf)
Al B.d.U si seguiva sulla carta la navigazione del gruppo.
Nella notte tra il 12 e il 13 settembre, pervenne un messaggio che, decifrato immediatamente, inquietò l’intero Comando:
13,9 - ATLANTICO VERSO FREETOWN - QU. E.T. 5775 SI - 2 MEER I,7,110 0. 400 - COPERTO VISIBILITA' 4 MIGLIA - AFFONDATO INGLESE LACONIA QU. F.F. 7721 - 310 - PURTROPPO CON 1500 PRIGIONIERI ITALIANI - SINO AD ORA 90 SALVATI - COMBUSTIBILE 157 M3 - SILURI 19 - ALISEI FORZA 3 - CHIEDO ORDINI - HARTENSTEIN.
Il Laconia, un vecchio transatlantico del 1922 della Cunard White Star Line, di 19.695 tonnellate, al comando del cap. Rudolf Sharp e con 463 ufficiali e uomini di equipaggio, trasportava 286 passeggeri militari inglesi, 1800 prigionieri di guerra italiani, 103 guardie polacche e 80 tra donne e bambini, familiari di militari di stanza in Egitto e a Malta che rientravano in Inghilterra.
Secondo gli ordini del B.d.U., l’U-156 si era avvicinato alla nave in affondamento per fare prigionieri il comandante ed il direttore di macchina. Navigando tra i naufraghi ed i relitti, dal sommergibile si erano udite delle invocazioni di soccorso in italiano: “Aiuto! Aiuto!”
Fatti ripescare due uomini, dal loro racconto, il comandante Werner Hartenstein apprese la composizione dei passeggeri del Laconia.
Inviato il messaggio al B.d.U., iniziò senza indugio le operazioni di salvataggio, issando sul battello i naufraghi che si dibattevano in mare, rimorchiando le scialuppe di salvataggio stracolme, curando i feriti e rifocillando un po’ tutti, con particolare riguardo alle donne ed ai bambini.
Il Laconia non disponeva in numero sufficiente per tutti i passeggeri di scialuppe e zattere di salvataggio ed inoltre, l’esplosione del primo siluro aveva danneggiato irreparabilmente alcune scialuppe (due siluri erano infatti stati usati da Hartenstein per affondare il Laconia).
Se a tutto ciò uniamo l’ovvia confusione dei momenti successivi al siluramento e della affannosa ricerca della salvezza da parte dei passeggeri, possiamo solo immaginare la situazione di sovraffollamento che dovevano sopportare le lance in mare.
Il messaggio ricevuto al B.d.U. fece riflettere lo Stato Maggiore: come sua abitudine, l'ammiraglio Dönitz si consultò con i suoi collaboratori, che più o meno esplicitamente suggerirono ordinare all’U-156 di procedere per la sua rotta ignorando i naufraghi per non compromettere l’operazione in corso
L’Ammiraglio Dönitz non era però d’accordo e decise di proseguire l’operazione di salvataggio dei naufraghi; richiese quindi all’U-156 maggiori dettagli sul naufragio e dispose che gli altri sommergibili del gruppo Eisbär facessero rotta per aiutare Hartenstein nelle operazioni di salvataggio.
Pressappoco alla stessa ora, esterefatto Hartenstein, scrisse nel suo giornale di bordo:
“00 h 7722 - SO. 3. 4. Visibilità media. Mare calmo. Cielo molto nuvoloso. Secondo le informazioni degli italiani, gli inglesi, dopo esser stati silurati, hanno chiuso le stive dove si trovavano i prigionieri. Hanno respinto con armi coloro che tentavano di raggiungere le lance di salvataggio...”
Gli italiani interrogati, avevano fatto un racconto tragico del siluramento: chiusi nelle stive, le sentinelle non avevano aperto le sbarre; avevano quindi dovuto gettarvisi contro, sfondandole, ostacolati dalle guardie che non avevano esitato a sparare e ad usare la baionetta per trattenerli. Giunti sui ponti avevano dovuto lottare per ottenere un salvagente ed il posto sulle lance di salvataggio (da una stima circa 1400 prigionieri italiani perirono direttamente nelle stive del Laconia senza aver oltrepassato i cancelli).
Le ferite da taglio di alcuni prigionieri ed il ripetersi del racconto pressoché uguale dei prigionieri suffragavano tale barbaria e tutto ciò complicava la situazione tenuto conto della vicinanza nel battello e sulle lance tra italiani ed inglesi e polacchi.
Hartenstein pensò soprattutto alle donne ed ai bambini che aveva visto nelle imbarcazioni.
Alla richiesta di maggiori informazioni di Dönitz, Hartenstein rispose:
FONOGRAMMA 0437:13 - LA NAVE HA TELEGRAFATO IL PUNTO ESATTO. HO A BORDO 193 UOMINI, TRA CUI 21 INGLESI. CENTINAIA DI NAUFRAGHI GALLEGGIANO CON CINTURE DI SALVATAGGIO.
PROPONGO NEUTRALIZZAZIONE DIPLOMATICA DEL LUOGO AFFONDAMENTO. STANDO ASCOLTO RADIO, UNA NAVE SCONOSCIUTA ERA VICINISSIMA AL LUOGO DEL NAUFRAGIO. HARTENSTEIN.
Intanto gli altri battelli del gruppo Eisbär avevano modificato la rotta per convergere sul luogo del naufragio: ci avrebbero però impiegato almeno quarantott'ore ad arrivare!
Il messaggio di risposta di Hartenstein indusse l’ammiraglio Dönitz a mettersi in comunicazione telefonica con l'ammiraglio Fricke, addetto allo Stato Maggiore del Comando Supremo della Marina. Gli espose la situazione, le decisioni prese. Come se l'aspettava, il grandammiraglio Raeder gli fece sapere la sua approvazione dell'invio dei tre sommergibili in aiuto dell'U-156 ma il Führer, appreso la notizia del Laconia, fu malcontento, pregando insistentemente, se le operazioni di salvataggio continuassero, di non far correre alcun rischio agli U-Boote.
Dönitz chiese inoltre all'ammiraglio Romolo Polacchini, comandante della base italiana Betasom di Bordeaux, l'invio d'uno dei suoi sommergibili in aiuto a Hartenstein. Polacchini accettò immediatamente e spedì il seguente radiomessaggio urgente al ten.vasc. Marco Revedin, comandante del sommergibile Cappellini:
BETASOM A CAPPELLINI: DIRIGERE CON MASSIMA URGENZA QUADRATINO 0971 - STOP - ALTRE UNITA' ALLEATE SI DIRIGONO STESSA ZONA.
Pressato dal Führer e dallo Stato Maggiore di non correre nessun rischio durante le operazioni di salvataggio, il B.d.U. trasmise il seguente radiomessaggio:
HARTENSTEIN, RIMANETE SUL POSTO DEL SINISTRO, PRONTO A IMMERGERVI. I SOMMERGIBILI CHE PARTECIPANO NON DEBBONO PRENDERE A BORDO CHE UN NUMERO DI NAUFRAGHI TALE CHE CONSENTA LORO, IN IMMERSIONE, DI ESSERE PRONTI AD AGIRE. SEGUE NEUTRALIZZAZIONE.
Alle 06.00 del mattino del 13 settembre, Hartenstein, depresso e condizionato dai drammatici avvenimenti che accadevano sul mare attorno al sommergibile, trasmise un'invocazione di soccorso in inglese sulle lunghezze d'onda di 25 e di 60 metri:
IF ANY SHIP WILL ASSIST THE WRECKED LACONIA CREW. I WILL NOT ATTACK HER, PROVIDED I AM NOT BE ATTACKED BY SHIP OR AIRFORCE. I PICKED UP 193 MEN – 4° 52 SOUTH, 11° WEST. GERMAN SUBMARINE.
Hartenstein sperò ricevere un aiuto inglese. Nulla!
Intanto, tedeschi e italiani insistettero presso la Commissione d'Armistizio affinché i francesi facessero partire da Dakar qualche grande nave di superficie; i tedeschi promisero addirittura di restituire la nafta adoperata e di liberare qualche centinaio di prigionieri. I francesi inviarono quindi nella zona dell’affondamento l’incrociatore Gloire (cap.vasc. Graziani) e gli avvisi coloniali Annamite (cap.corv. Quémard) e Dumont d’Urville (cap.freg. Madelin).
Sull’U-156 i naufraghi passavano qualche ora a bordo del battello: il tempo di somministrare una minestra calda e del caffè, poi tornavano nelle imbarcazioni, solo i feriti, le donne ed i bambini rimanevano a bordo del sommergibile. Nel mare antistante erano da tempo comparsi gli squali ed i naufraghi in acqua erano spesso attaccati con morsi alle parte del corpo sommersa. Le grida strazianti dei feriti riecheggiavano attorno al battello. Passò un'altra notte. Il 14, alle 07.40 del mattino, il comandante dell'U-156 ricevette un altro messaggio del B.d.U. che riportava l’attenzione sulla sicurezza e l’efficienza del battello.
Hartenstein fece subito una prova d'immersione con 193 naufraghi a bordo che riuscì, ma fu sicuramente un’impresa tecnica eccezionale.
Nella mattinata del 15 l'U-506 fu il primo a comparire. Hartenstein poté scambiare due parole con il megafono con Wúrdemann. Essi si divisero i naufraghi: 132 italiani furono trasbordati sull'U-506. Hartenstein conservò 131 superstiti tra cui molti inglesi. L'U-507 arrivò nel pomeriggio. Schacht aveva già raccolto italiani, inglesi e polacchi incontrati sulla sua rotta e, alle 17.55, aveva a bordo 153 superstiti.
In altro settore, il Cappellini, dopo aver rifornito d'acqua e di viveri diverse lance, aveva raccolto italiani e inglesi.
Il 15 settembre, alle 03.40, Dönitz inviava finalmente un messaggio ai suoi sommergibili
PER IL GRUPPO LACONIA. AVVISI COLONIALI DUMONT-D'URVILLE - ANNAMITE - ARRIVERANNO PROBABILMENTE MATTINATA DEL 17.9. INCROCIATORE CLASSE GLOIRE VIENE A GRANDE VELOCITA' DA DAKAR. QUI APPRESSO ISTRUZIONI PER CONTATTO: 1- INCONTRO SOLTANTO DURANTE IL GIORNO. ALZARE BANDIERA NAZIONALE IN TESTA D’ALBERO, PROIETTORE E.S. 2- UN’ORA PRIMA DI GIUNGERE SUL LUOGO, EMETTERE UN RADIOGRAMMA SU 60 METRI CHE COMINCIA CON “PP” QUINDI 4 GRUPPI DI 5 LETTERE TRA IL QUINTO GRUPPO CON LETTERE “N R C H”.
Il salvataggio dei naufraghi del Laconia prendeva più ampie proporzioni.
Alle 11.25 del 16 settembre Hartenstein e l’equipaggio sulla coperta dell’U-156 udirono un rombo di motori e subito dopo apparve un aereo.
Venne stesa sul cannone prodiero una bandiera con la croce rossa; in quel momento erano rimorchiate quattro imbarcazioni stracariche di naufraghi italiani ed inglesi.
L’aereo - un Liberator americano di cui si distinguevano chiaramente le stelle sotto le ali - volò in cerchio a 80 metri d'altezza sopra il sommergibile.
Dall'U-156 si trasmise in Morse:
QUI SOMMERGIBILE TEDESCO CON NAUFRAGHI INGLESI. C’E' UN AEREO DI SOCCORSO IN VISTA?
Il pilota americano non rispose. Un ufficiale della RAF si arrampicò sulla torretta e chiese ad Hartenstein di trasmette lui un messaggio all’aereo:
QUI UFFICIALE RAF A BORDO SOMMERGIBILE TEDESCO. CI SONO I NAUFRAGHI DEL LACONIA, SOLDATI, CIVILI, DONNE, BAMBINI.
Il pilota non rispose nuovamente e il Liberator s'allontanò a sud-ovest.
Per ogni evenienza, Hartenstein ordinò a uno dei suoi uomini di tenersi a poppa con una scure, pronto a recidere il cavo di rimorchio delle scialuppe.
Alle 12.32 l'apparecchio americano ritornò sempre a circa 80 metri d'altezza.
Una prima bomba si staccò dalla fusoliera del quadrimotore.
Il quadrimotore B-24, pilotato dal tenente James D. Harden, bombardiere il tenente Edgar W. Keller, ufficiale di rotta il tenente Jerome PerIman, sorvolava il settore nord occidentale dell'isola di Ascensione. L'isola britannica era passata da un mese appena sotto il controllo americano.
La base di Wídeawake serviva di collegamento agli aerei appena costruiti nelle fabbriche americane. Essi toccavano Natal e Ascensione, per raggiungere le coste africane e da là, i settori operativi orientali, specialmente il Medio Oriente. La base doveva restare segreta e nessuna nave nemica o neutrale doveva avvicinarla.
Quando J.D. Harden avvistò il sommergibile in emersione circondato dai canotti dei naufraghi, chiese istruzioni precise al colonnello James A. Ronin che comandava la base a Wideawake, la AA Composite Force 8012. Questi ne discusse con il capitano Robert C. Richardson III; quindi chiesero istruzioni a Washington. Nessuna risposta.
Il quadrimotore aveva perduto molto tempo in attesa di risposta e quando ricevette l'ordine: «SINK SUB» aveva carburante appena sufficiente per rientrare alla base.
Senza attendere l'ordine, il marinaio a poppa tagliò la corda di rimorchio. La bomba esplose a 200 metri dal battello.
Hartenstein con prontezza ordinò di evacuare i naufraghi e prepararsi all’immersione; nel mentre quattro altre bombe caddero ed esplosero: una centrò una scialuppa e una causò avarie agli accumulatori ed al periscopio. L'U-156 s'immerse e, alle 16.00, alla profondità di 60 metri, i danni più importanti furono stati riparati con i mezzi di bordo.
Il sommergibile riemerse alle 21.42 ed alle 23.04 trasmise:
HARTENSTEIN - STOP - LIBERATOR AMERICANO CI HA BOMBARDATO CINQUE VOLTE CON QUATTRO LANCE CARICHE NONOSTANTE BANDIERA CON CROCE ROSSA DI 4 METRI QUADRATI - STOP - ALTEZZA ERA DI SESSANTA METRI - STOP - I DUE PERISCOPI DANNEGGIATI - STOP - INTERRUZIONE SALVATAGGIO - STOP - TUTTI SGOMBRATI DAL PONTE - STOP - VADO A OVEST PER RIPARARE - HARTENSTEIN.
Questo messaggio veniva registrato al B.d.U. alle 00.40 del 17 settembre. Nel ricevere questa stupefacente notizia, l'ammiraglio Dönitz diramò subito il seguente messaggio per l’U-156:
INTERROMPETE SALVATAGGIO. CONTROLLATE CARBURANTE, SILURI, APPROVVIGIONAMENTI ED EQUIPAGGIO; POI RENDETE CONTO.
e, alle ore 1.40, per tutti i sommergibili nel settore del Laconia:
IL TOMMY E' UN MAIALE, LA SICUREZZA DEL SOMMERGIBILE NON DEVE IN NESSUNA CIRCOSTANZA ESSERE ARRISCHIATA. NESSUN RISCHIO DA PRENDERE, SENZA RIGUARDI, ANCHE QUELLO D’INTERROMPERE IL SALVATAGGIO. PENSARE CHE UNA PROTEZIONE DEI SOMMERGIBILI DA PARTE DEL NEMICO - COMPLETAMENTE FUORI CAUSA. SCHACHT E WURDEMANN DATE VOSTRA POSIZIONE.
Alle 3.06 Schacht (U-507) rispondeva:
QU. F.E. Q3 9697. 129 ITALIANI, 1 UFFICIALE INGLESE, 16 BAMBINI, 15 DONNE A BORDO, 7 LANCE CON 330 SUPERSTITI FRA CUI 35 ITALIANI. SIAMO PRONTI A SBARCARLI O TRASBORDARLI. SCHACHT.
Lancia di salvataggio carica di naufraghi
E Wurdemann (U-506):
ORE 03.30 FONOGRAMMA 0151/A, MI TROVO CON LANCE QU. 9690. A BORDO 142 ITALIANI, 9 DONNE E BAMBINI. NESSUN AEREO IN VISTA. WURDEMANN.
Infine Dönitz trasmise:
PER SCHACHT E WURDEMANN: LE NAVI DEVONO ESSERE IN OGNI MOMENTO IN CONDIZIONE DI IMMERGERSI E DI MANOVRARE IMMEDIATAMENTE IN IMMERSIONE. NAUFRAGHI CHE SONO A BORDO DEVONO ESSERE MESSI NELLE LANCE. CONSERVATE A BORDO GLI ITALIANI, ANDATE SUL LUOGO DELL’APPUNTAMENTO, QU F.E. 9695, E LAGGIU' CONSEGNATELI AI FRANCESI. FARE ATTENZIONE ALL’AZIONE DEI SOMMERGIBILI E DEGLI AEREI NEMICI.
Anche Wurdemann era attaccato il 17 settembre, alle 12.22, da un grosso idrovolante che sganciò tre bombe quando già l'U-506, con i suoi 142 passeggeri a bordo, si era immerso e si trovava a 60 metri di profondità, avendolo scorto in tempo.
Finalmente, gli U-Boote incontrarono le navi francesi giunte da Dakar e poterono effettuare il trasbordo dei naufraghi.
La Gloire aveva intanto imbarcato la maggior parte dei naufraghi incontrati sulle scialuppe e sui canotti. A bordo, si distribuivano abiti a quelli e a quelle che ne avevano bisogno. Si curavano i feriti. Si separavano i gruppi italiani e inglesi, donne e bambini assieme. Gli U-Boote avevano trattenuto prigioniero qualche ufficiale inglese.
Il Cappellini s'incontrò con il Dumont d'Urville il 18 settembre alle 11.30 e gli consegnò tutti i suoi naufraghi, ad eccezione di due ufficiali inglesi e sei italiani.
Due canotti avevano tentato di raggiungere da sé la costa dell'Africa. Vi giunsero dopo parecchie settimane. In partenza, ogni canotto conteneva una cinquantina di naufraghi. Non vi furono che sei superstiti.
Circa 1600 persone avevano trovato la morte nel naufragio del Laconia.
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