lunedì 15 dicembre 2014

Distruzione dell’Abbazia di Montecassino

ULTIMA LEGIONE
IN HOC SIGNO VINCES
MEMORIA E IDENTITA’

15 febbraio 1944 – 15 febbraio 2014 : 70 anni fa.


Distruzione dell’Abbazia di Montecassino

Settanta anni fa gli americani distruggevano l’Abbazia di Montecassino con bombardamenti massicci.
Dal punto di vista della tecnica militare fu una scelta inutile (perché nell’Abbazia non c’erano i tedeschi, che rispettarono quel luogo sacro) e perfino controproducente. Infatti tra le rovine, ormai soltanto un ammasso di pietre e polvere, poi, si asserragliarono i paracadutisti tedeschi che respinsero tutti gli assalti degli anglo-americani e dei loro alleati: polacchi, neozelandesi, indiani, marocchini, gurka nepalesi, ecc.
“Quel 15 febbraio 1944, alle ore 9 e 24 del mattino, l’abbazia di Montecassino è scossa da una tremenda esplosione, che interrompe la preghiera del piccolo gruppo di monaci benedettini nel cenobio mentre invocano l’assistenza della Madonna e recitano «et pro nobis Christum exora».
Tra di loro c’è l’abate ottantenne dom Gregorio Diamare e il suo segretario dom Martino Matronola, che in seguito pubblicherà un diario, indispensabile per ricostruire quei drammatici giorni.
Sulle loro teste e su quelle delle centinaia di profughi presenti nel monastero si è appena abbattuto il grappolo di bombe da 250 kg l’una sganciato dal bombardiere strategico numero 666, pilotato dal maggiore Bradford Evans, il quale, con un numero di codice così inquietante, guida la prima delle quattro formazioni di B-17, le fortezze volanti statunitensi, che hanno ricevuto l’ordine di distruggere il millenario monastero arroccato sul colle. Alle fortezze volanti seguono altre quattro ondate di bombardieri medi. Alle 13 e 33 è tutto finito, i monaci sono tutti salvi, ma diverse centinaia di profughi sono morti sotto le bombe, e sarà difficile, anche dopo la guerra, riesumarne i corpi e dare un nome alle lapidi.”

NB. Il numero dell’aereo bombardiere americano era il 666, il numero della bestia: Satana!
*
Da allora, una domanda si sono posti tutti gli storici e gli strateghi militari: perché quel bombardamento?
Perché quella distruzione?
La riposta va cercata in profondità e non nelle congiunture belliche.
I motivi non furono militari, ma ideologici. Gli americani diedero il messaggio politico di volere annientare un simbolo della millenaria civiltà europea, come segno tangibile della loro complessiva strategia di annientamento dell’Europa, della sua identità, della sua storia, della sua civiltà e, quindi, del suo ruolo sulla scena mondiale.

Ma non va dimenticato che le opere d’arte e la ricchissima biblioteca del monastero benedettino (che vantava perfino manoscritti millenari) furono portati in salvo dall’abnegazione dei soldati tedeschi, che, qualche mese prima del bombardamento (a prezzo di enormi sforzi e gravi rischi) imballarono il prezioso materiale e con autocarri della Wermarcht lo trasportarono a Roma, in Vaticano.

Protagonisti di questo salvataggio furono:

1) il comandante tedesco del fronte di Cassino, Generale Frido von Senger und Etterlin, di nobile famiglia, cattolico devoto e perfino terziario benedettino, il quale aveva già cercato durante le settimane precedenti di convincere l’ottantaduenne abate Gregorio Diamare e i monaci ad abbandonare il monastero. I religiosi avevano rifiutato: tuttavia, occorreva salvare le innumerevoli opere d’arte e tesori di valore inestimabile, proprio in considerazione che l’edificio religioso poteva subire danni molto gravi.
Il pericolo era divenuto realtà e il generale von Senger mise a disposizione i mezzi di trasporto per evacuare quanti si trovavano ancora nel monastero.
L’abate e alcuni monaci non vollero però abbandonarlo e restarono all’interno della cripta.
Generale Frido von Senger und Etterlin “Il Generale von Senger fu uno dei più capaci comandanti superiori della Wehrmacht nelle campagne di Francia, di Russia e soprattutto d’Italia, insignito delle maggiori decorazioni al Valor Militare, sempre animato dai più elevati sentimenti religiosi e cavallereschi che ne determinarono in ogni occasione i comportamenti. Per quanto riguarda il nostro Paese va ricordato anche il suo rifiuto di eseguire l’ordine d’Hitler per la fucilazione di circa 200 Ufficiali italiani presi prigionieri in Corsica in seguito ai combattimenti fra le nostre truppe e quelle tedesche dopo l’8 Settembre 1943, e và pure aggiunto per la verità storica che anche il Feldmaresciallo Kesserling, latore del messaggio di morte di Hitler, “coprì” con il silenzio il nobile e coraggioso rifiuto di obbedienza di von Senger, il quale riuscì altresì a porre in salvo in zona sicura gli ufficiali italiani in pericolo.”

2) Il Colonnello Julius Schlegel, austriaco di Vienna, cattolico. Egli, fin dall’ottobre 1943, con
l’avvicinarsi del fronte di guerra a Cassino, parlò ai superiori (Gen. Kesserling e Gen. Conrath) del pericolo che correvano i dipinti, le statue, i libri ed i manoscritti di Cassino, ottenendo gli autocarri
per il trasloco.
Julius Schlegel fu coadiuvato dal Capitano Medico Maximilian J. Becker.

Schleghel e Becker Schlegel con l’Abate Diamare
I soldati tedeschi, aiutati dai monaci, si prodigarono per riporre in casse tutto il prezioso materiale
librario ed archivistico ed una colonna di autocarri s’incamminò verso Roma.
“Tra gli ufficiali curvi sulla carta topografica aperta dal generale Conrath, al comando della Divisione corazzata “Hermann Goering”, c’è un anziano ufficiale dello stato maggiore, sui cinquant’anni, nativo di Vienna, con funzioni di comandante del reparto manutenzione: il tenente colonnello Julius Schlegel.
Siamo nell’ottobre del 1943 e l’unità si trova ancora a Capua, mentre l’attacco alleato sul Volturno è già iniziato. Il tema della discussione è la continuazione delle operazioni secondo le direttive emanate dal Feldmaresciallo Kesselring, comprendenti il trinceramento delle unità germaniche sulla Linea Gustav.
Conrath passa a descrivere l’importanza della città di Cassino e del suo colle, sul quale sorge una enorme abbazia.
Schlegel, amante dell’arte ed appassionato visitatore dei musei italiani, comprende subito quanto Montecassino ed i suoi inestimabili tesori d’arte siano in pericolo in vista dei futuri sviluppi della battaglia. Coadiuvato dal capitano Maximilian Becker, ufficiale medico della divisione, si reca subito al convento ed avvia una lunga e difficile opera di convinzione verso l’anziano Abate Gregorio Diamare circa la necessità che i monaci lascino Montecassino e che tutte le opere d’arte vengano trasferite in un luogo più sicuro.
I monaci inizialmente si mostrano restii ad accondiscendere alle richieste di Schlegel; successivamente tuttavia, anche in ragione delle notizie che arrivano dall’ormai vicino fronte, essi
realizzano che il pericolo paventato dall’ufficiale tedesco esiste realmente e gli accordano la loro piena fiducia.

Vengono reperiti in tutta fretta i legnami occorrenti per gli imballaggi e per molti giorni gli atrii del monastero si trasformano un enorme laboratorio di falegnameria.
Militari tedeschi e volontari civili lavorano alacremente senza sosta nell’opera di fabbricazione delle casse e nel successivo stivaggio dei tesori e delle opere d’arte, mentre Schlegel perfeziona il suo piano di evacuazione rendendo disponibili i mezzi atti al trasferimento.
Schlegel sa che l’operazione presenta, oltre al tempo, anche una seconda incognita: non ha avvertito i diretti superiori circa i suoi propositi e teme ritorsioni per aver sottratto i preziosi camion e l’ancor più preziosa benzina alle truppe che stanno combattendo al fronte.
Chi lo toglie dai pasticci è il tenente colonnello Bobrowsky, Capo dell’ufficio amministrativo della “Hermann Goering” e abbastanza ben visto dal generale Conrath.
I due ufficiali si mettono a rapporto e descrivono dettagliatamente la grande importanza di Montecassino e del suo patrimonio artistico, promettendo però di descrivere la vastità già raggiunta dall’operazione.
Con loro grande stupore, il comandante approva il piano e promette di intercedere presso l’Alto Comando. Il Comandante supremo della Wermacht in Italia, Feldmaresciallo Kesserling, autorizza Conrath ad appoggiare l’operazione.
E’ così che 70.000 preziosissimi volumi, uniti a oltre 1.200 manoscritti di inestimabile valore, dipinti, statue, ori ed argenti vengono trasportati con 120 camion a Castel S.Angelo in Roma, dove vengono riconsegnati alla Chiesa in una cerimonia immortalata per l’occasione dai fotografi e dalle cineprese del Ministero della Propaganda del Reich.
A conclusione dell’operazione, il 1° novembre 1943, una messa solenne di ringraziamento per tutti coloro che hanno partecipato al salvataggio del tesoro viene celebrata nella basilica dell’abbazia di Montecassino. Per l’occasione, l’Abate Diamare consegna al colonnello Julius Schlegel il suo personale atto di gratitudine, scritto a mano secondo la tradizione benedettina su una preziosa pergamena.”.
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OGGI 15 FEBBRAIO 2014, È NOSTRO DOVERE RICORDARE E, SIA PURE NEI LIMITATI MEZZI CONSENTITICI DALL’EGEMONIA DEI MASS MEDIA, TENTARE DI RISTABILIRE LA VERITÀ STORICA E CAPIRE CHI SONO (ANCORA OGGI) I VERI NEMICI DELLA CIVILTÀ EUROPEA.

Tratto da: http://www.isses.it/

Subiaco e Montecassino: arte e storia da salvaguardare
https://www.youtube.com/watch?v=tmxUSVkAH5A


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