lunedì 22 aprile 2013

QUANTI FATTI ABBIAMO TRALASCIATO, EPPURE FURONO VERE TRAGEDIE E COMPIUTI REALI MIRACOLI


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Diffidiamo dei bla-bla-bla di parte e interessiamoci solo dei fatti e dei documenti

di Filippo Giannini
Tutti sono a conoscenza che il lunedì 28 dicembre 1908 lo Stretto di Messina (Messina e Reggio Calabria) fu colpito da un terremoto. Erano le 5,21 del mattino, gli abitanti erano nel pieno del sonno, un terremoto che raggiunse il 10° grado della Scala Mercalli devastò la città radendo al suolo il 90% degli edifici; Messina che all’epoca contava circa 140.000 abitanti ne perse circa 80.000. Le onde sismiche investirono il circondario: ad esempio Reggio Calabria, anche se non subì la violenza tellurica di Messina, tuttavia dovette accusare 15.000 morti su una popolazione di 45.000 abitanti. Si pensi, ad esempio, che all’Ospedale civile, su 230 ricoverati se ne salvarono solo 29. Ai danni provocati dalle onde sismiche si aggiunsero quelli cagionati dal maremoto di impressionante violenza che investì le zone costiere con onde d’altezza da 6 a 12 metri ( 23 metri a Pellaro, frazione di Reggio Calabria). Ovviamente quest’ultimo fenomeno causò moltissime vittime fra quegli sventurati che, dopo le prime scosse, si erano ammassati sulle coste. Gli incendi che si verificarono poco dopo completarono l’opera di distruzione.
I primi soccorsi i siciliani e i calabresi li ottennero dai marinai russi ed inglesi, scesi dalle loro navi che incrociavano nei pressi delle coste investite; mentre quelli italiani arrivarono, per incapacità criminale del governo del tempo, solo dopo una settimana.
A testimonianza, ecco quanto riporta la relazione, datata 1909 presentata al Senato: <In un attimo la potenza degli elementi ha flagellato due nobilissime province abbattendo molti secoli di opere e di civiltà (…). Forse non è ancora completo, nei nostri intelletti, il terribile quadro, né preciso il concetto della grande sventura (…). Sappiamo che il danno è immenso, e che grandi e immediate provvidenze sono necessarie>.
Si dovranno attendere diversi lustri affinché le “immediate provvidenze” si realizzino; e indovinate chi provvide?
Il 22 giugno 1923 il nuovo Presidente del Consiglio, Benito Mussolini, visita la città di Messina e rimane fortemente rammaricato dallo spettacolo: a 15 anni dallo sventurato terremoto, le baraccopoli attorniavano ancora la città dello Stretto. <È doloroso> ha detto fra l’altro <per la civiltà italiana che degli italiani vivano ancora in uno stato così miserabile!>. Annullati alcuni incontri, Mussolini riceve una commissione nominata per risolvere i problemi della città. <Orrore, orrore …> ripete il Presidente del Consiglio <Io sono qua per ascoltare i cittadini di Messina e per concordare i provvedimenti urgenti da prendere>. Ad un componente della commissione che lo ringraziava per l’impegno preso, Mussolini rispose: <No, non ringraziate ora, ma quando avrò realmente fatto qualche cosa: il mio Governo è un Governo d’azione>.
Dopo aver ascoltato una relazione sui problemi più urgenti della città, Mussolini conclude: <Solleciteremo le opere, faremo presto; ma, o signori, non dimenticate che il denaro pubblico è sacro. Esso proviene dal sudore e sovente dal sangue del popolo e non abbiamo diritto di spenderlo alla leggera. Bisogna andare cauti ed usare tutti i controlli (evidentemente Mussolini risentiva del sistema di governo che lo aveva preceduto, nda). Ricordatevi che abbiamo appena sette mesi di vita (Mussolini era stato nominato Capo del Governo a novembre del 1922, nda) e che i primi mesi dovemmo dedicarli a sbaraccare il terreno dai progetti inutili. Messina può attendere all’opera con fede>.
Quanto sopra scritto è stato ripreso da un lavoro di Don Franco Giuliani.
Passarono pochi anni e il Governo costruì case. Ogni famiglia ebbe la sua bella casa e ancora oggi si possono vedere a Messina e a Reggio Calabria. Messina è definita la città più moderna dopo Littoria (oggi Latina).
A testimonianza proponiamo una lettera inviata al direttore de Il Giornale d’Italia del 28 novembre 1988 dal signor Adolfo Saccà di Roma. <Il terremoto del 1908 ridusse in fumanti macerie Reggio Calabria, Messina e le cittadine di quelle due province. Con l’aiuto di mezzo mondo ben presto furono costruiti interi baraccamenti per il ricovero dei sopravvissuti. Ed in quelle baracche vivemmo per ben venti lunghissimi anni! Dal 1908 al 1928. Finché nel 1928 Mussolini lasciò la capitale per recarsi in Sicilia. Il capo del Governo poté vedere dai finestrini della sua carrozza, riportandone vivissima impressione, il succedersi ininterrotto di baracche già vecchie e stravecchie. L’anno dopo al loro posto c’erano già in tutti i paesi terremotati altrettante belle, decorose palazzine che ancora oggi testimoniano il sollecito, deciso intervento di Mussolini che ci tolse, finalmente!, dalla miserissima condizione di baraccati>.
Dal Ministero dei Lavori Pubblici si può conoscere che nella sola Messina sono stati costruiti 4.574 appartamenti; nella provincia di Reggio Calabria 5.115; nella sola città di Reggio Calabria 2.106. Palazzi con giardini, secondo l’urbanistica del tempo, case che l’assegnatario poteva pagare a riscatto e ad un prezzo conveniente.
Osserva, non senza giustificato motivo Don Franco Giuliani: <L’organizzazione, l’amministrazione e l’assegnazione delle case, avveniva serenamente, senza bustarelle, senza tangenti come invece avviene oggi in ogni amministrazione dello Stato. Gli esempi di tutti i giorni lo dimostrano e confermano>.
Perché abbiamo titolato questo pezzo: “Quanti fatti abbiamo tralasciato, eppure furono vere tragedie e compiuti veri miracoli”? Dobbiamo riconoscere i nostri limiti e la nostra ignoranza. O forse perché quei vent’anni (poco più di tremila giorni) sono così densi di avvenimenti e realizzazioni che ogni giorno di studio offre nuove acquisizioni. Conoscevamo solo in parte questi fatti e quelli che più avanti citeremo. Ripetutamente, anche nei nostri libri, abbiamo rammentato il miracolo compiuto da Araldo Di Crollalanza incaricato da Mussolini per la ricostruzione di ampie zone della Campania, del Sannio e della Lucania, colpite dal sisma (6° grado della scala Richter) del 23 luglio 1930. In soli quattro mesi furono ricostruite o restaurate quasi novemila case dalle solide strutture. A questo proposito non possiamo omettere una parentesi. Nel terremoto de l’Aquila dell’aprile 2009 gli unici edifici che resistettero al sisma furono quelli costruiti nel Ventennio, ma una nuova osservazione è indispensabile: il pur bravo Guido Bertolaso, si è trovato ad operare in una area molto più limitata da quella affidata per la ricostruzione ad Araldo Di Crollalanza ed i mezzi a disposizione di questi erano ben più modesti di quelli a disposizione di Bertolaso. Eppure il terremoto del 1930 è volutamente obliato, certamente per non proporre difficili comparazioni.
Come scritto poco sopra, abbiamo tralasciato di ricordare altri interventi del Governo Mussolini, ma il volume di Don Franco Giuliani ce li rammenta. Anche nelle province di Forlì e di Pesaro, colpite da un sisma nel 1916, le opere di ricostruzione furono compiute negli anni ’20. <Il Duce> ha scritto Don Giuliani . Circa il citato terremoto della Marsica, l’Autore si riferisce al sisma <catastrofico del 13 gennaio 1915 che devastò otto province: Aquila, Avezzano, Ascoli Piceno. Campobasso, Caserta, Chieri, Teramo; 30.000 vittime, 350 comuni devastati (…). I vari governi indaffarati per la crisi e le elezioni, per i comizi, non fecero nulla di nulla>. Il Duce salito al potere nel 1922 <iniziò subito il mastodontico lavoro di riparazione>. All’uopo fu varato un Regio Decreto Legge del 27 settembre 1923: Provvedimenti per le località danneggiate da terremoti successivi a quello del 13 gennaio 1915; Decreto che riguardava, appunto le Norme Antisismiche. E Don Giuliani elenca la lunga serie di interventi per le ricostruzioni. <Costruzione di case antisismiche (…). Sussidi del 50% per coloro che volessero ricostruire per proprio conto la casa distrutta. 140 palazzine asismiche con 500 alloggi in vari Comuni (…). Togliere la gente ancora nelle capanne, nelle tendopoli, nelle case pericolanti, dove l’avevano lasciati gli altri Governi, comandati dai partiti. Nella sola Marsica furono costruite 774 palazzine antisismiche>. E così ad Avezzano scuole, Palazzo di Giustizia, asili, case popolari, acquedotti, fognature; l’ospedale e l’Università a l’Aquila.
Don Franco Giuliani continua: i terremoti del 1927-1930 che investirono i Castelli Romani, l’intervento del Genio Civile fu pronto. <Nemi fu il paese più danneggiato. Furono riparate 181 case e concessi sussidi ai sinistrati. Lo Stato per volere del Duce, distribuì ai danneggiati L. 200.000, cifra ragguardevole per quel tempo>. E così di seguito per i terremoti in provincia di Bologna (10 aprile 1929); terremoto di Avellino, Bari, Benevento, Foggia, Napoli, Potenza, Salerno, l’opera del Genio Civile in quel tempo rispose alle esigenze del caso. <Le persone rimaste senza tetto le fece sistemare in alberghi in attesa della riparazione delle case. Non si parlava mai di tendopoli, di baraccopoli>.
Né queste opere di ricostruzioni bloccarono altri provvedimenti. Anche se quanto andremo a scrivere può apparire fuori tema, non per altro per fare Storia, ricordiamo che proprio in quegli anni (legge 9 ottobre 1926 n° 2389) il Governo Mussolini rese obbligatorio che ogni Provincia o Comune fosse fornito di un Pronto Soccorso. Passò appena un anno e la legge venne applicata scrupolosamente.
Né può essere tralasciato il ricordo della costituzione della IPAB – Pubblica Assistenza Volontaria Croce Verde (R.D. 21 febbraio 1926) che affiancava la Croce Rossa. Per meglio comprendere le finalità, riportiamo l’art. 3 dello Statuto:
<a) soccorrere, trasportandoli nelle loro abitazioni, agli ospedali, o ad altri Istituti di cura i colpiti da malore, i feriti e gli ammalati;
b) diffondere o rendere popolari le norme igieniche o profilattiche atte a preservare la salute pubblica;
c) compiere in genere qualsiasi opera di assistenza infermieristica o di pronto soccorso sanitario;
d) promuovere corsi di infermierato e di assistenza al malato, denominati Scuola Sanitaria con l’osservanza delle disposizioni legislative in materia>.
Altre mille e mille provvedimenti arricchiranno quel periodo oscuro, provvedimenti che, è ovvio, in questo contesto non possiamo presentare.
Ma tutto ha un fine e conosciamo quale. Abbiamo ottenuto la democrazia e ne conosciamo le conseguenze e la necessità, per mantenerla in vita, di demonizzare il male assoluto.

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