di Filippo Giannini
Da pochi giorni è venuto a
mancare Alberto B. Mariantoni, giornalista, politologo di livello superiore.
Chi scrive queste note ha goduto della sua amicizia e della sua stima.
Per
ricordarlo doverosamente riteniamo giusto citare il suo ultimo libro:
Le storture del male assoluto – i “crimini” fascisti che hanno fatto grande l’Italia.
Le storture del male assoluto – i “crimini” fascisti che hanno fatto grande l’Italia.
Un libro che tutti, non solo gli
italiani, dovrebbero leggere.
Dal titolo si evince il senso dell’humor, caratteristico dell’Autore.
Si notino,
ad esempio i titoli dei Capitoli; ne citiamo alcuni:
PARTE I – Un primo stralcio dei più evidenti ed
incontrovertibili “crimini contro l’umanità” del Fascismo – Fa seguito una sfilsa inesauribile di leggi e
decreti concepiti dal Governo mussoliniano a favore dei ceti più deboli e dei
lavoratori; leggi e decreti sino a quel momento impensabili e sconosciuti non
solo in Italia ma nell’intero mondo.
Altro esempio: PARTE II - A
questi primi, notori, evidenti e ripugnanti “delitti” ne faranno seguito
“altri”, ancora più gravi e meno conosciuti – E di nuovo l’elenco,
documentatissimo, di altre decine di leggi sempre a favore di coloro che più di
altri hanno bisogno di assistenza.
E così di seguito Alberto Mariantoni elenca i delitti e le atrocità commesse dal Male assoluto, sino a giungere alla PARTE XXII.
E così di seguito Alberto Mariantoni elenca i delitti e le atrocità commesse dal Male assoluto, sino a giungere alla PARTE XXII.
Ci fa piacere riportare uno stralcio di quanto l’Autore scrive a pagg.
10 e 11: <(…). Il Fascismo “male
assoluto”? Mi chiedevo… E allo stesso tempo mi ponevo quest’altra domanda: era
mai possibile che mia madre, mio padre, le mie nonne, i parenti, gli amici, i
conoscenti di quel tempo (di cui nessuno – per la cronaca – aveva un
qualunque interesse diretto per farlo, né aveva mai rivestito, tra il 1922 ed il
1945, cariche o incarichi pubblici, ufficiali o ufficiosi, nel contesto di quel
Regime), mi avessero tutti mentito?
Era mai possibile –
continuavo ad interrogarmi – che tutto
ciò che, in famiglia, mi era stato detto o raccontato su quel periodo, oppure
che io stesso avevo potuto accertare o toccare con mano, fosse stato, o
continuasse ad essere, tutta
un’illusione?
Tutta un’allucinazione, un obnubilamento, un abbaglio?
Tutta un’allucinazione, un obnubilamento, un abbaglio?
E, di conseguenza, un macroscopico e fallace
inganno?
Potevo, viceversa,
continuare semplicemente a credere che il Fascismo, al limite, avesse
esclusivamente realizzato qualcosa di buono, soltanto per la mia Rieti nativa?
Insomma, ogni volta che le informazioni degli organi di stampa della
restaurazione democratica insistevano a volere per forza legittimare la loro stessa esistenza ed i cambiamenti che erano
intervenuti in Italia dopo la Seconda guerra mondiale, attraverso delle
dettagliate descrizioni del Fascismo “male
assoluto”, mi veniva in mente di effettuare la presente ricerca.
Anche se,
poi, per ragioni di tempo dedicate ad altro impegno professionale,
intraprendevo momentaneamente i miei approfondimenti (durati, in tutto, una
decina di anni), accumulavo delle note e, per finire, lasciavo perdere,
rimandando sempre a “domani” il completamento
e la redazione dell’attuale risultato.
Ed intanto, la foga del regime democratico-assolutista nel quale sono
nato e cresciuto non cessava di dipingere il Fascismo (e continua
ininterrottamente a farlo!) come un “orribile
mostro”.
Come qualcosa di totalmente retrograde, incivile e ripugnante a
cui nessuno, per nessuna ragione, doveva attingere ispirazione, né più
accostarsi, né tanto meno interessarsi (…).
Addio Alberto, sei stato un GRANDE; e chissà se lassù, oltre le nuvole,
potrai accostarti a quell’UOMO del quale siamo ammiratori.
Dopo aver ricordato Alberto Mariantoni,
trattiamo di un altro uomo, ma da noi molto, molto meno stimato: Bruno Vespa.
Questo giornalista “di regime” ha
scritto un libro, già ampiamente pubblicizzato sia sui giornali che in
televisione.
Su “Il Giornale” dell’8
novembre, in prima pagina , su tre colonne, sopra una foto del Duce, si legge
il titolo: Saggio storico di Bruno Vespa
. QUANDO
IL DUCE CI SALVO’ DALLA CRISI”.
Questo
argomento verrà sviluppato più ampiamente nel proseguo dell’articolo.
Una volta
ancora, ripetiamo quanto già scrivemmo: di economia ne comprendiamo molto poco,
però quando azzardammo un giudizio circa le operazioni del governo “golpista” Mario Monti, in merito
sostenemmo che questi per combattere la crisi ha posto in atto una politica
economica opposta a quella che avrebbe dovuto svolgere e il giudizio di altri
personaggi, sembra darci ragione.
Scrive, infatti, Bruno Vespa, dopo aver
ricordato che, nel Ventennio, lo stanziamento per opere pubbliche era stato
quasi raddoppiato: <Nei primi dieci
anni del mio governo – amava puntualizzare il Duce (D maiuscola nel testo, nda) – si è speso in opere pubbliche più di
quanto abbiano speso i governi liberali nei primi sessant’anni dall’Unità
d’Italia.
A proposito, non sarebbe interessante conoscere quanto è
stato speso per opere pubbliche in
regime democratico?
In questi giorni gli studenti sono scesi in
piazza per difendere le scuole pubbliche dagli attacchi del governo Monti. In
merito a questa materia, ecco quanto scrive Vespa al riguardo:
Colpisce, invece, che non sia stato
tagliato di una sola lira il bilancio della Pubblica istruzione (…);.
Come è noto la pressione fiscale
che grava sugli italiani è la più pesante del mondo; su questa materia ricorda
Bruno Vespa:
<Fu lì che il Duce disse
“basta”, con una frase che suonerebbe
ancora oggi di notevole buonsenso “la
pressione fiscale è giunta al suo limite estremo e bisogna lasciare per un po’ di tempo assolutamente tranquillo il
contribuente italiano e, se sarà possibile, bisognerà alleggerirlo, perché non
ce lo troviamo schiacciato e defunto, sotto il pesante fardello (…)>.
Osserva quasi stupito l’Autore: <I
sindacati fascisti chiesero la riduzione dell’orario lavorativo settimanale a
40 ore a parità di salario: l’Italia fu il primo paese al mondo a introdurre
tale misura fin dal 1934, una scelta così avanzata che è ancora in vigore
ottant’anni dopo (…)>.
Ma ascoltate: ripetiamo, pur essendo in piena
crisi congiunturale, molto più pesante di quella attuale, ecco quali erano le
preoccupazioni del “male assoluto”:
<In un paese ancora povero, in cui
pochissimi bambini potevano permettersi le vacanze al mare, fu provvidenziale
l’istituzione delle colonie estive, i cui ospiti passarono da 150mila nel 1930
a 474mila nel 1934. Nel 1926, un anno dopo la sua costituzione, l’Opera Nazionale Dopolavoro contava
280mila iscritti, che un decennio più tardi erano saliti a 2 milioni 780mila,
per raggiungere i 5 milioni alla vigilia della seconda guerra mondiale (…).
Agli adulti la tessera del dopolavoro dava diritto a forti sconti su ogni tipo
di svago: dal cinema ai teatri, dai viaggi alle balere, dagli abbonamenti ai
giornali alle partite di calcio (…)>.
E tu, operaio o persona a basso
reddito, quanto paghi per mandare tuo figlio a scuola e quanto paghi per libri
o quaderni?
Ecco quanto ha “scoperto”
Bruno Vespa: <Tutti, iscritti e non,
avevano diritto se bisognosi alla refezione scolastica, a libri e quaderni
gratuiti, all’accesso a colonie marine, ai campi estivi e invernali,
all’assistenza nei centri antitubercolari (…)>.
Questo e altro ancora attesta
il signor Bruno Vespa nel suo libro che, al contrario di chi scrive queste
note, venderà decine di migliaia di copie, grazie ai graziosi interventi televisivi e di stampa di cui può godere, al
contrario di noi che, pur avendo già ripetutamente (e tanto di più) ricordato
quanto di grande fu realizzato nel periodo del governo mussoliniano, non
disponendo di alcun santo in Paradiso,
ci dobbiamo accontentare di veder vendere i propri volumi nella misura della
radice quadrata di quanto il valente giornalista della Rai potrà gode.
Quanto sin qui ricordato non è nulla rispetto ai miracoli compiuti dal male assoluto,
in poco più di vent’anni.
Ne è prova quanto fece Roosevelt nel corso della sua campagna elettorale
impostata all’insegna del New Deal, ossia ad un vasto intervento statale
in campo economico, in altre parole proponendo un’alternativa al liberismo
capitalista.
Una volta eletto, Roosevelt (e questo nel dopoguerra fu
accuratamente celato) inviò, nel 1934, in Italia Rexford Tugwell e Raymond
Moley, due fra i più preparati uomini del Brain Trust, per studiare il miracolo italiano e
uscire in qualche modo dalla crisi che attanagliava gli Usa.
Al riguardo lo studioso
Lucio Villari osserva: <Tugwell e Moley, incaricati alla ricerca di un
metodo di intervento pubblico e di diretto impegno dello Stato che, senza
distruggere il carattere privato del capitalismo, ne colpisse la degenerazione
e trasformasse il mercato capitalistico anarchico, asociale e incontrollato, in
un sistema sottoposto alle leggi e ai principi di giustizia sociale e insieme
di efficienza produttiva>.
Roosevelt inviò Tugwell a Roma per
incontrare Mussolini e studiare da vicino le realizzazioni del Fascismo.
Ecco
come Lucio Villari ricorda l’episodio, tratto dal diario inedito di Tugwell in
data 22 ottobre 1934 (anche l’Economia Italiana tra le due Guerre ne
riporta alcune parti, pag. 123):
<Mi dicono che dovrò incontrarmi con
il Duce questo pomeriggio… La sua forza e intelligenza sono evidenti come anche
l’efficienza dell’ammnistrazione italiana, è il più pulito, il più lineare, il
più efficiente campione di macchina sociale che abbia mai visto. Ho qualche
domanda
da
fargli che potrebbe imbarazzarlo, o forse no>.
Questo fatto è ricordato anche da Bruno
Vespa, con queste parole:
<(…) Rexford Tugwell, l’uomo più a sinistra
dell’amministrazione americana, pur collocandosi ideologicamente agli antipodi
del fascismo, riconosceva che il regime stava ricostruendo l’Italia “materialmente e in modo sistematico
(…). Il fascismo è la macchina sociale più scorrevole e netta, la più
efficiente che io abbia mai visto. E ne sono invidioso>.
Certo che nell’Italia libera, democratica e antifascista,
certe cose non vanno ricordate!
Quale è e come si articolava la
risposta italiana alla grande crisi
economica mondiale?
Giorgio De
Angelis [L’Economia Italiana tra le due
Guerre] scrive:
«L'onda d'urto provocata
dal risanamento monetario non colse affatto di sorpresa la compagine
governativa e provvedimenti di varia natura attenuarono, ove possibile, i
conseguenti effetti negativi soprattutto nel mondo della produzione (...).
L'opera di risanamento monetario, accompagnata da un primo riordino del sistema
bancario, permise comunque al nostro Paese di affrontare in condizione di
sanità generale la grande depressione mondiale sul finire del 1929 (...)».
Sempre nello
stesso volume, il professor Gaetano Trupiano, a pagina 169, afferma: «Nel 1929, al momento della crisi mondiale,
l'Italia presentava una situazione della finanza pubblica in gran parte
risanata; erano stati sistemati i debiti di guerra, si era proceduto al
consolidamento del debito fluttuante con una riduzione degli oneri per
interessi e le assicurazioni sociali avevano registrato un sensibile sviluppo».
In altre
parole, come avevamo già scritto, mentre nel mondo decine di persone si
uccidevano per la disperazione, in Italia, anche se la crisi internazionale
stava producendo diversi danni, le iniziative del Governo erano riuscite ad
evitare che la catastrofe assumesse quelle drammatiche proporzioni che altrove
si erano verificate (1).
I ministri
finanziari del Governo Mussolini e, ultimo in ordine di tempo fra questi,
Antonio Mosconi, riuscirono a far sì, che negli anni fra il '25 e il '30, i
conti nazionali registrassero attivi da primato.
Vennero
intraprese iniziative che ancor oggi non mancano di stupire per la quantità e
la qualità dei meccanismi messi in opera e per il successo da essi ottenuto.
Lo Stato
affrontò la crisi congiunturale spaziando «dalla
politica monetaria alla politica creditizia, dalla politica finanziaria alla politica valutaria, dalla politica
agricola alla politica industriale, dalla politica dei prezzi alla politica dei
redditi, dalla politica fiscale alla politica del commercio estero, dalla
politica previdenziale alla politica assistenziale» Sabino Cassese [L’Economia Italiana tra le due Guerre].
Con questa
varietà di interventi nella politica economica composta da un fattivo
intervento nelle attività produttive e finanziarie, lo Stato italiano divenne
titolare di una parte delle attività industriali.
Seguendo
questa impostazione, la cura fu
quella più appropriata per il superamento della crisi, anche se comportò dei
sacrifici: per sostenere le industrie a fine 1930 si rese necessaria una
riduzione dei salari dell'8% circa per gli operai; per gli impiegati la
riduzione variò, a seconda dell'entità delle retribuzioni, dall'8 al 10%. Il
sacrifìcio venne, però, quasi subito compensato dalla contrazione dei prezzi
delle merci, per cui il valore reale d'acquisto ammortizzò in breve tempo
l'entità del taglio. Questi sacrifici
furono affrontati da tutto il popolo con disciplina e partecipazione.
In alcuni
casi, soprattutto da parte dei senza lavoro (l'indice della disoccupazione subì
nei primi mesi del '30 un brusco incremento), si verificarono contestazioni con
manifestazioni, scioperi, a volte con serrate.
Le principali agitazioni
avvennero tra l'aprile 1930 e buona parte del '32; ma queste non si trasformarono
mai in tumulto e tutte rientrarono in buon ordine, anche se le organizzazioni
antifasciste dall'estero spingevano verso azioni violente.
Nel periodo
di maggior ristagno l'attività del Governo si svolse con due diversi
interventi:
uno, immediato, che possiamo indicare come passivo, indirizzato ad assistere le famiglie più colpite dalla grande crisi;
il secondo, che possiamo
definire attivo, tendente ad
incrementare gli investimenti statali nelle grandi opere.
Fra gli
interventi passivi possiamo
ricordare, oltre al taglio degli stipendi e dei salari: la riduzione delle ore
lavorative per evitare, il più possibile, il licenziamento; l'introduzione
della settimana lavorativa a 40 ore (operazione che comportò il riassorbimento
di 220 mila lavoratori); la diminuzione dei fitti; una forte riduzione delle
spese nei bilanci militari; opere di assistenza diretta, come distribuzione di
buoni viveri e centri di distribuzione di pasti.
Mussolini seguiva con grande
cura l'esecuzione di queste disposizioni; ne fa fede un telegramma inviato al
prefetto di Torino in data 1° dicembre 1930: «Buono viveri è insufficiente. Mezzo chilo di pane ai disoccupati
senza famiglia sta bene, ma i disoccupati con famiglia devono avere oltre il
pane il riso, condimento e carbone. Bisogna dare qualcosa di più del semplice
pezzo di pane».
Per
concludere la parte riguardante gli interventi passivi, è interessante riportare il perentorio telegramma inviato
da Mussolini il 6 aprile 1931 al prefetto di Ferrara: «Dica ai dirigenti politici e sindacali ferraresi che sciopero Po di
Volano per ottenere aumento di salario è grottesco e criminoso, tanto più che
trattasi di lavori pubblici finanziati col sudore e col sangue del contribuente
italiano. Se domattina lavoro non sarà ripreso colla massima disciplina darò
ordini perché lavoro stesso sia sospeso sine
die. Scioperare quando ci sono 700 mila disoccupati che cercano invano
lavoro da mesi è atto di incoscienza sovversiva che rivela persistenza vecchia
mentalità e che va quindi immediatamente stroncata. Istigatori sciopero devono
essere esemplarmente condannati».
L'intervento
che possiamo indicare come attivo fu
molto variegato e riguardò, come abbiamo più volte ricordato, quello dello
Stato nelle più diverse attività della vita sociale.
Fra gli interventi attivi, possiamo ricordare quelle iniziative che ancor oggi sono
al centro del mondo del lavoro e dell'arte: ci riferiamo alle Fiere e attività similari.
Non ultima,
certamente, quella di Napoli, la Mostra
Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare: concepita per far sì che ogni
tre anni Napoli fosse al centro degli scambi economici e culturali fra l’Africa
e l’Europa, una iniziativa ancora oggi valida… volendo.
Per rimanere ancora a
Napoli, possiamo citare la realizzazione degli ospedali collinari (il XXIII Marzo, poi intitolato a Cardarelli; il Principe di Piemonte, ribattezzato Monaldi; la Stazione
Marittima; la Stazione di Margellina;
il nuovo rione Carità con i palazzi
delle Poste, delle Finanze, della Provincia e dei Mutilati;
il Collegio Costanzo Ciano per 3 mila
ragazzi (ancora oggi occupato dalla NATO); la nuova sede del Banco di Napoli; il palazzo dell’INA, e numerosi rioni di case popolari.
Mussolini e
i suoi collaboratori erano consapevoli dell’importanza che queste istituzioni,
le Fiere appunto, potevano esercitare
nel settore commerciale: negli scambi, nelle contrattazioni e nel rilevante
stimolo che tutto ciò poteva esercitare per la produzione e acquisto di beni,
anche di origine lontana o di lontana destinazione. In quest'ottica, e in
occasione del Decennale (1932), il Duce
trasformò la Fiera di Milano in Fiera
Internazionale.
La Fiera Internazionale di Milano divenne (e ancora oggi lo è) la più
importante d'Europa.
A quella di
Milano, la Fiera di Verona, di Napoli (poco sopra ricordata) e,
importantissima tuttora per i commerci verso l'Oriente vicino e lontano,
quella di Bari, battezzata Fiera del
Levante.
Solo la
guerra vanificherà il completamento di quella Mostra che nei programmi doveva divenire la più importante del
mondo: l'E/42 di Roma.
Importantissimi anche i Festival del
cinema di Venezia, di Roma, di Taormina.
Altri interventi attivi videro la luce in quel
periodo; ma per l'importanza che assumeranno nel futuro, dedicheremo ad essi
una trattazione a parte.
Tutto questo
fu concepito e realizzato, in tempi
fascisti (cioè in poco tempo), senza ruberie o scandali. Strano, vero?
Eppure così fu!
Lo Stellone italiano si è forse spento?
Sembra proprio così.
Il colpo di Stato organizzato
da Giorgio Napolitano per portare Mario Monti al governo, con l’intento, almeno
così ci avevano fatto credere, di ridurre il così detto debito pubblico, operazione che si è dimostrata un fiasco.
Ma quel
che terrorizza, se risultasse vero è quanto sostiene Pietro Valente in un suo
saggio, nel quale asserisce addirittura, che <Monti è stato chiamato al governo col fine di aumentare il debito
pubblico! Come visto sta assolvendo nel migliore dei modi il suo compito.
Attenzione> continua sempre il saggio <però il signor Monti non solo ha il compito di aumentare il debito, ma
deve anche accelerare i tempi! È per questa ragione che oltre ad aumentare il
debito in se, aumenta la quota da pagare a breve termine, a meno di un anno
(…). L’Italia, come gli altri paesi, ha grandi ricchezze, di cui vogliono
impossessarsi coloro che stanno dietro ai vari Monti. Questi mettono a capo
dell’amministrazione della cosa pubblica propri uomini di fiducia precisamente con
il compito di accrescere il debito pubblico. Monti è solo l’ultimo di una lunga
serie, probabilmente l’uomo finale, quello che deve dare la stoccata mortale
all’Italia (…)>.
Secondo lo scrittore russo Daniel
Estulin, le cui idee sono state trasmesse (stranamente) anche su Rai/2, avverte
gli italiani con queste parole:
<Il
vostro nemico è Mario Monti. È un traditore della nazione italiana, dovrebbe
essere messo in prigione>.
Parole di un giornalista russo di origini
lituane, autore del dirompente saggio
sull’oscura influenza del Gruppo Bilderberg nella politica economica mondiale.
Stando a quanto attestano varie fonti, sembrerebbe accertato che Mario Monti, avrebbe
svolto la sua opera per diversi anni, come dirigente di rilievo nella Goldman
Sachs.
È
mai possibile tutto ciò?
Ci dobbiamo preoccupare?
Certo che da tempo si parla
di vendere i nostri beni, cosa mai in precedenza ventilata.
In questo caso c’è
una via d’uscita?
Non credo, ma si può provare: andare tutti ad inginocchiarci
dinnanzi a quella tomba a Predappio,
chiedere perdono e invocare un miracolo.
D’altra parte già una cosa simile
avvenne tanti secoli fa, ricordate Lazzaro?
L’impresa è disperata, anche perché
quell’Uomo è ancora uno pocariello incazzatino con tutti noi; però
conoscendolo…
1) Se le nostre fonti d’informazioni risultassero
giuste, i suicidi sotto il governo Mario Monti ammonterebbero ad almeno
settanta unità. Cosa assolutamente inconcepibile sotto il governo del male assoluto.
http://www.youtube.com/watch?v=M3LNtAvtG0Q&NR=1&feature=endscreen
Aggiunta da SOCIALE:
di Alberto B. Mariantoni - Basta con la guerra che non c'è più !
parte prima
http://pocobello.blogspot.it/2012/02/b-s-ta-con-la-guerra-che-non-ce-piu.html
parte seconda
http://pocobello.blogspot.it/2011/05/dopo-58-annila-storia-incomincia_10.html
parte terza
http://pocobello.blogspot.it/2011/05/dopo-58-annila-storia-incomincia_1378.html
Hybris e Némesis - Globalismo e Mercati
http://pocobello.blogspot.it/2011/08/globalismo-e-mercati-hybris-e-nemesis.html
Mariantoni - In memoria di Alberto Mariantoni – Essere o APPARIRE.
http://pocobello.blogspot.it/2012/10/in-memoria-di-alberto-mariantoni-essere.html
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