giovedì 22 novembre 2012

PROCLAMA REALE POPOLI DELLE DUE SICILIE

Ancor prima che Re, Francesco II, era uomo dai profondi valori umani e cristiani. Proclama reale dell' 8 dicembre 1860

PROCLAMA REALE POPOLI DELLE DUE SICILIE

Da questa Piazza [GAETA][1] dove difendo più che la mia corona l'indipendenza della patria comune, si alza la voce del vostro Sovrano per consolarvi nelle vostre miserie[2], per promettervi tempi più felici. Traditi ugualmente, ugualmente spogliati, risorgeremo allo stesso tempo dalle nostre sventure; che mai à durato lungamente l'opera della iniquità, nè sono eterne le usurpazioni. Ho lasciato perdersi nel disprezzo; ò guardato con sdegno i tradimenti, mentre che tradimenti e calunnie[3] attaccavano soltanto la mia persona; ò combattuto non per me ma per l'onore del nome che portiamo. Ma quando veggo i sudditi miei che tanto amo in preda a tutti i mali della dominazione straniera, quando li vedo come popoli conquistati portando il loro sangue e le loro sostanze[4] ad altri paesi, calpestati dal piede di straniero padrone, il mio cuore napolitano batte indignato nel mio petto, consolato soltanto dalla lealtà di questa prode armata, dallo spettacolo delle nobili proteste che da tutti gli angoli del Regno si alzano contro il trionfo della violenza e dell'astuzia.
Io sono napoletano; nato tra voi, non ò respirato altra aria, non ò veduto altri paesi, non conosco altro che il suolo natio. Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno: i vostri costumi sono i miei costumi, la vostra lingua la mia lingua; le vostre ambizioni mie ambizioni. Erede di una antica dinastia[5] che à regnato in queste belle contrade per lunghi anni ricostituendone l'indipendenza e l'autonomia, non vego dopo avere spogliato del patrimonio gli orfani, dei suoi beni la Chiesa ad impadronirsi con forza straniera della più deliziosa parte d'Italia. Sono un principe vostro che à sacrificato tutto al suo desiderio di conservare la pace, la concordia, la prosperità tra' suoi sudditi. Il mondo intero l'à veduto; per non versare il sangue ò preferito rischiare la mia corona.
I traditori pagati dal nemico straniero sedevano accanto ai fedeli nel mio consiglio; ma nella sincerità del mio cuore, io non poteva credere al tradimento. Mi costava troppo punire; mi doleva aprire, dopo tante nostre sventure un'era di persecuzione, e così la slealtà di pochi e la clemenza mia ànno aiutata l'invasione piemontese, pria per mezzo degli avventurieri rivoluzionarii[6] e poi della sua armata regolare, paralizzando la fedeltà dei miei popoli, il valore dei miei soldati.
In mezzo a cospirazioni continue non ò fatto versare una goccia di sangue[7], ed ànno accusata la mia condotta di debolezza. Se l'amore il più tenero pe' miei sudditi, se la fiducia naturale della gioventù nella onestà degli altri, se l'orrore istintivo al sangue meritano questo nome, sono stato certamente debole. Nel momento in che era sicura la rovina de' miei nemici, ò fermato il braccio de' miei generali per non consumare la distruzione di Palermo[8]; ò preferito lasciare Napoli, la mia propria casa, la mia diletta capitale per non esporla agli orrori di un bombardamento, come quelli che ànno avuto luogo più tardi in Capua [9]ed in Ancona[10]. Ho creduto di buona fede che il Re del Piemonte che si diceva mio fratello, mio amico, che mi protestava disapprovare la invasione di Garibaldi, che negoziava col mio governo un'alleanza intima pe' veri interessi d'Italia, non avrebbe rotto tutt' i patti e violate tutte le leggi per invadere i miei Stati in piena pace, senza motivi nè dichiarazione di guerra. Se questi erano i miei torti, preferisco le mie sventure a' trionfi de' miei avversari.
Io aveva dato una amnistia, aveva aperto le porte della patria a tutti gli esuli[11], concedendo a' miei popoli una costituzione. Non ò mancato certo alle mie promesse.
Mi preparava a garantire alla Sicilia istituzioni libere che consacrassero con un parlamento separato la sua indipendenza amministrativa ed economica rimuovendo ad un tratto ogni motivo di sfiducia e di scontento[12]. Aveva chiamato a' miei consigli quegli uomini che mi sembrarono più accettabili all'opinione pubblica[13] in quelle circostanze, ed in quanto me lo à permesso l'incessante aggressione di che sono stato vittima, ò lavorato con ardore alle riforme, a' progressi, ai vantaggi del comune paese. Non sono i miei sudditi che mi ànno combattuto contro; non mi strappano il Regno le discordie intestine, ma mi vince l'ingiustificabile invasione d'un nemico straniero.
Le due Sicilie, salvo Gaeta e Messina, questi ultimi asili della loro indipendenza, si trovano nelle mani del Piemonte.
Che à dato questa rivoluzione ai miei popoli di Napoli e di Sicilia? Vedete lo stato che presenta il paese. Le Finanze un tempo così floride sono completamente rovinate: l'amministrazione è un caos; la sicurezza individuale non esiste. Le prigioni sono piene di sospetti. In vece di libertà, lo stato di assedio regna nelle provincie, ed un generale straniero pubblica la legge marziale, decreta la fucilazione istantanea per tutti quelli dei miei sudditi che non s'inchinano alla bandiera di Sardegna. L'assassinio è ricompensato; il regicidio merita un apoteosi[14]; il rispetto al culto santo de' nostri padri è chiamato fanatismo; i promotori della guerra civile, i traditori al proprio paese ricevono pensioni che paga il pacifico contribuente[15]. L'anarchia è da per tutto. Avventurieri stranieri àn rimestato tutto per saziare l'avidità e le passioni dei loro compagni. Uomini che non hanno mai veduta questa parte d'Italia, o che ànno dimenticato in lunga assenza i suoi bisogni, formano il vostro governo.
In vece delle libere istituzioni che io vi aveva date e che era mio desiderio sviluppare, avete avuta la più sfrenata dittatura e la legge marziale sostituisce adesso la costituzione. Sparisce sotto i colpi de' vostri dominatori l'antica monarchia di Ruggiero e di Carlo III; e le due Sicilie sono state dichiarate provincie di un regno lontano. Napoli e Palermo saranno governati da Prefetti venuti da Torino.
Ci è un rimedio per questi mali, per le calamità più grandi che prevedo. La concordia, la risoluzione, la fede nell'avvenire. Unitevi intorno al trono de' vostri padri. Che l'oblio copra per sempre gli orrori di tutti; che il passato non sia mai pretesto di vendetta, ma pel futuro lezione salutare. Io ò fiducia nella giustizia della Provvidenza, e qualunque sia la mia sorte, resterò fedele ai miei popoli ed alle istituzioni che ò loro accordate.
Indipendenza amministrativa ed economica tra le due Sicilie con parlamenti separati; amnistia completa per tutti i fatti politici; questo è il mio programma. Fuori di queste basi non ci sarà pel Paese, che dispotismo o anarchia.Difensore della sua indipendenza, io resto e combatto qui per non abbandonare così santo e caro deposito. Se l'autorità ritorna nelle mie mani, sarà per tutelare tutt'i diritti, rispettare le proprietà, garantire le persone e le sostanze de' miei sudditi contro ogni sorta di oppressione e di saccheggio.
E se la Provvidenza nei suoi alti disegni permetta che cada sotto i colpi del nemico straniero l'ultimo baluardo della monarchia, mi ritirerò con la coscienza sana con incrollabile fede, con immutabile risoluzione; ed aspettando l'ora inevitabile della giustizia, farò i più fervidi voti per la prosperità della mia patria; per la felicità di questi popoli, che formano la più grande e più diletta parte della mia famiglia.
Preghiamo il Sommo Iddio, onde si degni Ci è un rimedio per questi mali, per le calamità più grandi che prevedo. La concordia, la risoluzione, la fede nell'avvenire.

Gaeta, 8 dicembre 1860.

FIRMATO
FRANCESCO II DI BORBONE

[1] Il Re tenta di riscattare almeno l’onore dell’esercito- per la salvezza dello Stato le speranze erano minime- dopo essersi accorto del tradimento dei Gen. Lanza, Landi, Briganti (costui ucciso dai suoi stessi soldati accortisi del suo tradimento nel lasciare il colonnello Dusmet senza rinforzi mentre esso , con pochi uomini, impediva ai garibaldini lo sbarco in Calabria rimettendoci la vita), Ghio, Guillamat, Vial, Turr … pagati dagli inglesi per il non intervento nel bloccare l’impresa Garibaldina e accortosi, il giovane 23enne Francesco II, del tradimento del suo primo ministro Liborio Romano che, mentre consigliava al re di lasciare Napoli per salvarla dai bombardamenti, prendeva accordi segreti con Cavour, e l’inviato garibaldino Dumas affinché costui entrasse in Napoli agevolmente (ci arrivò in treno!) e 24mila soldati piemontesi erano già stati inviati per sbarcare in Napoli. Re Francesco, incoraggiato dalla fedeltà di tutti quei soldati allo sbando senza più comando che giungevano dai più reconditi angoli del Regno al suo servizio, il 7 novembre tentano l’ultima estrema difesa dalla fortezza di Gaeta. Essa durerà 4 mesi e mezzo fino al 14 febbraio 1861 : 160mila bombe, tre mila morti (fra militari e civili) , fame - tanto che i cavalli e gli asini mordevano le ruote dei carri per mangiare, e il tifo (il gen. Piemontese Cialdini buttava le carogne di animali nelle sorgenti che fornivano l’acqua a Gaeta) che sterminò una infinità di soldati. Abbandonati dal fedifrago Napoleone III che mentì sulla difesa dal lato mare.
[2] Dalla presa di Palermo, inizio giugno, il Regno cadde nel caos più totale e sempre più aumentava al passaggio della masnada garibaldina: saccheggi di chiese, case, banche, fucilazioni indiscriminate a chi era anche solo sospettato di parteggiare per il Borbone (si consumarono infinite vendette private con delazioni).
[3] Già dai moti rivoluzionari del 1848, i cospiratori interni (liberal-massoni, mazziniani, carbonari murattisti – per lo più intellettuali borghesi, intrisi delle ideologie della rivoluzione francese in 70 anni mai smisero di complottare nelle miriadi di logge sparpagliate nel Regno e a contatto o con la loggia madre mazziniana repubblicana in Genova, o quella liberista londinese, o quella del Grande Oriente degli Illuminati in Parigi…. Scopo: eliminazione del cattolicesimo e rovesciamento delle monarchie cattoliche; il Reame due Sicilie era profondamente cattolico come l’impero Austriaco e naturalmente lo Stato della Chiesa; riuscirono in tutto.) furono mandati in esilio anziché venire giustiziati o imprigionati. Costoro si recavano a Londra, Parigi, Torino dove spargevano la voce, falsa, di tirannide borbonica, di “negazione di Dio” dei re Borbone e ogni sorta di diceria per giustificare quello che era in preparazione: la caduta dei Borbone che molto amati erano invece dalle popolazioni non si spiegherebbe altrimenti la resistenza legittimista fino al 1872 per il ritorno del Borbone, lotta reazionaria fatta passare per delinquenza comune col marchio di “brigantaggio” infangando così la civiltà di un intero popolo.
[4] Basti dire ch il dittatore Garibaldi in nome di Vittorio Emanuele II imponeva alle popolazioni del Regno, nonostante ancora la presenza del sovrano legittimo nel Reame, “la tassa per le spese di guerra per la liberazione”.
[5] Il Regno di Sicilia e di Napoli è lo Stato più antico e permanente (nel senso della sua integrità territoriale nonostante il passaggio delle dinastie) di quanti sono esistiti nell’attuale territorio italico. Dal 1130 Con Ruggero D’Altavilla, passando con gli Svevi 1195, quindi gli Angioini 1266, gli Aragonesi (nel 1443 con Alfonso il Magnanimo: Regnum Utriusque Sicilae) : fino a questa data sono sempre stati due regni separati sotto uno stesso sovrano. Poi è passato , 1503, come vicereame Spagnolo ma sempre indipendente amministrativamente e ritornando distinto in due Regni sotto una medesima reggenza e poi, nel 1707 sotto la dominazione Austriaca quindi con Carlo I di Borbone 1734 riconquistò la sua indipendenza. I due Regni rimasero autonomi tanto che il figlio di Carlo I, divenne Ferdinando III di Sicilia e IV di Napoli fino al Congresso di Vienna (1814) in cui i due regni si fondarono in uno solo e Ferdinando divenne Ferdinando I delle Due Sicilie. Nel 1861 , dopo 700 anni, scompare il più antico Reame di Italia per annessione sotto la corona dei Savoia- Carignano. Da notare che il nome “italia” comparve per la prima volta nel sesto secolo avanti Cristo : i greci designavano con esso l’attuale territorio della Calabria. Due sono le spiegazioni etimologiche dell’origine del nome: a) territorio del Re Italo; b) vitaliani, paese degli allevatori dei vitelli quindi vitalia e da qui italia. Il nome si estese nel III secolo a.c. a designare l’intero territorio meridionale dalla Sicilia al Salento e poi a mano a mano a fino Roma e con la conquista Romana il nome venne attribuito all’intera Penisola.
[6] Allude alle bande garibaldine che scorazzavano per i paesi ammazzando bestiame, coloni, devastando case e borghi.
[7] Di fatto, siccome non vi era stata alcuna dichiarazione di guerra l’ordine era di intervenire militarmente solo in caso estremo di azioni militari da parte delle bande ma esse non si comportavano come tali ma come masse di scorribande. Errore essere stato troppo ligio asl rispetto del codice militare e non aver posto lo stato d’assedio.
[8] A dire il vero Palermo non fu nemmeno difesa: il generale Landi suono la ritirata spalancando le porte a Garibaldi abbandonando la città a sé stessa (per far ciò ricevette una fede di credito da Garibaldi di 14mila scudi secondo la dichiarazione dell’”eroe” ma quando Landi si presentò due mesi dopo al banco di Napoli per ritirare la paga di giuda, la fede risultò di soli 14scudi , il vecchio generale Landi 72enne ne morì due giorni dopo.
[9] Capua fu bombardata con cannoni rigati ( tecnica all’avanguardia allora perché a lunga gittata) giorno e notte dal 28 ottobre a 2 novembre 1860 dal Generale Piemontese La Rocca, dove i soldati borbonici comandati dal gen. De Cornè opponevano resistenza per fermare l’avanzata di Vittorio Emanuele II verso Napoli. Palazzi , Chiese, Monasteri , ospedali ..tutto fu distrutto anche perché gli ufficiali borbonici vendutisi al nemico (De Benedictis, Adraga , Zaini, Jovine, Ferrarelli, Lo Cascio, Cosentino) sapevano suggerire agli assedianti piemontesi dove dirigere i colpi per demoralizzare i resistenti con le distruzioni dei posti di civili. La città-fortezza di Capua fu per quattro giorni e quattro notti avvolta in un turbine di fumo e fuoco.
[10] Allude al durissimo assedio del 1849 , quando , dopo il passaggio di Garibaldi (massone mazziniano, Gran maestro del 33° grado del Grande Oriente d’Italia e repubblicano anticattolico- egli definì Papa Pio IX “un metro cubo di letame”-) la borghesia carbonara anconetana dichiarò la Repubblica di Ancona staccandosi dallo Stato Pontificio, al che intervenne l’esercito Austriaco (erede del Sacro Romano Impero a difesa del Papato) a difesa dell’integrità dello Stato della Chiesa e l’assedio con bombardamenti durò dal 24 maggio al 19 Giugno, e le distruzioni furono ingenti. (insomma, ovunque sia passato Garibaldi c’è stato puntualmente caos, distruzione e dolore e lutto infinito).
[11] Gli esiliati politici per cospirazione rivoluzionarie dal 1850, fu un grave errore concedere la costituzione( 25 giugno 1860) da parte di Re Francesco II: essi tornarono più inorgogliti e agguerriti che mai incitati e sostenuti da Cavour e da Palmerson (Londra) per detronizzare Francesco II. Con un parlamento e un governo composti tutti dai borghesi cospiratori, ad iniziare dal suo primo ministro Liborio Romano in perenne comunicazione segreta con gli agenti di Cavour.
[12] La Sicilia è sempre stata un osso duro per i Borbone : Non perdonarono mai né agli Aragonesi né ai Borbone di avere trasportato la Capitale a Napoli, quando il primo Regno fu Siciliano. Questo irredentismo indipendentista fu alimentato nei baroni latifondisti che non perdonarono a Ferdinando II (padre del presente sovrano) e quindi al casato dei Borbone, il decreto di eliminazione della feudalità in Sicilia, nel 1839 , dopo un viaggio colà dove il Re vide le miserrime condizioni dei coloni sfruttati con arbitrio. Gli inglesi, da canto loro fomentavano l’indipendentismo siciliano poiché miravano al possesso dell’isola sia come base per i traffici in oriente con l’imminente apertura del canale di Suez (eliminando al contempo la concorrenza della marina mercantile Due Sicilie , la terza in Europa) sia per le miniere di zolfo che valeva allora come il petrolio oggi.
[13] Cioè quelli scelti dai liberali fratelli massoni che aspiravano a rovesciare il potere monarchico per impiantare il proprio. Ciò che riuscì loro giacché finirono tutti nel parlamento di Torino; salvo poi essere tratti lì da pezzenti capaci di tradire e quindi senza alcun peso nei loro interventi,spesso derisi. “tenetevi la prebenda e a cuccia” sembrava, insomma, il trattamento riservato loro. Di fatto quando imperversarono gli eccidi nel decennio che seguì la nascita del Regno d’Italia, le loro proteste contarono giusto quanto l’aria per proferirle. Molti si suicidarono o si ritirarono in solitudine nei paesi d’origine male accolti e mal visti dai concittadini, altri morirono poveri perché rifiutarono la pensione di parlamentare (il caso di Castromediano di Cavallino (LE), per esempio).
[14] Agesilao Milano, attentò alla vita di Ferdinando II durante una parata militare l’8 dicembre 1856 (festa del Regno ); non riuscì ad uccidere il Re che era a cavallo, lo colpì alla gamba con la sua baionetta. Era della setta mazziniana e quindi repubblicano. Garibaldi dittatore assegnò alla vedova di costui una pensione mensile di 14 scudi.
[15] come anche al camorrista Tore ‘e Crescenzo e alla sua cugina la Sangiovannara che assicurarono l’ordine (cioè tennero a bada la popolazione di Napoli per evitare sommesse contro Garibaldi in Napoli) e Liborio Romano mise i camorristi a capo della polizia per sedare eventuali rivolte cittadine. Tutti gli ex esuli cospiratori ricevettero da Garibaldi , attingendo all’erario del Regno, laute ricompense e pensioni e vitalizi quali martiri per la patria (quella sabauda, cioè).

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