Ascoltatemi,
carissimi amici e compagni di fede. Questo non è un addio. L’addio,
sarete voi a darmelo, quando io non potrò più farlo, dato che, fino
all’ultimo respiro, intendo adempiere al giuramento che prestai il 28
ottobre 1939 allo Stadio dei Marmi, al Duce presente.E’ un
testamento e una consegna, e, come tale, va redatto presso alla
conclusione della vita, ma ancora nel pieno possesso delle proprie
facoltà mentali, come il destino ha voluto conservarmi tuttora.Mi
rivolgo a voi, che mi siete più vicini nei ranghi, ma vi faccio carico
di serbare in cuore le mie parole e di divulgarle al massimo e con ogni
possibile mezzo a tutti coloro che giudicate pronti a riceverle, il
giorno in cui mi porrò in congedo illimitato.Per tutta la vita,
ho cercato di servire il nostro comune ideale. Come tutti, ho certo
commesso errori ed ingenuità, ma posso orgogliosamente affermare,
sfidando chiunque a contraddirmi, di non aver mai accettato il più
insignificante compromesso con la laida baldracca cui si usa dare il
nome di Libertà, ne con i suoi logorroici manutengoli. Ora che il
fardello del legionario comincia a premere sulle mie dolenti spalle, e
che il mio passo malfermo necessita dell’appoggio affettuoso dei giovani
fedeli, credo quindi di potere, senza mancarvi di rispetto, rivolgermi a
voi in tono quasi paterno.La prima verità da intendere è
questa: che il compito che ci siamo assunti non è da uomini, ma da eroi.
Non è affermazione retorica, questa, ma rigorosamente realistica. E, se
così numerosi tentativi di riunione delle nostre forze sono falliti, è
stato perchè si è voluto affrontarli da uomini e non da eroi. E gli
uomini, anche di buon livello, hanno una pletora di debolezze, di
vanità, di fisime, di opportunismi, che solo gli eroi sanno gettarsi
dietro le spalle.Come tante altre parole, anche “eroe” ha
bisogno di una definizione. Non intendo, con essa, riferirmi a un
comportamento eccezionale dettato da un attimo di esaltazione, di
suggestione e di sacro furore, che può portare fino a “gettare la vita
oltre l’ostacolo”. Intendo definire quel fatto esistenziale e
permanente, detto “concezione eroica della vita”, che accompagna il
soggetto in tutte le sue azioni e pensieri, anche apparentemente più
tranquilli. Eroe, è quindi chi riesce a spezzare i vincoli condizionanti
che lo legano, ora ad ora, alla grigia materialità del quotidiano, per
seguire ad ogni costo la suprema armonia del cosmo, il sentiero della
super-vita e della partecipazione al Grande Spirito. L’eroe è quindi
portato a fare il proprio dovere, senza bisogno di alcuna costrizione,
ed ha nella propria coscienza un giudice ben più acuto e inesorabile che
un pubblico impiegato seduto dietro a un bancone. Libero, non è chi non
ha padrone, ma chi è padrone di se stesso, e quindi l’eroe è il solo
tipo umano veramente libero.Non è che l’eroe non si allacci
anche lui le scarpe, non paghi il telefono, non incassi lo stipendio o
non partecipi magari a una compravendita. Solo che, per lui, quelle sono
incombenze necessarie ma accessorie, secondarie: non sono “la realtà
della vita”, come per l’uomo qualunque. Servono a campare, ma vivere per
campare gli toglierebbe il respiro.Per questo, il nostro primo imperativo dev’essere. “tutti eroi !”.
Il mio testamento spirituale potrebbe finire qui, perchè tutto
quel che ho fatto, detto e abbondantemente scritto in tanti anni, non è
che la conseguenza di quell’impostazione.
Voglio però aggiungervi un paio di consigli, che ritengo possano essere utili per la vostra continuazione della lotta.
Il primo è di adottare un ordinamento (e una formazione) fondato sui doveri e non sui diritti.
Sul piano meramente logico, sembrerebbe la stessa cosa. Se Tizio ha un diritto, ci dev’essere un Caio che ha il corrispondente dovere verso di lui. Se quindi io dico. “Tizio ha diritto di avere X da Caio”, è sinonimo del dire ” Caio ha il dovere di dare X a Tizio”. Che differenza c’è ?
C’è, la differenza. E sta nel fatto che, mentre il proprio dovere si può FARE, il proprio diritto si può soltanto RECLAMARE. Ne consegue che, se tutti fanno il loro dovere, e tale è la maggior cura dello Stato, automaticamente anche tutti i diritti vengono soddisfatti, mentre, se si proclamano diritti a piene mani, e tutti li reclamano, si fanno solo cortei con cartelli e una gran confusione e intralcio al traffico (protetto da stuoli di vigili urbani), ma il popolo resta a bocca asciutta, eccettuati i sindacalisti.
La seconda esortazione ha carattere operativo. Un uomo solo, un Capo, può impugnare la barra delle massime decisioni, ma deve possedere qualità eccezionali, che ben raramente si riscontrano. In sua mancanza, un gruppo di tre, quattro, cinque persone accuratamente selezionate, possono svolgere la funzione decisionale con sufficiente prontezza e saggezza. Un organo più numeroso, può funzionare solo a patto che vi sia una rigorosa divisione di funzioni e relative competenze, tra cui quella di sintesi, svolta da pochissimi. Ma soprattutto , deve dominare in esso l’assoluta unità di intenti, al difuori di qualsiasi carattere agonistico ( tipo maggioranza e opposizione). In mancanza di tali requisiti, l’organo numeroso è del tutto inutile, anzi gravemente dannoso, perchè vengono a dominare poteri “di fatto” fuori di ogni controllo. Vi dico questo, sia in vista degli organi dello Stato organico che intendiamo istaurare, sia per quanto riguarda agli organi interni di “nostre” formazioni. Per queste ultime, anzi, il pericolo delle vaste “collegialità” (vedasi il pessimo esempio del MSI-DN) è ancor più grave, perchè fattore della degenerazione demagogica e incapacitante delle compagini stesse. Lasciate quindi al belante gregge democratico la ridicola allucinazione di comandare tutti, e coltivate la nobile, virile e feconda virtù dell’obbedienza.
Nessuno nega che il temperamento ambizioso sia uno stimolo per l’azione, ma ognuno stia in guardia: al minimo accenno che esso tenda a prevaricare in lui sulla dedizione alla Causa, sappia mortificarlo con orrore. La vittoria nella “grande guerra santa” è quella.
Se potrò costatare l’accoglienza da parte vostra di queste mie esortazioni, saprò di non aver vissuto inutilmente.
Ed ora, non avendo più la forza di stare al remo, torno a darmi da fare al timone.
Enos, Lases, iuvate !
Rutilio
Voglio però aggiungervi un paio di consigli, che ritengo possano essere utili per la vostra continuazione della lotta.
Il primo è di adottare un ordinamento (e una formazione) fondato sui doveri e non sui diritti.
Sul piano meramente logico, sembrerebbe la stessa cosa. Se Tizio ha un diritto, ci dev’essere un Caio che ha il corrispondente dovere verso di lui. Se quindi io dico. “Tizio ha diritto di avere X da Caio”, è sinonimo del dire ” Caio ha il dovere di dare X a Tizio”. Che differenza c’è ?
C’è, la differenza. E sta nel fatto che, mentre il proprio dovere si può FARE, il proprio diritto si può soltanto RECLAMARE. Ne consegue che, se tutti fanno il loro dovere, e tale è la maggior cura dello Stato, automaticamente anche tutti i diritti vengono soddisfatti, mentre, se si proclamano diritti a piene mani, e tutti li reclamano, si fanno solo cortei con cartelli e una gran confusione e intralcio al traffico (protetto da stuoli di vigili urbani), ma il popolo resta a bocca asciutta, eccettuati i sindacalisti.
La seconda esortazione ha carattere operativo. Un uomo solo, un Capo, può impugnare la barra delle massime decisioni, ma deve possedere qualità eccezionali, che ben raramente si riscontrano. In sua mancanza, un gruppo di tre, quattro, cinque persone accuratamente selezionate, possono svolgere la funzione decisionale con sufficiente prontezza e saggezza. Un organo più numeroso, può funzionare solo a patto che vi sia una rigorosa divisione di funzioni e relative competenze, tra cui quella di sintesi, svolta da pochissimi. Ma soprattutto , deve dominare in esso l’assoluta unità di intenti, al difuori di qualsiasi carattere agonistico ( tipo maggioranza e opposizione). In mancanza di tali requisiti, l’organo numeroso è del tutto inutile, anzi gravemente dannoso, perchè vengono a dominare poteri “di fatto” fuori di ogni controllo. Vi dico questo, sia in vista degli organi dello Stato organico che intendiamo istaurare, sia per quanto riguarda agli organi interni di “nostre” formazioni. Per queste ultime, anzi, il pericolo delle vaste “collegialità” (vedasi il pessimo esempio del MSI-DN) è ancor più grave, perchè fattore della degenerazione demagogica e incapacitante delle compagini stesse. Lasciate quindi al belante gregge democratico la ridicola allucinazione di comandare tutti, e coltivate la nobile, virile e feconda virtù dell’obbedienza.
Nessuno nega che il temperamento ambizioso sia uno stimolo per l’azione, ma ognuno stia in guardia: al minimo accenno che esso tenda a prevaricare in lui sulla dedizione alla Causa, sappia mortificarlo con orrore. La vittoria nella “grande guerra santa” è quella.
Se potrò costatare l’accoglienza da parte vostra di queste mie esortazioni, saprò di non aver vissuto inutilmente.
Ed ora, non avendo più la forza di stare al remo, torno a darmi da fare al timone.
Enos, Lases, iuvate !
Rutilio
Personaggio scomodo Rutilio Sermonti: una vita spesa al servizio
dell’ideale fascista; arruolato volontariamente nella Repubblica Sociale
Italiana; militante, spesso critico, del Movimento Sociale Italiano
della prima ora, di Ordine Nuovo e della Fiamma Tricolore poi.
Non solo un uomo impegnato a livello politico-ideale, ma un vero e proprio intellettuale a tutto tondo: avvocato, brillante oratore, elegante scrittore, pittore e scultore di talento, preparatissimo zoologo e biologo. Eppure, malgrado il suo indiscutibile spessore culturale, viene sistematicamente ignorato dalla “cultura” ufficiale, bollato per il suo passato, che non ha mai rinnegato e mai rinnegherà. Signori, questo è il moderno concetto di “democrazia”: se ti allinei sei dentro; se non ti allinei sei fuori.
Ma a Rutilio questo non è mai importato. E’ diventato l’emblema della coerenza, della fede e dell’abnegazione. Tutto, persino se stesso, pur di tenere alta la bandiera della sua vita, i suoi ideali. Niente e nessuno ha potuto fermarlo in vita sua.
Ha sempre tirato dritto come un treno, combattendo i suoi nemici e detrattori su tutti i fronti, prima con il fucile, poi con la penna ed il pensiero.
A Noi non servono”aree destre” ,ma una nuova azione di Unione delle Volontà dove ognuno porta la sua pietra al cantiere con disciplina e dove la funzione é prioritaria al narcisistico bisogno di apparire ,proprio come scrive in maniera molto diretta nel suo testamento politico anche il buon Rutilio Sermonti.
Intanto andiamo avanti nel contesto quotidiano di ognuno di noi a “educare” i nostri amici, i nostri famigliari, i nostri conoscenti a rifiutare la lotteria partitocratica dei ludi cartacei!
Non solo un uomo impegnato a livello politico-ideale, ma un vero e proprio intellettuale a tutto tondo: avvocato, brillante oratore, elegante scrittore, pittore e scultore di talento, preparatissimo zoologo e biologo. Eppure, malgrado il suo indiscutibile spessore culturale, viene sistematicamente ignorato dalla “cultura” ufficiale, bollato per il suo passato, che non ha mai rinnegato e mai rinnegherà. Signori, questo è il moderno concetto di “democrazia”: se ti allinei sei dentro; se non ti allinei sei fuori.
Ma a Rutilio questo non è mai importato. E’ diventato l’emblema della coerenza, della fede e dell’abnegazione. Tutto, persino se stesso, pur di tenere alta la bandiera della sua vita, i suoi ideali. Niente e nessuno ha potuto fermarlo in vita sua.
Ha sempre tirato dritto come un treno, combattendo i suoi nemici e detrattori su tutti i fronti, prima con il fucile, poi con la penna ed il pensiero.
A Noi non servono”aree destre” ,ma una nuova azione di Unione delle Volontà dove ognuno porta la sua pietra al cantiere con disciplina e dove la funzione é prioritaria al narcisistico bisogno di apparire ,proprio come scrive in maniera molto diretta nel suo testamento politico anche il buon Rutilio Sermonti.
Intanto andiamo avanti nel contesto quotidiano di ognuno di noi a “educare” i nostri amici, i nostri famigliari, i nostri conoscenti a rifiutare la lotteria partitocratica dei ludi cartacei!
ALL’UOMO,AL COMBATTENTE RUTILIO SERMONTI
ONORE E GLORIA,
ITERVM RVDIT LEO!
ONORE E GLORIA,
ITERVM RVDIT LEO!
Chiudo questo breve articolo (su Sermonti
e le opere artistiche tornerò molto presto!) con il ricordo scritto
dall’amico e Camerata Alessio Provaroni presente il giorno del 90
compleanno :
“Cosa ci ha detto questo vecchio
combattente a 90 anni? Che il suo sogno più grande sarebbe quello di non
vederci plaudire ai sui libri, alle sue parole, salvo lasciarli cadere
nel vuoto! Nel corso della sua vita ha scritto eccellenti libri da cui
trarre esempi, o meglio spunti, per la politica, per la militanza e
per la vita. Eppure nessuno ne ha fatto tesoro come in cuor suo avrebbe
voluto. Divisi, sclerotizzati su posizioni reazionarie, questi sono i “camerati” che lui vede innanzi a sè; lui che a 90 anni ancora
combatte la sua guerra con la divisa della RSI, con la speranza, con la
freschezza che manca ai giovani di oggi ed a noi anziani.
Ma non voglio soffermarmi sulla giornata odierna, pur trascorsa in piacevole compagnia.
Voglio rendere gli onori a Rutilio, al mio amico e PADRE SPIRITUALE,
cercando di raccontarlo brevemente per come io ho avuto l’immenso onore
di conoscerlo e viverlo; questo credo che per lui sarebbe un ottimo
regalo!
Ho avuto l’onore ed il privilegio di
servirlo da un paio di anni, il rimpianto magari di aver fatto poco per
lui, costretto a lasciare la sua casa, vicino alla mia, ed a trasferirsi
dove ora vive, dall’altra parte degli Appennini. Le comunità militanti
romane, NON sono state in grado di trovargli una sistemazione in zona,
in maniera altrettanto solerte di come quando Rutilio veniva portato di
evento in evento. Altro discorso che preferisco far morire quì.
In poco più di un anno ho avuto la
fortuna di ricevere tanto da questo uomo; mi ha aperto la mente, con la
sua semplicità, la sua umiltà, i suoi modi, per questo lo definisco il
mio papà spirituale.
Forse il segreto della differenza generazionale sta proprio nella parola UMILTÀ. In una mia vecchia nota “credere, obbedire, combattere” provai a spiegare il senso di queste tre parole secondo il mio punto di vista, trovandovi alla base sempre l’umiltà.
L’umiltà non è pochezza o debolezza,
ma il saper ascoltare, il saper trovare i propri limiti e viverli di
conseguenza, il darsi alla causa senza contropartita, il farsi da parte
per lasciare spazio ai migliori se serve.
Le nuove generazioni si sentono
sempre preparate, moderne, intelligenti, magari son furbe, e non è la
stessa cosa che essere intelligenti. E soprattutto non sono umili, quasi
mai.
Rutilio ha una croce di ferro tedesca
con cui fu decorato; mi ha raccontato il motivo che per il quale fu
decorato. Non gli fu data in azione “eroica”, ma per semplice opera di
cecchinaggio da postazione presidiata; tre tiri a segno sui nemici, ed
il tentativo di attacco fu respinto.
Più di qualcuno avrebbe approfittato per raccontare chissà cosa! Per
questo ogni suo racconto di vita, assume dalle sue labbra una
semplicità che a noi pare straordinarietà, per questo lui non si
considera speciale.
Ogni atto della sua vita contiene la forza della sua semplicità, ha scritto libri, fatto quadri, sculture, recitato a teatro!
Insegnare ai bambini, anche a mio
figlio, è una sua capacità innata, li catalizza come catalizzava me, con
i suoi racconti a 360 gradi, partendo dallo spiegare il volo di una
farfalla e finendo a parlare di globalizzazione.
Quanto mi manca ora così lontano,
ricevo delle sue mail ogni tanto, meno di una volta, forse è stanco,
giustamente stanco, ma oggi a sentirlo parlare ha ci ha strappato ancora
una volta delle lacrime di commozione!
Grande Rutilio, ci hai dato tutto, la
tua vita, non hai mai preteso nulla in cambio, ti sei dato anima e
corpo a tutti, sfruttatori compresi, e non hai mai fatto una piega. Non
ti ho mai sentito parlare male di coloro che te ne hanno fatto; semmai
l’ho letto nei tuoi occhi dolci e d’acciaio come si conviene ad un uomo
della tua tempra.
Spero di essere lì con te per dei
prossimi infiniti compleanni, spero che riuscirai sempre a strapparmi
una lacrima perchè questo vorrà dire che sono ancora vivo io, spero di
poterti regalare qualcosa realizzando anche un tuo piccolo desiderio, di
essere degno di quello che mi hai insegnato e di vivere la vita con la
tua stessa dignità ed amore.
Rutilio è l’esempio vivente di quello che il Fascismo riteneva dovesse essere l’UOMO INTEGRALE.
Godiamocelo tutti, stiamogli vicino come possiamo, e soprattutto imitiamolo, e probabilmente saremo uomini migliori anche noi.”
Come abbiamo strillato oggi, per Rutilio, eja eja alalà!
Che il Grande Spirito ti protegga! (ALESSIO PROVARONI)
IN ALTO I CVORI CAMERATA RUTILIO SERMONTI
http://usnlombardia.wordpress.com/2012/07/05/rutilio-sermonti-spirito-e-militanza/
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