di MAURIZIO BAROZZI
12.12.2010 - Non senza un certo impegno, del resto meritato, abbiamo terminato la lettura di un eccellente testo appena pubblicato dalle Edizioni Effepi di Genova e realizzato da Gianantonio Valli: “La fine dell'Europa – Il ruolo dell'ebraismo”, Euro 85,00, un opera di 1360 pagine (ma ancor più voluminosa se si considera l'ampio formato del libro ed i piccoli caratteri utilizzati) di importanza fondamentale per la storiografia contemporanea, ma non solo, quasi una summa della ricerca storica sull'argomento trattato.
L'autore
spazia su oltre un secolo di storia, il XX°, riallacciandosi a tutti
quegli antecedenti che gli sono connessi, e fa emergere, con estrema
chiarezza, le origini, le trame e le cause che hanno condotto ai nostri
giorni, dove oramai possiamo constatare la “fine dell'Europa”, con le
sue tradizioni e culture e le sue genti spazzate via da un nuovo ordine
mondiale imposto dalla forza bruta delle armi e annichilita da un
forzato melting pot, un crogiuolo multietnico di razze e culture, che
già fanno prefigurare un futuro meticciato diffuso che spazzerà
definitivamente via una civiltà millennaria senza neppure lasciarne il
“ricordo” nelle future generazioni inevitabilmente prive di radici.
E tutto
questo non è accaduto per caso, perchè fin da tempi immemori ci sono
stati ideali, uomini e mezzi che hanno perseguito questo scopo.
La
ricerca storiografica dell'autore, supportata da una bibliografia di
oltre 4.000 titoli, fa emergere con estrema chiarezza i progetti e i
sottili fili che hanno mosso e interconnesso tra loro volontà e uomini
che oggi sintetizziamo approssimativamente nel termine “mondialismo”,
una tendenza ed un progetto finalizzato ad una ideale Repubblica
Universale.
Massonerie,
ebraismo internazionale, Alta finanza, sponde geopolitiche atlantiche
(Gran Bretagna e soprattutto gli Usa con il loro spaventoso potenziale
finanziario e industriale e la loro american way of life ),
sono stati in genere gli artefici di questa “grande opera” massonica e
l'autore li delinea uno per uno, ne ricorda e ne illustra le
cointeressenze, i segreti allacci, gli uomini, le posizioni assunte
nelle recenti vicende storiche. E dalla ricerca escono fuori
inevitabilmente le figure e il ruolo dell'ebraismo che viene a trovarsi
al centro di questo progetto distruttivo.
L'analisi
tocca anche aspetti ideologici e culturali, soffermandosi spesso su la
parte avuta dalla cinematografia, questa nuova arte esplosa nel secolo
scorso che ha fatto da supporto e spesso da battistrada ai cambiamenti
epocali ed ha ampliato a dismisura quelli che erano sempre stati i
soliti mezzi della “propaganda di guerra”. Grandi case di produzione,
produttori, registi, scenografi, attori, ecc., in massima parte, guarda
caso, di origine ebraica, tutti coinvolti non solo in un grande
business, ma in una vera e propria manipolazione dell'opinione pubblica e
dell'inconscio collettivo tanto da imporre a società e culture affatto
diverse e antitietiche, stili di vita, comportamenti, mode, tendenze
ideali e politiche. Una cinematografia divenuta, nel secolo delle masse,
una micidiale “arma” bellica che venne ad affiancarsi al già
consolidato “quarto potere”, quello della stampa.
Vedremo
allora, come in realtà il Novecento con le sue due guerre mondiali, può
di fatto essere ricondotto ad un solo spaventoso evento bellico, diviso
in due atti: Grande Guerra e Seconda Guerra mondiale, attraverso il
quale venne portato un criminale attacco militare all'Europa con il fine
di annientarla fisicamente. Nel primo atto vennero spazzate via le
ultime, seppur decadenti vestigia e gli Stati improntati a forme
istituzionali e tradizioni, per così dire, di Trono e Altare, atavici
nemici della massoneria e nei quali l'ebraismo pur vi dimorava
placidamente e vi trafficava, ma non erano certamente il suo ideale di
vita e di società, essendo questi costituiti dalle forme repubblicano
democratiche delle Istituzioni e dalle strutture liberiste per la
finanza e l'economia, tipiche delle Nazioni occidentali.
Nel
“secondo atto”, che nel frattempo vide esplodere il fenomeno bolscevico
che andò ad aggiungersi alla volontà democratica e capitalista contro
l'Europa, furono invece spazzati via i regimi nazional popolari d'Italia
e Germania, che quasi per uno di quei miracoli che la storia qualche
volta concede, avevano momentaneamente spezzato e interrotto il progetto
distruttivo della civiltà europea. Ma Italia e Germania furono dapprima
isolate, poi minacciate e ricattate ed infine aggredite e costrette ad
una guerra apocalittica e con mezzi impari.
L'Europa
così definitivamente annientata venne infine occupata brutalmente,
colonizzata, divisa a Jalta da una spartizione di nazioni, cruentemente
ridisegnate nei loro confini etnici e geografici, che avrebbe visto
popoli, partiti, governi e Stati, strumentalmente contrapposti in due
blocchi, Est – Ovest, apparentemente “nemici”, ma in realtà
strategicamente univoci nello sfruttamento e sovvertimento dei popoli
europei e nella distruzione di ogni forma di Stato-Nazione. Ma questa
divisione, oltretutto, non era che una tappa transitoria, di un percorso
che dovrà inevitabilmente condurre a quella Repubblica Universale , quell'ordine planetario, cosmopolita e globalizzato, auspicato dal mondialismo.
Ed è così
che anche la seconda metà del XX secolo, fino ai giorni nostri, può
essere considerato una specie di “terzo atto bellico” nel quale viene
attuato un altro tipo di guerra “non convenzionale”, ma non per questo
meno devastante: quella del lavaggio dei cervelli attraverso l'enorme
importanza e diffusione dei mass media, la globalizzazione delle
economie e delle culture e conseguente dissoluzione di ogni specifica
diversità, sottomissione delle economie e degli Stati all'Alta finanza
cosmopolita, diffusione forzata della società multirazziale.
La
ricerca storiografica dell'autore, analitica, precisa e documentata,
arricchita di foto e tabelle riassuntive, è sicuramente di un livello di
gran lunga superiore a quello normalmente praticato dalla storiografia
“politicamente corretta”.
L'autore
infatti, senza scantonare nel complottismo non dimostrato, si attiene ai
fatti, individua e ricerca le motivazioni e gli interessi che li hanno
determinati e come li hanno determinati, espone i substrati culturali e
ideologici che gli stanno alla base, descrive la genesi e lo sviluppo
degli avvenimenti storici presi in esame, individua e ricollega i nomi
dei personaggi principali che hanno occupato cariche, svolto ruoli
storici, sociali e culturali particolari, manipolato in qualche modo
“forze” e poteri e finisce quindi per completare e sintetizzare un
quadro storico ben più esaustivo di quello solitamente realizzato da
storici e giornalisti storici che, spesso per viltà e opportunismo,
fingono di non vedere tutto quello che si svolge dietro le quinte.
Certamente la storiografia non può essere fatta soltanto
con il ricollegare fatti e circostanze che in definitiva sembrano
condurre ad un preciso fine e quindi, da questi dati, così riassunti e
raccolti, trarne dei sillogismi categorici e assoluti, e neppure soltanto
con l'elencare nomi e cognomi che hanno svolto un particolare ruolo a
questo fine connaturato, ma la storiografia neppure può essere fatta
ignorando tutti questi aspetti, in molti casi nascosti e sottili, delle
vicende umane.
Nella
Storia, infatti, intervengono molti elementi e interessi di eterogenea
natura, ma è anche vero che la Storia “viaggia” sulle gambe degli uomini
i quali “complottano”, perseguono scopi, “agiscono”, creano fatti e
circostanze e queste azioni che provocano effetti, cause e concause che
si sommano tra loro, lasciano tracce più o meno nascoste nelle cronache
storiche.
“ La fine dell'Europa – Il ruolo dell'ebraismo”,
questa monumentale opera realizzata dall'autore rappresenta quindi una
fondamentale ed indispensabile integrazione alla Storiografia
contemporanea.
Non può
infine che trovarci pienamente d'accordo la premessa dell'autore, una
premessa alla quale anche noi, nel nostro impegno di ricercatori
storici, eravamo da tempo analogamente arrivati. Afferma infatti
l'autore che il suo impegno, il suo sforzo che lo ha portato a
pubblicare quest'opera, non è finalizzato, per incidere nella “realtà”,
ad una eventuale attività politica partitica o altro che, stante come
stanno le cose nei tempi attuali e relativa demo repressione, sarebbe
insulsa e foriera di intima corruzione e neppure, ovviamente, per
auspicare una rivolta “violenta”, seppur virile, che avrebbe come unica
conseguenza quella di veder sostituito e riprodotto, più forte di prima,
quanto si credeva annientato determinando così, come unica conseguenza,
l'abbattersi di una spietata mannaia da parte del Sistema su ogni
aspetto culturale e gruppo politico non conforme (se non, aggiungiamo
noi, lo strumentalizzare, attraverso l'infiltrazione, certe azioni per
fini a vantaggio proprio del Sistema stesso).
Resta allora, conclude l'autore, l'ultima possibilità, quella “culturale”: “ riportare
alla luce informazioni celate da decenni, raccogliere documentazione,
rettificare interpretazioni filosofiche, storiche e politiche, ordinare
un corpus documentale e “interpretativo” del passato e quindi utile per
il futuro>>.
Con qualcosa di più di una speranza, che il “seme”, in futuro, possa attecchire.
http://www.corrierecaraibi.com/FIRME_MBarozzi_101212_La-fine-dell-Europa.htm
http://www.corrierecaraibi.com/FIRME_MBarozzi_101212_La-fine-dell-Europa.htm
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