giovedì 26 luglio 2012

Benito Mussolini.


Biografia  Benito Mussolini.

Nacque a Dovia di Predappio (Forlì) il 29 luglio del 1883. Figlio di Alessandro, fabbro ferraio, e di Rosa Maltoni, maestra elementare, visse un'infanzia modesta. Studiò nel collegio salesiano di Faenza (1892-93) e poi nel collegio Carducci di Forlimpopoli, conseguendo nel 1901 il diploma di maestro elementare. Quello stesso anno, in dicembre, viene assunto quale "supplente" nella scuola elementare di Pieve di Siliceto. Iscrittosi al Partito Socialista Italiano sin dal 1900, mostrò subito un acceso interesse per la politica attiva stimolato tra l'altro dall'esempio del padre, esponente di un certo rilievo del socialismo anarcoide e anticlericale di Romagna. Emigrato in Svizzera (1902) per sottrarsi al servizio militare, entrò in rapporto con Serrati, A. Balabanov e altri rivoluzionari, ponendo contemporaneamente le basi della propria cultura politica, in cui si mescolavanogli influssi di Marx, Proudhon e Blanqui insieme a quelli di Nietzsche e Pareto. Ripetutamente espulso da un cantone all'altro per il suo attivismo anticlericale e antimilitarista, rientrò in Italia nel 1904 approfittando di un'amnistia che gli permise di sottrarsi alla pena prevista per la renitenza alla leva e compì il servizio militare nel reggimento bersaglieri di stanza a Verona. Ottenuta una supplenza a Caneva di Tolmezzo, il 17 febbraio del 1907 venne posto in congedo dai suoi superiori, dopo una sua anticlericale e rivoluzionaria commemorazione di Giordano Bruno. La Polizia lo schedò come "sovversivo" e "pericoloso anarchico".
Dopo aver insegnato francese qualche tempo in una scuola privata a Oneglia (1908), dove collaborò attivamente al periodico socialista "La lima" con lo pseudonimo di "Vero Eretico", tornò a Predappio, dove si mise a capo dello sciopero dei braccianti agricoli. Il 18 luglio fu arrestato per aver minacciato un dirigente delle organizzazioni padronali. Processato per direttissima, fu condannato a tre mesi di carcere. Dopo 15 giorni è posto in libertà provvisoria dietro cauzione. In settembre venne incarcerato per dieci giorni, per aver tenuto a Meldola un comizio non autorizzato.
Ricoprì quindi la carica di segretario della Camera del Lavoro di Trento (1909) e diresse il quotidiano "L'avventura del lavoratore". Presto in urto con gli ambienti moderati e cattolici, dopo sei mesi di frenetica attività propagandistica, non priva di successo, fu espulso anche da qui tra le proteste dei socialisti trentini, suscitando una vasta eco in tutta la sinistra italiana. Tornato a Forlì, Mussolini si unì, senza vincoli matrimoniali né civili né religiosi, con Rachele Guidi, la figlia della nuova compagna del padre e da essa ebbe, nel settembre 1910, la prima figlia Edda (Vittorio sarebbe nato nel 1916, Bruno nel 1918, Romano nel 1927, Anna Maria nel 1929, mentre nel 1915 sarebbe stato celebrato il matrimonio civile e nel 1925 quello religioso). Contemporaneamente la federazione socialista forlivese gli offriva la direzione del nuovo settimanale "Lotta di classe" e lo nominava proprio segretario. Nei tre anni in cui conservò tali incarichi, M. dette al socialismo romagnolo una sua impronta precisa, fondata su istanze rivoluzionarie e volontaristiche, ben lontane dalla tradizione razionale e positivista del marxismo così come era interpretato dagli uomini più rappresentativi del P.S.I.
Dopo il congresso socialista di Milano dell'ottobre 1910 ancora dominato dai riformisti, M. pensò di scuotere la minoranza massimalista, anche a rischio di spaccare il partito, provocando l'uscita dal P.S.I. della federazione socialista forlivese, ma nessun altro lo seguì nell'iniziativa. Quando sopraggiunse la guerra di Libia a mutare i rapporti di forza tra le correnti del socialismo italiano, M. (che del resto era stato condannato a un anno, poi ridotto a cinque mesi e mezzo, di reclusione per le manifestazioni organizzate in nel settembre del 1911 Romagna contro la guerra in Africa, trasformate in azioni rivoluzionarie di sabotaggio) apparve come l'uomo più adatto a impersonare il rinnovamento ideale e politico del partito. Nel luglio del 1911 fu uno dei protagonisti del congresso di Reggio nell'Emilia: si pose alla testa degli intransigenti, deplorando i deputati che si erano congratulati con il Re per lo scampato pericolo e riuscendo ad ottenere l'espulsione dei "traditori". Assunse la direzione dell' Avanti! il 1° dicembre del 1912. Lo scoppio del conflitto mondiale lo trovò allineato sulle posizioni ufficiali del partito, di radicale neutralismo. Nel giro di qualche mese, tuttavia, in lui maturò il convincimento - comune ad altri settori dell' "estremismo" di sinistra - che l'opposizione alla guerra avrebbe finito per trascinare il PSI a un ruolo sterile e marginale, mentre sarebbe stato opportuno sfruttare l'occasione offerta da questo sconvolgimento internazionale per far percorrere alle masse quella via verso il rinnovamento rivoluzionario dimostratasi altrimenti impossibile. Dimessosi perciò dalla direzione dell'organo socialista il 20 ottobre, due giorni dopo la pubblicazione di un articolo dal titolo chiaramente indicatore del suo mutato programma, "Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante", pensò di realizzare un suo quotidiano. Il giorno dopo l'assemblea straordinaria del PSI milanese approvò la linea propugnata da Mussolini. Ma la direzione nazionale la pensava diversamente. Il 15 novembre pertanto, M. accettando l'aiuto di un gruppo di finanziatori facenti capo a Filippo Naldi, pubblicò "Il popolo d'Italia", ultranazionalista, radicalmente schierato su posizioni interventiste a fianco dell'Intesa e in grado di conseguire immediatamente un clamoroso successo di vendite. Espulso di conseguenza dal PSI (24-29 novembre 1914), nell'aprile del 1915 fu arrestato a Roma mentre si accingeva a presiedere un comizio interventista. Un mese dopo, il 24 maggio, quando l'Italia entrò in guerra, definì questa giornata "la più radiosa della nostra storia". Richiamato alle armi (agosto 1915), dopo essere stato ferito durante un'esercitazione (febbraio 1917), poté ritornare alla direzione del suo giornale, dalle colonne del quale, tra Caporetto e i primi mesi del 1918, ruppe gli ultimi legami ideologici con l'originaria matrice socialista, in nome di un superamento dei tradizionali antagonismi di classe, prospettando l'attuazione di una società produttivistico-capitalistica capace di soddisfare le aspirazioni economiche di tutti i ceti. Con la fine della guerra, la fondazione dei fasci di combattimento avvenuta a Milano, in Piazza San Sepolcro, il 23 marzo 1919, benché facesse appello alle simpatie di elementi quanto mai eterogenei e si basasse su un ambiguo programma mescolante in modo spregiudicato istanze radicali di sinistra e fermenti di acceso nazionalismo, non ebbe inizialmente successo. Tuttavia, man mano che la situazione italiana si andava deteriorando e il fascismo si caratterizzava come forza organizzata in funzione antisocialista e antisindacale, M. otteneva crescenti adesioni e favori da agrari e industriali e quindi dai ceti medi. Alle elezioni del maggio 1921 alla Camera vennero eletti 36 deputati fascisti.
Il 24 ottobre del 1922, in una riunione all'Hotel Vesuvio di Napoli, M. e i suoi collaboratori decisero di marciare su Roma. Il 27 ottobre, quando i fascisti erano alle porte della capitale, il presidente del Consiglio Factapresentò le sue dimissioni. Il 28 ottobre i fascisti entrarono a Roma. Il Re rifiutò di firmare il decreto per lo stato di assedio e il 30 ottobre diede a M. l'incarico di costituire il governo. Mussolini costituì un gabinetto di larga coalizione al quale inizialmente parteciparono anche i popolari (ne uscirono nell'aprile del 1923). Il 17 novembre la Camera approva il governo con 306 voti favorevoli e 116 contrari.
Consolidato ulteriormente il potere dopo le elezioni del 1924 (il "listone" dei fascisti e liberali ottiene 356 deputati; i popolari conquistano 40 seggi, i socialisti 47, i comunisti 18, gli altri partiti 45), M. fu messo per qualche tempo in grave difficoltà dall'assassinio del deputato socialista G. Matteotti. Il discorso del 3 gennaio 1925 con cui egli rivendicò a sé ogni responsabilità politica e morale dell'accaduto segnò però la sua controffensiva e la pratica liquidazione del vecchio Stato liberale. Alla fine di quello stesso anno M. fu fatto oggetto di una serie di attentati. Il primo fu ideato (novembre 1925) dal socialista e massone T. Zaniboni, ma le spie dell'O.V.R.A. (Opera di Vigilanza e di Repressione dell'Antifascismo) lo evitarono. Il 7 aprile 1926 un'anziana signora irlandese, Violet Gibson, sparò a M. durante una cerimonia al Campidoglio, ma il proiettile gli sfiorò appena il volto. Nel settembre dello stesso anno l'anarchico G. Lucetti lanciò una bomba contro l'auto del capo del fascismo; l'ordigno scivolò sul tetto della vettura ed esplose a terra ferendo lievemente soltanto un passante. Sempre in quell'anno, nell'ottobre, un altro attentato fu attribuito a un giovane (Anteo Zamboni) che avrebbe sparato, senza successo, sfiorando appena il bersaglio, e che fu subito dopo pugnalato a morte dai legionari fascisti. M. si salvò da altri due attentati progettati e non eseguiti per ingenuità o per mancanza di determinazione nel 1931 e nel 1932 rispettivamente dagli anarchici Schirru e Sbardellotto, che furono condannati a morte solo perché avevano avuto l'intenzione di commettere il reato. Il 21 aprile del 1927 venne pubblicata la "Carta del Lavoro", che prevedeva 22 corporazioni. L'11 febbraio del '29 M. firmò i Patti Lateranensi con il Vaticano che rappresentavano la conciliazione fra lo Stato italiano e la Santa Sede.
Un'incessante propaganda cominciò a esaltare in maniera spesso grottesca le doti di "genio" del "duce supremo" (il titolo dux fu attribuito a M. dopo la marcia su Roma), trasfigurandone la personalità in una sorta di semidio "insonne" che aveva "sempre ragione" ed era l'unico in grado di interpretare i destini della patria.
In politica estera, dopo lo sconcertante episodio di Corfù occupata dalle truppe italiane nel 1923 e la decisa presa di posizione contro la minaccia tedesca di annessione dell'Austria, cui fece seguito il Convegno di Stresa con Francia e Gran Bretagna (1935) che parve delineare un comune fronte antihitleriano, M. si gettò nella conquista dell'Etiopia: il 3 ottobre 1935 le truppe italiane varcarono il confine con l'Abissinia; alla minaccia delle "sanzioni" formulate a Ginevra rispose con l'autarchia. Il 9 maggio 1936 M. annunciò la fine della guerra e la nascita dell'Impero italiano d'Etiopia. Ma l'impresa, se da un lato segnò il punto più alto della sua popolarità in patria, dall'altro lo inimicò con la Gran Bretagna, la Francia e la Società delle Nazioni, costringendolo a un lento ma fatale avvicinamento alla Germania. Il 6 novembre del 1937 l'Italia firmò il "Patto Anticominform" con Germania e Giappone. L'11 dicembre di quello stesso anno uscì dalla Società delle Nazioni. Nel frattempo l'Italia emanava le leggi razziali contro gli ebrei, che entrarono in vigore il 17 novembre del '38. Nel 1939, infine, M. firmò il "patto d'Acciaio" legandosi definitivamente a Hitler.
La sfida all'Inghilterra ed alla Società delle nazioni, la sua apoteosi di "fondatore dell'Impero" e di primo maresciallo (30 marzo 1938) e, infine, il comando supremo delle truppe operanti su tutti i fronti (11 giugno 1940) assunto il giorno dopo l'ingresso in guerra al fianco dell'Asse, furono l'inizio della fine per il regime fascista. M. scelse di entrare in guerra benché impreparato e contro le idee dei suoi più vicini collaboratori (Badoglio, Grandi, Ciano), nell'illusione di un veloce e facile trionfo. Egli stesso dirà in un discorso di considerare "la pace perpetua come una catastrofe per la civiltà umana". In realtà ottenne solo insuccessi che ridiedero spazio a tutte le energie contrarie al fascismo precedentemente represse. E così vennero le gravi vicende della guerra, in Grecia (1941) e poi in Egitto (1942); il proposito di stendere sul "bagnasciuga" i nemici che avessero osato porre il piede sul suolo d'Italia (24 giugno 1943); fino a che, dopo l'invasione anglo-americana della Sicilia e il suo ultimo colloquio con Hitler (19 luglio 1943), fu sconfessato da un voto del Gran Consiglio (24 luglio) e fatto arrestare dal re Vittorio Emanuele III (25 luglio). Trasferito a Ponza, poi alla Maddalena e infine a Campo Imperatore sul Gran Sasso, il 12 settembre fu liberato dai paracadutisti tedeschi al comando del Maggiore della Luftwaffe Harald Mors (Otto Skorzeny in realtà aveva compiuto il lavoro di indagine sui luoghi dove Mussolini veniva tenuto prigioniero; lui aveva individuato e sorvolato per primo Campo Imperatore; gli fu perciò permesso di seguire da osservatore e senza mansioni di comando la missione). Mussolini liberato fu portato in Germania, da dove il 15 settembre proclamò la ricostituzione del Partito Fascista Repubblicano.
Ormai stanco e malato e in completa balia delle decisioni di Hitler, si insediò quindi a Salò, capitale della nuova Repubblica Sociale Italiana (fondata il 23 settembre 1943), inutilmente cercando di far rivivere le parole d'ordine del fascismo della "prima ora". Sempre più isolato e privo di credibilità, quando le ultime resistenze tedesche in Italia furono fiaccate M., trasferitosi a Milano, propose ai capi del C.L.N.A.I. (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) un assurdo passaggio di poteri, che fu respinto. Travestito da militare tedesco, tentò allora, insieme alla compagna Claretta Petacci, la fuga verso la Valtellina. Riconosciuto a Dongo dai partigiani, fu arrestato e il 28 aprile 1945 giustiziato insieme alla Petacci, per ordine del C.L.N., presso Giulino di Mezzegra. Più tardi i loro corpi, assieme a quelli degli altri gerarchi, vennero esposti nel Piazzale Loreto, a Milano.
Cronologia
della storia Fascista.
• 1919, 21 marzo: Benito Mussolini fonda il Fascio Milanese di Comabattimento; i 120 uomini che danno vita al movimento verranno detti poi Sansepolcristi dal nome della piazza nella quale avvenne la riunione.
• 1919, 12 settembre: Gabriele D'Annunzio conquista Fiume con una spedizione di volontari non autorizzata dal governo.
• 1920, 13 giugno: Cade il governo Nitti perchè impotente contro D'Annunzio; gli subentra Giolitti. I fascisti sono sconfitti alle elezioni.
• 1921, 1 luglio: Cade il governo Giolitti e gli succede Ivanoe Bonomi; i fascisti guadagnano 35 deputati.
• 1921, 11 giugno: Nel suo primo discorso Mussolini attacca Giolitti e offre alle sinistre un compromesso.
• 1921, 3 agosto: viene stipulato il Patto Zaniboni - Acerbo che segna una tregua negli scontri tra fascisti e socialisti.
• 1921, 7-10 novembre: Congresso Fascista.
• 1921, 9 novembre: nasce il Partito Nazionale Fascista; viene accantonato il patto Zaniboni - Acerbo.
• 1922, 25 febbraio: cade il governo Bonomi, gli succede Luigi Facta.
• 1922, 24 ottobre: il governo Facta non riesce ad arginare lo strapotere delle squadre fasciste; Mussolini dichiara: "O ci daranno il potere o lo prenderemo calando su Roma".
• 1922, 28 ottobre: la Marcia su Roma. Mussolini con i quadrumviri Bianchi, Balbo, De Bono e De Vecchi, guida 14.000 camice nere nella capitale.
• 1922, 31 ottobre: Mussolini presenta al Re la lista dei ministri. Questo governo viene votato anche dalle forze moderate ed ottiene addirittura l'assenso di Giolitti.
• 1922, 16 novembre: Mussolini tiene alla camera il famoso "discorso del bivacco". Le squadre fasciste vengono trasformate nella Milizia Volontaria.
• 1924, 6 aprile: il "listone" fascista ottiene 374 rappresentanti alla camera: è il partito di maggioranza assoluta.
• 1924, 10 giugno:Giacomo Matteotti, dopo aver pronunciato un vibrante atto d'accusa contro il metodo violento fascista durante la competizione elettorale, viene rapito sul lungotevere da uomini di fiducia del Duce, tra i quali Dumini, Volpi e Malacria, e assassinato.
• 1924, 27 luglio: tutti i deputati dell'opposizione,guidati da Giovanni Amendola, tranne i membri del PCI, si ritirano dalla Camera nella speranza che questo "Aventino" mandi in crisi il governo. Il fascismo accusa il colpo, ma proprio la divisione tra comunisti e "aventiniani" permette al governo di promulgare numerose leggi a proprio favore.
• 1924, 27 dicembre: scoppia la bomba del memoriale Rossi. L'ex capo dell'ufficio stampa del Duce accusa Mussolini di essere il mandante dell'omicidio Matteotti.
• 1925, 3 gennaio: Mussolini, con un discorso alla Camera, si accolla tutte le responsabilità delle violenze fasciste. Si instaurà così il regime fascista con le sue caratteristiche violente ed antidemocratiche.
• 1925, 4 novembre: Tito Zaniboni, ex deputato socialista, attenta alla vita del Duce, ma il suo gesto viene sventato dall'intervento della polizia.
• 1926, 7 aprile: Violet Gibson, inglese, spara alla tempia di Mussolini: un repentino balzo all'indietro salva il Duce dalla morte ma non da una ferita al naso.
• 1926, 11 settembre: terzo attentato al Duce, questa volta ad opera dell'anarchico Gino Lucetti, il quale lancia una bomba verso la macchina di Mussolini, senonchè l'ordigno rimbalza contro lo sportello dell'auto ed esplode nella strada.
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• 1926, 31 ottobre: quarto ed ultimo attentato a Mussolini. Anteo Zamboni, bolognese, dopo aver esploso un maldestro colpo di pistola verso la figura del Duce, viene linciato sul posto.
• 1926, 25 novembre: viene istituita la pena di morte. Gli antifascisti vengono confinati o imprigionati.
• 1928, 12 aprile: alla fiera di Milano muoiono 20 persone nel mancato attentato al Re.
• 1929, 11 febbraio: vengono stipulati i Patti Lateranensi.
• 1929, 24 marzo: si vota per il plebiscito. I sì al fascismo sono più di 8 milioni mentre i no sono 136 mila. Votò il 90 per cento degli aventi diritto.
• 1929, 28 aprile: nasce l'Opera Nazionale Balilla, sorgono ovunque i campi DUX, l'Italia è fascista.
• 1929, 28 ottobre: viene inaugurata l'Accademia d'Italia che annovera tra le sue fila Mascagni, Fermi, Marinetti, Pascarella, Romagnoli e Guglielmo Marconi.
• 1930, 3 febbraio: Michele Bianchi, primo segretario del PNF, quadrumviro al tempo della marcia su Roma, si spegne a Roma.
• 1930, 24 aprile: Galeazzo Ciano sposa Edda Mussolini.
• 1930, 17 dicembre: undici idrovolanti partono da Orbetello alla volta di Rio de Janeiro. Tra l'equipaggio spicca il nome di Italo Balbo. Per i 44 trasvolatori è un trionfo.
• 1931, 7 gennaio: Achille Starace è il nuovo segretario del partito fascista
• 1931, 7 novembre: inizia la bonifica dell'Agro Pontino, è il periodo delle grandi opere fasciste.
• 1931, 12 dicembre: il mahatma Gandhi giunge a Roma per una visita a Mussolini
• 1931, 21 dicembre: Muore Arnaldo Mussolini, fratello del Duce.
• 1932, 30 giugno: nasce Littoria.
• 1932, 1 luglio: per festeggiare il primo decennale della rivoluzione viene promossa la grande crociera Roma-New York. E' sempre Balbo il capitano dei 24 idrovolanti.
• 1933, 7 giugno: Francia, Inghilterra e Germania firmano il patto a quattro ideato da Mussolini per "dare all'Europa dieci anni di pace".
• 1933, 8 settembre: Mussolini incontra una donna chiamata Claretta Petacci
• 1934, 12 giugno: a Stra di Venezia, Mussolini e Hitler si incontrano per la prima volta
• 1934, 5 dicembre: incidente di Ual-Ual. Una guarnigione italiana posta sul confine tra la Somalia e l'impero etiopico viene attaccata.
• 1935, 3 ottobre: scoppia la guerra d'Africa; vengono prese subito Adua e Adigrat
• 1935, 8 novembre: vengono prese Axum e Macallè
• 1935, 18 novembre: a Ginevra la Società delle Nazioni decide il blocco economico contro l'Italia. Il paese reagisce di slancio contro le "inique sanzioni": è autarchia.
• 1936, 15 febbraio: le truppe di Badoglio occupano l'Amba Aradam: è aperta la via verso l'Amba Alagi.
• 1936, 6 marzo: si combattono le battaglie decisive nella regione Tembien e dello Scirè; Badoglio sta per aprirsi la via verso Addis Abeba.
• 1936, 4 aprile: sulle rive del lago Ascianghi si combatte l'ultima grande e decisiva battaglia.
• 1936, 9 maggio: la guerra d'Abissinia è vinta. Il negus è fuggito all'estero. Dal balcone di palazzo Venezia il Duce grida: "L'Italia ha il suo impero!"
• 1936, 18 luglio: ha inizio la guerra civile spagnola. Mussolini appoggerà il generale Franco anche con l'invio di volontari fascisti.
• 1937, 25 settembre: Hitler riceve Mussolini: oltre un milione di tedeschi applaude i due dittatori allo stadio Olimpico di Berlino
• 1938, 1 marzo: a Gardone muore Gabriele d'Annunzio.
• 1938, 12 marzo: l'esercito tedesco invade l'Austria.
• 1938, 3 maggio: Hitler è a Roma; l'asse si rafforza. Il Duce incomicia a farsi soggiogare delle smanie del Furer.
• 1938, 3 settembre: la "Gazzetta del Popolo" annuncia le prime misure razziste adottate contro gli ebrei dal gran consiglio del fascismo.
• 1939, 19 gennaio: la Camera dei deputati è sostituita dalla Camera dei fasci e delle corporazioni. Scompare la separazione tra potere legislativo ed esecutivo.
• 1939, 4 aprile: l'Italia invade l'Albania.
• 1939, 22 maggio: a Berlino Galeazzo Ciano e Joachim von Ribbentrop firmano il cosiddetto Patto d'Acciaio, ovvero l'alleanza militare.
• 1939, 1 settembre: ha inizio la seconda guerra mondiale, dopo che la Germania invade la Polonia. L'Italia proclama la propria non belligeranza, mentre Francia e Gran Bretagna si schierano contro i tedeschi.
• 1940, 10 giugno:l'Italia dichiara guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. Il Duce comunica la decisione dal balcone di palazzo Venezia: "Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria".
• 1940, 28 giugno: Italo Balbo, camicia nera della prim'ora, ora governatore della Libia, viene abbattuto per errore dalla contraerea italiana nei cieli di Tobruk.
• 1940,28 settembre: Italia, Germania e Giappone firmano il Patto Tripartito.
• 1940, 15 ottobre: Mussolini inzia la disastrosa campagna contro la Grecia.
• 1941, 27 novembre:Dopo la resa del duca Amedeo d'Aosta sull'Amba Alagi cadono le ultime forze italiane a Gondar, nell'Africa Orientale, segnando la fine dell'Impero.
• 1942, 4 giugno: Si costituisce, in piena clandestinità, il Partito d'Azione, futuro serbatoio del movimento partigiano.
• 1942, 2 dicembre:Mussolini rompe il silenzio tenuto dalle autorità sin dall'inizio del conflitto con uno storico rapporto. Dopo aver lanciato dure accuse contro Roosvelt e Churchill, il Duce traccia un bilancio dei costi sinora pagati dall'Italia: 42.000 caduti, 232.000 prigionieri.
• 1943, 6 febbraio: Galeazzo Ciano e Dino Grandi sono rimossi dal ministero degli esteri e da quello della giustizia.
• 1943, 24 giugno:Mussolini assicura che: "Le forze nemiche verranno fermate su quella linea che i marinai chiamano bagnasciuga".
• 1943, 24 luglio:Alle 17.00 ha inizio la riunione del Gran Consiglio del Fascismo. Il Gran Consiglio vota la mozione Grandi di sfiducia a Mussolini e il Duce è invitato a rinunciare a tutte le sue cariche.
• 1943, 25 luglio:dopo un colloquio con Vittorio Emanuele III, Mussolini viene arrestato e vengono conferiti i pieni poteri al maresciallo Badoglio.
• 1943, 26 luglio:viene sciolto il Partito Nazionale Fascista.
• 1943, 14 agosto:Badoglio dichiara Roma "città aperta".
• 1943, 3 settembre: viene stipulato l'armistizio di Cassabile tra il governo Badoglio e gli Alleati.
• 1943, 8 settembre: annuncio dell'armistizio.
• 1943, 12 settembre: Mussolini, prigioniero al Gran Sasso, viene liberato dai paracadutisti tedeschi.
• 1943, 23 settembre: Mussolini rientra in Italia e forma un nuovo governo della Repubblica Sociale, con sede a Salò. Il colonnello Rodolfo Graziani assume il dicastero della difesa nazionale
• 1943, 29 settembre: armistizio di Malta.
• 1943, 14 novembre: Inizia a Verona il congresso del Partito Fascista Repubblicano, che ha come segretario Alessandro Pavolini.
• 1944, 8 gennnaio: Emilio de Bono, Giovanni Marinelli, Luciano Gottardi e Galeazzo Ciano sono condannati a morte per aver congiurato contro il Duce il 25 luglio del '43.
• 1944, 15 aprile: Giovanni Gentile è ucciso a Firenze dai GAP.
• 1944, 16 dicembre: al Teatro Lirico di Milano ha luogo un'adunata fascista, in cui Mussolini pronuncia il "discorso della riscossa". E' questa l'ultima apparizione in pubblico del Duce.
• 1945, 11 febbraio: inizia la conferenza di Yalta.
• 1945, 14 aprile: a Gardone (BS) si valuta la possibilità di trasferire le restanti forze della Repubblica Sociale in Valtellina, ma Mussolini preferisce soltanto trasferire il governo a Milano.
• 1945, 26 aprile: Mussolini fugge verso Como ma viene catturato dai partigiani.
• 1945, 28 aprile: dopo un sommario processo Benito Mussolini e Claretta Petacci vengono condannati a morte e uccisi immediatamente. I loro corpi, appesi per i piedi in piazzale Loreto, a Milano, furono oggetto di violenze per tutta la giornata del 29.
• 1945, 30 aprile: Hitler si toglie la vita sparandosi insieme alla moglie.
• 1945, 8 agosto: gli americani lanciano una prima bomba atomica su Hiroshima.
• 1945, 10 agosto: Radio Tokyo annuncia che il Giappone è pronto ad arrendersi.
• 1945, 20 novembre: si apre a Norimberga il processo contro i capi della Germania nazista.

Storia sul Fascismo.
Le vicende del Fascismo italiano sono strettamente connesse con gli eventi storici che coinvolsero il paese nel periodo intercorrente fra le due grandi guerre mondiali. La data di nascita ufficiale del Fascismo è ormai da tutti riconosciuta nel 23 marzo 1919, quando Benito Mussolini, durante una riunione tenuta nella sala del circolo degli interessi industriali e commerciali in piazza S. Sepolcro a Milano (onde poi i pochi presenti furono insigniti del titolo di “sansepolcristi”), annunciò ai suoi seguaci e simpatizzanti la costituzione dei Fasci italiani di combattimento. Sotto questa battagliera impostazione, Mussolini intendeva dar vita ad un movimento più che ad un partito (creato infatti soltanto il 7 novembre 1921), avente lo scopo di valorizzare con l’azione il contributo offerto dall’Italia alla vittoria degli Alleati e di porre ordine nell’assetto statale della nazione che, se pure uscita vittoriosa dalla Guerra, ne risentiva le gravose conseguenze, esasperate dal disaccordo dei vari partiti politici. Si trattava però, di un programma piuttosto vago e generico, in quanto, come vedremo in seguito, solo assai più tardi si passò ad una vera e propria elaborazione della teoria del Fascismo. Basta infatti accennare che il movimento si sperdeva in molte affermazioni anche contrastanti fra loro, oscillando tra il repubblicanesimo e la tolle-ranza monarchica, tra un sindacalismo che non tradiva le origini socialiste mussoliniane e la difesa degli interessi borghesi e capitalistici, dai cui ceti il Fascismo fu indubbiamente e notevolmente aiutato, tra un dichiarato anticlericalismo da un lato e un prolungato intento di difesa delle tradizioni cattoliche dall’altro. Nello stesso anno 1919 il movimento fascista fece il suo primo tentativo elettorale, ma ne riportò una clamorosa sconfitta, di fronte alle pur sempre valide forze liberali, socialiste e del giovane ma agguerrito Partito popolare. La prevalenza di questi partiti fu però effi-mera: lo stato liberale-giolittiano, ancorato su posizioni nettamente superate dalla naturale evoluzione dei tempi, andava infatti disgregandosi logorato dalle polemiche interne e dalla mancanza di quel prestigio e di quella autorità necessarie a tener testa ad un delicato periodo di crisi economica e sociale quale era quello del dopoguerra. E’ dunque spiegabile come, in quel momento, il Fascismo, con le sue demagogiche promesse facenti leva sul sentimento romantico di una resurrezione patriottica, potesse acquistarsi una certa simpatia e nei ceti sostenitori dello stato ordinario e legalitario e nei gruppi agrari e industriali, che vedevano in un indirizzo autoritario la migliore difesa dei loro interessi, minacciati soprattutto dalle correnti ugualitarie e
livellatrici marxiste e specialmente dalle rivoluzioni comuniste. Ebbe cosi inizio un periodo particolarmente triste per il paese, durante il quale il Fascismo — che aveva ben compreso la possibilità di superare con pochi elementi decisi (gli squadristi, che si fregiavano di nere insegne ornate di teschi) i molti raziocinanti avversari dei partiti — passò ad una azione intimidatrice di violenza e costrizioni, quasi sempre incoraggiate dall’incertezza e dalla tolleranza dell’autorità costituita, anche con manifestazioni particolarmente disgustose come quelle delle abbondanti «manganellature» e delle somministrazioni di olio di ricino. Si arrivava in tal modo al paradosso di un movimento che, propugnatore della legalità, cercava di aprirsi la strada del potere servendosi della più evidente illegalità, e creando un doloroso disordine mentre si prefiggeva di “normalizzare” la situazione.
Sarebbe assurdo negare che, ciò nonostante, il Fascismo non abbia raccolto un certo seguito, mentre gli oppositori, se pure dignitosi, non potevano in verità suscitare molte simpatie, per crescente dimostrazione di una impotente debolezza tale da rasentare l’inettitudine. I partiti marxisti, che avrebbero potuto costituire un ostacolo difficile per il Fascismo, dispersi da troppe scissioni in altrettante correnti sempre in urto tra di loro, furono quelli più violentemente colpiti, cosicché, eliminata la loro concorrenza, il nuovo movimento, per di più organizzato quasi militarmente colse l’occasione, e promosse la nota marcia su Roma delle colonne fasciste (28 ottobre 1922). Mentre gli avversari peccavano ancora una volta di indifferenza e di incredulità nelle conseguenze dell’avventura, la marcia ebbe il potere di impressiona-re fortemente la monarchia e gli uomini più eminenti dello stato. Infatti, re Vittorio Emanuele III, rifiutando la proposta del capo del governo Facta di proclamare lo stato d’assedio, per il timore di una deprecata guerra civile, nella speranza effettiva di migliorare la situazione, ed a seguito del rifiuto degli esponenti delle diverse correnti politiche di assumere il mandato governativo, chiamò al Quirinale Mussolini, giunto a Roma con i «quadrumviri» Bianchi, De Bono, Balbo e De Vecchi, e gli offerse l’incarico di formare il gabinetto. L’ordine tanto auspicato non si verificò: per parec-chio tempo i contrasti di piazza angustiarono il paese, anche perché l’appoggio gover-nativo all’azione delle squadre fasciste non poteva che inasprire le opposizioni, ormai presaghe di quella che tra poco sarebbe stata la loro completa soffocazione. In questo clima vennero indette le elezioni politiche del 1924, con il preordinato scopo di rendere legale lo stato di cose che certo imbarazzava gli stessi esponenti fascisti. Si introdusse uno speciale sistema elettorale basato sul «premio di maggioranza», capa-ce di dare praticamente tutto il Parlamento in mano alla lista che avesse ottenuto una maggioranza relativa; maggioranza relativa che infatti il Partito nazionale fascista (PNF) ottenne, impostando la sua campagna elettorale sulla intimidazione e sulla violenza. Si formò così un Parlamento che non rispecchiava affatto le forze politiche italiane; tuttavia le opposizioni parlamentari, sia pure sparute e non bene organizzate, dimostrarono in quella occasione un alto spirito battagliero. Tra i più tenaci oppositori si rivelò subito il deputato socialista Giacomo Matteotti, il quale, mentre si riprometteva di documentare in piena Camera i soprusi e le soperchierie mediante i quali il Fascismo aveva raggiunto il successo, venne rapito da sicari fascisti e barbaramente assassinato nei pressi di Roma. Il martirio di Matteotti, uomo di alta statura morale e di indiscussa probità politica, coincise con il momento di crisi del Fascismo, che, aspramente attaccato per la responsabilità del crimine, personalmente attribuita allo stesso Mussolini, rasentò l’orlo della caduta, anche per l’indignazione suscitata nel paese da tale misfatto. Sennonché, ancora una volta le opposizioni commisero l’errore di agire sul piano simbolico anziché sul piano concreto, e, rifiutandosi di mettere piede nella Camera fascista, si ritirarono dall’attività parlamentare, dando luogo alla secessione: detta dell’Aventino (giugno 1924), dal nome del colle romano che aveva visto la secessione dei plebei. Questa ritirata rimase fine a se stessa, senza alcun seguito pratico, invano sperato ed atteso da parte della stessa monarchia. Mussolini, assai più tempista e sicuro di sé, ebbe pertanto il tempo di sollevarsi dallo stato di disagio in cui era venuto a trovarsi e riprese l’iniziativa, presentandosi il 3gennaio 1925 alla Camera per dichiarare di assumersi tutta la responsabilità politica, morale e storica di quanto era accaduto e annunciare in termini draconiani le sue contromisure, consistenti in una serie di provvedimenti che sopprimevano in Italia ogni forma di libertà e rendevano impossibile ogni opposizione che non fosse soltanto clandestina. Il naufragio degli aventiniani trovava conferma l’anno successivo con la legge che dichiarava decaduti dal mandato i deputati che dal giugno 1924 si erano astenuti dal partecipare ai lavori parlamentari. Da allora, il Fascismo rimase padrone del campo e soppresse le fondamentali guarentigie costituzionali (libertà di stampa, di riunione, associazione, ecc.), mirò a consolidare la sua forza, basandosi soprattutto, da un lato, su di una efficiente organizzazione poliziesca, e dall’altro, su una crescente propaganda di valorizzazione nazionale, ricca di suggestioni derivate dall’antico prestigio della romanità. Inoltre, dal punto di vista economico, giocando sulla blandizia verso le classi operaie e allo stesso tempo seguendo una politica protezionistica verso i maggiori industriali, lanciò il postulato della indispensabilità della autosufficienza economica dell’Italia, la cosiddetta «autarchia», al fine di sottrarsi ad ogni eventuale vassallaggio straniero. In realtà, questa politica sempre più esaltatrice di un amor patrio inteso più che altro come superiorità della nostra nazione sulle altre, unitamente alla campagna per l’incremento demografico e alla volontà di potenza, non tendeva che a dare dimostrazioni bellicose di una forza esistente più sulla carta che nei fatti, come per esempio nel campo militare. D’altra parte, alcune ammissioni fatte da alcune delle stesse grandi potenze, ingenerarono in Mussolini e in molti Italiani l’illusoria opinione di essere veramente più forti di quanto non fossero e sfortunatamente anche uomini saggi e consapevoli non osarono in quei tempi, se non in casi eccezionali e comunque timidamente, ammonire sul pericolo in cui il Fascismo stava gettando l’Italia. Per non dire della criminale ipocrisia di coloro che, mentre a parole esaltavano il regime, lo andavano sabotando nella speranza di liberarsi con poca fatica di un sistema ormai alquanto imbarazzante per loro. Così, quando Mussolini concepì l’impresa di conquistare all’Italia il famoso «posto al sole» con la vittoriosa, per quanto piena di sacrifici, campagna d’Etiopia (3ottobre 1935- 9maggio l936) – il coro delle lodi sali alle stelle, esasperando l’utopia imperiale dell’Italia, la quale in effetti, non aveva trovato altra opposizione all’infuori delle sterili deplorazioni della Società delle nazioni. Malgrado tutto, fu questo il periodo migliore del Fascismo: la stessa oppressione poliziesca e il Tribunale speciale per la difesa dello Stato davano segni di rilassamento, e il popolo italiano, disavvezzandosi gradatamente alla democrazia poteva sperare in tempi piuttosto tranquilli. Sennonché Mussolini, non soddisfatto dei successi conseguiti, entrò nell’orbita della Germania di Hitler, tesa alla conquista dell’Europa. Sopravvalutazione della propria forza e sopravvalutazione della forza germanica: ecco il fatale errore del Fascismo che, dal momento dell’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940) inizia la sua parabola discendente. La guerra infatti mostrò subito le deficienze di un regime composto da illusi, da arrivisti e da inesperti consiglieri, destinato pertanto alla rovina, malgrado le pagine eroiche ancora una volta scritte dai soldati italiani, spinti al combattimento sui vari fronti di guerra in condizioni di spaventevole inferiorità in mezzi e materiali. Mentre la monarchia tentava di sganciarsi dal Fascismo, subito dopo lo sbarco degli Anglo-Americani in Sicilia, Mussolini cadeva nella storica seduta del Gran consiglio del 24-25 luglio 1943, per opera dei suoi stessi collaboratori, che gli negavano la fiducia. Di qui il suo arresto da parte della monarchia e lo scioglimento del partito da parte del governo Badoglio. E questa può essere veramente considerata la data di morte del Fascismo mussoliniano, in quanto la triste appendice del Partito fascista repubblicano, creatosi nell’Italia del Nord durante l’occupazione tedesca, non fu che un sanguinoso fantasma, alimentato dal feroce ex alleato, che si agitò nel periodo doloroso della guerra civile (settembre 1943- aprile 1945), periodo che conobbe il sacrificio di tante vite e gli strazi e le sofferenze della popolazione civile, e culminato infine nella fucilazione di Mussolini (28 aprile 1945).

Il testamento di Benito Mussolini.

"Nessuno che sia un vero Italiano, qualunque sia la sua fede politica, disperi nell'avvenire. Le risorse del nostro popolo sono immense. Se saprà trovare un punto di saldatura, recupererà la sua forza prima ancora di qualche vincitore. Per questo punto di fusione io darei la vita anche ora, spontaneamente, qualunque sia purché improntata a vero spirito italiano. Dopo la sconfitta io sarò coperto furiosamente di sputi, ma poi verranno a mondarmi con venerazione. Allora sorriderò, perché il mio popolo sarà in pace con se stesso. Il lavoratore che assolve il dovere sociale senz'altra speranza che un pezzo di pane e la salute della propria famiglia, ripete ogni giorno un atto di eroismo. La gente che lavora è infinitamente superiore a tutti i falsi profeti che pretendono di rappresentarla. I quali profeti hanno buon gioco per l'insensibilità di chi avrebbe il sacrosanto dovere di provvedere. Per questo sono stato e sono socialista!
L'accusa di incoerenza non ha fondamento. La mia condotta è sempre stata rettilinea nel senso di guardare alla sostanza delle cose e non alla forma. Mi sono adattato socialisticamente alla realtà. Man mano che l'evoluzione della società smentiva molte delle profezie di Marx, il vero socialismo ripiegava dal possibile al probabile. L'unico socialismo attuabile socialisticamente è il corporativismo, punto di confluenza, di equilibrio e di giustizia degli interessi rispetto all'interesse collettivo. La politica è un'arte difficilissima tra le difficili perché lavora la materia inafferrabile, più oscillante, più incerta. La politica lavora sullo spirito degli uomini, che è un'entità assai difficile a definirsi, perché è mutevole.
Mutevolissimo è lo spirito degli italiani. Quando io non sarò più, sono sicuro che gli storici e gli psicologi si chiederanno come un uomo abbia potuto trascinarsi dietro per vent'anni un popolo come l'italiano. Se non avessi fatto altro basterebbe questo capolavoro per non essere seppellito nell'oblio. Altri forse potrà dominare col ferro e col fuoco, non col consenso come ho fatto io. La mia dittatura è stata assai più lieve che non certe democrazie in cui imperano le plutocrazie. Il Fascismo ha avuto più morti dei suoi avversari e il 25 Luglio al confino non c'erano più di trenta persone. Quando si scrive che noi siamo la guardia bianca della borghesia, si afferma la più spudorata delle menzogne. Io ho difeso, e lo affermo con piena coscienza, il progresso dei lavoratori. Tra le cause principali del tracollo del Fascismo io pongo la lotta sorda ed implacabile di taluni gruppi industriali e finanziari, che nel loro folle egoismo temevano ed odiano il fascismo come il peggior nemico dei loro inumani interessi. Devo dire, per ragioni di giustizia che, il capitale italiano, quello legittimo, che si regge con la capacità delle sue imprese, ha sempre compreso le esigenze sociali, anche quando doveva allungare il collo per far fronte ai nuovi patti di lavoro.
L'umile gente del lavoro mi ha sempre amato e mi ama ancora. Tutti i dittatori hanno fatto strage dei loro nemici. Io sono il solo passivo; tremila morti contro qualche centinaio. Credo di aver nobilitato la dittatura. Forse l'ho svirilizzata, ma le ho strappato gli strumenti di tortura. Stalin è seduto sopra una montagna di ossa umane. E' male? Io non mi pento di aver fatto tutto il bene che ho potuto anche agli avversari, anche ai nemici, che complottavano contro la mia vita, sia con l'inviare loro dei sussidi che per la
frequenza diventavano degli stipendi, sia strappandoli alla morte. Ma se domani togliessero la vita ai miei uomini, quale responsabilità avrei assunto salvandoli? Stalin è in piedi e vince, io cado e perdo. La storia si occupa solamente dei vincitori e del volume delle loro conquiste ed il trionfo giustifica tutto. La rivoluzionefrancese è considerata per i suoi risultati, mentre i ghigliottinati sono confinati nella cronaca nera.
Vent'anni di Fascismo nessuno potrà cancellarli dalla storia d'Italia. Non ho nessuna illusione sul mio destino. Non mi processeranno, perché sanno che da accusato diverrei pubblico accusatore. Probabilmente mi uccideranno e poi diranno che mi sono suicidato, vinto dai rimorsi. Chi teme la morte non è mai vissuto, ed io sono vissuto anche troppo. La vita non è che un tratto di congiunzione tra due eternità: il passato ed il futuro.
Finché la mia stella brillò, io bastavo per tutti; ora che si spegne, tutti non basterebbero per me. Io andrò dove il destino mi vorrà, perché ho fatto quello che il destino mi dettò.
I fascisti che rimarranno fedeli ai principi, dovranno essere dei cittadini esemplari. Essi dovranno rispettare le leggi che il popolo vorrà darsi e cooperare lealmente con le autorità legittimamente costituite per aiutarle a rimarginare, nel più breve tempo possibile, le ferite della Patria. Chi agisce diversamente dimostrerebbe di ritenere la Patria non più Patria quando si è chiamati a servirla dal basso. I fascisti, insomma, dovranno agire per sentimento, non per risentimento. Dal loro contegno dipenderà una più sollecita revisione storica del Fascismo,perché adesso è notte, ma poi verrà il giorno".
Distinti saluti
Dario Galluzzo

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