di: Gaetano Marabello
La reale storia dell’ultimo grande capo dei Modoc, il cui nome indiano era Kintpuash, più noto come Capitan Jack
Gli appassionati del genere western forse ricorderanno il film del 1954
“Rullo di tamburi”. Un ancora acerbo Charles Bronson vi interpretava il
ruolo d’un capo indiano selvaggio e intrattabile, destinato perciò ad
andare incontro all’inevitabile punizione finale. Il personaggio, lungi
dall’essere una finzione cinematografica, era esistito sul serio.
Ma, come al solito, la verità hollywoodiana non corrispondeva alla
verità dei fatti. Chi fu nella realtà questo condottiero? Il suo nome
indiano era Kintpuash, ma egli è passato alle cronache come Capitan
Jack. Questo soprannome gliel’avevano dato i coloni, analogamente a
quanto fecero - ome vedremo - con molti altri membri della tribù. Il
Nostro uomo rassomigliava infatti fisicamente ad un cercatore, che si
chiamava Jack e che faceva parte dell’orda famelica di minatori piombata
lì durante la famosa “corsa all’oro” del 1848.
Kintpuash fu a capo dei Modoc, un piccolo raggruppamento di nativi che
abitava sulle rive del lago Tule, tra la Sierra Nevada e il Pacifico. Si
trattava di gente non bellicosa, alla pari di tutte le altre tribù
sparse tra la California e l’Oregon che sono oggi scomparse. Tuttavia,
la loro natura tendenzialmente pacifica non impedì ai Modoc di essere
protagonisti dell’unica guerra, che in quella zona impegnò seriamente
(specie dal punto di vista finanziario) gli ”yankees”.
Per indole, Jack era ben disposto verso i bianchi, anche se poi le
vicende lo portarono a battersi fino allo stremo contro di loro. Secondo
un copione più volte sperimentato nel corso della conquista del West,
suo padre cadde ucciso a tradimento in un vilissimo agguato. Con lui
perirono ben 35 dei suoi uomini. La trappola fu predisposta dai
volontari dell’Oregon condotti da Ben Wright, che non riusciva a
sgomberare con altri mezzi il terreno dalla loro ingombrante presenza.
Imbastì dunque un falsa trattativa. Gli ignari pellirosse che vi
parteciparono finirono avvelenati prima e massacrati poi. More solito,
per quel crimine nessuno degli assassini fu mai punito da un tribunale: E
ciò, sempre in virtù del deprecabile copione che distingueva i buoni
dai cattivi secondo il colore della pelle.
Succeduto al genitore alla guida del popolo Modoc, Jack provò a vincere
il rancore per quell’eccidio ingiustificato. E di conseguenza continuò a
cercare sempre la via della conciliazione, anche a costo d’irritare il
partito della guerra che aveva incominciato a prendere piede tra la sua
gente. Questi suoi sforzi furono premiati nell’ottobre del 1864 con la
sottoscrizione di un trattato, che portò i Modoc a spostarsi nella
riserva predisposta per la tribù dei Klamath. Purtroppo, ben presto
iniziarono i guai, perché questi ultimi trattarono i nuovi arrivati alla
stregua di intrusi. In più, l’agente governativo americano rifiutò di
corrispondere ai Modoc quanto previsto dal trattato in termini di
quattrini, cibo e vestiario. Contro ogni previsione, infatti, il
Congresso aveva disatteso gli accordi e non aveva stanziato i fondi
previsti al riguardo.
Di fronte a queste violazioni degli accordi, a Jack non restò che
denunciare il trattato e ricondurre di nascosto la sua banda nella valle
del Lost River, presso il lago Tule. Immediatamente, anche se si
trattava di appena trecento individui intenzionati a tornare a pescare e
cacciare come un tempo, i coloni che ne avevano invaso le terre
chiesero allarmati l’invio dell’esercito. E fu così che, nel novembre
1872, una compagnia del I° cavalleria ingiunse ai Modoc di deporre i
fucili e di rientrare sotto scorta nella riserva. Per evitare guai, Jack
dette subito il buon esempio. Accadde però che un indiano
soprannominato Sfregiato Charley prese alla lettera l’ingiunzione e
rifiutò di consegnare assieme allo schioppo pure il revolver. E, quando
un maggiore con urla e insulti gli ingiunse di depositare anche
quell’arma, rispose irridente di non essere un cane da maltrattare con
quel tono. Purtroppo dalle parole si passò ai fatti. Ne nacque una
sparatoria, a seguito della quale i soldati ripiegarono in disordine per
evitare di buscarle. Ma anche i Modoc fuggirono con tutto il seguito di
donne, vecchi e bambini e s’andarono a nascondere nei Lava Beds, oggi
noti come “Modoc Caves”.
I “Letti di Lava” erano luoghi completamente desolati e pressoché
inabitabili, perché - come indicava il loro nome – avevano un’origine
vulcanica. In questa sorta di roccaforte, tormentata da rocce affilate
come rasoi ed estesa per qualche decina di chilometri quadrati, gli
sventurati speravano d’essere lasciati finalmente in pace. Quale
colonizzatore europeo avrebbe desiderato mai vivere in un inferno del
genere? Ma l’uomo bianco non la pensava allo stesso modo. Del resto,
mentre accadevano questi avvenimenti, si era verificato un ulteriore
incidente che Jack ancora ignorava. Alcuni Modoc, capeggiati da un certo
“Uncino Jim”, erano stati assaliti da alcuni minatori bianchi che
avevano massacrato un bambino e una vecchia. Per rappresaglia, il gruppo
di indiani in fuga aveva ucciso una dozzina di ignari coloni incontrati
per strada, prima di ritirarsi anch’esso nel santuario di Lava Beds.
Jack conosceva personalmente buona parte di quella povera gente che era
stata uccisa. Non gli restò quindi che rampognare aspramente quegli
sconsiderati: quell’atto di ritorsione avrebbe inevitabilmente scatenato
l’inseguimento, portando l’esercito dentro quei luoghi inospitali. La
previsione si dimostrò purtroppo esatta. Ai primi di gennaio del ’73 la
zona fu circondata dalla fanteria statunitense. I Modoc tennero
consiglio, ma solo 14 di loro, tra cui Capitan Jack, votarono per la
resa. Tra quelle gente vigeva un sistema decisionale, per cui neanche il
capo poteva imporre la sua volontà alla maggioranza. Il dado era dunque
tratto. Intanto, convinti di fare una passeggiata in considerazione
della disparità di forze in campo, i soldati si addentrarono baldanzosi
in quella landa per cadere però vittime dei cecchini indiani annidati
tra le gole.
La battaglia divenne ben presto furiosa. Il sopraggiungere della nebbia,
confondendo gli attaccanti, avvantaggiò ancor più i 52 guerrieri di cui
disponevano i Modoc. Nella sua Storia degli Indiani d’America (Odoya,
2009), Siegfried Augustin osserva giustamente che l’intera “guerra
conferì ai Modoc la fama di essere i più abili tiratori tra gli
indiani”. Sta di fatto che i soldati caddero come mosche sotto il
preciso tiro di quei cecchini imprendibili. I Modoc sembravano trovarsi
perfettamente a loro agio in quel paesaggio infernale, che conoscevano
bene. Apparivano e sparivano come fantasmi e, in più, erano capaci di
muoversi senza subire perdite e senza ferirsi gli arti alle rocce
acuminate. Al termine della prima battaglia, nessuno di loro era stato
colpito. Lo stesso bilancio non potevano vantare invece i loro
avversari, che contavano parecchi caduti. L’imprevisto smacco mandò
letteralmente in bestia le giacche blu.
Sul posto vennero fatti confluire, oltre ad alcuni mortai, diversi altri
contingenti rafforzati da battaglioni di volontari. Però, anche così
non si riuscì a cavare il ragno dal buco. Sicché, la situazione restò a
lungo stazionaria, ad onta della sproporzione di uomini e mezzi. Le
scaramucce si moltiplicarono, costringendo le truppe a segnare sempre il
passo. Quei pochi guerrieri asserragliati nei loro rifugi sembravano
gli spartani delle Termopili. L’unico problema per gli assediati era
l’acqua che li costringeva ad esporsi per rifornirsene, ma per il resto
la loro fortezza naturale era imprendibile. E così fluirono le
settimane. Finalmente, grazie anche alla mediazione di una cugina di
capitan Jack che aveva sposato un uomo bianco, fu intavolata una
trattativa.
Fu riunito di nuovo il consiglio dei Modoc per decidere la linea da
seguire. Ovviamente, i responsabili degli eccidi dei coloni erano
contrari alla capitolazione perché ne temevano le inevitabili
conseguenze. Contro il parere del loro capo, votarono per la resistenza a
oltranza, schernendo Jack per la sua presunta debolezza. In più, ne
dileggiarono apertamente la figura di guida, perché giunsero a
paragonarlo – cosa intollerabile per l’onore di ogni nativo americano - a
una femminuccia. E, del resto, Uncino Jim non aveva chiesto protezione
proprio a lui? Era perciò suo preciso dovere di capo difenderlo ad ogni
costo, anche se aveva sbagliato. Insomma, il povero Jack era preso tra
l’incudine e il martello. Dopo una vana resistenza verbale, dovette
subire l’orribile diktat della maggioranza: assassinare il generale
Edward R, S, Canby durante le trattative. Se non l’avesse fatto, sarebbe
caduto egli stesso sotto il fuoco di Uncino e dei suoi uomini. Jack era
davvero in un vicolo cieco, dal quale non poteva uscire senza
compromettere la propria onorabilità davanti al popolo che guidava.
Inoltre, quel gesto infame di sparare su un parlamentare era ripugnante
anche per un’altra ragione. Il comandante degli assedianti passava per
uomo equilibrato, essendo propenso a comprendere la “questione indiana”
più di tanti altri militari.
Puntava pertanto sul dialogo per evitare ulteriori sacrifici di vite,
anche se da buon soldato stringeva intanto sempre più il cerchio attorno
al nemico. Anche se venne informato delle intenzioni dei Modoc, non le
ritenne attuabili fidando sulla presenza a poca distanza dei suoi mille
uomini. Si arrivò così al fatidico incontro con la delegazione
statunitense, dove accadde l’inevitabile. Jack la tirò per le lunghe,
nella speranza d’ottenere qualche concessione che salvasse dal capestro
Uncino e i suoi accoliti ed evitasse la morte del generale Canby. Alla
fine, comprese che non c’era possibilità d’intesa. A quel punto non gli
restò che eseguire le indicazioni del consiglio, uccidendo ad un segnale
convenuto il graduato. Nel breve scontro che s’accese caddero anche
altri membri della delegazione statunitense. La guerra naturalmente
riprese più furibonda di prima. Sparpagliati a gruppetti tra massi e
burroni, i guerrieri continuarono a combattere senza posa notte e
giorno.
Inaspettatamente fu proprio Uncino Jim ad accelerare la fine agli
scontri. Pensò cioè di tradire lo sventurato Jack, che proprio a causa
sua s’era macchiato del gesto criminoso di violare la bandiera bianca.
Il farabutto non solo si consegnò al nemico col suo gruppetto di
seguaci, ma si offrì d’indurre Jack alla resa. In cambio, ottenne il
perdono per sé e i responsabili dell’intera vicenda. Ormai ai militari
premeva più ottenere la testa di Jack che vendicare i coloni uccisi.
Uncino, però, aveva fatto male i suoi conti. Quando si presentò al suo
capo per convincerlo a consegnarsi, questi lo scacciò come meritava e
gli rinfacciò il voltafaccia. La situazione era tuttavia compromessa,
perché la defezione di Uncino aveva ridotto all’osso il già striminzito
manipolo dei combattenti. E, purtroppo, i giorni di libertà dei
superstiti erano ormai contati. Alla fine, braccati da ogni lato e
stremati dall’accanita lotta, Jack e tre ultimi fedelissimi dovettero
arrendersi. Era il 1 giugno del ’73. “Le mie gambe non ce la fanno più”,
furono le amare parole del capo. La guerra era finita, ma il bilancio
per gli statunitensi fu disastroso: 82 morti e altrettanti feriti contro
appena 5 Modoc uccisi. Il nuovo generale nemico Jefferson Davis
(omonimo del futuro presidente dei Confederati) decise seduta stante di
giustiziare i prigionieri, ma da Washington gli giunse l’ordine
d’imbastire un processo. Con il che comunque la fine di capitan Jack era
solo rinviata. Il giudizio si trasformò nella solita farsa, in cui son
sempre stati maestri gli statunitensi quando hanno qualche nemico
importante da giudicare. Gli imputati non ebbero nemmeno l’avvocato e il
processo si svolse mentre già all’esterno s’innalzava la forca. Una
farsa nella farsa fu poi la presenza sul banco dei testimoni d’accusa di
Uncino Jim e i suoi compari, che barattarono in questo modo la loro
miserabile vita. E fu questa la ragione per cui Jack potette affermare
al tribunale: “Voi bianchi non mi avete vinto; mi hanno sconfitto i miei
uomini”. Era vero. Comunque, egli a sua difesa rivendicò lo stesso
trattamento privilegiato, che era stato riservato all’assassino di suo
padre. Non riusciva infatti a comprendere perché due casi identici
fossero trattati tanto diversamente dalla giustizia dei bianchi. Tutto
fu inutile. Il 3 ottobre 1873 Jack veniva impiccato assieme a due suoi
seguaci, avendo Grant rifiutato loro la grazia. Ma nel destino
dell’ultimo grande capo Modoc era scritto che non lo si lasciasse in
pace neanche da morto. Il suo cadavere venne infatti sottratto
nottetempo. Riapparve imbalsamato di lì a poco, per essere oscenamente
esposto in alcune fiere dell’Est. Prezzo d’ingresso del macabro
spettacolo: l’infima somma di 10 cents di dollaro!
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=14936http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=14936
Cosa è ora cambiato???
RispondiEliminaL'umano è veramente un prodotto di SATANA!!!
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