giovedì 29 settembre 2011

QUANDO LA MENZOGNA REGNA SOVRANA



di Filippo Giannini

I nostri programmi sono decisamente rivoluzionari, le nostre idee appartengono a quelle che in regime democratico si chiamerebbero di sinistra. Su ciò non può esserci alcun dubbio: NOI siamo i proletari in lotta contro il capitalismo. Se questo è vero, rivolgersi alla borghesia agitando il pericolo rosso è assurdo. Lo spauracchio vero, il pericolo autentico, la minaccia contro cui lottiamo senza sosta viene da destra. (Benito Mussolini) E chi vuol capire, capisca...

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Qualche giorno fa ha dichiarato Silvio Berlusconi: <Con la manovra approvata nei giorni scorsi abbiamo posto le premesse perché l’Italia raggiunga il pareggio di bilancio entro il 2013 raggiunto per la prima volta nella storia a partire dal 1876>.

Premessa. L’ho già scritto: Una mezza verità è una menzogna intera!

Prego i lettori di seguirmi con pazienza.

È vero o non è vero che nella storia d’Italia il famigerato Ventennio è di damnazio memoriae ?

Non è vero che ho ripetutamente scritto che gli anni Venti e Trenta ci hanno fornito dei miracoli irripetibili?

Furono gli anni in cui lo Stato realizzò leggi e istituzioni fondamentali e, liberatosi dalle pastoie del vecchio sistema dei partiti (sistema oggi riproposto e di cui vediamo tutti i difetti), dimostrò la sua straordinaria efficienza. “Mussolini riuscì ad operare un miracolo: quello di unire gli Italiani come non erano mai stati dalla caduta dell’Impero Romano”.

È il giudizio di Giuseppe Prezzolini.

Vorremmo chiedere adesso ai tanti capiscioni come in un breve lasso di tempo, dal 1923 al 1940, si sia potuto fare tanto.

Allora non era necessario inventarsi manovre o manovrine come oggi, la risposta è semplice: non c’erano dispersioni di energie, non sperperi di denaro, non smanie speculative, ma capo di una NAZIONE era un uomo incorruttibile, che disprezzava il vile denaro, una coordinata unità d’intenti.

In pochi anni l’Italia, tutta intera, immune dall’infezione del dollaro, precorse, prima nel mondo, la via della civiltà, la via del progresso, soprattutto sociale.

Cosa è stato scritto poco sopra? “(…). Il pareggio di bilancio entro il 2013 (sarà) raggiunto per la prima volta nella storia a partire dal 1876”.

Il gioco è sempre il solito: ingannare gli italiani.

Anni fa lo storico del Fascismo, Renzo De Felice, nel corso di un’intervista al Corriere Della Sera del 27 dicembre 1987, disse: “Certo, la classe dirigente fascista era illiberale. Ma siamo sicuri per tutto il resto, tanto peggiore di quella attuale?”.

E allora un po’ di storia, così da consolarci con il passato.

Negli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia, durante il governo della Destra storica (altro che assimilare il termine Destra al fascismo), il debito dello Stato raggiunse livelli vertiginosi, forse inferiori a quelli attuali; infatti il debito pubblico superò largamente il novanta per cento del prodotto interno lordo.

Se è vero che nel 1876 Marco Minghetti raggiunse il pareggio del bilancio, ma per ottenere ciò si dovette avvalere dell’aumento delle imposte indirette, colpendo maggiormente i ceti meno abbienti, della tassa sul macinato (macinazione dei cereali), introdotta nel 1868 e del complesso di dazi comunali, delle tassazioni sulla proprietà fondiaria, dei balzelli che scatenarono proteste popolari con assalti ai mulini, distruzione dei contadi, invasioni dei municipi.

Al termine di questa rivolta contadina si contarono molti arresti, feriti e morti.

Questi provvedimenti, considerati insensati e odiosi al punto che Minghetti fu costretto a cedere il governo alla Sinistra Storica.

È questo a cui aspira Berlusconi con la sua strampalata uscita: “Abbiamo salvato il Paese (?), sarà il primo pareggio di bilancio dal 1876”.

E poi si vada a leggere la Storia: non per nulla gli anni che vanno dal ’25 al ’30 (anni del mai sufficientemente deprecato Ventennio) fecero registrare attivi da primato nella storia dei conti nazionali.

Ma questo non è nulla: al termine dell’articolo presenteremo qualcosa di volutamente taciuto, ma che ha dell’incredibile.

Torniamo al tema. Del fascismo si potrà dire tutto – c’è la libertà, anche quella di mentire e di rubare – ma non che mancasse di senso dello Stato, di rigore morale, di tensione verso l’efficienza. Tanto che anni fa, Michele Tito su il Corriere della Sera scrisse: “Mai prima d’ora s’era visto come tra le due guerre il nostro fosse un Paese straordinariamente vitale”.

Presentare anche un minimo elenco di realizzazioni impostate e concluse dal Fascismo, in questa sede è semplicemente impossibile. Ma su un punto desideriamo soffermarci e ci avvaliamo di un libro del giornalista Franco Monaco, Quando l’Italia era ITALIA, pag. 33: “L’anno 1923 mandò finalmente all’aria, insieme ai progetti stilati dal 1860 in avanti e messi a marcire nei cassetti ministeriali, anche il semplicistico concetto di tutti gli aspiranti bonificatori (Papi, principi e Garibaldi) secondo i quali per risanare una terra bastava eliminare il disordine idraulico. Ogni opera di bonifica è, invece, inutile se non la si rende stabile, cioè se sulla terra bonificata non si insedia l’uomo che la riscatti giorno per giorno con il lavoro. Non basta convogliare acque stagnanti: bisogna poi vivere sul posto con case, strade, pozzi, macchine. Questa fu la “bonifica integrale”: in altri termini una coordinata esecuzione di opere fondiarie (idrauliche, viarie, edilizie, agricole, forestali) per adattare la terra ad una produzione intensiva tale da assicurare lavoro ad una densa popolazione agricola”.

Volutamente abbiamo citato (citato, perché di opere simili il fascismo ne attuò a decine, sia in Italia che nelle colonie) questo esempio in quanto recandoci con una certa frequenza in quelle aree, abbiamo notato il prima e il dopo.

Infatti la sorte della Bonifica Pontina è stata catastrofica.

Durante la guerra i bombardamenti terroristici dei liberatori distrussero completamente Aprilia (una delle decine e decine di nuove città sorte dal nulla ad opera del Regime malefico).

Dopo il 1945 tutto l’Agro fu stravolto dallo scempio urabanistico. Decine di aziende agricole sono state chiuse, migliaia di lavoratori sono diventati cassaintegrati (anche la cassa integrazione fu opera dell’infame Ventennio).

I tentacoli della mafia sono arrivati anche qui. La bella, ordinata Littoria, degli anni Trenta è sparita: costretta a cambiarsi il nome, diventata Latina, è stata malamente gonfiata e sfigurata dai palazzinari della repubblica.

Anni fa ascoltammo le lamentele di un giornalista antifascista tutto d’un pezzo che si scagliò contro la tirannide fascista che aveva costretto le zanzare, povere bestiole a soccombere o trasmigrare.

Per concludere. Poco sopra avevamo accennato ad una notizia volutamente taciuta che sintetizza per tutto e per tutti come Benito Mussolini concepiva la buona amministrazione.

Ebbene dopo cinque anni di guerra disastrosa, ecco come la commissione del parlamento degli Stati Uniti, presieduta dal senatore Winkersham, ratificò, con la dichiarazione pubblicata il 25 agosto 1945 “esser stata la Repubblica Sociale Italiana, unico stato europeo, nel pieno della sua sovranità, ad aver creato bilancio statale attivo e fatto trovare floridezza monetaria ed economica assai diffusa malgrado la guerra e i disastri conseguenti” (Ezra Pound, di Antonio Pantano, pag. 145).

E aggiungiamo e ripetiamo: nonostante i cinque anni di guerra disastrosa, il bilancio dello Stato si chiuse con un attivo di diversi milioni (del valore di allora). Altro che Minghetti e il suo 1876.

Allora, dottor Berlusconi? Che dice: “Che sono un nostalgico?”. Accidenti, non me ne ero accorto!

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