lunedì 15 agosto 2011

Senza memoria non c'è futuro Intervista a Beppe Niccolai





Giancarlo Chetoni

"Continuità", 16.8.1997


Non correva buon sangue tra Almirante e Beppe Niccolai. Gli uomini erano diversi. Per esperienze e per sensibilità. Li divideva sopratutto la politica estera. Atlantista, il primo, antiamericano il secondo.
Bruciavano ancora sulla pelle di Beppe le scelte del MSI del '60 e del '72, e i quattro lunghi anni di campo di concentramento passati a Hereford nel Texas. Lì, aveva visto morire per stenti, e dissenteria, bastonature e pazzia, per ferite e sventagliate di mitra dalle torrette di guardia, molti dei ragazzi che con lui dividevano quelle baracche di reclusione. Pagarono tutti un prezzo crudele. Vivi, morti e rimpatriati. La colpa stava nell'essersi dichiarati prigionieri di guerra non cooperatori. Un vissuto straziante, un tempo enormemente dilatato di allucinata sofferenza. Fisica e morale. Lasciò il segno.
L'America di Beppe e di Silvia Baraldini: egualmente feroce e lucidamente folle, ieri come oggi. Impastata di una inestinguibile sete di vendetta per chi non si arrende. Un'America invelenita, corrosa dal tempo e dalla Storia.
Beppe non parlava mai della prigionia ma i suoi occhi si accendevano di collera quando Almirante lustrava, le scarpe alla NATO e all'America. Quel servilismo lo imbarazzava, lo faceva star male dentro. Non riusciranno mai a capirsi. Gli stralci che seguono, raccolti da una sua conferenza a Livorno nel '85, ci dicono cosa fosse l'uomo Niccolai. Se ne andrà, osservando un silenzio carico di dolorosa disillusione, nell'ottobre '89 con le tasche vuote e la faccia pulita.
Lascia un'eredità da stringere gelosamente tra le mani.

«... Che cosa è stata la scuola in mano alla DC che l'ha gestita per 40 anni? Quali valori vi ha profuso?
È stata luogo permanente della guerra civile fra gli italiani. Quali tradizioni educative potevano esserci in una scuola che demonizzava il passato dei padri, uccidendovi il sentimento della nazione, cioè la memoria? Imponendo il divieto di guardare al passato è nato l'uomo massa, l'uomo senza identità, secondo il modello americano; quel modello che tutti i giorni attraverso la TV, attraverso i network ci porta in casa i telefilm dell'orrore, delle bande giovanili, della droga, i culti demoniaci, il consumismo, il dio danaro.
Vivi questo è il mondo! il cinema: i modelli dell'italiano alla Alberto Sordi. Scroccone, vile, vanesio, opportunista, senza carattere, sempre disimpegnato. E poi la "cultura" del progresso illimitato, travolgente, senza legami, senza tradizioni, senza i ricordi. Che vale oggi la storia di un borgo medievale, nel rispetto di chi ci ha vissuto, parlato, camminato, prodotto cultura e fiabe per bambini? Che vale conservare un paesaggio, un fiume, un ruscello? Anche quelli sono valori della tradizione. L'uomo non è fatto solo per produrre e consumare; l'uomo è anche pianta, albero-figlio della terra, della sua terra. La città a misura d'uomo. L'uomo, il rispetto della sua complessa unicità.
A chi abita nelle "batterie" degli uomini da lavoro resta, oggi, una sola via da percorrere per conservare la stima di sé: non rimuovere dalla coscienza la vita di chi ci è accanto, di chi ci è compagno di sventura; non dimenticarlo non chiudersi nel più completo isolamento. Si abita sullo stesso pianerottolo e non ci si conosce. E si fa di tutto per evitare di conoscersi. Si chiudono con i tramezzi i balconi.
Perchè? Per la paura di vedere riflessa nel vicino la propria immagine disperata, di uomini da lavoro in "batteria". E i figli? Scendono dalle nuove zone di frontiera, le bande. Che possono fare se sono cresciuti in questa "cultura" che ha ucciso, con la memoria storica, città e territorio? Vandalismi? E come possono avere rispetto se ciò che vedono (e in cui vivono) è triste e brutto? Centinaia di migliaia di abitazioni che si distinguono solo per i numeri civici. Quei quartieri: disegnati da quale "cultura"? Da quali "architetti"? I ragazzi, oggi abituati ad essere consumatori, sfiorano l'angoscia, la noia per sazietà di stimoli. Via la Patria, via la religione, via le ideologie, via ogni fede. Via ogni autorità, tutto è permesso. Viva la città senza bandiere, senza altari, senza idee, senza politica vera. Si scatenano i demoni. Questa è la cultura fondante sorta per edificare la città senza Dio. La città senza inibizioni, la città dove si può tutto. Ed ecco l'infelicità, la noia, il collasso totale. Come si esce da questa crisi metapolitica, da questa crisi di religione? Occorre ritrovarsi, tornare a stare insieme. Tornare ad un modo di vivere che dia senso alla vita.
Superare la vacanza della Storia che ci ha portato alla perdita di identità. Tornare Comunità. Tornare MEMORIA ...»


Giancarlo Chetoni

"Continuità", 16.8.1997

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