sabato 13 novembre 2010

FINE DELLA SOVRANITA’ ITALIANA


di Giovanna Canzano


Si è svolto ad Orte, in provincia di Viterbo, sabato 30 ottobre 2010, un interessante Convengo sulla Sovranità italiana.
Il Convegno si è tenuto all’interno di una ampia sala, messa a disposizione dall’Hotel-Letizia Locanda Buonaventura, gremita da tante persone interessate ad ascoltare i numerosi relatori che si sono alternati al microfono per raccontarci-informarci delle loro tesi sulla perduta sovranità italiana.
Dopo una breve presentazione di Ubaldo Croce, (che ha organizzato il Convegno insieme a me), ho introdotto l’argomento con la lettura di una parte di una intervista di Alberto Mariantoni sull’8 settembre 1943 che mi ha rilasciato un paio di anni fa.
Qualche giorno prima del Convengo, l’avvocato Carlo Morganti ha inviato presso l’HOTEL una lettera con la proposta abrogativa del Diktat di Parigi del 10 febbraio 1947 predisposta in seno al Parlamento Mondiale per la Sicurezza e la Pace Organizzazione Intergovernativa degli Stati, con sede in Palermo. Ha inoltre allegato una lettera del presidente del Parlamento Europeo (PE) on. Jerzy Buzek, dalla quale si evince indirettamente la competenza abrogativa italiana a tale proposito.
Dopo la relazione di Stelvio dal Piaz dal titolo: ‘Tra cronaca e realtà’, hanno esposto i loro lavori tutti gli altri relatori.
Non ha potuto essere presente Matteo Cornelius Sullivan, che, ci ha mandato una lettera: Gentilissimi Convenuti, pur non potendo presenziare ho voluto inviare il mio contributo con una breve relazione che tocca prevalentemente la questione storica del tema proposto dal Convegno, dato che sono l'unico, tra i relatori invitati, ad essere di aria monarchica. Quello che conta è però che questo Convegno segna un punto di riferimento per le forze sane del Paese che desiderano prendere le distanze dal marciume imperante e far rinascere seriamente l'Italia! Viva l'Italia! Matteo Cornelius Sullivan, Reggente del Partito della Alternativa Monarchica.
Era presenta in sala anche l’economista Marco Saba che, ci e ha presentato il libro “Le finanze della liberazione europea” con sottotitolo ‘Con particolare riguardo all’Italia’, di Frank Soutard e ci ha parlato delle AMlire, moneta americana con le quali gli americani hanno ‘occupato’ l’Italia. (L'Am-lira ovvero Allied Military Currency è stata la valuta che l'AMGOT mise in circolazione in Italia dopo lo sbarco in Sicilia avvenuto nella notte tra il 9 e 10 luglio del 1943. Il valore era di 100 "am-lire" per un dollaro degli Stati Uniti. Totalmente intercambiabile con la normale lira italiana per decisione militare, contribuì alla pesante inflazione che colpì l'Italia verso la fine della Seconda guerra mondiale. Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. http://it.wikipedia.org/wiki/Am-lira).


Giovanni Bartolone
L’8 SETTEMBRE E LA SICILIA - La Sicilia dall’invasione alla morte di Salvatore Giuliano.
La Sicilia fu la prima regione italiana a essere occupata dagli anglo-americani. Risentì poco delle vicende seguite alll’Armistizio, successe nel Continente. La guerra era finita da una ventina di giorni quando fu proclamato e i siciliani pensavano principalmente a risolvere i gravi problemi lasciati dal conflitto. Moltissimi volevano l’indipendenza, qualcuno desiderava fare dell’isola il 49ª stato dell’America. Pagò duramente l'odio che una guerra provoca: fame e miseria, stragi di civili e militari, razzie, violenze ai danni delle donne, eventi rimossi dalla cultura dominante perché compiuti dagli Alleati; il crollo dello Stato provocò la rinascita del banditismo e la “formidabile ripresa” della mafia. L’apposito ordine di Benito Mussolini e la grande civiltà dei siciliani evitarono lo scoppio del terribile flagello della guerra civile. Grazie alla complicità di tanti esponenti del Governo Militare d’Occupazione, numerosi mafiosi occuparono posti di rilievo nelle amministrazioni locali isolane. Li sapranno sfruttare con sapienza. Con la fine della vampata separatista, la Sicilia fu oggetto dell’occupazione del potere da parte dei rinati partiti antifascisti. Porranno le basi per la nascita della partitocrazia e del ritorno del clientelismo.
La Sicilia votò in larga maggioranza a favore della Monarchia al contestato referendum istituzionale del 1946. Il 1° maggio 1947 ci fu la strage di Portella della Ginestra.
Giovanni Bartolone, nasce a Palermo nel 1953, ove insegna Diritto ed economia nelle Scuole Superiori. Vive a Bagheria (Palermo). E’ laureato in Scienze Politiche, indirizzo Politico Internazionale, con una tesi sul Referendum istituzionale del 1946. E' da molti anni impegnato in ricerche sulla Seconda guerra mondiale, il Fascismo, il
Nazionalsocialismo, il fenomeno della mafia, la Sicilia dallo sbarco Alleato alla morte di Salvatore Giuliano. Ha pubblicato nel 2005 il libro Le altre stragi, Tipografia Aiello & Provenzano, Bagheria, dedicato alle stragi alleate e tedesche nella Sicilia del 1943/44 e il saggio Luci ed ombre nella Napoli 1943-1946, ISSES, Napoli, 2006. Ha collaborato a Candido, Historica Nova e Storia del Novecento. Può essere contattato al seguente indirizzo di posta elettronica: gbartolone1@alice.it
Antonio Caracciolo
PERDITA DELLA SOVRANITA’ E IDENTITA’ POLITICA
La formazione dell’identità politica di un popolo è un processo lungo e spesso doloroso. Un popolo acquista la sua consapevolezza, nella reale o virtuale contrapposizione amico/nemico, descritta dal filosofo del diritto tedesco Carl Schmitt, nel 1927. Secondo Gianfranco Miglio, studioso italiano da morto da pochi anni, si tratterebbe di una
“scoperta copernicana” per la scienza politica, che ancora in larga parte si attarda in una visione tolemaica dei fatti politici. L’identità e la consapevolezza politica di un popolo si esprimono nell’unità sovrana di un’entità statuale, che ha la funzione essenziale di garantire il rapporto protezione/obbedienza. Se uno Stato, che rappresenta un determinato popolo, viene vinto in guerra, ne consegue una perdita più o meno consistente della sua sovranità. Ma questo popolo non è mai definitivamente sconfitto e dissolto finché riesce a conservare la sua identità. Gli elementi identitari sono l’ultima trincea della sua capacità di resistenza. Un popolo, infatti, non è mai definitivamente sconfitto, finché conserva il suo istinto politico nonché la sua capacità di distinguere fra chi è il suo nemico e chi il suo amico.
Antonio Caracciolo, docente ricercatore di Filosofia del diritto nell’Università di Roma “La Sapienza”. In quanto “filosofo del diritto”, egli si batte da anni perché venga riconosciuto a chiunque in Itale e in Europa – “negazionisti” inclusi – quella libertà di pensiero che dal 1994 ad oggi, nella sola Germania, sembra sia stata negata a circa 200.000 cittadini europei. Ha curato in Italia le principali edizioni di Carl Schmitt. Ha diretto le riviste “Behemoth”, “De Cive”, “Carl Schmitt Studien”, dove si trovano la maggior parte dei suoi saggi professionali.
Francesco Paolo d'Auria
8 SETTEMBRE: UN INCUBO INFINITO
Un incubo da cui non ci si risveglierà mai in quanto l'Italia ufficiale fa di tutto per non cancellare questa pagina nera di Storia, ma cerca di trasformarla in ribellione al fascismo, vittoria della democrazia e balle varie. La resa incondizionata fu e resterà nei secoli una macchia indelebile nella storia d'Italia. Il volerlo negare o il volerne dare diverse interpretazioni conduce a null'altro che continuare a vivere in un incubo. Dare all'evento militare una connotazione politica significa andare contro la verità. Se la guerra fosse stata vincente, non ci sarebbe stato nessun 8 settembre! Se non ci fosse stata la guerra.. anche allora non ci sarebbe stato un 8 settembre! Attribuire al fascismo il fallimento del regine per la guerra persa é anche questa una gigantesca menzogna. La guerra la perde la nazione, cioé l'Italia. La resa l'ha firmata l'Italia e non il fascismo e così pure il trattato di pace. La guerra si identifica con la nazione e non con il regime al potere. I fatti relativi all'8 settembre sono una cronaca di errori commessi da coloro che intendevano "salvare il salvabile" cercando non di combattere o di arrendersi.. ma di fare i furbi passando da una alleanza con la Germania ad una ipotetica "alleanza" con gli anglo americani, alleanza che non ci fu mai. Fu, di conseguenza, un tradimento ignobile condotto maldestramente nella illusione di "saltare, all'ultimo momento, sul "carro del vincitore" come fu detto sprezzantemente dell'Italia. Le conseguenze furono catastrofiche. L'Italia senza esercito e senza difesa, La Marina al servizio del nemico, la sconfitta militare e politica, le stragi fra italiani, il disonore, il disprezzo dei vincitori, l'asservimento dell'Italia, le maggiori distruzioni e stragi di civili. la menzogna continua, il degrado della nazione. Nella tragedia non ci furono personaggi che seppero prendere adeguatamente in mano la situazione. Si andò avanti in maniera dilettantesca. Una grande responsabilità ricade anche sugli Alleati tedeschi incapaci di rendersi conto della situazione e di porvi rimedio in tempo utile. Il dopoguerra ha visto personaggi infimi mettersi al servizio dello straniero vincitore ottenendo in cambio del vassallaggio un posto di rilievo nel governo servile.
Francesco Paolo d'Auria non è uno scrittore né un giornalista ma un ingegnere che ha acquisito una non comune conoscenza del mondo viaggiando, per motivi di lavoro, in ogni angolo del pianeta. Nato nel 1932, figlio di un valoroso ufficiale pilota, pluridecorato e combattente di tre guerre, oltre la "operazione di grande polizia" in Africa Orientale, é stato educato al rigore più assoluto e agli ideali risorgimentali già propugnati dai suoi avi. Ha seguito gli studi classici e poi conseguito la laurea in Ingegneria specializzandosi poi in Nord America nel campo delle Telecomunicazioni via Satelliti allora allo stadio sperimentale. Dirigente di grandi aziende di telecomunicazioni, poi imprenditore, ritrova ora, da pensionato, la sua antica passione per la storia.
Vincenzo Maria de Luca
FINIS ITALIEAE NELLA VENEZIA GIULIA
Le date dell’8 settembre 1943 e del 10 febbraio 1947, tema dell’odierno convegno, rappresentano due momenti emblematici e drammatici della nostra recente storia patria e, se è vero come sosteneva Benedetto Croce, che la storia è sempre contemporanea, tali date ancora oggi influenzano moralmente e materialmente la vita culturale e politica italiana. Non a caso “Caporetto”, oggi dovremmo purtroppo dire Kobarid, non vuole solo rappresentare il piccolo centro della Slovenia nord-occidentale nella valle dell’Isonzo, già parte della provincia di Gorizia, ceduto all’allora Jugoslavia nel 1947 e teatro nella prima guerra mondiale (ottobre 1917) di una battaglia disastrosa per le truppe italiane, costrette ad una rotta precipitosa verso la linea difensiva del Piave, ma è entrato a far parte di diritto in senso figurativo, del prestigioso vocabolario della lingua italiana Treccani, indicando genericamente un grave scacco, una pesante sconfitta, una disfatta, una capitolazione.
Vincenzo Maria de Luca è nato a Roma nel 1958, è laureato in medicina e chirurgia. Appassionato di storia contemporanea, da alcuni anni si dedica allo studio di quei tragici avvenimenti che furono le foibe, l’esodo e le mutilazioni territoriali, successive al secondo conflitto mondiale, che sconvolsero letteralmente l’italianità di terre come la Venezia Giulia e l’Istria. Alterna alla sua attività di medico quella di ricercatore storico, soggiornando periodicamente a Trieste, Gorizia, e in Slovenia, dove raccoglie in prima persona documentazioni e testimonianze direttamente dai protagonisti, indipendentemente dalla loro nazionalità e fede politica. E’ socio della Società di studi Fiumani di Roma, della Unione degli Istriani, libera provincia dell’Istria in esilio, dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. E’ membro del Comitato scientifico del Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur” di Pordenone. Per la casa editrice ‘Il Settimo Sigillo’ ha pubblicato:
Foibe: una tragedia annunciata, il lungo addio italiano alla Venezia Giulia (2000); Venezia Giulia 1943: prove tecniche di guerra fredda, la Resistenza, le foibe (2003); La memoria non condivisa: Venezia Giulia contesa 1914-1941 (2007); Il falco e il leone: Soldati italiani al confine orientale 1941 – 1943 (2010);
http://openlibrary.org/authors/OL1387388A/Vincenzo_Maria_de_Luca
Stefano Fabei
LA MILIZIA FASCISTA DI FRONTE ALL’ARMISTIZIO – (Lubiana, settenbre 1943)
In La Milizia fascista di fronte all’armistizio (Lubiana, settembre 1943) Stefano Fabei ricostruisce un aspetto di quel drammatico evento che, dopo il 25 luglio, ribadì il fallimento del progetto totalitario auspicato da Mussolini: un progetto in realtà mai realizzato, a causa dei molteplici compromessi che il fascismo aveva accettato con quelle forze conservatrici (monarchia, esercito, chiesa, mondo dell’industria e della finanza, ecc.) che al momento opportuno ne presero le distanze per cercare di salvare se stesse. Al di là della retorica, dell’immagine di facciata e delle parole d’ordine, il fascismo non era riuscito a cambiare la natura degli italiani, e anche la milizia, «guardia armata della rivoluzione», nonostante la scelta operata in Slovenia, come in molti altri teatri bellici, dette soprattutto ai massimi vertici misera prova della propria natura rivoluzionaria.
Stefano Fabei nato a Passignano nel 1960, laureato in Lettere, insegna a Perugia. Tra le sue opere recenti: Il fascio, la svastica e la mezzaluna (Mursia, 2002), Una vita per la Palestina. Storia del Gran Mufti di Gerusalemme (Mursia, 2003), Mussolini e la resistenza palestinese (Mursia, 2005), I cetnici nella Seconda guerra mondiale (LEG, 2006), Carmelo Borg Pisani. Eroe o traditore? (Lo Scarabeo, 2007), La «legione straniera» di Mussolini (Mursia, 2008), Operazione Barbarossa (Mursia, 2009).
Orazio Fergnani
LA FALSA SOCIETA’
Tutte le società in cui si sono riuniti gli Uomini erano basate sulla fondamentale regola dell’aiuto reciproco, sulla lealtà di comportamento, sulla condivisione di beni e valori comuni e successivamente sulla tradizione storica culturale nazionale. Nessuno degli elementi dei quattro principi fondanti le Società oggi esiste e resiste, seppure sia mai sia esistito.Tutto questo per colpa e causa del Potere. In particolare in epoca moderna dal 1694 il Potere economico, finanziario e monetario passava dal Principe/monarca alle cosiddette banche nazionali, da quel momento il controllo anche delle altre sovranità passa gradualmente dai governi di qualunque tipo sempre più alle banche nazionali e poi alla grande finanza internazionale. Ecco quindi la causa fondamentale all’origine prima della falsità istituzionalizzata e poi delle depravazioni, disgregazioni e corruzioni degli individui e della società.Occorre pensare alla rifondazione morale, culturale e storica dello Stato e della Società.
Orazio Fergnani è nato a Pontinia (LT) il 19 maggio 1949. Nel 1956 al seguito dei genitori si trasferisce a Roma. All’età di quindici anni sente il richiamo delle esperienze forti e si getta nell’attivismo politico partecipando alle lotte di emancipazione politica, sociale e culturale. Frequenta due anni del corso di Architettura presso “La Sapienza” di Roma, cambia il corso di studi e segue il corso letteratura straniera che frequenta con discreto esito per un paio d’anni, poi a corto di denaro, perché suo padre giustamente, avendo all’epoca venticinque anni, gli aveva tagliato i viveri, ha lasciato gli studi ed inizia la carriera professionale.Non soddisfatto nè pago del suo impegno lavorativo, in questi ultimi anni si è dedicato nottetempo alla stesura di un libro – guida sugli Etruschi – Veienti, sua antica e mai sopita passione, e poi ad altre opere di genere divulgativo. Nel corso degli ultimi anni ha composto vari lavori di saggistica ed approfondimento sempre su tematiche sociali e politico/culturali. Da alcuni anni scrive su vari siti web di controinformazione dove i suoi lavori sono on-line in quanto convinto assertore della conoscenza copy-left.
Massimo Filippini
LA VICENDA DI CEFALONIA: DAL MITO ALLA REALTA’
La rivisitazione -alla luce di recenti approfondimenti- di una pagina tragica della nostra storia.
I tragici fatti di Cefalonia del settembre 1943 sono stati sempre rappresentati come conseguenza di una ‘iniziativa’ spontanea e plebiscitaria della div. Acqui che l’8 settembre decise di combattere a seguito –oltretutto- di un referendum, contro l’ex alleato tedesco da cui venne totalmente sterminata -sia nei combattimenti che dopo la resa- nella misura di quasi tutti i suoi circa 11. 500 effettivi di cui si salvarono pochissimi che al comando del cap. Apollonio proseguirono la lotta ‘sui monti’ –come dice l’ANPI- pervasi da un indomabile furore antinazista in netto contrasto con le risultanze storiche che attribuiscono a costoro il ruolo di “collaboratori” dei tedeschi il cui ‘comandante’ Apollonio –come scritto nella Requisitoria del PM Stellacci al processo del 1956/57- era talmente affiatato con essi ‘da essere ammesso poco tempo dopo i fatti alla loro mensa ufficiali”. (Tutto ciò -a detta dell’ex pres. Ciampi- sarebbe stato il ‘primo’ atto della Resistenza !)..Tale agiografica ricostruzione dei fatti è FALSA perché la div. ‘Acqui’ non decise nulla come del resto è agevole dedurre considerando che in una Grande Unità Militare com’era la ‘Acqui’ chi ‘decide’ è il Comandante e nessun altro. E che la div. Acqui fosse un’ Unità MILITARE e non PARTIGIANA è più che evidente come dimostra il fatto che il gen. Gandin ricevette lo specifico ed infame ‘Ordine di Resistere’ il 13 settembre (‘Comunicate at gen. Gandin che deve resistere CON LE ARMI at intimazioni tedesche di disarmo a Cefalonia Corfù et altre isole), cui dovette ’suo malgrado’ obbedire. Ho detto ‘infame’ e lo confermo perché esso fu inviato da un Comando Supremo fuggiasco a Brindisi con la cricca badogliana nella piena consapevolezza di non poter inviare alcun aiuto e addirittura senza una previa DICHIARAZIONE DI GUERRA alla Germania che equiparò - agli occhi degli inferociti tedeschi- i nostri militari mandati allo sbaraglio a ‘partigiani’ o ‘franchi tiratori’ come tali fucilabili sul posto al momento della cattura. E buon per loro che i tedeschi si ‘limitarono’ –se così può dirsi- a fucilare gli ufficiali come ‘responsabili’ dei loro uomini. Le nostre perdite pertanto –pur dolorosissime come sa chi scrive- furono infinitamente minori delle 9/10.000 Vittime di cui parlano perfino le nostre FFAA malgrado siano DEPOSITARIE nei loro Archivi - Ufficio Storico dello Stato maggiore Esercito e ’Uff. ALBO D’ORO del Min. Difesa- dei DOCUMENTI che dimostrano il contrario e che il sottoscritto ha consultato per riportare alla REALTA un fatto arbitrariamente presentato alla pubblica opinione come un MITO onde nascondere le terribili responsabilità ‘esterne’ (leggi Badoglio e Comando Supremo) ed ‘interne’ (leggi ufficiali ‘sediziosi’ della divisione) alla ‘Acqui’ che armarono la mano crudele ed inesorabile dei tedeschi.
Massimo Filippini è nato a Roma nel 1936.A sette anni rimase Orfano del Padre, il magg. Federico Filippini comandante il Genio della div. Acqui fucilato dai tedeschi a Cefalonia nel corso degli infausti eventi causati dall’armistizio dell’8 settembre 1943. E’ ten. col. dell’Aeronautica Militare in congedo e attualmente esercita la professione forense alternandola con quella di studioso di storia militare, in particolare dei tragici eventi di Cefalonia di cui restò vittima il Padre. Collabora con giornali e riviste di storia sia cartacee che nel web ed è divenuto il punto di riferimento per chiunque voglia sapere quanto in realtà accadde a Cefalonia e ciò l’ha portato a contrapporsi frontalmente alla menzognera ‘vulgata’ ufficiale edificata per motivi ideologici dalla Sinistra in ciò agevolata dal colpevole silenzio delle FFAA malgrado posseggano la documentazione –scoperta da Filippini- attestante una diversa e veritiera realtà. Al magg. Federico Filippini la sua città natale, Roma, ha intitolato di recente una via cittadina come da link http://www.comune.roma.it/servizi/SITOWPS/dettaglioAreaCircolazione.do?codiceVia=17209
Luigi Antonio Fino
LA MEMORIA NEGATA, CRIMINI DI GUERRA DEGLI ALLEATII: PERCHE IL SILENTZIO?
A sessantacinque anni dalla fine del secondo conflitto mondiale inizia ad emergere la verità sull’8 settembre, sul ruolo dei poteri occulti e della mafia. Sarà impossibile ricostruire tutta la verità perché molti dei testimoni e degli attori di quelle vicende sono ormai scomparsi ma è un dovere morale, in nome della verità e dei caduti di ogni parte, che sia ricostruita almeno una memoria “condivisibile“, e pertanto rispettabile! Luigi Antonio Fino ripercorre alcune delle vicende sconosciute, quindi una memoria storica negata, con particolare riferimento alla sua terra, la Puglia, che fu, invece, il teatro non solo di spaventosi eventi bellici, praticamente ignorati dai libri di testo scolastici e dagli storici accademici, ma anche del lavorio di servizi segreti dell’Est e dell’Ovest, nonché dell’attività spionistica dei sionisti e del nazisti in fuga dalla Germania e dai Paesi dell’Europa Centro-orientale.
Luigi Antonio Fino, Bari 19 maggio 1958, Medico specialista in giene e Medicina Preventiva ed in Medicina del Lavoro, Dirigente Sanitario dello SPESAL della ASL di Bari, ha esordito non ancora sedicenne nel giornalismo. Giornalista pubblicista ha scritto per numerose testate pugliesi e di tutta Italia ed alcuni suoi saggi storici sono stati tradotti e pubblicati in Francia, Turchia, Germania e Gran Bretagna. Si interessa particolarmente di tematiche ambientali e di storia dell’unificazione d’Italia, del Secondo conflitto mondiale e della dissoluzione del Socialismo reale in Europa orientale.
Filippo Giannini
UNA PANORAMICA SU QUANTO ACCADDE PER GIUNGERE ALLA FINE DELLA SOVRANITA’ NAZIONALE.
L’8 settembre 1943 nel ricordo di un bambino. L’incontro del 15 agosto a Bologna fra vertici militari itaniani e tedeschi. Le testimonianze dell’ambasciatore tedesco Rdolf Rahn: gli incontri con Badoglio e con Vittorio Emanuele III. Il Croocked Deal: Il governo Badoglio fu un governo legittimo? La guerra italo-giapponese. Fine della Sovranità Italiana.
Filippo Giannini è nato a Roma. Architetto, ha lavorato oltre che in Italia, in Libia e in Australia, vive a Cerveteri . E’ collaboratore di numerosi quotidiani e periodici.
Filippo Giannini ha pubblicato la seguente Collana:
Benito Mussolini l’uomo della pace – Da Versailles al 10 giugno 1940. Dalla marcia su Roma all’assalto al latifondo. Il sangue e l’oro. Dal 25 luglio a piazzale Loreto. Uno schermo protettore - Mussolini, il fascismo e gli ebrei. Sito personale: www.filippogiannini.it
Franco Greco
8 SETTEMBRE 1943 – NEI RICORDI DI UN BALILLA AD ALESSANDRIA D’EGITTO
L’annuncio della resa senza condizioni dell’Italia è arrivata alla Comunità italiana dalla Radio egiziana e dai giornali inglesi e francesi che davano appunto, la notizia, tale quale era UNA RESA SENZA CONDIZIONI. Radio Londra e gli antifascisti lo hanno chiamato armistizio, per attenuare la tragedia immane nella quale sarebbe precipitata l’Italia ed il popolo Italiano. 10 giugno 1940, dopo l’annuncio della dichiarazione di guerra fatta dal Duce, in Egitto è scattato un piano, precedentemente concordato dal Governo Egiziano a Londra nel 1937, già attuato dal 1 settembre 1939 contro i Tedeschi. Il Piano prevedeva l’Internamento di tutti gli Italiani, dai 15 anni in su, il sequestro dei loro beni, l’allontanamento dai posti di lavoro, la requisizione ed il divieto di tutte le attività commerciali e l’esercizio delle professioni liberali.
Franco Greco è presidente dell’ ANPIE - ASSOCIAZIONE NAZIIONALE PRO ITALIANI EGITTO, che l’organismo associativo che aggrega gli italiani nati o già lungamente residenti in Egitto, che hanno lasciato il paese a seguito degli avvenimenti bellici e politici e ivi verificatesi nel secolo scorso, l’Associazione rappresenta la collettività italiana dal suo nascere e mantiene vivo il ricordo, proteso alla valorizzazione del suo patrimonio storico e culturale. Centro Studi, Ricerche e Documentazione sulle Comunità Italiane nel Mondo Arabo Mediterraneo finalizzati tutti alla tematica di fondo:Italia-Egitto-Europa-Mediterraneo nello spirito della Dichiarazione di Barcellona relativo al programma di lavoro per il Paternariato Euromediterraneo nei settori sociale, culturale e umano.
Guglielmo Maria Lolli-Ghetti
CREIAMO L’AUREO! LIBERIAMOCI DALLA DITTATURA USUROCRATICA E GUERRAFONDAIA DEL (IN GOD-MONEY WE TRUST) METASTA$I DEL MONDO
Ancora una volta assistiamo da spettatori e complici coca-colonizzati al saccheggio delle legittime aspirazioni alla libertà, alla pace, alla sicurezza, alla salute, al benessere da lavoro ben retribuito adeguato al costo reale della vita, al rispetto della dignità e della qualità della vita umana che sono valori non barattabili con alcun Prodotto Interno Lordo Nazionale, della propria lingua nazionale, delle tradizioni culturali, della religione, dell’unità della Famiglia eterosessuale cosi come ce l’ha mirabilmente dipinta Michelangelo Buonarroti (1475-1564) nella “Sacra Famiglia” del Tondo Doni, del proprio habitat naturale, della propria integrità biogenica, alla casa, al risparmio - pensione e al libero accesso e disponibilità di aria, acqua, terra e dello spazio esterno per tutti gli abitanti del pianeta.
Guglielmo Maria Lolli-Ghetti è nato a Ferentino (FR) il 29 aprile del 1942 da antichissima famiglia Romana, sposato con quattro figli, cattolico. Politologo controcorrente, di cultura orizzontale platonica, appassionato di archeologia, lingue antiche ed orientali, del mare, della natura e tifoso della Contrada dell’Oca del Palio di Siena. Laureando architetto, ha progettato una “città-grattacielo mangia deserti biointegrata ed autosufficiente” e banche. Pubblicista e promotore finanziario proveniente dal mondo della banca ha scritto su “Il Secolo d’Italia” dal ’68 al ’86 ed è stato consigliere finanziario di Giorgio Almirante Segretario Nazionale del “MSI-DN”. Divenuto pressoché cieco da molti anni, per una gravissima forma di diabete, riesce a scrivere le sue opere grazie all’affettuoso, prezioso ed intelligente aiuto della moglie Orietta Gabriella Favretto.
Filippo Fortunato Pilato
INFILTRAZIONE, DESTABILIZZAZIONE E CONQUISTA DELL’ITALIA DA PARTE DELLA LOBBY EBRAICO/SIONISTA
Il 21 agosto del 1945 salpò dal porto di Bari, con destinazione Tel Aviv, una nave carica di sionisti ebrei. L’Italia si dimostrò così l’ottimale rampa di lancio per migliaia di ebrei europei alla conquista della Palestina, da loro considerata “una terra senza popolo, per un popolo senza terra”. Ciò implicò una rete di connivenze e complicità, nazionali e internazionali, con radici a partire sin dalle origini del governo di Mussolini. Il Betar, famoso battaglione per soli ebrei facente parte delle milizie fasciste italiane, o il Corso ebraico (nucleo della futura Marina Israeliana) presso la Scuola Marittima di Civitavecchia, sono solo la punta d’iceberg di un gran lavoro d’infiltrazione ed accreditamento da parte della Israel lobby nel tessuto governativo italico. Gli scambi di intelligence tra gli esponenti sionisti ebraici italiani, arroccati in posizioni chiave politico/economiche nelle organizzazioni di regime, e il blocco di sionisti vicini a Jabotinsky, come gli accordi tra nazisti e sionisti per il trasferimento in Palestina di proprietà ebraiche (l’Haavara), danno la misura di quanto profonda e mirata fosse la presenza ebraico/sionista nei gangli di potere italiani (e germanici), tale da poter strumentalizzare e addomesticare la politica di guerra a sfavore dell’asse Roma/Berlino pur di realizzare il progetto sionista d’Israele. Gli attentati, sabotaggi e blitz armati da parte di organizzazioni terroriste ebraiche, perpetrati sul suolo italico dal ’45 in poi, benchè rivolte a bersagli istituzionali britannici, sono solo serviti a sottolineare chi fosse a decidere delle sorti geopolitiche della “portaerei Italia”, ed a confermare la sudditanza di Roma a Tel Aviv. Addirittura per una decina di esponenti ebraici del Betar e Irgun, che i Carabinieri avevano dovuto arrestare in seguito all’attentato all’Ambasciata inglese del settembre 1946, venne richiesta la scarcerazione. Dietro tutto ciò interessi d’egemonia geopolitica, petroliferi (Eni-Mattei) e di commercio d’armi....ù
Filippo Fortunato Pilato, 57 anni, direttore di TerraSantaLibera (www.terrasantalibera.org), impegnato nella diffusione on-line di notizie scomode e/o sottaciute riguardanti i crimini contro l’umanità e di guerra commessi dall’autorità dello Stato ebraico sionista in Palestina ai danni della popolazione autoctona arabo/palestinese, dalla fine ‘800 ai giorni nostri. Fondatore di Alleanza per la TerraSantaLibera, promuove da anni il superamento delle differenze ideologiche, confessionali, personali o di gruppo, per la formazione di un’ampia coalizione d’opposizione allo strapotere mediatico, politico, militare ed economico della Israel Lobby, in Palestina e nel mondo. Organizza annualmente viaggi di gruppo in Palestina, da lui personalmente guidati, per far toccare con mano la dura realtà dell’occupazione. Promuove il commercio solidale d’artigianato palestinese, per sostenere una resistenza civile attraverso il lavoro, per superare i muri e le barriere imposte da Israele. Supporta, con i proventi di mercati artigianali, donazioni e altre iniziative, il finanziamento di strutture ospedaliere e interventi straordinari d’emergenza per famiglie palestinesi in difficoltà. Seriamente ostacolato ed attaccato per questo dalla Israel Lobby italiana, particolarmente dalla Commissione d’Indagine contro l’antisemitismo, capeggiata dalla parlamentare Fiamma Nirenstein.
Giorgio Prinzi
LE TRATTATIVE ARMISTIZIALI COME APPROCCIO STRUMENTALE AD UN FALLITO TENTATIVO DI INGANNO STRATEGICO AI DANNI DEGLI ANGLOAMERICANI
Gli avvenimenti relativi all’armistizio dell’8 settembre 1943 e agli eventi che ne seguirono sono stati giudicati secondo me, con il senno del poi, nell’ottica della situazione venutasi a creare nel dopoguerra e del clima culturale dominante. Questa è un’ottica che i protagonisti del tempo non potevano avere, pertanto il loro approccio logico doveva inevitabilmente essere differente, persino sui risultati finali del conflitto, che la classe dirigente nazista era convinta di potere ancora volgere a proprio favore. Gli italiani vennero informati dello sforzo per realizzare risolutive “armi segrete” proprio nella riunione di Feltre del 19 luglio 1943, giorno del bombardamento del quartiere San Lorenzo di Roma. Mussolini, in quell’occasione, rimase a tal punto affascinato e succube dell’esposizione Hitler da non fare cenno alcuno all’intenzione che stava maturando in alcuni ambienti italiani di uscire dal conflitto. Giorgio Prinzi ha ricoperto dal 1980 al 1986, per due mandati consecutivi, la carica di Vicepresidente Nazionale dell’Associazione dell’Arma del Genio e delle Trasmissioni (Anget). È stato in questo incarico, in occasione dell’annuale ricordo della Medaglia d’Oro al Valor Militare Sottotenente Ettore Rosso, al quale è intitolata la Scuola del Genio, caduto all’alba del 9 settembre 1943 a Monterosi, in provincia di Viterbo, in difesa di un caposaldo alla confluenza della Cassia e della Cimina nel contrasto ad una colonna corazzata tedesca che marciava su Roma e, grazie al suo sacrificio, decimata e sconfitta, che ha cominciato ad interessarsi all’argomento con sempre maggiore approfondimento. Le sue conoscenze derivano in parte da interviste giornalistiche da lui fatte ai protagonisti viventi, in parte da approfondimenti documentali possibili dopo la declassificazione della documentazione angloamericana sull’Armistizio e la sua pubblicazione in Italia da parte degli Archivi di Stato. Ha continuato ad interessarsi di questioni militari e geopolitiche a vario titolo, ad esempio quale Socio e poi Membro del Consiglio Direttivo dell’Istituto Studi Ricerche Informazioni Difesa (Istrid); di intelligence e di sicurezza curando la comunicazione del Centro Alti Studi contro la violenza politica e il terrorismo (CeAS). È Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana; è pubblicista, cura la comunicazione dell’Ancfargl; dal giugno 2007 al giugno 2010 è stato Consigliere Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. ; membro del Comitato Esecutivo dell’Istrid (Istituto Studi Ricerca Informazione Difesa); responsabile per la comunicazione del progetto “Storia in laboratorio”. Ha diretto e dirige periodici specializzati, tra cui “il Contemporaneo”, “Società Globale”, 21mo Secolo, Scienza & Tecnologia”. Collabora a varie testate, tra le quali “L’opinione delle Libertà”, “Agenzia Radicale” ed altre. È Autore insieme a Massimo Coltrinari del volume “Salvare il Salvabile” sulle vicende armistiziali del 1943, pubblicato da “Edizioni Nuova Cultura” di Roma, presentato lo scorso 8 settembre 2010 presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche a Roma.
Fernando Riccardi
IL GIORNO DELLA VERGOGNA
Da qualche tempo la storiografia dominante, sempre più tronfia e partigiana, sta tentando, in verità con discreto successo, di riformulare il giudizio sull'8 settembre del 1943 quando il tremebondo governo italiano del maresciallo Badoglio si arrese ai diktat degli anglo-americani chiamandosi fuori da una guerra che si stava facendo sempre più difficile. E così, come per incanto, il giorno della vergogna e della indecorosa fuga si trasforma nel giorno della rinascita, del coraggio, dell'orgoglio e dell'identità nazionale. Badoglio, spogliato del suo manto di ignavia, viene agghindato con la fulgida veste di “salvatore della Patria”. Una manovra insidiosa, subdola ed anche ben orchestrata che, stante l'assenza pressoché totale di reazioni e l'opulenza dei mezzi mediatici messi in campo dalle possenti vestali del falso storico, rischia seriamente di passare per verità inoppugnabile. E invece quell'8 settembre del 1943 rimane un giorno nefasto, il segno indelebile della vergogna nazionale.
Fernando Riccardi - Nato a Roccasecca (Fr) nel 1959, giornalista e scrittore, collabora con numerose riviste di carattere storico-culturale. Dirige la redazione di Sora del quotidiano “Rinascita”. E' dal 2009 direttore responsabile de “L'Alfiere”, pubblicazione napoletana tradizionalista che, nata nel 1960 per merito del compianto Silvio Vitale, ha appena festeggiato il mezzo secolo di vita. Fa parte del comitato di redazione del rinnovato mensile “Storia del Novecento”. Studia da tempo il fenomeno del brigantaggio postunitario nell'Italia meridionale al quale ha dedicato numerosi saggi e pubblicazioni e la storia italiana del XX secolo, riservando una particolare attenzione agli eventi che seguirono la caduta del fascismo. Ha tenuto e tiene convegni, conferenze e seminari di studi storici in tutta Italia.
Alberto Rosselli
L'AMMINISTRAZIONE FIDUCIARIA ITALIANA IN SOMALIA UN CASTIGO POST BELLICO IMPOSTO ALL’ITALIA
L'Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia (acronimo "A.F.I.S.") fu una Amministrazione fiduciaria delle Nazioni Unite nell'Africa orientale amministrata dall'Italia tra il 1947 e 1960. Nel 1941 la Somalia italiana venne occupata dalle truppe britanniche e sudafricane durante la Campagna Alleata in Africa Orientale e la Gran Bretagna aveva assunto l'amministrazione della colonia italiana. Gli inglesi continuarono ad amministrare l'area fino al novembre 1949, quando l'ONU decise di assegnare l'ex-Somalia italiana in amministrazione fiduciaria all'Italia per 10 anni. L'Italia assunse quindi il controllo della ex-colonia il 1º gennaio 1950 e lo mantenne fino alla concessione dell'indipendenza, il 1º luglio 1960, quando essa divenne indipendente. Subito dopo il termine dell'amministrazione fiduciaria italiana (che costò al nostro Paese denaro e sacrifici) essa si unì con l'ex-colonia inglese del Somaliland (che aveva ottenuto l'indipendenza il 26 giugno 1960), costituendo la Repubblica di Somalia.
Alberto Rosselli nasce a Genova nel 1955. Si laurea in Scienze Politiche e in Storia e Filosofia. Ha partecipato ai corsi di Giornalismo dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (1984-1985). Scrittore e saggista in campo storico, storico-militare, geopolitico e religioso. Rosselli è presente come autore nell’International Authors Writers Who’s Who dell’International Biographical Centre of Cambridge, England. Iscritto all’Albo Nazionale dei Giornalisti dal 1984, Rosselli ha ricoperto e ricopre l’incarico di direttore responsabile e editoriale di periodici, tra cui ‘Novum Imperium’ e ‘Storia Verità’. E’ stato membro e ricercatore del Comitato Regionale per i Servizi Radio o Televisivi della Regione Liguria dal 1995 al 2000. Rosselli ha partecipato a trasmissioni radiofoniche e televisive italiane ed estere – tra cui Televisione svizzera, Radio Vaticana, Canale La7 (trasmissione Otto e mezzo condotta da Giuliano Ferrara), SKY TV - in qualità di consulente ed esperto di storia e geopolitica. E’ autore di numerose pubblicazioni, tra libri, servizi ed articoli, e ha ricevuto diversi riconoscimenti, soprattutto per i suoi saggi storici.
Matteo Cornelius Sullivan
8 SETTEMBRE 1943 – 2 GIUGNO 1946 – LE COSE MAI DETTE E I DOCUMENTI SPARITI
Si tracciano brevemente gli episodi storici dell'8 settembre 1943 e del 2 giugno 1946, con particolare attenzione agli aspetti e ai documenti generalmente trascurati e a quelli non presi in considerazione; inoltre si propongono delle riflessioni atte ad offrire una angolazione storica differente da quelle generalmente proposte.
Matteo Cornelius Sullivan nasce a Milano nel 1965, di professione artista (pittore e scultore) e insegnante d'inglese, si interessa di politica e di storia; attualmente è Reggente del Partito della Alternativa Monarchica, Presidente del Comitato del Regno d'Italia e dell'Associazione Artisti Monarchici, oltre a dirigere il foglio elettronico “La Circolare Spigolosa”; inoltre ha pubblicato alcuni volumi di argomento storico e politico.


Giorgio Vitali
OTTO SETTEMBRE 1943 - UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA – QUANDO SI VIVE NEL PASSATO, SI PAGA COL PRESENTE.
La prova conclusasi con la resa ignominiosa, a parte l’eroismo di quanti si sacrificarono coscientemente per salvare il salvabile agli occhi del mondo, è stata condotta in maniera innanzitutto “incapacitante”, per usare una parola finora utilizzata con altri significati. Infatti, il problema Italia nasce appena si costituisce la nostra unità nazionale. Tutti i paesi interessati al controllo del Mediterraneo, dalle grandi potenze europee ai piccoli Stati più o meno indipendenti, dovettero rivedere la loro politica e reinventare strategie di breve e di lungo periodo. Ne conseguì una sequela di interventi non sempre appropriati, ma che confusero ulteriormente la già improvvisata classe dirigente italiana, la quale fu sbalzata dalla politica regionale degli staterelli ad una geopolitica marina di grande rilevanza mondiale, anche perché l’apertura del canale di Suez nel 1869, realizzato dal Lesseps sulla base dei lavori dell’italiano Negrelli, riposizionava il nostro paese al centro dei traffici navali di tutte le marine del globo, da cui era stato escluso a causa delle rotte commerciali atlantiche. Da qui la difficile politica coloniale del nostro paese, e l’oscillazione costante fra una geopolitica “continentale” ed una scelta “marittima”.
Giorgio Vitali nato a Ravenna nel 1936. A Roma dal 1947. Laureato in Chimica Pura ( spec. chimica fisica) all'Università La Sapienza. Ha sempre lavorato fino alla pensione per una multinazionale chimico-farmaceutica per cui conosce molti segreti e il modo di lavorare di queste organizzazioni sopranazionali. Ha fatto vita politica in alcuni schieramenti nazionali. E' stato membro di alcune commissioni presso il Ministero della Sanità. Membro della commissione scientifica UNESCO, sezione italiana, In rappresentanza delle Associazioni ambientaliste italiane. Si interessa di Mercato della Salute e di Geopolitica.

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338.3275925
Giovanna Canzano - © - 2010

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